il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

IL CASOLARE DELLE PIETRISCHE
insospettabile multilocation
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339277 commenti | 64147 titoli | 25445 Location | 12647 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: The antithesis (2017)
  • Luogo del film: Il luogo in cui Sophie (Stafida) incontra per la prima volta Bjorn (Scaglione) e gli chiede informaz
  • Luogo reale: Via Giuseppe La Loggia, Agrigento, Agrigento
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  • Film: Facciamo paradiso (1995)
  • Multilocation: Università degli Studi di Pavia
  • Luogo reale: Corso Strada Nuova 65, Pavia, Pavia
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Frank Gordon

    Frank Gordon

  • Italo Kühne

    Italo Kühne

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Gabrius79
Un biopic sulla vita di Amy Winehouse che non coinvolge in pieno ma che offre discrete esibizioni canore che aiutano a risalire un po' la china, dato che per quel che concerne la vita privata di Amy tante cose non vengono mai messe bene a fuoco. La Abela comunque offre una buona interpretazione, così come il cast di contorno. Ritmo della pellicola non sempre sostenuto a fronte delle circa due ore di durata.
Commento di: Redeyes
Imprescindibile considerare la platea a cui il film è rivolto. Non si può non pensare che, pur essendo il piccolo schermo il suo palcoscenico, si tratta di un buon thriller con i due protagonisti decisamente in parte e una sceneggiatura che scopre definitivamente le carte solo nella parte finale. A margine della storia si sviluppano una serie di situazioni che pur non incidendo non risultano stucchevoli o forzate. Bravo e convincente Preziosi, Scarano a tratti un po' poco convincente perché sopra le righe ma nel complesso brava.
Commento di: Herrkinski
Lenzi chiude la carriera con questo film girato tra Miami e Santo Domingo, riprendendo le atmosfere del precedente Cop target e dei lavori italiani filmati in loco in quegli anni, tipo quelli di De Angelis o di Castellari; trattasi di un mix tra indagine e poliziesco all'americana che ricorda serial televisivi alla Miami vice e imitazioni varie, invero piuttosto noioso e con relativamente poca azione, oltretutto appesantito da una durata davvero eccessiva. Fa comunque piacere rivedere diverse facce storiche del cinemabis e il film si fa seguire, pur restando alquanto dimenticabile.
Red e Toby nemiciamici (1981) di Ted Berman, Richard Rich con (animazione)
Commento di: Teddy
Uscito durante l’epoca “buia” di Walt Disney, è una piccola lezione sull’amicizia e sul pregiudizio che regala, soprattutto nei primi trenta minuti, atmosfere languide e deliziosamente campestri. Decisamente troppo semplicistico nella definizione dei due personaggi principali ma ottimo sul piano visivo, con animazioni fluide e una caratterizzazione d’ambiente magistrale.
Commento di: Anthonyvm
Ai tempi snobbato dalla critica e poco apprezzato dal pubblico (ma persino dallo stesso Michael Madsen), tuttavia, come talvolta accade per i sequel di film già in origine non troppo riusciti, il secondo capitolo della saga si rivela una gradevole appendice, forse anche più divertente del prototipo. Le idee nuove latitano (in pratica limitandosi a un genderswitch che trasforma la minaccia aliena di turno in un aitante maschiaccio ingravidatore seriale), ma l'azione è vivace e gli effetti speciali assai meglio realizzati. Sesso e gore in quantità adeguate per un onesto popcorn-movie.
Commento di: Rocchiola
Sherlock Holmes che indaga su Jack Lo Squartatore. Idea intrigante quella di mettere a confronto questi due miti della Londra Vittoriana, ma il risultato non è all'altezza delle aspettative. Cast di gran livello. Plummer è un ottimo Holmes, pratico, umano e capace di sfidare il sistema, ma le scenografie quasi sempre avvolte nella nebbia tradiscono una certa povertà di budget e il ritmo è da sceneggiato televisivo. Comunque il primo film che mette in piena evidenza le teorie del collegamento tra lo squartatore e la casa reale, poi alla base del fumetto poi divenuto film From Hell.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Un tema profondo e importante come la solitudine viene affrontato da Andrew Haigh (che l'ha sceneggiato partendo dal romanzo omonimo di Taichi Yamada) mescolato ad altri: l'omosessualità, il ricordo del passato, il rapporto difficile con un mondo che tende a spingerti ai margini... Il centro di tutto, il punto di vista unico, è Adam (Scott), che vive in un appartamento all'interno di un grattacielo a nord di Londra ancora pressoché disabitato. L'unico altro inquilino con cui viene in contatto è Harry (Mescal), che una sera si fa trovare alla porta del...Leggi tutto suo appartamento esplicitando senza mezzi termini le proprie preferenze (omo)sessuali; d'altra parte anche Adam è gay (o "queer", come preferisce definirsi Harry) e l'intesa esiste. Non immediata tuttavia: Adam inizialmente respinge Harry per rituffarsi nella propria malinconia.

