il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

IL CARCERE MINORILE DEL SAN MICHELE
abbandonato, ma non dal cinema
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339308 commenti | 64154 titoli | 25446 Location | 12650 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Matrimonio a Parigi (2011)
  • Luogo del film: La scuola di belle arti dove Mirko (Bosi) rivela al padre Lorenzo (Boldi) di essere fidanzato con Na
  • Luogo reale: Parigi: École nationale supérieure des beaux-arts 14 Rue Bonaparte, Francia, Estero
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  • Film: Sissi a Ischia (1958)
  • Multilocation: Palazzo Reale
  • Luogo reale: Piazza del Plebiscito, Napoli, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Silvia Gavarotti

    Silvia Gavarotti

  • Venceslao Dobrzensky

    Venceslao Dobrzensky

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Apoffaldin
Breve vita del matematico francese Evariste Galois, le cui teorie sono diventate importanti branche dell'algebra astratta. Repubblicano convinto partecipò alla rivolta contro Carlo X e si contrappose al suo successore Luigi Filippo. Morì in un duello fatto per cause non chiarite. Il ritmo non esaltante e lo straniamento brechtiano rendono ostica la visione, ma il film è impreziosito dalla fotografia di Luigi Verga e da alcuni buoni attori fra i quali il giovane Michele Placido. Il protagonista Mario Garriba fu anche sceneggiatore, regista e ricercatore universitario a Firenze
Commento di: Apoffaldin
Dopo più di vent'anni mister Oronzo è richiamato sulla panchina della Longobarda e anche questa volta i meriti non c'entrano. Martino è uno di quelli che non si è saggiamente attenuto al precetto di Goffredo Parise sull'ispirazione che, come la poesia, "va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi". Spiace dirlo ma questo sequel "per forza" non strappa nemmeno un sorriso. Il primo a non essere convinto e quindi convincente è proprio Banfi e il contorno certamente non lo aiuta a restare a galla. Mezzo voto più del minimo solo per il dialogo in latino con Lotito.
Commento di: Siska80
Ragazzino vivace rimane coinvolto in una disavventura insieme a tre amichetti, ognuno con una storia familiare differente alle spalle. Commedia all'insegna del pressappochismo che fa una certa tenerezza per l'ingenuità di trama e intento, quanto al resto vi è ben poco da segnalare e purtroppo non solo in merito allo sviluppo prevedibile della storia. Nel risicato cast, a esempio, è difficile stabilire chi reciti peggio: se i giovani interpreti si salvano in parte per la simpatia, alcuni adulti sembrano non impegnarsi. Comunque banale ed evitabile.
Il castello errante di Howl (2004) di Hayao Miyazaki con (animazione)
Commento di: Il ferrini
Visionario al confine col lisergico, il film può contare su una straordinaria quantità di personaggi e paesaggi. Tutto prende vita, dal fuoco di un camino parlante a un gentile spaventapasseri dalla testa di rapa. Il regista non si preoccupa minimamente di fare i conti con la realtà e spalanca la sua porta verso un mondo colorato e soprattutto "stregato", stringendo comunque in pugno i suoi valori di sempre. Immancabile per chi ama Miyazaki, buon inizio per chi vuole avvicinarcisi.
Commento di: Nando
Il celeberrimo caso di mobbing che colpì alcuni dipendenti dell'Ilva di Taranto narrato con lucida denuncia dall'esordiente, dietro la macchina da presa, Michele Riondino, ottimo nella sua interpretazione, ben coadiuvato da Germano. L'inizio della collaborazione dell'operaio, poi ricredutosi nell'osservare il trattamento dei dipendenti puniti. Una pellicola interessante che mette a nudo le responsabilità dell'azienda siderurgica.
Commento di: Kinodrop
L'origine teatrale di questa commedia brillante viene esaltata dal carambolesco susseguirsi di azioni e scambi di battute, in una suite d'albergo che diventa il crocevia delle avventure e disavventure della scappatella di un ministro ungherese con la sexy rappresentante dell'opposizione. Divertente il tempismo con cui si succedono e si intersecano le varie situazioni, con un simpatico colpo di scena noir ed equivoci a non finire. Un'ottima prova di un cast a noi sconosciuto, perfettamente affiatato e qualche bello scorcio della capitale ungherese. Ironia e ritmo sorprendenti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

L'incipit ci mostra la "star" Gina Holden spinta giù da un alto dirupo a picco sul mare. Il suo killer guarda in basso per sincerarsi che sia morta, ma non la vede. Cosa mai dovremmo concludere? Chissà... Intanto si torna subito a due settimane prima, con la Holden nei panni di mamma Michelle. Marito morto da dieci anni, ha cresciuto la figlioletta Blake (Reyna) da sola e adesso che è al liceo se la coccola felice. Ragazza con la testa sulle spalle e la passione per il canto, Blake. Il suo boyfriend Mason (Summerall) le ripete che ha una voce meravigliosa e, fattosi...Leggi tutto spedire sul telefonino un video di lei che canta chitarra alla mano, lo posta sui social facendole ottenere subito uno strepitoso successo di like, reaction eccetera. Al punto che una manager musicale (Russell) la contatta immediatamente e nel giro di poche ore la porta in studio a provare.

