Ed ecco che anche il divo dei fotoromanzi dell'epoca Franco Gasparri si ricicla attore e incontra uno specialista del cinema d'azione come Stelvio Massi il quale, fatti due calcoli (i fotoromanzi della “Lancio” con Gasparri vendevano fino a 15 milioni di copie!), lo ingaggia, ci costruisce sopra il personaggio di Mark e dirige questo clamoroso successo, ripetuto di lì a breve con i due sequel. L’idea è semplice, quella di un commissario di polizia schivo e freddo, lontano dagli eroici difensori della legge interpretati da Enrico Maria Salerno o Maurizio Merli (che proprio lo stesso anno, 1975, esplode con ROMA VIOLENTA...Leggi tutto). Mark è giovane, ha un viso interessante (capelli neri con frangia e occhi verdi), fisico senza muscoli e il fare distaccato di chi sembra un poliziotto della narcotici solo per caso (come infatti Mark spiega nel film). Nessuna espressività particolare, nessun apparente convinzione, nemmeno quando muoiono le persone a lui care. Mai un sorriso, abiti giovanili indossati elegantemente, Mark è fortemente caratterizzato. La storia in fondo è secondaria, un poliziesco come tanti, superficiale e vuoto a livello psicologico. Solo Giampiero Albertini riesce a ritagliarsi un ruolo indovinato, quello del vicecommissario sconsolato che si difende con l'ironia. Ne esce persino qualche battuta e la coppia in un certo qual modo funziona. Quanto all'azione, Massi non è ancora ai livelli di un Lenzi o di un Castellari. Si nota un certo mestiere, non mancano inseguimenti e scazzottate (nella parte del losco Gruber c'è persino l'ex campione di pugilato Carlo Duran), ma il tutto non è montato a dovere. Successo in parte immeritato, tuttavia Gasparri è se non altro un poliziotto inedito, umano e credibile.
Poliziesco decisamente meno truce e violento della media, grazie anche alla presenza giovane e aitante di Franco Gasparri, poliziotto filoamericano sessantottino e versato in studi filosofici: la sua figura e qualche scambio di battute con il collega Giampiero Albertini distolgono l'attenzione da uno script esile e non troppo movimentato, chiuso per giunta da un epilogo che pare quasi un carosello. Il cast include Lee J. Cobb, spregiudicato antagonista, e Giorgio Albertazzi, prudente questore, che rimangono tuttavia figure sfocate e marginali.
MEMORABILE: Rapina sventata; Motociclista killer; «L'Associazione Poliziotti Mal Pagati le augura la buonanotte!»; Sperati in lotta contro crisi da astinenza.
Poliziottesco anni Settanta girato da una volpe del genere come Massi, il quale riesce, infatti, ad imbastire una pellicola che, pur non essendo nulla di eccezionale, risulta piuttosto gradevole e abbastanza scorrevole. Non un capolavoro ovviamente ma se non si va troppo per il sottile ci si può anche divertire.
Discreto poliziesco, molto meno cupo rispetto alla media. Franco Gasparri interpreta uno sbirro ganzo e bonaccione, ben poco tormentato dalla malavita (anche perché l'assoluta inespressività non glielo avrebbe consentito), e nonostante nel film ci siano parecchi morti ammazzati, il tutto è portato avanti con poca fantasia. A tratti l'intreccio è un po' macchinoso, e nonostante qualche bella scena d'azione questo Mark Terzi rimane un personaggio monodimensionale, privo di quel lato umano che emergeva prepotente dai vari Betti, Tanzi o Giraldi.
Discreto poliziesco, senza una sola idea originale ma piacevole e piuttosto scorrevole. Abbastanza curata la regia di Massi e passabile l'interpretazione di Franco Gasparri (abbastanza inespressivo ma tutto sommato adatto per il ruolo). Nulla di eccezionale la colonna sonora di Cipriani. La scena dell'omicidio dei due poliziotti in macchina è ripresa pari pari da Una 44 magnum per l'ispettore Callaghan.
Filmetto debole debole costruito su misura per il protagonista, un Franco Gasparri (già superstar dei fotoromanzi) che tutto sommato non sfigura nei panni di questo poliziotto un po' particolare. La storia è insulsa e manca la figura del villain, pochissime sparatorie e poca azione in generale. Peccato perché il Gasparri avrebbe il fisico giusto ma viene sfruttato solo per inespressivi primi piani e inquadrature di taglio fotoromanzesco. Trascurabile.