In cerca di ispirazione (lavora come sceneggiatore per cinema e tv), il protagonista torna nella casa dei suoi genitori, morti in un incidente d'auto quando aveva dodici anni, e sorprendentemente ve li ritrova all'interno. Giovani come li può ricordare lui, lo accolgono felici e conversano fino a toccare, durante una delle ripetute visite, anche il tema dell'omosessualità del figlio, che fa coming out alla madre (Foy) lasciandola interdetta ma facendole capire quanto i tempi siano cambiati, quanto esista oggi una visione meno ristretta e ghettizzante per chi ha gusti sessuali diversi.

Nel frattempo a Londra la relazione con Harry si è evoluta e i due si incontrano regolarmente, fanno sesso fino a quando Adam invita l'amico ad accompagnarlo dai genitori, scoprendo quando suona alla porta che quelli non sembrano più essere in casa. Harry non se ne stupisce, ma attraverso i vetri pare intravederli pure lui.

Sospeso in una terra di mezzo posta tra il reale e l'onirico ma privo di espedienti che visivamente in tal modo lo connotino, il film lavora in questa direzione più attraverso musiche di matrice "ambient" che collegano le scene utilizzando suoni quasi monotonali. Dialoghi ragionati e lunghi silenzi mostrano l'importanza che alcuni concetti rivestono all'interno della storia mentre minuto dopo minuto Adam (e noi con lui) sembra sempre più sprofondare in un'avventura surreale a cui fanno da contraltare scambi verbali improntati al contrario a uno stringente realismo. L'ottima prova di Andrew Scott, che comunica un costante senso di spaesamento, inadeguatezza, indecisione, sbigottimento, è sicuramente da annoverare tra i punti di forza di un'opera che comunque propone un approccio maturo e autoriale (lungaggini comprese, con innesti talvolta soporiferi) e si avvia verso una soluzione che richiama alla mente altre produzioni magari meno ricercate e mature ma che seppero giocare con successo con entità di natura apparentemente inspiegabile.

Evidente lo sforzo d'immergere l'intera vicenda in un clima indecifrabile, confortato da belle scelte d'ambiente (l'appartamento moderno e quasi sempre al buio di Adam) e da canzoni "queers" di ottima qualità: Housemartins, Pet Shop Boys e il capolavoro dei Frankie Goes to Hollywood "The Power of Love" ("Keep the Vampires From Your Door", la frase chiave nel testo) come brano dominante a chiudere poeticamente. Intimista nella più profonda accezione del termine, delicato, a tratti sorprendente, per quanto sconti una certa piattezza e qualche intermezzo interlocutorio non necessario negli incontri tra i due uomini. Finale da interpretare.

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Se si arriva al sesto capitolo significa che la formula a più d’uno continua a piacere; bisogna prenderne atto, anche se non è facile trovarvi evidenti qualità al di là della bellezza delle location trentine, che continuano a mostrarsi nel loro splendore riprese spesso dall’alto nel modo migliore (soprattutto quando si inquadra il ristorante sul lago di Eduardino e Gina). Il cast è pressoché invariato, al punto che sembra di aver a che fare con una serie, piuttosto che con un ciclo di film. I personaggi ormai li conosciamo e Don Donato (Salvi)...Leggi tutto indossa gli abiti talari senza quasi più far caso al proprio passato, che semmai ritorna in qualche timida volgarità (restando comunque nell’ambito del film per famiglie) e nell’inevitabile attrazione per l’altro sesso.

In questo caso a smuovere le acque in paese è l’arrivo di una troupe cinematografica, lì per girare un film dell’orrore. Il regista è Rocco Siffredi che, nella parte di se stesso, abbandona temporaneamente il cinema hard per cui è conosciuto anche lassù per mettersi dietro alla macchina da presa di un film con tanto di zombi d’ordinanza (truccati malissimo, ma era prevedibile). Accolto in piazza da donne con maglietta che sottolinea attraverso un semplice numero le dimensioni del suo “ferro del mestiere”, si mostra subito deciso a dirigere con grande impegno il “film nel film”, per il quale dovrà reclutare le comparse locali. Tra tutti chi più sogna di sfondare nella settima arte è Eduardino/Milano (in un suo sogno a occhi aperti lo si vede acclamato tra donne che esibiscono una maglia con su scritto “Eduardino 11”, lasciando a chi lo capisce il facile doppiosenso), molto più interessato al cinema che a sua moglie Gina (Stafida, tra gli autori di soggetto e sceneggiatura). Lei, nella speranza di eccitarlo, compra online un po’ di intimo “hot”, ma a quanto pare non basta.

