il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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339787 commenti | 64263 titoli | 25499 Location | 12707 Volti

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Location Zone

  • Film: Notte prima degli esami - Oggi (2007)
  • Luogo del film: La casa dove abita Luca (Vaporidis) con i genitori
  • Luogo reale: Via Bailla 30/32, Roma, Roma
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  • Film: L'afide e la formica (2021)
  • Luogo del film: Il bar gestito da Concetta (De Luca)
  • Luogo reale: Piazza Mazzini, Nicastro, Lamezia Terme, Catanzaro
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Saverio Tani

    Saverio Tani

  • Francesca Florio

    Francesca Florio

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Mr.chicago
Remake di un film americano, questa pellicola indonesiana, più thriller che horror, ha una peculiarità: non ha dialoghi! Per l'intera durata vengono pronunciate al massimo due-tre parole (tra l'altro nomi propri)! Questa scelta, se da un lato è atipica e stuzzicante, dall'altro tende un po' a falsare la recitazione perché è evidente che in talune situazioni risulta una forzatura (tipo rispondere al telefono senza parlare...). Meglio la prima parte, troppo ripetitiva la seconda, terribile il finale.
Commento di: Pigro
Non è fantascienza: il sistema orwelliano di controllo sotto l’occhio sempre acceso del Grande Fratello esiste già, in Cina. Il docufilm segue due famiglie e una giornalista, nel mirino implacabile delle autorità, che le tormenta, umilia e arresta, bloccandone l’esistenza normale. È il trionfo del sistema dei Big Data e del “credito sociale”, ben mostrati attraverso esempi e testimonianze. Una realtà agghiacciante che ci vede partecipi delle sofferenze dei protagonisti immaginando un futuro globale di alienazione. Assolutamente da vedere.
Commento di: Herrkinski
Merhi entra nei 2000 come se i 90s non fossero mai finiti, proponendo un low-budget di arti marziali che vede il solito torneo di lotta underground con un contorno d'indagine sulla criminalità organizzata; sebbene si possa apprezzare il tentativo di costruire una storia oltre ai soliti scontri tra combattenti, in realtà il film delude su entrambi i fronti, quello narrativo - con sequenze di raccordo spesso noiose - e quello da picchiaduro, con incontri mal coreografati e poco spettacolari. Gruner resta uno dei marzialisti meno carismatici, Avedon fa da tappezzeria, Drago fa... Drago.
Commento di: Reeves
L'ufficiale italiano astuto e pronto ad arrangiarsi e quello inglese signorile e bonario ma molto legato alla forma: i luoghi comuni non mancano in questo film che è però comunque divertente soprattutto grazie a Totò, mentre il suo antagonista Walter Pidgeon è un po' un pesce fuor d'acqua. Scilla Gabel è sempre una presenza notevole e Toni Ucci si ritrvoa in un ruolo che avrebbe potuto essere del primo Sordi.
Commento di: Piero68
Un film decisamente fuori dai canoni di Sollima ma di assoluto valore in cui alla sceneggiatura viene anteposta la scrittura, la caratterizzazione dei personaggi e tutte quelle cose che il cinema spesso perde di vista. Un Favino stratosferico e irriconoscibile svetta sul resto del cast, regalando una performance che già da sola varrebbe l'intero film. Ma oltre a questo coi sono la sceneggiatura, il tratteggio dei personaggi e una fotografia "apocalittica" estremamente azzeccata. Insomma, il film scorrerà pure "adagio", ma non c'è nulla da fare: la classe non è acqua.
Commento di: Pigro
Peccato che non ci sia scappato il morto, verrebbe da dire, considerato che questo episodio vede il detective Poirot non alle prese con un bell’omicidio ma più banalmente con un furto. Che comunque è parecchio strano e soprattutto fa riferimento allo spionaggio nel bel mezzo della corsa pre-bellica agli armamenti. Insomma, carne al fuoco ce ne sarebbe, ma il plot sembra avere poco respiro e tutto sommato, a parte qualche fiammata (anche reale), l’impressione è di non avere abbastanza verve per avvincere lo spettatore.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Ritratto di una ricca borghesia che trascorre le vacanze in Costa Azzurra, amici e conoscenti riuniti in una splendida villa con piscina. La madre Louisa (Marisa Borini) con le figlie Elena (Golino) e Anna (Bruni Tedeschi) rappresentano il fulcro attorno al quale ruotano il marito (Arditi) di Elena, la figlioletta adottiva (Bruni Garrell) di Anna, l'anziana zia (Gigi Borini) e un vecchio amico di famiglia, Bruno (Raffaelli). Con loro anche qualche figura di passaggio legata all'attività cinematografica di Anna (è sceneggiatrice) e i domestici, per un quadro complessivo ampio...Leggi tutto e non immediatamente identificabile nei rispettivi ruoli.

