Confuso thriller sulla scia dei primi film di Dario Argento che parte dalla FINESTRA SUL CORTILE di Hitchcock (la protagonista assiste casualmente a un omicidio perpetrato dietro una finestra lasciata malauguratamente aperta) per incrociare molti dei luoghi comuni presenti nei thriller all’italiana (l’assassino dai guanti neri, le rasoiate, le soggettive del killer, il meccanismo “whodunit”...). Pradeaux dimostra una discreta padronanza della cinepresa nelle scene degli assassini, ma incespica in una sceneggiatura molto approssimativa, poco chiara e che prevede un colpevole ridicolo, una soluzione finale alla...Leggi tutto quale non saremmo mai potuti arrivare nemmeno per sbaglio. Semplicemente si è presa la persona meno sospettabile (come sempre) e le si è cucito addosso un movente dell'ultima ora, giusto per dare una parvenza di credibilità in realtà del tutto assente. Non resta che consolarsi con la buona tensione di alcuni momenti, sempre non si preferisca indugiare sulle scene di sesso (castigate ma diluite in lunghi primi piani sui volti gaudenti). Poco incisive le musiche del maestro Pregadio (inseparabile compagno di Corrado al programma TV “La corrida”), troppo scialbe le scenografie. La ricerca del continuo colpo di scena appare pretestuosa e fine a se stessa e porta a un'involuzione del copione, avvitato nel tentativo di deviare lo spettatore con almeno tre possibili assassini presentatici come tali da alcuni evidenti indizi lasciati poi maldestramente cadere. Accettabile la prova degli attori. Il finale alla scuola di danza potrebbe aver ispirato addirittura il Dario Argento di PROFONDO ROSSO, che ne sublimerà le potenzialità.
La conclusione di questo film mi ha un po' deluso, anche se la trama gialla del film (che non è gran cosa) è comunque tenuta viva molto bene dal regista Pradeaux. Ottime inquadrature e ottime scene di omicidio. Ad ogni modo un buon film che, se confrontato con diversi altri film dell'epoca, diventa un ottimo film.
Discreto giallo, diretto con sicurezza da Pradeaux, con delitti abbastanza sanguinolenti, seguendo i canoni del giallo argentiano e con parecchio sesso. Buoni gli attori, tra i quali spicca la bella e brava Susan Scott (alias Nieves Navarro). Bravo anche Hoffman. Un po' tirato per i piedi lo spiegone finale...
Gialletto assolutamente inutile. Pessima la regìa di Pradeaux che, nonostante qualche scena piuttosto tesa, non riesce a creare un'inquadratura decente in tutto il film e regala scene sovente imbarazzanti. Mediocre anche la sceneggiatura: le idee iniziano subito a latitare e la scelta di riempire i buchi con scene di sesso (troppe e tutte inutili) o con parentesi comiche si rivela davvero sbagliata. Mediocre anche il cast, davvero poco convincente e brutti gli effetti speciali degli omicidi. Si salvano solo le musiche di Roberto Pregadio.
Tasso artistico inferiore dello splendido titolo (quinario+ottonario). La trama non regge e, forse per farsi perdonare, la fuga della Torosh serve almeno a stringere il campo dei sospettabili. Buono il lavoro della mdp, che valorizza tutti i volti tranne il più bello (quello di Rosita), forse per salvaguardare le due primedonne. Buone le attese degli omicidi, alcuni dei quali hanno una marcia in più. Lo “spieghino” finale, però, è quasi imbarazzante.
MEMORABILE: Dopo l'omicidio della Torosh, sono notevoli i tergicristalli che passano, ma che non possono spostare il sangue dal parabrezza.
Sicuramente migliore di Passi di Morte Perduti nel Buio, siglato anch'esso da Maurizio Pradeaux (che dimostra un'insolita ossessione per titoli che rimandano al "balletto"), questo film può essere eletto a summa (imitativa) del giallo argentiano: ne raccoglie ogni sintomo ed ogni inquadratura (ad iniziare dalle immancabili soggettive); ripropone analogo look del killer e modus operandi (rasoio), che sembra derivare direttamente dal celebre Uccello dalle Piume di Cristallo. Non originale, ma interessante.