Nel cast dell’horror di Siffredi, intanto, c’è pure un’avvenente ex amica (Mrázová) di Don Donato che, rifattasi da cima a fondo, è ora assai più attraente e scatenerà le voglie sopite del falso prete. Lo zio vescovo (Mattioli) è invece più in ombra del consueto, poco incisivo e stanco, a conferma di un capitolo decisamente fiacco in cui emergono tutti i difetti di una formula ormai stantia e troppo uguale a se stessa. La coppia composta da lei influencer (Murgia) e lui suo manager (Dianetti) non funziona quasi mai: tirar fuori nuove battute dalle situazioni è un po’ come cavar sangue dalle rape e in definitiva praticamente ci si rinuncia. Ci si limita a far procedere la storia (che prevede pure il rapimento di Don Donato) fino a raggiungere faticosamente un finale “thriller” che supera di molto l’improbabile (senza che nessuno fornisca uno straccio di movente alle azioni dei responsabili). La brillantezza che si poteva in un certo qual modo riscontrare nei primi episodi è purtroppo ampiamente tramontata: Salvi gridacchia a vuoto, Mattioli ben poco lo assiste, Milano fa il bambinone… Lascia piuttosto basiti il balletto finale in una viuzza a beneficio della Murgia. Si spera che se proprio si deve continuare ci si sforzi a rinverdire il parco gag...

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Sono sei, anche se credevano di essere in cinque. Alla morte del padre (Dix), suicida dal terrazzo dell'ospedale dove era ormai in fin di vita per una grave malattia, i cinque figli si ritrovano davanti al notaio per la lettura delle ultime volontà. Sono gli italiani Marco (Scamarcio), Guido detto "Gandhi" (Giannini), Leo (Montesi) e i francesi Mattia (Galey) e Gaelle (Romain). Perché papà tra Francia e Italia non si era fatto mancare né le mogli né le amanti, e proprio da una di queste ultime spunta il sesto fratello, che è poi una sorella,...Leggi tutto Luisa (Bellè), inizialmente malvista da chi non immaginava la sua esistenza e che ora se la ritrova lì davanti, presentata a tutti per la prima volta dal... notaio.

Imbarazzo inevitabile, ma dal punto di vista finanziario non c'è trippa per gatti, quindi uno in più o in meno... Il lascito è un allevamento di ostriche non esattamente ben avviato, ma quel che conta, quello su cui il il film lavora, è il difficile rapporto tra fratelli che non si vedevano mai e che covavano dissapori reciproci da lungo tempo. A cominciare da Marco e Leo, considerato che il primo ha sposato quella che era la ragazza (Caridi) del secondo...

Diversissimi tra loro ma tutti davvero ben delineati nei loro caratteri, i sei fratelli si accendono e si scontrano, si riavvicinano per respingersi nuovamente, raccontano di vite nel complesso insoddisfatte e alla prima occasione si confrontano a muso duro. Il sale del film sta nel cast maschile, azzeccatissimo e diretto egregiamente da un Godano che riesce a cavare il meglio da ognuno (se si esclude il meno integrato Mati Galey, decisamente più giovane e frenato da una vena artistica che l'ha portato a interiorizzare ogni problema senza saper vincere la timidezza).

Marco è il cinico: conduce programmi televisivi nazional popolari, ha un matrimonio sull'orlo del fallimento e mostra una maturità diversa, che lo porta ad affrontare la vita criticando sistematicamente il prossimo ed ergendosi a paladino del (presunto) buon senso. Guido, istruttore di judo con una fallimentare esperienza olimpionica alle spalle, è il pacificatore, chiamato spesso a interrompere le schermaglie tra Marco e Leo, mentre quest'ultimo è il più irrequieto, disgustato dal comportamento del defunto e in costante guerra con tutti. Gaelle prova ad avvicinarsi a Luisa, autoemarginatasi dopo aver notato quanto fosse malvista, ma si tiene abbastanza sullo sfondo, mentre Luisa è la scheggia impazzita a cui i fratelli concedono inevitabili attenzioni in aggiunta, dal momento che è comparsa dal nulla.

Giannini, Scamarcio e Montesi fanno scintille e sono numerose le scene che coinvolgono positivamente, valorizzate da interpretazioni sentite e di alto livello. Non si può altresì non notare come la regia a volte divaghi fiaccamente facendo perdere incisività e scorrevolezza al risultato finale con l’inserimento di scene anche prolungate di semplice raccordo poste senza troppa convinzione tra quelle realmente efficaci. Qualche passaggio a vuoto (il laser game ad esempio, ma anche la gran parte delle fasi con Mattia), qualche pausa che spezza il ritmo.

Aggiungendo qualche simpatica gag si tenta di conquistare un po' di pubblico in più senza mai sbracare, ancora una volta grazie alla misura dei tre protagonisti che si rubano la scena a vicenda azzeccando personaggi nel complesso credibili e ben sfaccettati. Apprezzabile il finale non necessariamente consolatorio, commentato dalla voce fuori campo di Gioele Dix, di buon supporto la colonna sonora con alcuni bei brani (“Tired Feet” di Alela Diane) a corollario. Una regia più svelta e una sceneggiatura con maggiori idee avrebbero reso un gran servizio a un film in ogni caso dalle molte qualità, per quanto non sempre a fuoco.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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