Tanti "divi" del fotoromanzo dell'epoca (a proposito, era l'unica forma di cultura per donne e non) hanno tentato di sfondare nel mondo del cinema con risultati il più delle volte catastrofici, ma Franco Gasparri riesce a diventare un buon attore di film poliziotteschi, andando ad insidiare anche un attore vero quale Maurizio Merli. La trama, sempre la stessa, con qualche lievissima differenza tra un film e l'altro. Mark crea un filone, gli altri si adeguano.
Per essere un divo dei fotoromanzi Gasparri stupisce per la naturalezza con la quale tratteggia un poliziotto molto "all'americana", bello e maledetto, cinico e disilluso, forse poco originale nei tratti (innumerevoli le citazioni da Callaghan e soci) ma di sicura presa. Nel complesso il film ha i soliti limiti dei prodotti di Massi fra cui qualche intoppo nella sceneggiatura che scorre in modo poco lineare. Gasparri è ok, ma ci fosse stato Lenzi alla regia... si tratta comunque di un classico del genere.
Buono. Il protagonista è il solito poliziotto di ferro, belloccio e dai metodi spicci; ma nello svolgimento si nota un minor ricorso ai soliti clichè di genere: meno violenza, rapine e sparatorie, meno accenti marcati dei caratteristi ecc... L'intreccio parallelo semi-sentimentale (il commissario e la ragazza tossicodipendente) regge ed avrà il suo ruolo nella vicenda. Scorrevole, ben fatto e accattivante: consigliato.
MEMORABILE: Il 'blitz' del commissario su un autoambulanza in corsa; l'inseguimento finale.
Poliziesco senza infamia e senza lode che si regge tutto sulla figura del commissario interpretato da Gasparri, bello e maledetto. Manca di azione e di violenza che si trova in abbondanza in altre pellicole del filone ma si lascia guardare. È il film più debole della trilogia.
Quel che si dice un buon prodotto, perché ben sceneggiato da Sacchetti e ben diretto da Massi. Ogni cosa è al posto giusto, tutto fila liscio, in superficie. Non si toccano vette artistiche, anzi nemmeno si cercano, ma non si avvertono difetti o cadute di tono. Gasparri è perfetto quale novello Callaghan, Albertini un vice adorabile e lo swing di Cipriani asseconda bene un film che risulta scorrevole come pochi.
Al di sopra delle aspettative! Che Massi abbia buon mestiere è risaputo, ma anche il povero Gasparri non era peggio della media dei colleghi. Meno ingenuo del previsto, addirittura con una "scena del buco" e qualche cadavere in overdose. Peccato solo che la sceneggiatura fosse rimasta troppo nel cassetto: a metà tra Serpico (capello lungo e cagnone al seguito) e Callaghan (cannone fuori ordinanza), Mark dopotutto non è così alternativo: l'anno dopo Tomas Milian inaugurerà Giraldi e al suo confronto è fin troppo un fighetto.
MEMORABILE: "Ti cercherò in tutte le cabine telefoniche, adesso rivestiti".
Stelvio Massi è stato regista particolarmente versato all'azione, e questo suo secondo poliziesco (primo fu Squadra volante) conferma le doti del cineasta, al suo massimo nel portare sullo schermo adrenaliniche scene di inseguimento e sparatorie concitate. Purtroppo la figura del commissario sportivo (veste in jeans, porta lunghi capelli che sono causa di sfuriate da parte del questore cui dà corpo Albertazzi) è una di quelle più deboli e meno coinvolgenti dell'intero (sotto)filone italiano: Franco Gasparri, celebre volto dei fotoromanzi Lancio, ha una bella presenza ma difetta in personalità.
Discreto poliziottesco italiano interpretato da un monoespressivo Gasparri e provvisto di valide scene d'azione. La narrazione è abbastanza lineare e la trama non è molto dissimile da altri prodotti di genere. Tra gli antagonisti del bel poliziotto c'è anche il campione di pugilato Carlo Duran.
Buon poliziottesco che vede come protagonista Franco Gasparri, che cerca di sgominare un grosso traffico di droga nel milanese. Film nel complesso riuscito, riesce ad amalgamare una sceneggiatura scorrevole (del mitico Dardano Sacchetti) a buone scene di azione, condite anche da momenti di discreta ironia. Non mancano neppure i colpi di scena.