Tutti ai piedi di Blake, tutti a dirle quanto sei brava, facciamoci un selfie, vieni con noi... La ragazza si monta un po' la testa, ignora i sani consigli di mammà e comincia a frequentare D.C. (Schwartz), un cantante già celebre che comincia a far duetti con lei e le propone di incidere per la sua etichetta. Non solo: la invita per tre giorni su di un'isola dove ha una grande villa nella quale tra palme e piscina stazionano molte altre belle figliole. Con quali vere intenzioni? La mamma e Mason son preoccupatissimi, anche perché Blake se n'è partita senza dir niente a nessuno...

Thriller per modo di dire, il film punta tutto sulla figura della ragazzina ingenua che entra in un gioco più grande di lei. Alle sue spalle la figura della madre in gamba e preoccupata cui per forza toccherà il compito di ricondurre la figlia sulla retta via, magari aiutata dal buon Mason, seriamente innamorato della dolce coetanea e che si vede cortesemente respingere non appena Blake comincia a sognare in grande. A margine il giovane Rhett (O'Halloran), che raccoglie Michelle sulla spiaggia dopo il volo dal dirupo (andiamo, chi poteva credere che fosse morta davvero?), e l'inutile figura della collega incinta (Mitchell), inserita giusto per allargare un po' il parco attori.

La tensione è ai minimi termini, a dire il vero, ma in qualche modo la storia si segue e - al netto di qualche performance canora di troppo (d'altronde l'attrice è nota su web come singer col nome d'arte di Mozart Dee) - la Reyna si rende piuttosto credibile come liceale sperduta e sognatrice. Certo il finale non è esattamente dei più travolgenti e tira avanti per inerzia, ma se le aspettative sono basse - come quasi sempre con questi tv-movie statunitensi preconfezionati - ci si può quasi accontentare. Il ritmo è buono, la storia procede senza intoppi. Certo lasciano interdetti personaggi come la manager, che tratta sgradevolmente Michelle come una “mamma stalker” prendendola pure in giro appena la poveretta cerca di capire legittimamente dove sia finita sua figlia.

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Un tema profondo e importante come la solitudine viene affrontato da Andrew Haigh (che l'ha sceneggiato partendo dal romanzo omonimo di Taichi Yamada) mescolato ad altri: l'omosessualità, il ricordo del passato, il rapporto difficile con un mondo che tende a spingerti ai margini... Il centro di tutto, il punto di vista unico, è Adam (Scott), che vive in un appartamento all'interno di un grattacielo a nord di Londra ancora pressoché disabitato. L'unico altro inquilino con cui viene in contatto è Harry (Mescal), che una sera si fa trovare alla porta del...Leggi tutto suo appartamento esplicitando senza mezzi termini le proprie preferenze (omo)sessuali; d'altra parte anche Adam è gay (o "queer", come preferisce definirsi Harry) e l'intesa esiste. Non immediata tuttavia: Adam inizialmente respinge Harry per rituffarsi nella propria malinconia.

In cerca di ispirazione (lavora come sceneggiatore per cinema e tv), il protagonista torna nella casa dei suoi genitori, morti in un incidente d'auto quando aveva dodici anni, e sorprendentemente ve li ritrova all'interno. Giovani come li può ricordare lui, lo accolgono felici e conversano fino a toccare, durante una delle ripetute visite, anche il tema dell'omosessualità del figlio, che fa coming out alla madre (Foy) lasciandola interdetta ma facendole capire quanto i tempi siano cambiati, quanto esista oggi una visione meno ristretta e ghettizzante per chi ha gusti sessuali diversi.

Nel frattempo a Londra la relazione con Harry si è evoluta e i due si incontrano regolarmente, fanno sesso fino a quando Adam invita l'amico ad accompagnarlo dai genitori, scoprendo quando suona alla porta che quelli non sembrano più essere in casa. Harry non se ne stupisce, ma attraverso i vetri pare intravederli pure lui.

