il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

A VENEZIA... UN DICEMBRE ROSSO SHOCKING
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340087 commenti | 64325 titoli | 25524 Location | 12731 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Lubo (2023)
  • Luogo del film: Il primo carcere dove Margherita (Bellè) chiede invano alla guardia di entrare per un colloquio con
  • Luogo reale: Via della Cavalleria, Merano - Meran, Bolzano/Bozen
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  • Film: Una donna per tutti (1991)
  • Multilocation: La villa di via Castelfalfi Castello 21
  • Luogo reale: Castelfalfi, Montaione, Firenze
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Giovanni Nuvoletti

    Giovanni Nuvoletti

  • Athena Minglis

    Athena Minglis

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Le lit à roulettes (1907) di Alice Guy con (n.d.)
Commento di: Pinhead80
Un uomo, dopo essere stato sfrattato, porta con sé il suo letto a rotelle. Dopo il primo stupore generale il letto scivolerà lentamente per la strada cittadina causando tutta una serie di danni e tanto scompiglio. Cortometraggio divertente e per certi versi fracassone che trova i suoi momenti migliori quando il protagonista riesce addirittura a sventare un furto e quando i poliziotti fanno una brutta figura. L'idea è molto semplice ma il corto riesce a incuriosire e ha un gran bel ritmo. Tra i lavori di Alice Guy si può tranquillamente catalogare nella categoria delle comiche.
Commento di: Enzus79
Casalinga sposata con un pastore e annoiata dalla quotidianità viene presa in ostaggio da un giovane rapinatore di banca. Tratta da un romanzo di Anne Tyler, è una commedia sentimentale piuttosto fiacca, con dinamiche improbabili e un finale non convincente, che rasenta la faciloneria. Susan Sarandon è brava, ma non basta. La presenza della Moss dà un po' più di verve al film.
Commento di: Pinhead80
Il classico horror di fine anni Ottanta che presenta un protagonista completamente fuori di testa che dall'inizio alla fine non fa altro che massacrare gente a destra e a manca. Poco importa quali siano le sue motivazioni, quello che conta è che è disposto a tutto pur di togliere di mezzo chiunque gli capiti a tiro. Lustig sa il fatto suo e crea atmosfere malsane che godono di una fotografia sgranata ma perfetta per l'occasione. Il cast è di tutto rispetto e Robert Z'Dar, con la sua imponente presenza, incute timore al primo sguardo. Da recuperare.
Commento di: Jaspers
Dopo la precedente, deludente prova, Jalali si rimette grintosamente in gioco con ciò che sa fare meglio: mostrare le vite degli sventurati. E dall'Iran si passa al Nord America, in una riserva indiana dove una famiglia, già segnata da povertà e alcolismo, riceve una notizia sconvolgente; ma è solo l'inizio... Dolente fotografia di un paese che pure ai giorni nostri pare arretrato di secoli, dove il "civile" uomo bianco squadra con altezzosità i "selvaggi", ai quali il semplice diritto alla vita sembra da sempre negato. Quasi un film muto, lancinante nei suoi silenzi. Guardatelo.
Commento di: Siska80
Caina, xenofoba che un tempo faceva fuori gli extracomunitari su commissione, adesso ha il compito di far sparire i corpi di quelli vittime di sbarchi andati a male. Apprezzabile il coraggio del regista nell'affrontare un tema attualissimo in una maniera così cruda rivelandone gli aspetti più disumani. Nonostante la fotografia non ottimale, si tratta comunque di un valido film in grado (si spera) di scuotere le coscienze e che mette in risalto le doti interpretative di Amatucci nelle vesti di un personaggio femminile disgustoso, seppur non privo comunque di tormenti interiori.
Commento di: Apoffaldin
La festa è l'occasione di ritrovo per un'aristocrazia romana che ha quarti di nobiltà inversamente proporzionali ai pregi. Il film non è girato o recitato male ma è discontinuo e il difetto sta nel "manico" sceneggiatura, che alterna cose pregevoli ad altre (troppe) in cui la parodia diventa caricatura ottenendo effetti opposti a quelli desiderati. Menzione d'obbligo per il brano "Rhythm", un autentico tormentone del cinema italiano di quel 1971: lo ritroviamo, tra gli altri, anche in Milano calibro 9 e Non si sevizia un paperino.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Una nuova gioia per gli occhi targata George Miller, che a settantanove anni suonati continua a dirigere la saga che l'ha reso celebre senza perdere un'oncia del talento che ha trasformato ogni capitolo della stessa (e in particolar modo gli ultimi) in un autentico evento. Se in FURY ROAD aveva già quasi soppiantato Mad...Leggi tutto Max imponendo all'attenzione Furiosa, una nuova eroina con le splendide fattezze di Charlize Theron, truccata ad hoc per farne risaltare i divini lineamenti, in questo prequel racconta l'adolescenza di Furiosa (Alyla Browne da bambina ma soprattutto Anya Taylor-Joy da ragazza) facendocene seguire le avventure dal momento in cui viene rapita nel suo Luogo Verde (una vera oasi paradisiaca nelle Terre Desolate del deserto australiano) da una banda di predoni capitanata dal sadico Dementus (Hemsworth). Sua madre insegue i criminali in sella a potenti motociclette, ma il suo progetto di riportare Furiosa con sé fallisce.