L'eroe dei fotoromanzi anni '70 Franco Gasparri tenta l'exploit cinematografico nel genere poliziottesco, in voga nel periodo; e se la cava abbastanza bene, grazie ad un personaggio "popolare" e senza fronzoli, seppur un po' insipido rispetto ad altri colleghi (Merli, Nero o Milian sono su un altro pianeta). Il film in sè non è gran cosa, nonostante la regia spigliata dello specialista Massi e pur riservando alcuni buoni momenti; di grande aiuto il contributo del bravo e simpatico Albertini. Non tra i migliori del periodo, ma più che discreto.
L'enorme e tutto sommato immeritato successo di pubblico riscosso da questo film premiò la felice intuizione di Massi di affidare il ruolo del commissario protagonista al compianto divo dei fotoromanzi Franco Gasparri, riuscendo così ad attirare anche quel pubblico che solitamente evitava queste pellicole. Storia non certo originale, volgarità assolutamente bandita, scene d'azione lontane da ogni sensazionalismo, buon cast. Nel complesso tutt'altro che disprezzabile, ma i poliziotteschi veramente riusciti sono altri. Meglio i due sequel.
Primo episodio del trittico dedicato al commissario Mark Terzi, realizzato da Massi tra il '75 e il '76. Nel ruolo principale, quello che gli resterà addosso per quel tanto di sfortunata carriera a seguire, c'è il principe del fotoromanzo rosa Franco Gasparri, con la sua celebre arietta un po' montata da Alain Delon sanbabilino, qui accompagnato dal classicissimo Albertini e da un Lee Cobb nascosto dietro l'ombra ciclostilata del suo imperituro Don Mariano. Molti inseguimenti, scontri a fuoco e scie di morti non commemorati, senza però mai tirarsi fuori dal piatto mestiere di genere.
MEMORABILE: La Renault 5 che percorre a tutta velocità un dissestatissimo terreno da cross fatto di buche e dossi "spacca-ammortizzatori"...
Uno dei migliori polizieschi girati da Stelvio Massi e con un Franco Gasparri (ben doppiato) più simpatico che bravo. Molta azione che "nasconde" le lacune di una sceneggiatura un po' scialba. Le musiche di Stelvio Cipriani mi sembrano più che buone.
Parte malissimo questa trilogia di Massi. Ci vuole tanta forza d'animo e un'infinità di turate di naso prima di accettare questa faccia da "angelo ironico" dello sfortunato (purtroppo!) Gasparri. In più, fatta eccezione per la rapina sventata e l'assassinio del poliziotto collaboratore, la storia non offre spunti spettacolari o clamorosi. Non fanno breccia neppure il cane o la sporta della spesa per intortare la biondina, ed è sfruttata male perfino un'icona potenzialmente valida quale Carlos Duran. Gli altri due film saranno nettamente meglio.
Il commissario è una figura romantica, ma gira con l'arma fuori ordinanza (una bella 357M a canna lunga, pare). Flessibile e istruito, anticonformista ma onesto servitore (scomodo) dello Stato. Passa dalla "politica" (Polizia) alla buoncostume e finisce alla narcotici (è proprio scomodo). Il film sviluppa bene la storia, con un buon susseguirsi di indagini che condurranno verso la verità annunciata (anche se l'elemento determinante risulta improbabile). Fortunatamente l'ironia è assente, mentre anche i momenti disimpegnati nascondono una "dolce amarezza".
MEMORABILE: Al poligono, il commissario si rivolge al ragazzo (fotografo) della scientifica che spara anche bene: "Continua a fare foto, magari pornografiche...".
Uno dei più deboli polizieschi del periodo. Franco Gasparri si rivela però una bella sorpresa in quanto, essendo stato prinicipalmente attore di fotoromanzi, nel ruolo del commissario spiccio e rude funziona abbastanza. Purtroppo la nota dolente viene da ciò che compone il film: poca azione e suspance davvero fiacca se non inesistente. Il cast non è male, anzi: ci sono Albertazzi, Albertini e l'antagonista J Cobb. Meglio gli altri due!
Sostanzialmente anodino e direi segnato (dal punto di vista della visione) dalla crepuscolare “pulizia” del viso di Gasparri, che non riesce a dar materialità al suo Terzi, destinato a restar in una sorta di limbo etereo (il che non è necessariamente un male ma crea un certo disagio). Lo script appesantisce in troppi rivoli lo scaltro soggetto di Sacchetti e Massi lo asseconda con la sua piatta frettolosità. Nella confezione, la fotografia di Barbieri eccelle, le interpretazioni di Cobb e Albertini impreziosiscono, il questore Albertazzi desta curiosità.