Niente, Pradeaux non è proprio cosa: certo assai meglio dell'atroce Passi di morte, ma solo per la riduzione al minimo delle scempiaggini di dialogo, e per una certa efficacia di alcune delle scene di suspense. Da corte marziale la spiegazione finale appicicaticcia, come la foto dell'assassino in fuga dal primo delitto sopra un resoconto di conflitti sindacali a Battipaglia (moviolare per credere), sull'onnipresente "Paese sera" all'epoca vice-diretto da Sandro Curzi! Incommentabili anche i baffi di Hoffmann. Un po' come il film
MEMORABILE: Simon Andreu spiega le sue difficoltà erettili: "Il medico dice che può capitare a chi fa uno sforzo intellettuale"
Solito giallo di poco conto che parte copiando lo spunto principale de La finestra sul cortile da cui poi si discosta, per continuare a saccheggiare le atmosfere argentiane cui si ispira non poco. Insomma niente di nuovo sotto il sole. Poco gore, tensione scarsa e non poca noia. La sceneggiatura poi è semplicemente ridicola. Tuttavia a quei tempi si vedeva di ben peggio.
Modesto giallo, dall'intreccio abbastanza improbabile (a partire da come viene intercettato il primo delitto), che si sviluppa maldestramente e confluisce in un finale buttato lì alla bell'e meglio. Regia di maniera, ma le idee sono veramente poche e le trovate stilistiche non creano mai un sussulto. Ad uso degli appassionati del genere, ma nulla di più.
È una pellicola che mi ha lasciato piuttosto indifferente. Secondo me il film tentenna già dalle battute iniziali; di interessante, a parte il cast femminile da sturbo, ci sono le musiche di Pregadio e la camicia di Simón Andreu. A parte gli scherzi, qualche bella sequenza c'è e a tratti anche l'atmosfera non è male, però secondo me, nel panorama italico di quegli anni, vi è di molto meglio.
MEMORABILE: Nerina Montagnani col coltello a serramanico.
Buon giallo, con tutte le tipiche caratteristiche del thriller all'italiana. Da apprezzare sono soprattutto le sequenze che precedono alcuni omicidi (su tutte quelle del caldarrostaio e della vecchia Marta) nelle quali Pradeaux mette in mostra qualità non comuni, l'agile uso delle riprese in soggettiva e le musiche. Accettabili tutto sommato le interpretazioni. Da dimenticare invece la sceneggiatura, le spesso inutili scene di nudo e l'altamente improbabile conclusione. Incoerente ma non noioso.
Appena passabile questo thriller Anni Settanta, ispirato chiaramente ai gialli argentiani. Lo spiegone finale è un po' patetico, ma il film non è da buttare via. Bella colonna sonora. Pradeux farà di meglio con il successivo Passi di morte perduti nel buio. Passabile.
Pradeaux firma un giallo che si inserisce in un filone che andava in voga in quegli anni di puro genere italiano, con omicidi efferati e qualche concessione al morboso (su tutte le attrici merito alla Borova che ostenta fiera dei capezzoli perennamente turgidi). Qui si cerca di smascherare un assassino dal rasoio facile e, bensì il movente sia parecchio sciocchino, la struttura di fondo non appare malaccio. Insomma, carino, pur se spesso bistrattato.
Il bel titolo mi ha sempre incuriosito e riguardo a questo film nutrivo qualche aspettativa. Delusione totale. Il soggetto non è mai stata la parte forte dei thriller all'italiana, ma qui siamo veramente ai minimi livelli: vuoti narrativi grossi come caverne vengono altrnati ad alcune scene di sesso (che viste al giorno d'oggi fanno quasi tenerezza, tanto sono pudiche) e agli omicidi, alcuni anche discretamente realizzati. Il punto debole del genere: lo spiegone finale, qui è debolissimo (tanto da divenire "spieghino"). Peccato.
