il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

PROFESSIONE VACANZE
episodi e curiosità
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339458 commenti | 64183 titoli | 25468 Location | 12657 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Lubo (2023)
  • Luogo del film: La piazzetta dove Lubo (Rogowski) e la famiglia si esibiscono di fronte ai cittadini
  • Luogo reale: Via Hofer, Egna - Neumarkt, Bolzano/Bozen
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  • Film: L'afide e la formica (2021)
  • Luogo del film: La via in cui Fatima (Parku) si incontra col suo insegnante di educazione fisica Michele Scimone (Fi
  • Luogo reale: Sp170/1, Lamezia Terme, Catanzaro
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Gaetano Guacci

    Gaetano Guacci

  • Adriana de Roberto

    Adriana de Roberto

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Harden1980
Un autore teatrale non riesce a completare il testo di una sua commedia, distratto com'è dalle cose della vita, e il suo regista pensa bene di assumere un'attrice (Eleonora Giorgi) per sedurlo e ispirarlo. Commedia senza arte né parte, indecisa se spingere sul lato comico, decisamente fiacco, o su quello erotico (la Giorgi si mostra generosamente nuda in più occasioni). Gli equivoci generati dalle varie situazioni (il protagonista si ritrova solo e nudo sulla spiaggia dopo una notte di fuoco e viene arrestato) lasciano il tempo che trovano. Il cast anonimo non aiuta.
Commento di: Paulaster
Tre amici usano un amico inventato per procurarsi scuse assortite. Nella prima parte Farrelly ripesca un umorismo volgarotto che fa sorridere e sfrutta il ruolo sfaccettato di un sorprendente Cena. Una volta svelato il mistero ai parenti c'è un calo fisiologico, parzialmente colmato dal ruolo di Macy. Finale che si mantiene nella sufficienza e dà ancora delle piccole imbeccate. Doppiaggi non tutti riusciti, specialmente le seconde linee.
Commento di: Fabbiu
Quando si tratta de "Il signore degli anelli" c'è da andare cauti con le aspettative dei fan della saga cinematografica, nonché con i tolkeniani convinti, probabilmente non entusiasti di molte invenzioni ideate appositamente per questa serie. Eppure, se la trilogia cinematografica ha fatto raggiungere al genere fantasy un livello massimo di espressione, si può dire che in questo caso lo stesso livello è stato raggiunto per una serie televisiva: le atmosfere sono eccezionali, la (nuova) storia (prequel degli eventi noti) si segue benissimo al netto delle lungaggini, comprensibili.
Commento di: Minitina80
Esilarante e insolita pellicola che dimostra fin dai primi minuti di poter catalizzare l’attenzione. Inizia nei sobborghi di Los Angeles, ripresi splendidamente in notturna e in grado di suscitare sensazioni che rimandano a Fuori orario di Scorsese. Prosegue con un incessante uso di flashback per ricostruire l’accaduto, instillando quel pizzico di curiosità che rappresenta un piccolo valore aggiunto. Si lascia apprezzare in quanto commedia adolescenziale, in alcuni aspetti poco convenzionale, che potrebbe sorprendere in positivo soprattutto gli amanti del cinema degli anni Ottanta.
Commento di: Apoffaldin
La vita dello scrittore, dal primigenio trauma della miniera della Ribolla (che sta alla base della storia de La vita agra) ai successivi anni milanesi. Bianciardi racconta se stesso nei servizi d'epoca della RAI e rivive nei ricordi di chi lo ha conosciuto. La forza del documentario sta nella sua coralità, nella pluralità delle persone interpellate, dai minatori agli amici più o meno noti. Imprescindibile per i bianciardiani, è un ottimo strumento di documentazione per chi volesse conoscere la figura di questo geniale e tormentato intellettuale.
Commento di: Pinhead80
Interessante cortometraggio che vede Max tentare di sfondare nel mondo del cinema grazie a una raccomandazione. Lo farà presentandosi direttamente alla casa cinematografica Pathé, ma il risultato non sarà per nulla soddisfacente. Linder ci sorprende ancora una volta e lo fa essendo il protagonista di un'opera metacinematografica divertente e dal buon ritmo. Il cast impiegato è d'eccellenza e mostra elementi di spicco del cinema pioneristico. Le parti comiche funzionano bene, soprattutto quando Max si ritrova a essere preso sul serio a schiaffoni. Assolutamente da non perdere.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

I tarocchi e l'horror si sposano bene da sempre: profezie, carte dall'appeal malefico, quei disegni così evocativi... Viene in mente l'incipit della CASA NERA di Craven, ma quante volte le ha viste passare sugli schermi, l’appassionato di genere: il matto, il giullare, l'impiccato, la morte... Figure sinistre che aspettavano solo la loro bella versione “live action”, pronte ad animarsi nel buio per spaventare i malcapitati...Leggi tutto di turno; che sono, ma guarda un po', i soliti giovinastri in vena di festeggiare dopo aver affittato semplicemente la villa sbagliata per farlo. Il prologo è ambientato lì dentro, e quando i ragazzacci han finito l'alcol ecco che cominciano a rovistare negli anfratti fino a trovarci il mazzo di carte maledetto. Che non sarà il Necronomicon ma il suo potere ce l'ha, e siccome nel gruppo non poteva mancare l'appassionata di astrologia, ecco che l'unione tra tarocchi e oroscopi sprigiona la miscela infernale.