La piccola, rimasta sola in mano a quegli orrendi figuri, cresce inevitabilmente con loro covando ovvi propositi di vendetta, adottata da Dementus che la chiama Mini-D (la D è l'iniziale del nome di lui, a scanso di equivoci) e se la porta dietro nelle sue scorribande alla conquista dei pochi luoghi ancora indipendenti lì nei pressi: la Cittadella guidata dall'oscuro Immortan Joe (Hulme), arrampicata sulle rocce, l'industriosa Gastown (di fatto una gigantesca centrale, cattedrale di tubi e condutture) e Bullet Farm, rifugio di armaioli inselvatichiti (come un po’ tutti, da quelle parti).

Conquistata con astuto stratagemma Gastown, Dementus minaccia di bruciarla con tutte le sue scorte di benzina facendo venire Immortan Joe a più miti consigli: gli cederà Furiosa in cambio di un bel po' di viveri e acqua. Diventata membro della Cittadella, Furiosa affiancherà Pretorius Jack (Burke) a bordo di una enorme cisterna in viaggio tra una città e l'altra, vittima dei predoni e di attacchi di ogni sorta in cui Miller può scatenare tutto il suo estro visionario, concretizzato nelle abituali scene da circo itinerante con pazzi che volano appesi a deltaplani, moto che saltano dovunque, aste, lance e chi più ne ha più ne metta in un tripudio di esplosioni, morti ammazzati nei modi più bislacchi (molti triturati sotto le ruote della cisterna) e riprese virtuose che riportano alla luce lo stile unico e riconoscibile di Miller.

Se consideriamo che il deserto - con le sue dune, i colori infuocati, le nuvole di sabbia, gli immensi spazi aperti - offre paesaggi di grande suggestione di nuovo sfruttati al meglio dal regista, avremo la misura delle qualità del film, che ancora una volta lascia sullo sfondo la storia e i dialoghi per concentrarsi sull'impatto spettacolare. La Taylor-Joy ha il giusto sguardo killer, Tom Burke occhi verdi che ugualmente risaltano dietro al trucco che scurisce i volti, Hemsworth il tipico fare da guascone un po' idiota che lo rende comunque simpatico al di là della spregevolezza del personaggio interpretato.