Giallino che ha i suoi (quasi paradossali) pregi per il modo in cui ha plagiato così spudoratamente il thriller argentiano rendendosi un modello perfettamente esemplificativo del genere. Molto ben girato e foriero di gran tensione, è però supportato da un soggetto esile, da un finale indegno (benchè nella versione tedesca il movente del killer cambi), da un'estetica poco esaltante e da una sceneggiatura ambiziosa ma confusa. Sì, i delitti (a rasoiate... e come sennò?) piuttosto sanguinari piacciono (buoni i loro SFX), ma il film non convince. Amorfo.
MEMORABILE: I delitti e le belle musiche del Maestro Pregadio.
Giallo non certo da buttare questo, che riprende le classiche tematiche argentiane coniugandole a una vicenda forse un po' confusa. Ci sono alcune scene un po' fuori luogo, come l'appostamento tra le prostitute e almeno una clamorosa sequenza di sesso completamente gratuita che non c'entra nulla con la storia; eppure gli omicidi sono numerosi e ben congegnati e il finale, per quanto derivativo, è comunque notevole e garantisce un discreto livello di tensione.
Titolo bellissimo e azzeccato per un giallo argentiano dalle frequenti venature erotiche, penalizzato da una sceneggiatura pericolosamente a corto di idee e da una soluzione del mistero che definire deludente è dir poco. Un vero peccato, perché Pradeaux aveva dimostrato di saperci fare, imprimendo alla storia una discreta suspense e, soprattutto, dirigendo con notevole bravura le sequenze degli omicidi e il finale alla scuola di danza. Simpatici Hoffman e Martin, da urlo le due protagoniste femminili. Non male le musiche del "maestro" Pregadio.
MEMORABILE: Tutti gli omicidi sono di alto livello.
Un giallo italico organizzato con canoni di prammatica cinematografica dell'epoca, caratterizzato dalla discreta personalità degli attori e da alcuni nudi femminili, a volte gratuiti. Gli omicidi sono tratteggiati con discreta cura ed è presente qualche momento di buona tensione (per esempio, all'interno della scuola di danza, al buio). Altri elementi invece non quadrano ed alcuni tratti della storia si fanno confusi, non convincenti e poco realistici (mi sono chiesto perché non utilizzare come esca una poliziotta, visto che ci sono dal 1960!).
Produzione medio-bassa per un film altamente derivativo: l'incipit serve il topos della protagonista che assiste per caso a un delitto in maniera piuttosto originale; poi la sceneggiatura cala progressivamente, fino ad una spiegazione finale ridicola che non spiega nulla (pare oltretutto che sia un'esclusiva della versione italiana). Abbondanza di nudi gratuiti, ma la recitazione (fatta eccezione per la Scott, sempre disinvolta) è dilettantesca. La regia invece non subisce cali e la catena di omicidi è coreografata veramente bene. Mediocre, ma cult.
MEMORABILE: L'omicidio in automobile, col sangue che imbratta il parabrezza dall'interno mentre i tergicristalli sbattono inutilmente all'esterno.
Considerato che il successivo thriller di Pradeaux verrà sponsorizzato da un mobilificio, peraltro onnipresente in modo pacchiano dai titoli di testa fino a pervadere gli stessi dialoghi tra i protagonisti, questo suo primo esperimento è esteticamente un'altra storia. Intendiamoci, ripresa e sceneggiatura non sono di primo conio bensì un fac-simile argentiano, ma la suspence non manca e riesce a riscattare l'intera opera, con una discreta oculatezza nel dosare il ritmo.
Giallo di chiara derivazione argentiana senza infamia e senza lode, con tutti gli elementi del genere e omicidi discretamente filmati (ma ripetitivi). Lo penalizza il finale, affrettato e con spiegazione del movente banale e raffazzonata. Niente di nuovo o originale, quindi, ma fino agli ultimi tre minuti si lascia guardare, con qualche momento di suspense.