Discreto; film piuttosto incolore e prevedibile, con sequenze "morbide" per il genere, tanto che se fosse un'opera dei giorni nostri potrebbe quasi sembrare un prodotto televisivo. Il ritmo è comunque buono e il film scorre con un discreto brio. Gasparri è interessante in questo ruolo ma troppo poco caratterizzato; andrà molto meglio nel (ben più interessante) sequel.
Debole e sconclusionato poliziesco privo di mordente e carattere, scorrevole come un treno senza scambi che si sa benissimo dove arriverà. Una pellicola che, al di là di poche inquadrature, ha ben poco da offrire in termini di regia; il genere poliziesco non è omaggiato se non nell'interpretazione di Franco Gasparri, che comunque ne esce bene. Trascurabile.
Pessimo esempio di poliziesco italiano (e pensare che molti lo reputano una delle maggiori vette del genere); a partire da una trama completamente insignificante, che per un poliziottesco può ancora passare; il livello della recitazione è bassissimo e le scene d'azione, oltre che scialbe, si contano sulle dita di mezza mano. La colonna sonora non è delle migliori e Mark, il protagonista, è interpretato da un Gasparri che pare quasi annoiato. Deludente.
Bel poliziesco, primo di una saga. Il “Dirty Harry” all’italiana funziona bene quando dietro alla macchina da presa c’è Massi, che con ottima tecnica riesce a confezionare un buon film colmando anche diverse lacune del soggetto. Forse Gasparri ha un volto un po’ troppo perfetto, ma si rivela comunque abbastanza convincente nel ruolo di poliziotto di ferro. Eccellenti le musiche di Cipriani che risultano fra le più memorabili nel panorama dei polizieschi itialiani Anni Settanta.
Tolto il solito Cobb, una maschera che non fallisce mai, neppur lavorando di fretta, non c'è molto. Il successo dell'epoca fu quasi automatico per la presenza di Gasparri. Il cast è scarsotto (pure Albertini non è certo al suo meglio e Albertazzi si vede pochissimo), la trama è ingenua (il mega-boss che si fa trovare con le mani nella cioccolata!) e casuale, la distrazione regna sovrana (si parla persino di omicidio avvenuto di notte, ma era accaduto in pieno giorno...). Massi sa sempre dove mettere la macchina da presa, ma non basta.
Storia raccontata con buon mestiere da Massi, ma niente di più. Le vicende del commissario infatti non riescono a coinvolgere come in altre produzioni del periodo; colpa sicuramente della trama a tratti sbrigativa e che dipinge in modo non molto credibile il protagonista (in parte anche per la recitazione di Gasparri, poco grintosa, ma soprattutto per le doti da supereroe con le quali esce indenne da ogni pericolo!). Tra le note positive si segnala un bravo e viscido Cobb nei panni dell'antagonista. Meglio comunque i successivi episodi di Mark.
MEMORABILE: Nel finale, durante una sparatoria, Mark e un giovane poliziotto parlano tra di loro come se stessero al bar, mentre le pallottole li sfiorano.
Il primo episodio che coinvolge il Callaghan de noantri non è certo travolgente, nonostante il mestieraccio di Massi. L'intreccio è al minimo mentre l'improbabilità veleggia alta. Ciò che risulta interessante, tuttavia, è proprio il personaggio di Gasparri: alto, colto, calmo, di buon cuore e con una nonchalance casual alla Dylan Dog. Buona la caratterizzazione di Duran. Rilassante.
Il primo episodio della trilogia di Mark il poliziotto non è assolutamente memorabile e all'interno del genere poliziottesco anni 70 non lo inserirei nella lista delle pellicole che andrebbero assolutamente essere viste per completare il genere. Il ritmo non è dei più veloci e la trama è troppo semplice e poco solida; mancano quelle scene forti di violenza che tanto caratterizzano il genere e la faccia da bravo ragazzo di Gasparri è poco convincente. Il film è anche girato bene ma, almeno nella prima parte, è decisamente noioso.
Da una sceneggiatura di Dardano Sacchetti ci si sarebbe aspettati di più che un film coi soliti luoghi comuni e con dialoghi all'acqua di rose. Il problema delle morti per eroina era un tema di scottante attualità nell'Italia di allora e Mark proverà a metterci del suo per lasciare un personale segno. Si staglia su tutto la fisicità di Franco Gasparri, non un grande attore ma una figura che non si fa dimenticare di certo, anche dopo tanti anni.
