Antonio Bido ci parla del suo "Gatto dagli occhi di giada"

1 Settembre 2008

Il regista Antonio Bido ha risposto molto gentilmente alle domande che gli abbiamo posto su quello che resta probabilmente il suo film più conosciuto:

Le citazioni a pellicole antecedenti, che ad un primo momento sembrerebbero dichiarate sin da titoli compiacenti con l’operato di Argento, si scorgono meglio a livello subliminale. In particolare il Carlo (Paolo Malco) presente ne Il gatto dagli occhi di giada, sembra un riferimento (però argutamente rigirato al contrario) dell’omonimo personaggio presente in Profondo Rosso (dove là era la madre l’assassina, qua è il figlio, che non a caso porta lo stesso nome in entrambi i film). Tutte queste allusioni (compresa una colonna sonora affascinante e anch’essa citazionista al titolo più sopra menzionato) sono davvero volute? Hai subito un influsso così forte, in quel periodo, da parte del lavoro realizzato da Argento o, come penso, parte dell’accostamento all’opera del regista ti è stata imposta da “cause superiori”?
Mentre i primi film di Argento, pur avendoli apprezzati, non avevano provocato in me particolari “colpi di fulmine”, quando ho visto Profondo Rosso sono rimasto molto colpito. Indubbiamente era un film nuovo sotto molti punti di vista, ma soprattutto per l’accostamento tra immagini e musica che è stato sempre un mio chiodo fisso. Argento in qualche modo aveva realizzato un connubio che consideravo perfetto. E’ quindi indubbio che  questo film mi abbia in qualche modo influenzato, ma anche la produzione ha spinto l’acceleratore su questo versante.

Come nasce l’idea (peraltro interessante ed indovinata) di contestualizzare 
Il gatto dagli occhi di giada all’interno di un “vissuto” temporale quasi anacronistico, che lega il killer ad eventi passati, relativi cioè alla seconda Guerra Mondiale?
Questa è un’idea che c’era già nel soggetto di Vittorio Schiraldi e che mi ha affascinato da subito. L’anacronismo, lo spostare la motivazione dei delitti nel passato era affascinante e mi ha permesso di creare quelle atmosfere un po’ retrò che io amo molto come la scena della cantante lirica, della vecchietta che parla con Corrado Pani, della vecchia canzone suonata sul grammofono e in generale di tutte le sequenze girate a Padova, dove appunto ho voluto dare la sensazione che il tempo si fosse fermato.

L’ambientazione paesana dei tuoi due film thriller è dovuta a necessità produttive (se non erro il girato è stato realizzato anche a Padova, tua città natale) o è stata una precisa scelta stilistica?

Si è trattato di una precisa  scelta stilistica che ha implicato maggiori costi, ma per me era assolutamente necessario ambientare una parte del Il gatto dagli occhi di giada a Padova, sia perché amo molto la mia città, sia perché amo la provincia e certe atmosfere sentivo che avrei potuto raccontarle bene solo lì.Grazie al successo delIl gatto dagli occhi di giada ho potuto imporre alla produzione di girare Solamente nero nella laguna veneta. I costi rispetto a Roma sono quasi raddoppiati in quanto noi alloggiavamo a Venezia e ci si doveva spostare ogni giorno a Murano. Avevamo molte barche a disposizione sia per la troupe che per il materiale e si pagava anche l’aria che si respirava. Ecco perché gran parte degli interni sono stati girati in studio a Roma.

Come sono andate le riprese de 
Il gatto dagli occhi di giada e come ti sei trovato a lavorare, appena 28enne, con attori particolarmente famosi tipo Paola Tedesco, Corrado Pani e Paolo Malco?
In realtà avevo 26 anni. Ero proprio un bambino rispetto a tutta la troupe che mi incuteva un certo timore. Soprattutto il direttore della fotografia Mario Vulpiani che era un tipo per niente tenero. Paola Tedesco e Paolo Malco avevano più o meno la mia età e non mi incutevano particolare soggezione. Pani invece si. Era uno dei più famosi attori di teatro italiani e non era proprio alla mano. Ricordo che quando gli spiegavo le scene da girare mi guardava fisso negli occhi e mi metteva un po’ in imbarazzo. Diceva sempre che lui ormai era vecchio e forse mi considerava ancora un ragazzino, ma mi diceva che sapevo girare e avrei fatto strada. Era solo geloso della macchina da presa. Spesso mi diceva che ero troppo attratto da quell’oggetto e invece dovevo stare più vicino a lui e seguirlo sempre con il massimo dell’attenzione.

E’ uno dei pochi gialli italiani (non unico ma uno dei pochi) senza scene di sesso, che all’epoca erano molto “richieste”, in questo ambito. E’ stata una tua scelta o semplicemente non erano contemplate in sceneggiatura e non sono state di conseguenza inserite dopo?
E’ stata una mia scelta perché il sesso non aveva assolutamente niente a che fare con la storia. Per fortuna la produzione ha accettato con rassegnazione la mia determinazione a non mettere scene di sesso. Anche oggi sono felice di questa scelta.

Puoi dirci con esattezza dove furono girate le magnifiche scene a Padova del Gatto dagli occhi di giada?
A Padova ho utilizzato quasi tutto il centro storico: dal Duomo, al Ghetto, alla zona adiacente l’università, alla zona della Specola ecc. La scena del matto l’ho girata in una vecchia casa abbandonata vicino a Prato della valle. Oggi c’è un moderno condominio…

Hai qualche ricordo del caratterista Fernando Cerulli, presente nel Gatto dagli occhi di giada
Cerulli è stata una scelta veramente felice. Perfetto nel ruolo che interpretava. Direi che le "physique du rôle" corrispondeva perfettamente all’immagine che mi ero fatta del personaggio mentre scrivevamo la sceneggiatura. Era molto scrupoloso e puntuale e soprattutto voleva continuamente che lo rassicurassi che stava andando bene. Qualche problema l’ho avuto con la scena della vasca da bagno perché ha dovuto stare in ammollo per una giornata e spesso l’aiuto regista Ervino Wetzl (padre del regista Fulvio e mio amico di Padova), che faceva la controfigura dell’assassino, gli stringeva il collo con il tubo della doccia con una certa violenza fino a fargli male. Cerulli ogni volta faceva delle scenate e minacciava di andarsene. Io però sono riuscito sempre a calmarlo dicendogli che solo così la scena sarebbe sembrata realistica e, soprattutto, che ero molto contento della sua interpretazione.

Puoi raccontarci qualcosa relativa ai brevi ruoli che hai interpretato nei due gialli (un regista di varietà ne Il gatto dagli occhi di giada, un geometra che incontra il sacerdote in Solamente nero)?
E’ stato il mio omaggio a Hitchcock. Mi faceva impazzire vedere il grande e insuperato maestro in quelle ironiche e brevi comparsate. Avrei dovuto fare anch’io così, ma poi ho pensato che mi sarei divertito di più interpretando dei piccoli ruoli dove avevo anche delle battute.

INTERVISTA INSERITA IL GIORNO 1/9/2008 DA ZENDER 

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