Due ore e mezza sono tante e qualche sforbicata avrebbe indubbiamente giovato, ma la quantità di sequenze di grande suggestione, l’azione vorticosa sottolineata dai rombi dei motori, le imponenti masse che si muovono tra scenografie fatiscenti, gli scassati mezzi rozzamente corazzati, confermano l'unicità della proposta. Miller non fa che ripetere se stesso ancora una volta ma ci riesce benissimo, evidenziando ancora i limiti del suo cinema baracconesco dai tratti semplici eppure conquistando grazie alla grandiosità di scenari unici, campi lunghi che gli occhi abbracciano godendoli e un’estetica fumettistica nei personaggi che ci spinge a osservarli in tutti i loro buffi particolari. Certo, le basi erano già tutte in FURY ROAD e questo prequel non fa che replicarle furbescamente, ma nell’insieme il divertimento è lo stesso e il risultato pure. Indimenticabile il mezzo a ruote enormi sul quale si muove Dementus dopo aver abbandonato la sua comicissima biga trainata da motociclette!

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Prodotto e diretto da Massimo Mazzucco nonché da lui ideato con Luca Barbareschi e scritto con Michelle Reedy, SUMMERTIME gioca col titolo, che indica l’estate in un film in realtà ambientato d’inverno e che ricorda la prima solo nell’incipit, in cui il protagonista Marco (Barbareschi) è a Disneyland sotto il sole della Florida insieme a una sua coetanea, Valerie (Gilder). E’ per ritrovare lei che il giovane giunge a New York e si stabilisce nel seminterrato di un ragazzo (Ferguson) che gentilmente si offre di ospitarlo.

Appena di fronte a un...Leggi tutto telefono Marco chiama, ma a casa di Valerie risponde un uomo; lei non c’è, tocca richiamare. Marco così esce, ne approfitta per esplorare Manhattan e subito viene avvicinato da un assicuratore che vorrebbe rifilargli una delle sue polizze. Lui ci scherza, ci si diverte, anche per entrare quanto più possibile in sintonia con la gente del posto. Non ha un vero progetto e, quando finalmente Valerie lo richiama, dice di esser lì per un errore, che dovrà ripartire a breve. L’importante è rivederla, e dopo una sfilata alla quale la donna partecipa come modella, esce con lei. Si capisce presto, però, che il tempo che potrà dedicargli è poco e Marco resta spiazzato. Prova a divertirsi altrove, accetta i consigli del suo amico americano, frequenta un bar, conosce una ragazza, ma è evidente quanto a interessargli sia solo Valerie… D’altra parte è lì per quello.

Dimostrando bella padronanza dell’inglese, Barbareschi va alla scoperta della Grande Mela senza grande convinzione; proprio come il suo Marco, incerto su come approcciare la città e come riuscire a riconquistare Valerie. Del loro passato nulla ci viene detto, se si esclude il loro incontro felice in Florida, ma non è necessario. Conta di più il modo in cui New York viene descritta agli occhi di un ragazzo semplice, talora utilizzando uno stile quasi documentaristico: i negozi, la frenesia, la gente per le strade, le sale da biliardo, i fast food, i locali (il “G.G.’s Barnum” esisteva veramente, dalle parti di Times Square, simbolo di una certa disco a cavallo tra la fine Settanta e i primi Ottanta).

Marco cerca di assorbire la cultura americana del tempo, vi si pone di fronte col candore tipico del primo Barbareschi, che si era costruito un personaggio di giovane romantico e ingenuo, sempre sorridente, anche quando doveva fronteggiare le ovvie problematiche del quotidiano. Come in questo caso, naturalmente: l’amore di una donna troppo impegnata lavorativamente per dedicarsi a lui lo deprime ma non gli toglie il sorriso, né gli impedisce di capire quanto l’illusione possa scontrarsi col mondo reale riportando tutti sulla terra. Un breve percorso di maturazione compiuto attraverso l’immersione in una realtà cosmopolita. Mazzucco racconta la sua breve storia (appena un’ora e dieci) con leggerezza, disincanto, senza tuttavia troppo incidere e restando in superficie, limitandosi a mostrare angoli caratteristici della città e un italiano che se ne va alla sua scoperta spiegandoci come essa potrebbero apparire agli occhi di chi, alla sua età, s’imbarcasse in una simile avventura.