Poliziesco, che pur lasciandosi vedere (girato con un certo mestiere), non rappresenta niente di nuovo sul fronte criminalità, risultando piuttosto banale, seppur recitato in maniera dignitosa. Gli ingredienti ci sono: omicidi, droga, soldi, corruzione a tutti i livelli. Ma sono utilizzati senza alcun tipo di approfondimento, o voglia di dare più corposità alla storia. Ha qualche discreto momento, non in grado però di risollevare la pellicola da una generale mediocrità. Nota di merito per il chimico del laboratorio, che usa i suoi mezzi per cuocere la pasta col sugo, proibita dalla moglie.
MEMORABILE: Il capo, dopo aver ascoltato Mark "Vado a raccontare al questore, che lei è Nembo Kid e che tutti le vogliono male..."
Modesto poliziottesco di Massi che patisce diversi peccati originali (il Po a Milano, Gasparri che non sembra affatto uno sbirro, un venezuelano che si chiama come un tirolese). La scelta del protagonista, piuttosto legnoso, paga il dazio del botteghino al divismo dei fotoromanzi ma penalizza la pellicola, che comunque rimane in piedi grazie al saggio inserimento di eccellenti seconde linee (Cobb, Salerno, Albertazzi) e a un finale action nello stile del regista. La Sperati espressiva come un paracarro. Si può tranquillamente evitare.
L'idolo dei fotoromanzi Franco Gasparri nei panni poco credibili di un giovane commissario, guardando a modelli inarrivabili come Callaghan e Serpico. Massi costruisce per lui un film furbo e con bravi attori di contorno (Cobb, Albertini, Albertazzi). Il protagonista viene aiutato molto dal doppiaggio di Gammino. Il successo è scontato, tanto che verranno girati due seguiti. Buone le musiche di Cipriani.
Sia chiaro, siamo davanti a una chiara riproposizione in chiave italiana dell'ispettore Callaghan; ma il film tutto sommato funziona, grazie a un protagonista (Franco Gasparri, all'epoca divo dei fotoromanzi) ispirato e ben calato nella parte. La trama non è nulla di che e si aggrappa soprattutto alle iniziative del protagonista, ma se amate il poliziottesco troverete pane per i vostri denti. Non male, dopotutto.
Poliziesco di modesta fattura, dalla sceneggiatura insipida per esser scritta a quattro mani, ma con discreti dialoghi e buone scene action. Gasparri recita meglio del previsto ma ricorda un po' troppo Callaghan, pienamente azzeccato invece il personaggio dell'ex pugile Duran, perfetta faccia da sgherro poco sfruttata nel genere. Simpatica e orecchiabile la ost di Cipriani. Due palle e mezzo generose.
MEMORABILE: "Scusi quanto costa?" (riferito a un'automobilina della polizia)" "Si può comprare per poco..."; A tutto gas sullo sterrato con la Renault 5.
Come film è insignificante, uno dei peggiori poliziotteschi degli anni Settanta. Anche i cultori del modernariato (auto, telefoni, arredi, abiti, acconciature dell'epoca) ci possono trovare poco di interessante. Albertazzi e Lee J. Cobb sono al minimo sindacale, forse l'unico che si rivede con piacere è Giampiero Albertini. Rattrista rammentare la sorte, nella vita reale, del protagonista maschile Franco Gasparri (divo dei fotoromanzi bello ma inespressivo) e di quella femminile Sara Sperati.
Poliziesco all'italiana d'ambientazione meneghina con una flebile storia di droga a far da collante. Il film di Stelvio Massi, che avrà peraltro ben due seguiti, non è altro che un mero pretesto commerciale per sfruttare il divo dei fotoromanzi Franco Gasparri. Roba d'antan, ma al tempo dell'uscita funzionale a trascinare il pubblico femminile in sala in un genere perlopiù amato da quello maschile. Tolta questa astuzia resta poco: la vicenda è sfilacciata e le scene d'azione non sono poi molte. In pratica non c’è mordente.
Certamente Gasparri non è stato il miglior commissario del poliziottesco italiano: ha fascino da fotoromanzo dalla sua ma un immagine un po' troppo patinata. Eppure non è lui il difetto principale del film: la storia, semplice nella sua logica, è mal svolta e complicata inutilmente dal fatto che certi dettagli sono mal spiegati. Però, come tutto il genere quando c'è un po' di mestiere (e qui ce n'è), il tutto è vedibile e godibile e le scena d'azione ben rese. Vengono perdonate certe illogicità...