Sospeso in una terra di mezzo posta tra il reale e l'onirico ma privo di espedienti che visivamente in tal modo lo connotino, il film lavora in questa direzione più attraverso musiche di matrice "ambient" che collegano le scene utilizzando suoni quasi monotonali. Dialoghi ragionati e lunghi silenzi mostrano l'importanza che alcuni concetti rivestono all'interno della storia mentre minuto dopo minuto Adam (e noi con lui) sembra sempre più sprofondare in un'avventura surreale a cui fanno da contraltare scambi verbali improntati al contrario a uno stringente realismo. L'ottima prova di Andrew Scott, che comunica un costante senso di spaesamento, inadeguatezza, indecisione, sbigottimento, è sicuramente da annoverare tra i punti di forza di un'opera che comunque propone un approccio maturo e autoriale (lungaggini comprese, con innesti talvolta soporiferi) e si avvia verso una soluzione che richiama alla mente altre produzioni magari meno ricercate e mature ma che seppero giocare con successo con entità di natura apparentemente inspiegabile.

Evidente lo sforzo d'immergere l'intera vicenda in un clima indecifrabile, confortato da belle scelte d'ambiente (l'appartamento moderno e quasi sempre al buio di Adam) e da canzoni "queers" di ottima qualità: Housemartins, Pet Shop Boys e il capolavoro dei Frankie Goes to Hollywood "The Power of Love" ("Keep the Vampires From Your Door", la frase chiave nel testo) come brano dominante a chiudere poeticamente. Intimista nella più profonda accezione del termine, delicato, a tratti sorprendente, per quanto sconti una certa piattezza e qualche intermezzo interlocutorio non necessario negli incontri tra i due uomini. Finale da interpretare.

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Se si arriva al sesto capitolo significa che la formula a più d’uno continua a piacere; bisogna prenderne atto, anche se non è facile trovarvi evidenti qualità al di là della bellezza delle location trentine, che continuano a mostrarsi nel loro splendore riprese spesso dall’alto nel modo migliore (soprattutto quando si inquadra il ristorante sul lago di Eduardino e Gina). Il cast è pressoché invariato, al punto che sembra di aver a che fare con una serie, piuttosto che con un ciclo di film. I personaggi ormai li conosciamo e Don Donato (Salvi)...Leggi tutto indossa gli abiti talari senza quasi più far caso al proprio passato, che semmai ritorna in qualche timida volgarità (restando comunque nell’ambito del film per famiglie) e nell’inevitabile attrazione per l’altro sesso.

In questo caso a smuovere le acque in paese è l’arrivo di una troupe cinematografica, lì per girare un film dell’orrore. Il regista è Rocco Siffredi che, nella parte di se stesso, abbandona temporaneamente il cinema hard per cui è conosciuto anche lassù per mettersi dietro alla macchina da presa di un film con tanto di zombi d’ordinanza (truccati malissimo, ma era prevedibile). Accolto in piazza da donne con maglietta che sottolinea attraverso un semplice numero le dimensioni del suo “ferro del mestiere”, si mostra subito deciso a dirigere con grande impegno il “film nel film”, per il quale dovrà reclutare le comparse locali. Tra tutti chi più sogna di sfondare nella settima arte è Eduardino/Milano (in un suo sogno a occhi aperti lo si vede acclamato tra donne che esibiscono una maglia con su scritto “Eduardino 11”, lasciando a chi lo capisce il facile doppiosenso), molto più interessato al cinema che a sua moglie Gina (Stafida, tra gli autori di soggetto e sceneggiatura). Lei, nella speranza di eccitarlo, compra online un po’ di intimo “hot”, ma a quanto pare non basta.

Nel cast dell’horror di Siffredi, intanto, c’è pure un’avvenente ex amica (Mrázová) di Don Donato che, rifattasi da cima a fondo, è ora assai più attraente e scatenerà le voglie sopite del falso prete. Lo zio vescovo (Mattioli) è invece più in ombra del consueto, poco incisivo e stanco, a conferma di un capitolo decisamente fiacco in cui emergono tutti i difetti di una formula ormai stantia e troppo uguale a se stessa. La coppia composta da lei influencer (Murgia) e lui suo manager (Dianetti) non funziona quasi mai: tirar fuori nuove battute dalle situazioni è un po’ come cavar sangue dalle rape e in definitiva praticamente ci si rinuncia. Ci si limita a far procedere la storia (che prevede pure il rapimento di Don Donato) fino a raggiungere faticosamente un finale “thriller” che supera di molto l’improbabile (senza che nessuno fornisca uno straccio di movente alle azioni dei responsabili). La brillantezza che si poteva in un certo qual modo riscontrare nei primi episodi è purtroppo ampiamente tramontata: Salvi gridacchia a vuoto, Mattioli ben poco lo assiste, Milano fa il bambinone… Lascia piuttosto basiti il balletto finale in una viuzza a beneficio della Murgia. Si spera che se proprio si deve continuare ci si sforzi a rinverdire il parco gag...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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