Haley (Slater) siede sul pavimento e comincia a fare la carte a ognuno dei suoi amici: parte dal loro segno zodiacale e lo incrocia con le figure estratte per declamare una fosca predizione da interpretare e che - ma va? - anticipa quello che a ognuno di loro capiterà nel prosieguo; altrimenti non si vedrebbe proprio, il motivo di tediarci con verbosi vaticini che paiono interminabili…

Partono i titoli di testa (ben in ritardo) e si comincia. Come? Indovinate un po'... La prima vittima designata sale in soffitta da una scala a pioli e nel buio zac... si piglia una coltellata in faccia; o qualcosa di simile perché nell'oscurità ben poco si capisce: sarà un po' il desolante leitmotiv del film, il buio quasi costante nei momenti chiave. Lo splatter si rivela assai scarso, per nulla fantasioso (e in questo ci si allontana molto dalla matrice eighties che sembrava il punto di partenza fin dalla "Things Can Only Get Better" di Howard Jones di poco prima) e l’attenzione si rivolge soprattutto alla messa in scena dei delitti. Per fortuna qualche idea discreta salta fuori, anche se certo non nuova (si veda l'oscurità che avanza progressivamente nei tunnel della metropolitana), e insomma... con un po' di mestiere in regia qualcosa si salva.

Di fronte a personaggi tanto vuoti, tuttavia, a dialoghi tanto odiosamente impostati senza un briciolo di voglia di uscire dai canoni della serie B più becera... le braccia cascano spesso. L'antipatia suscitata da caratterizzazioni figlie di un frustrato desiderio di apparire brillanti (si veda il nerd sovrappeso e logorroico interpretato da Jacob Batalon) non aiutano a seguire un film che invece come ritmi si autososterrebbe decentemente. Né lo fanno i mostri dei tarocchi, quasi sempre nascosti nel buio, presenze che nemmeno i soliti jumpscare in sequenza riescono a rendere spaventosi.

Spenser Cohen e Anna Halberg, che oltre a dirigere e produrre si scrivono pure la sceneggiatura a partire dal romanzo di Nicholas Adams (e ci si chiede come possa esistere davvero un romanzo, considerando la pochezza della storia), sfruttano i meccanismi del genere per dar vita a un horror che più telefonato non potrebbe essere. E quando i nostri si ritrovano a pensare che gli autori dei delitti potrebbero nascondersi tra loro in un immotivato, risibile rigurgito christieiano, ci si chiede se non ci si trovi nel bel mezzo di una parodia, suggerita anche da un poliziotto che ciancia di suicidi di fronte a delitti con tutta evidenza impossibili da catalogare come tali. All'apparire dell'esperta di tarocchi stregati (Fouèrè), cui spetta il compito di estenuarci con l'inutile storiella del mazzo maledetto, intuiamo che non si vuole tralasciare neanche un luogo comune; quindi cosa resta? Un po' di fumo negli occhi, come l'agguato stile illusionista con la ragazza nella cassa da segare in due... Troppo poco!

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Uno strano episodio; lunare, strampalato, profondamente avatiano. Ed è proprio grazie alla regia di Pupi se anche quello che sembra essere disorganizzato, confuso (come negli altri capitoli della serie “Che fai… ridi?”), qui prende una forma precisa, che lega tra loro scene bizzarre unite da un filo conduttore solido, che le fa crescere raccontando la storia di due guitti bolognesi. Sono Gianni (Cavina) e Carlo (Delle Piane), che da trentasei anni si esibiscono in un locale ora prossimo alla chiusura e che, per il loro ultimo spettacolo, decidono di ripercorrere le tappe...Leggi tutto della loro storia partendo addirittura dai rispettivi genitori (sempre interpretati da loro stessi, nel flashback), quando il padre di Gianni incontrò la madre di Carlo (“una donna molto molto poco seria”).