Thrillerino sotto-argentiano dalla trama squinternata firmato da Pradeaux e scritto, fra gli altri, dallo storico sceneggiatore di peplum Arpad De Riso. Qualche buona sequenza non basta a compensare i buchi di una sceneggiatura che non sa dove andare a parare e che precipita in una spiegazione finale ancor più insensata del resto. Recitazione mediocre, solo parzialmente compensata dalle disinvolte esibizioni erotiche delle belle di turno, generosamente proposte ad un tasso di intensità e frequenza superiore alla media per questo tipo di film.
MEMORABILE: L'anziano generale colto sul fatto dai suoi sottoposti mentre va a mignotte (ma i generali ci sono nei carabinieri, non nella polizia!).
Come suspense e tecnica degli omicidi ci siamo, è il finale che zoppica in tutti i sensi. Non che sia banale il movente, anzi, ma in tal caso si doveva sviluppare meglio e più largamente il concetto e non appiccicarlo al volo come un francobollo da lettera. Per poterlo valutare e apprezzare bene mi ci sono volute sei visioni in 15 anni... Peccato, perché è solo questa la ragione per la quale siamo lontani anni luce da Martino e dal miglior Lenzi.
Giallognolo inodore, incolore, insapore e inconsistente. Pradeaux e i suoi sceneggiatori di merende, pur di non staccare il sedere dalla loro comodissima pigrizia creativa, hanno razziato come satanassi quante più tessere filmiche dalle opere di Argento, Bava ed Hitchcock, escludendo logica e originalità peggio di una pestilenza bubbonica. Senza la cafonaggine degli splatteracci sexy di Ercoli, Bianchi e Ratti, senza l'eleganza di un Lado o un Dallamano, senza il fascino vintage dei thrilling di Miraglia e Martino, resta solo da urlarlo alla Fantozzi: questo film è una c...orazzata pazzesca!
Para-argentiano e fallimentare. Certo, le sequenze degli omicidi, soprattutto quello della Montagnani, sono discrete, con quelle sinistre anticipazioni e quei primi piani stretti, impietosi, sui volti distorti dal terrore... A parte questo, però, la sceneggiatura è un insulto al buon senso, i siparietti comici (vedi il fabbricante di borsette con accento burino) fanno accapponare la pelle, il movente dei delitti sembra preso di peso da un bignamino di psicologia. Simpatici, però, tutti gli interpreti, che sembrano divertirsi... almeno loro!
MEMORABILE: La Scott che guarda dal cannocchiale del Gianicolo e, affannosamente, cerca la monetina!
Regista poco prolifico, Pradeaux cavalca la moda dei gialli di Argento e Martino e ne enumera i riconoscibili stilemi in una sceneggiatura striminzita, debole collante per una serqua di sanguinolenti omicidi – talora anche ben orchestrati, come quelli di Rispoli, della Montagnani e della Torosh -, false piste e molti nudi. Finale raffazzonato. Hoffmann, la Scott e Andreu hanno reso meglio in altre occasioni ed è curioso come la prova più convincente, forse in virtù del doppio ruolo assegnatole, giunga dalla mai più rivista Anuska Borova.
MEMORABILE: L’inizio hitchcockiano; i pupazzi di Hoffmann; la scuola di musica di notte; la Scott braccata nella serra.
Francamente deludente e perdipiù succedaneo oltre ogni buongusto cinematografico. Pradeaux eredita gli attori della trilogia di Ercoli e raffazzona, insieme ad altri peones, una malasceneggiatura che intreccia stilemi argentiani e appunto cadenze dei glamour thriller del buon Luciano. I risultati son labili e zoppicanti almeno quanto il serial killer frustrato ed intellettualmente impotente. Non c'è alcuna brillantezza e a risentirne son gli stessi attori, con una Navarro ben più opaca del solito e il resto della truppa che mima una stanca quadriglia.
MEMORABILE: L'omicidio di Nerina Montagnani; Il personaggio di Sal Borgese.
Nell'immenso filone di thriller all'italiana spicca questo bel titolo diretto con estrema sicurezza da Pradeaux. Il vero punto di forza del film sta nella suspense creata dall'attesa dei delitti, sempre ben costruiti. Il resto è piuttosto nella norma; la prova degli attori è buona (anche se la Scott è più bella che brava) e la colonna sonora decisamente appropriata. Gli ambienti, interni e esterni, sono congeniali alla vicenda. Purtroppo il finale è deludente e visto il genere di film non è un aspetto da sottovalutare.