Dovrebbe far parte del gruppo anche Luca (Scamarcio), il partner di Anna, il quale però, prima che lei partisse, le ha fatto intendere che la loro relazione sta decisamente per chiudersi. E’ il rapporto che lega questi ultimi a offrire i momenti più divertenti e vivaci del film, grazie soprattutto a una Bruni Tedeschi assolutamente travolgente, imprevedibile e a briglia sciolta come di consueto. Il suo continuo arrendersi all'evidenza seguito subito dopo dal rifiuto di accettarla è fonte di scene spassose che fanno a tratti impennare un film per il resto invece troppo adagiato su un bozzettismo poco sigificante, in cui ogni personaggio mostra carenze evidenti sotto il profilo della caratterizzazione in grado di donargli la necessaria tridimensionalità.

Tutto si confonde in una sfilata di volti spesso faticosamente collocabili correttamente nel complesso mosaico familiare ai quali si aggiungono vezzi da cinema referenziale (i molteplici agganci all'arte e alla pittura) e autobiografico (chi è confidente col mondo della Bruni Tedeschi non tarderà a riconoscerli). Ma il tutto si sfalda al cospetto di una sceneggiatura che ha davvero poco da dire, affidandosi a qualche tocco eccentrico e sparute gag solo abbozzate. E' vero che la bravura del cast (in cui comunque la Bruni Tedeschi svetta nettamente) permette comunque di donare una sorta di sufficiente credibilità generale, ma poi sarebbe stato bene lavorare maggiormente sui protagonisti e sull'impianto inter-relazionale, senza rifugiarsi in un meta-cinema piuttosto facile nelle sue valenze metaforiche (la nebbia offuscante nel finale) che aiuta solo a confondere ulteriormente le acque.

Il fratello morto che di tanto in tanto occhieggia come se la sua presenza fosse normale acquisisce l'appeal dei fantasmi moderni, che sempre più rientrano con naturalezza nel disegno complessivo come a sovrintendere quanto accade in loro "assenza". Il ritmo però è basso, arranca mentre non si riesce a dare giusta incisività a una trama in cui l'unico spunto in grado di costituirsi come storia autonoma di rilievo è quello che unisce la Bruni Tedeschi e Scamarcio (ottimo nei panni del partner “bello e impossibile”), perché anche il bravo Arditi non trova spazi significativi e la Golino ha un ruolo marginale quanto quello degli altri.

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Irrimediabilmente datato a causa di un'idea poi sfruttata al cinema altre infinite volte (l'uomo che si riprende dal coma scoprendo di aver perso la memoria), l'ultimo film di Duvivier imposta la sua storia partendo appunto dall'incidente che provocherà la tragica amnesia del protagonista

Con un non troppo virtuoso alternarsi d'inquadrature che passano dalla strada percorsa a gran velocità al corridoio della clinica dove viene ricoverato Georges Campo (Delon) ci svegliamo nel lettino con quest'ultimo, del tutto spaesato e incapace di ritrovare i ricordi...Leggi tutto di sé. Al punto che quando nella stanza entra sua moglie Christiane (Berger), non la riconosce. Lei d'altronde non può sperarlo, considerate le condizioni di lui, ma c'è comunque qualcosa, nella donna, che sembra tradire una certa ambiguità, sentimento che naturalmente il film cercherà di coltivare più a lungo possibile. Anche perché Georges fatica a fare anche minimi passi avanti, nel recupero della memoria. L'unica cosa che ritorna nella sua mente sono fortissimi ricordi di guerra, come se vi avesse partecipato di persona. Non è così, gli ricorda anche l'amico di famiglia Friedrich (Fantoni), ospite fisso della grande villa di campagna dei coniugi Campo, anche se è vero che è da poco rientrato da Hong Kong (Georges dimostra in effetti di conoscere qualche parola di cinese).