Il passo successivo è il momento in cui i due protagonisti “impararono il mestiere”, frequentando una scuola di recitazione in città popolata da personaggi buffi ed eccentrici. Avati non arretra di fronte a evitabili lungaggini o a qualche intermezzo ripetitivo, nemmeno quando deve far cantare e suonare i due insieme ad altri elementi di una strana orchestrina “jazz”. Ma aggiunge poi nuovi sketch che si inseriscono nella storia con anomala naturalezza, sempre legati da un tono surreal-demenziale che si fa presto cifra stilistica (come lo fu per TUTTI DEFUNTI... TRANNE I MORTI, in cui sei anni prima gli stessi Cavina e Delle Piane si trovavano alle prese con una parodia horror).

Anche grazie alla consueta, eccellente recitazione dell’affiatata coppia, diretta al meglio dal regista, tutto prende una piega che ispira simpatia in virtù di spontaneità e naturalezza assai caratteristiche, persino quando viene loro in mente di seguire in strada una giovane (si direbbe “stalkerizzare”, oggi) per proporle di partecipare al traffico internazionale che hanno in mente di organizzare, una “tratta delle bianche” alla quale la donna sembra interessata (!). Recatisi nella villa di lei per incontrarne il marito (Tonelli), scoprono che è proprio quest’ultimo a negare lo sfruttamento della propria consorte, ma con argomentazione prive di vera logica…
 
Ancora divertente è la parentesi in cui Gianni avvicina un’altra donna per fidanzarsi e Carlo subito gliela chiede in moglie! Qui un Delle Piane in versione quasi alla Woody Allen è alle prese con un paio di momenti “teneramente” cinici con l'improvvisata consorte da annoverarsi tra i migliori dell’episodio. Si continua alternando scene a loro modo riuscite - sullo sfondo di una Bologna ripresa al meglio da un Avati ispirato - a esibizioni canore o coreografie magari discutibili, troppo prolungate, ma che spesso (non sempre, va detto) si integrano bene al contesto. Il risultato è un episodio che profuma molto più di cinema rispetto agli altri della serie, soprattutto grazie all’ottimo lavoro in regia.

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Solido giudiziario che porta in scena uno dei casi di cui si occupò il giovane avvocato Thurgood Marshall (Boseman), abituato a perorare, per conto della NAACP (National Association for the Advancement of Coloured People), le cause degli afroamericani soprattutto negli stati in cui il razzismo imperava.

Siamo nel 1940 a Greenwich, in Connecticut, e l'autista nero (Brown) di una ricca signora bianca (Hudson) è accusato dalla donna di averla stuprata e successivamente gettata nel fiume da un ponte. L'uomo nega recisamente e Thurgood, che come missione ha quella di difendere...Leggi tutto solo chi è convinto sia innocente, gli crede. Scelto come partner un giovanissimo avvocato delle assicurazioni, Sam Friedman (Gad), inizialmente riluttante (non si era mai occupato di penale, fin lì), seguirà il processo senza poter parlare in aula, come impostogli dal giudice (Cromwell).

L'impostazione è quella più tipica del genere, affrontata linearmente e con estrema chiarezza in modo da poter mettere in luce le qualità di un soggetto che propone diversi punti interessanti e intuizioni sfiziose, come quella di proporre come avvocato della difesa un ebreo in un momento storico (l'alba della Seconda Guerra Mondiale) in cui la razza ebraica veniva crudelmente perseguitata ancor più di quella afroamericana. L'interrogazione dei testimoni, i battibecchi tra gli avvocati, gli interventi del giudice, i piccoli colpi di scena disseminati come d'abitudine tra una testimonianza e l'altra, permettono di mantenere alta l'attenzione di chi guarda, mentre la lodevole prova corale del cast aiuta a entrare ancor meglio nella vicenda parteggiando inevitabilmente per la parte dell'accusato.

Ottimo il modo con cui sono costretti a comunicare Thurgood e Sam senza che il primo possa aprire bocca, mentre all'avvocato della donna viene concesso uno sprazzo d'umanità nell'ultima parte, di fronte al grido disperato di chi cerca di far capire come per chi è nero, in America, non sia affatto facile agire come logica richiederebbe. E se anche non si tratta di una commedia, qualche rara battuta si riesce a infilare comunque (Thurgood che racconta a Sam perché fin dall'infanzia ha un solo testicolo, ad esempio) e la regia garantisce un ritmo spedito che ha solo qualche piccola frenata quando divaga rispetto alla traccia del processo per dare forma ai personaggi principali (la moglie incinta di Thurgood con le serate al night, quella ebrea di Sam con i riti). Azzeccata l'interazione con montaggio alternato sviluppata per l'arringa conclusiva, interessante l'approccio al processo in chiave antirazzista, ben descritta la figura dell'accusato, al quale Sterling K. Brown è bravo a infondere la serietà necessaria.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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