Regia altalenante cui va il merito di un tentativo di ricerca, che però naufraga nell'ordinarietà, anche perché non supportata da una fotografia che, per gli stessi motivi, tenta soluzioni che più che interessare fanno sorridere. La sceneggiatura sembra soffrire lo stesso male, tra rari momenti di accettabilità e "arricchimenti" appiccicati forzosamente. Risulta evidente la volontà di fornire la vicenda di molti spunti tra il divertente e l'intrigante, ma niente riesce a raggiungere la capacità di suscitare interesse come l'ammiccante titolo.
Un giallo di medio livello con alcune forzature che saltano all'occhio e in cui l'uso di epidermide femminile è forse eccessivo e spesso gratuito ma che grazie alla buona fattura e ai topoi del genere praticamente tutti inclusi non sfigura. Nel cast da notare la simpatica partecipazione di Borgese e la bellezza della Borova preferita alla Scott. Azzeccato il mood del bravo Pregadio. Senza infamia e senza lode!
Filmetto godibile, anche perché in poco tempo si dipana un filone di omicidi argentiani (serial killer sanguinario, armato di rasoio, guanti in pelle e cappellaccio). La trama è costruita ad hoc per inscenare gli efferati e cruenti delitti e il finale arrabattato alla meglio (o alla meno peggio). Dalla sua il regista ha senza dubbio il fascino irresistibile anni 70 e il volto tipico dell'epoca: la Navarro. Nel complesso mediocre, dunque, ma con un suo perché.
Una scia di sangue continua a imperversare a Roma quando per caso una donna è testimone di un misterioso, agghiacciante delitto. Parrebbe chissà che cosa e invece, a parte la nostalgica patina Anni '70, è un annacquato giallo argentofilo, ancor più rovinato da un finale a dir poco comico. Nieves Navarro con la sua aria da inguaribile impicciona aggiunge quel pepe in più che non guasta mai.
Il regista ha poche idee, sempre le stesse e quando esaurisce l'esigua salva di pallottole creative la butta in caciara (leggi: donne discinte). Una strategia che poteva apparire assai meschina nel 1972 e che, tuttavia, risulta assai gradevole nel 2018: l'impianto vintage, le bellezze anni Settanta (notevole la Scott/Navarro), il panorama urbano di Roma, quasi incorrotto, costituiscono una patina antiquaria tale da rendere il film accettabile ai palati cinefili o solo nostalgici. E il meccanismo giallo (pur lasco) funziona sempre.
Spaghetti-giallo di palese derivazione (più che ispirazione) argentiana dove la temperatura emotiva, il tessuto figurativo, il mistero della vicenda non sono in grado di coagulare quel "non so che" necessario a stabilire lo scarto dalla norma. Frammentario nella composizione dell'atmosfera gialla (che lo fa sembrare un giallaccio), non è tuttavia da buttare nell'inceneritore (alcuni passaggi funzionano); avrebbe meritato un finale meno tirato via (le spiegazioni conclusive sono terribili). Restano le tracce d'aura d'epoca: buona visione...
Rispetto alle aspettative (ingenerate, va detto, anche da un titolo tra i più efficaci di quegli anni) il risultato è abbastanza modesto e, in definitiva, deludente. Nessuna particolare invenzione grafica nella rappresentazione degli omicidi, nessun guizzo registico, nessun originale spunto narrativo che conduca efficacemente alla risoluzione del whodunit (soluzione invero un po' al risparmio, che chi ha un minimo di familiarità col genere potrà intuire in largo anticipo). Vedibile per gli appassionati, ampiamente prescindibile per gli altri.
Tipico giallo all'italiana dei primi anni '70, con poca originalità ma un ritmo abbastanza svelto, così da non annoiare. Sebbene la prova del cast sia giusto sufficiente, la vicenda intriga e ci regala qualche buona scena thriller così da catturare l'attenzione degli appassionati del genere. Chiari i rimandi a Hitchcock e a Argento. Godibile.