L'atteggiamento del protagonista, tuttavia, è meno arrendevole di quanto ci si aspetterebbe e anzi, gioca in modo quasi sbruffone con la moglie che si rifiuta di venire a letto con lui prima che abbia recuperato almeno parzialmente la memoria. Ed è proprio nel malizioso porsi di Georges nei confronti di una situazione ancora tutta da interpretare che il film può giocarsi le carte migliori. Anche perché Delon è sicuramente in parte, ben calato in un personaggio cui serve dimostrare di non sentirsi troppo vittima degli eventi subendoli senza reagire. E quando in casa crolla un lampadario dal soffito o si apre una botola a sorpresa in soffitta sfiorando la tragedia c'è da chiedersi se siano solo coincidenze...

Chi bazzica il genere avrà in mano già tante delle prevedibili risposte, anche se poi il finale un po' s'incarta nelle spiegazioni lasciando aperto qualche interrogativo. La credibilità d'altra parte non sembra una qualità del lavoro di Duvivier, artefatto in molti frangenti, forzato in più di un risvolto e con qualche figura la cui presenza appare del tutto superflua (il domestico cinese Kim, perdipiù goffamente interpretato dal tedesco Peter Mosbacher). Resta il magnetismo dell'avvenente coppia protagonista, che comunque recita con bravura, mentre la regia di Duvuivier appare compassata e il procedere fiacco della vicenda non aiuta (c'è da aspettare l'ultima parte perché finalmente accada qualcosa di significativo, ed è in fondo già la spiegazione dell'enigma)...

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Il primo spettacolo post-Covid di Siani non è poi così centrato sulla triste situazione derivata dalla pandemia come ci si poteva aspettare. Si sorvola sul problema preferendo porre l'attenzione su altro, ed essendo registrato al Teatro Arcimboldi di Milano una lunga parte è dedicata alle scontate differenze tra milanesi e napoletani, all'atteggiamento - visto naturalmente in chiave caricaturale - di chi vive per il progresso, per il successo, celebrando l'efficienza. Qualche bonaria presa in giro, ma Siani sa qual è il pubblico che ha di fronte e non affonda...Leggi tutto troppo il colpo, prevedibilmente. Anche perché a guardar bene i difetti sottolineati sono sempre gli stessi, col capoluogo lombardo invaso dalle pizzerie napoletane senza che in Campania, ci fa notare Siani, nessuno abbia mai pensato di aprire un ristorante milanese.

L'approccio del nostro è quello di sempre: semplice, ingenuo, verace... Non si sottrae a doppi sensi e giochi di parole puerili pur conoscendo i limiti degli stessi, si interrompe spesso per ridere tra sé e sé anche quando francamente ben poco ci sarebbe da ridere. In effetti la sensazione, una volta di più, è che il Siani intrattenitore, cabarettista vulcanico d'innata simpatia, sia nettamente superiore ai testi che porta in scena, la cui ricercatezza è assai relativa. Certo, si può far ridere anche solo sfruttando la propria verve, ma bisogna essere davvero molto bravi per riuscirci...

Battendo sui soliti tasti (le differenze tra l'uomo e la donna, l'inconsistenza della classe politica attuale...) si colpisce il bersaglio grosso, si ottiene di stimolare nel pubblico il facile gioco di complicità alla base del successo di tanti cabarettisti, ma poi bisognerebbe in qualche modo sapersi distinguere, e in questo Siani poco funziona: non aggiunge molto a quella che è la propria carica vitale, che in parte è quella del napoletano che fa buon uso del proprio dialetto senza renderlo incomprensibile ai più. Ha anche per questo una sua indubbia efficacia, quando ciò che si racconta offre qualche spunto di divertimento. Il fatto è che qui gli spunti buoni mancano, e si arranca inseguendo macroargomenti banali e affrontati similmente infinite volte.

Scarsa l'interazione col pubblico (e questo non è un male, per chi segue da fuori), numerosi gli inciampi che generano pause spesso riempiti da applausi che scattano automatici "in soccorso". Si ride molto moderatamente e vien da chiedersi che effetti otterrebbe Siani potendo attingere da testi meno qalunquisti e più articolati. Perché anche il saluto finale, con i metaforici regali che il nostro farebbe ad ogni singolo politico del suo tempo (Letta, Di Maio, Meloni, Renzi, Salvini e Berlusconi, che sarebbe morto di lì a poco) non rappresenta certo una chiusura entusiasmante...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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