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Il trasferimento dell'azione dai Sessanta ai Settanta cambia tutto e i Manetti giocano con quello che è il materiale cinematografico più vicino alle loro passioni: il lavoro sulle scenografie, la ricerca degli oggetti di scena, gli arredamenti, le auto e molti altri particolari testimoniano di una rivisitazione scrupolisissima che trionfa in colori e inquadrature straordinarie. Una vera gioia per gli occhi che supera il già ottimo lavoro che nei primi due film aveva fatto capire quanto l'impianto visivo, nella saga di Diabolik, venga prima di tutto.

Qui la storia,...Leggi tutto che pure è tratta da uno degli albi più noti delle sorelle Giussani, passa in secondo piano, debole com'è e meno ricca di snodi cruciali, con Diabolik (Gianniotti, confermato dopo la pur non memorabile performance del capitolo 2) per la gran parte del tempo bloccato con Ginko (Mastandrea) in una stanza ed Eva (Leone) in un ruolo meno centrale che in passato. Questo perché un certo spazio viene lasciato alla banda di giovani scapestrati che sembra uscita (come molte altre cose) da uno dei nostri celebrati noir dei Settanta. Soprattutto si guarda con bel gusto citazionista al grande Fernando Di Leo che, a cominciare da MILANO CALIBRO 9 (certi interni, il night con strip, la stessa presenza di Barbara Bouchet), offre molto dell'immaginario qui utilizzato. La stessa Clerville, magnificamente resa con scorci ricavati da più città e spesso immersa in luci notturne di grande effetto, sembra più la Milano di allora che la città "retrofuturistica" vista fin qui. Peccato purtroppo non ci si rifaccia a Di Leo anche per i dialoghi, qui anonimi e imparagonabili a quelli virtuosistici del maggior regista di noir italiani dei Settanta.

La prima vittima delle macchinazioni di Eva e Diabolik è la donna (Crescentini) chiamata ad accompagnare la contessa Wiendeimar (Bouchet) nel caveau della banca dove quest'ultima conserva preziose monete sulle quali il ladro in nero ha messo gli occhi. Eva si sostituisce all'impiegata per attuare il colpo progettato da Diabolik ma lo stesso ha fatto una banda di ragazzacci dal grilletto facile che, nello stesso momento, entra in banca e si appropria delle monete facendo fuori la nobile signora. Inseguimento di rito, un rapinatore beccato e grazie a quello sia Ginko che Diabolik arrivano alla casa di un avvocato che pare la mente del gruppo di giovani. Qui verranno colpiti e legati in una stanza dove Diabolik, alla fatidica domanda di Ginko che riprende il titolo, farà partire una serie di flashback di gioventù in bianco e nero che francamente lasciano il tempo che trovano, allungando il brodo e lasciando capire che la trama questa volta è facile facile e secondaria, rispetto al resto.

Con un'Altea (Bellucci) più presente che in passato, un Gianniotti maggiormente in confidenza con il personaggio e che supera gli impacci nella recitazione visti in GINKO ALL'ATTACCO! (e che qui coinvolgono invece alcuni dei rapinatori) sembrerebbe di dover premiare il film, che però fatica a rendersi interessante e si fa apprezzare quasi esclusivamente per il grande impatto visivo. Insieme alle belle musiche (dei calibro 35 con Alan Sorrenti) sarà ciò che manderà in sollucchero gli amanti del piombo Anni Settanta. Proprio in virtù di questo e della secondarietà di trama e dialoghi si può dire che i Manetti (si vedano alcuni giochi di luce straordinari) riprendano il Diabolik di Bava rielaborandone in qualche modo lo stesso concetto di cinema nel tentativo di richiamarne la genialità della messa in scena.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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