Buon thriller anni '70 in cui i momenti di tensione certo non mancano. Si parte con l'originale avvistamento di un assassino tramite telescopio turistico sino a tutta una serie di uccisioni efferate in sequenza. Gli indizi sparsi qui e là nella pellicola confondono le idee allo spettatore e questo è un bene, perché si arriva alla fine con una gradita sorpresa. Vivamente consigliato a chi ama questo genere di film.
Dietro il delizioso titolo poco altro. La messinscena è frettolosa e si ha l'impressione ricorrente di assistere a una brutta copia de L'uccello di Argento: il primo omicidio quasi identico, la soggettiva dell'assassino che passa in rassegna i rasoi, l'omicidio nella baracca; viene persino riciclato il nome Morosini. Resta valida la presenza di Susan Scott, sempre garanzia di bellezza, e la cruenza degli omicidi, i cui effetti sono però vistosamente caserecci. Due pallini stentati, anche se Pradeaux farà di peggio.
MEMORABILE: Il misero fallimento della trappola tesa all'assassino.
Tanta buona volontà, risultati scarsi. L'idea è quella di un thriller violento, piu vicino a quelli di Sergio Martino rispetto a quelli di Argento. Ma ci sono particolari che rendono la vicenda incredibile (tipo la "trappola per l'assassino" immaginata con Susan Scott) e la spiegazione finale è decisamente tirata via. Peccato per le interpreti femminili, che sono decisamente all'altezza (la Navarro su tutte).
Giallo che si inserisce senza troppa fantasia nel filone argentiano ma non tra i peggiori nel suo ambito: se la storia è uguale a tante altre, Pradeaux dimostra discreti movimenti della mdp e orchestra bene gli omicidi dei vari testimoni (su tutti quello di Nerina Montagnani). Peccato che il ritmo latiti un po' e lo spiegone finale rasenti il ridicolo. Comunque dignitoso. Di rara antipatia il terzetto di protagonisti, con la coppia Navarro-Andreu direttamente dai thriller di Ercoli e Hoffmann con baffi alla Franco Nero.
MEMORABILE: Gli omicidi di Rispoli, della Montagnani e della Toros; Il dettaglio dei tergicristalli; I capezzoli turgidi della Borova.
Un thriller davvero mozzafiato che per i primi dieci minuti e nella sua prima parte riesce a imbastire, pur con qualche francamente evitabile lungaggine, un'intreccio di impianto giallistico contorto, confondente e che regala molte scene di pura tensione. Perde però peso nella seconda parte e soprattutto nel finale che, seppur non prevedibile, è troppo raffazzonato ad arte per convincere del tutto.
MEMORABILE: La morte della vecchia; Il fiasco della trappola con le prostitute; La fuga finale tra le piante.
Giallo che cerca di cavalcare l'onda del successo del genere, ma gli sforzi relativi all'originalità si fermano allo splendido titolo: Pradeaux dimostra di saper gestire discretamente le scene di tensione (vedi omicidio della Torosh e la Scott nella serra) ma dopo l'inizio alla Hitchcock la sceneggiatura non sa più che pesci prendere e per tenere dello spettatore l'attenzion desta sovente il regista ricorre alla tetta. Qua e là si tenta la carta dell'ironia (poco incisiva come nel successivo e peggiore Passi di morte) ma a convincere meno è la soluzione finale senza capo né coda.
MEMORABILE: L'omicidio della Torosh; La Scott braccata nella serra; La Scott usata come esca-prostituta.
Giallo all'italiana assolutamente perdibile, praticamente una mera collection di cliché del genere sistemati alla bell'e meglio in un film non noioso, sicuramente, ma del tutto inutile. In mezzo a tanta pochezza si salvano le ottime musiche di Roberto Pregadio (ottimo e sprecato il tema pre-omicidio) e un buon gusto e un certo sperimentalismo in alcune riprese. Ma i difetti sono tanti, a cominciare dalla recitazione insufficiente. Per non parlare della spiegazione finale, a cavallo tra l'imbarazzante e l'incomprensibile. Forse un completista apprezzerà, ma per gli altri è da evitare.
Tra i tanti gialli italiani e iberici ispirati ad Argento, non è certamente tra i peggiori, rivelando anzi anche qualche qualità; le scene degli omicidi sono ben girate, con una tensione e un'atmosfera esemplari, nonché piuttosto splatter per l'epoca. Altrove, il film si perde un po', tra personaggi poco credibili e una serie di twist nella parte finale atti a disorientare lo spettatore in modo invero piuttosto disonesto; resta comunque godibile per chi ama il genere, la ost classicheggiante è di buon livello e i dettagli 70s degli interni sempre affascinanti, visti oggigiorno.
MEMORABILE: L'omicidio attraverso la finestra del casale, quello della vecchia a lume di candela e quello in auto.
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Mamma mia...
Ercoli è uguale al signore magro che ho visto in vacanza (quindi l'uomo che accompagnava la Navarro era proprio lui, il marito) ma la Navarro ha una capigliatura totalmente diversa da quando era in vacanza! I lineamenti le sono rimasti (certo!), ma prima era bionda, coi capelli più lunghi e le meches!
Che impressione vederla così cambiata XD!
Bell'intervista, così è sbugiardato universalmente il fatto della sua morte!
"ROMA
È morto stamattina dopo una breve malattia il maestro Roberto Pregadio. Nato a Catania il 6 dicembre 1928 fu musicista, direttore d'orchestra e compositore, ma la celebrità gli venne dalla tv alla Corrida dove divenne anche un personaggio.
Dopo il diploma al Conservatorio di Napoli (in pianoforte), divenne pianista nell'Orchestra di Musica Leggera della Rai nel 1960. Accompagnò Claudio Villa in un famoso concerto alla Carnegie Hall di New York nel 1961.
Alla fine degli anni '60 l'incontro con Corrado: fu la sua spalla storica alla Corrida, radiofonica e televisiva e divenne lui stesso un personaggio molto amato dal pubblico per i suoi commenti mimici alle esibizioni dei dilettanti allo sbaraglio, condividendo con Corrado una bonarietà molto venata di ironia e sarcasmo.
In radio ha lavorato in vari programmi, tra cui "Tutta la città ne parla" (con Turi Ferro), "Le piace la radio?", "Il microfono è vostro" (presentato da Nunzio Filogamo).
Negli anni '80 ha formato un sestetto di swing, il Sestetto Swing di Roma, con Franco Chiari al vibrafono, Baldo Maestri al clarinetto, Carlo Pes alla chitarra, Alessio Urso al contrabbasso e Roberto Zappulla alla batteria; il gruppo ha inciso per la Fonit-Cetra l'album Five Continents.
Quando Gerry Scotti ha ripreso nel 2002 la Corrida, morto nel '99 Corrado, il maestro Pregadio tornò in tv, su Canale 5. Ma nel 2009 con grande clamore, dopo ben 41 anni alla guida dell'orchestra del programma, decise di non parteciparvi più, dopo diverbi con la produzione e in particolare con la curatrice Marina Donati, la vedova di Corrado, che voleva affiancargli, vista l'età, il maestro Vince Tempera. Nonostante gli "appelli" di Scotti, dispiaciuto per l'amarezza dell'anziano musicista, Pregadio lo scorso anno accettò di far parte del cast fisso dei Raccomandati di Carlo Conti su Raiuno." (da La Stampa.it)
Mi unisco al rammarico generale per la perdita di un musicista che è stato icona di un tipo di televisione che attualmente non esiste più.
Peccato che la sua carriera di compositore di score cinematografici non abbia goduto di quella fama ed apprezzamento che avrebbe meritato.
Grandissima perdita...
Un'altra personalità che ha dato enorme contributo (per le colonne sonore) al cinema italiano anni Settanta e che oggi ci lascia, senza che nessuno si sia mai preso l'impegno di intervistarlo.