Poliziotto tuttofare contro i quadri industriali del narcotraffico milanese. Il film, volente o nolente, lo fa quasi tutto Gasparri, e pertanto ogni giudizio di merito non può non identificarsi con la valutazione della prova del protagonista. Il rimpianto maggiore, al di là di uno script tendente allo schematismo, è quello di aver cooptato un nome come Albertazzi, lasciandolo però ai margini del progetto. Colpisce la rappresentazione grafica della dipendenza da eroina, che risente del generale clima plumbeo del tempo.
Massi con l'azione ci sa fare. Con un cast tutto sommato discreto per il genere imbastice una pellicola semplice ma fluida. Come d'uso per il filone, buona dosa di violenza, sparatorie, inseguimenti, azioneo. Seppur non ci sia nulla di particolare il film coinvolge, ha un ottimo ritmo e tralasciando alcune ingenuità nella sceneggiatura risulta teso e spietato. Avrà più di un seguito.
Esempio di fotoromanzo applicato al cinema che diventa così un manico di scopa statico. Zero nudi e inseguimenti. Pochissime scazzottate. Ma quello che manca totalmente sono sceneggiatura e ritmo. Un canovaccio scontato, asettico e ingessato con spreco di pur validi collaboratori come Marcello Gatti e Stelvio Cipriani, qui assolutamente non al loro meglio. Cast che si barcamena in bonaccia pura con Gasparri, Albertini, Albertazzi e Lee J. Cobb a fare come i modellini della Mattel.
Il divo dei fotoromanzi Gasparri interpreta, con scarsa espressività ma buon appeal, il poliziotto ribelle Mark, ex-studente sessantottino, disilluso e poco propenso alla diplomazia, impegnato nella caccia ai narcotrafficanti milanesi e inevitabilmente simpatico (fra i vivaci dialoghi con Albertini e il pacato ma sincero sostegno offerto a una giovane eroinomane in fase di redenzione). Per il resto, il film si rivela un poliziesco estremamente lineare, privo di colpi di scena e con poche sequenze d'impatto, diretto con professionalità da Stelvio Massi e ben musicato da Cipriani.
MEMORABILE: L'eroina nascosta nella bombola in ambulanza; Uccisione di due poliziotti in auto a opera di un terzo corrotto; La sparatoria finale con inseguimento.
La prima parte delle avventure del poliziotto Mark è un prodotto professionale (Massi alla regia, cast con Cobb, Albertazzi e Albertini) al servizio del divo dei fotoromanzi Gasparri, ma il risultato finale è un po' anonimo, soprattutto se si considerano gli epigoni di Lenzi e Castellari dell'epoca: la violenza c'è ma è annacquata, il protagonista sembra essere un po' troppo distaccato e anche sul piano spettacolare, a parte un paio di sequenze, non c'è molto da segnalare. Il ritmo almeno è scorrevole, ma tutto sommato non si va troppo oltre la routine.
MEMORABILE: L'overdose di Irene; La rapina sventata da Mark; Mark che guida fuoristrada con una R5.
Un poliziottesco serrato, pieno di ritmo e di trovate spettacolari, ben recitato da Franco Gasparri che tiene bene la scena e ben coadiuvato dagli stuntmnen che si esibiscono in un crescendo di acrobazie con le automobili. Anche i caratteristi fanno il loro, soprattutto Andrea Aureli ancora una volta cattivissimo. Un'ulteriore conferma del talento di Stelvio Massi.
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Nei primissimi anni '80 la VID distribuì sulle tv locali alcune serie a puntate che altro non erano che alcuni episodi singoli estrapolati da film della PAC.
Anche la trilogia "Mark il poliziotto" venne spezzettata, battezzata "Serie SMERALDO" e rititolata "Un poliziotto insolito".
Ogni film veniva diviso in 4 puntate della durata di circa 20/25 minuti.
La sigla di testa e coda era il tema di "Mark colpisce ancora" di Stelvio Cipriani.
Da un incontro con il produttore Pietro Bregni (P.A.C.) e Stelvio Massi scaturisce un accordo per il finanziamento di una trilogia (Mark il poliziotto spara per primo e Mark colpisce ancora oltre a questo primo capitolo) più extra (La legge violenta della squadra anticrimine).
Per la serie venne ingaggiato Franco Gasparri, volto noto dei fotoromanzi Lancio (testata con picchi di vendite mensili attorno alle 15.000 copie).
Con un budget di 208 milioni, Mark il poliziotto rastrellò, ad un solo mese dall'uscita, qualcosa come due miliardi delle vecchie lire.
La parte del cattivo Gruber è interpretata da Carlo Duran, discreto pugile professionista attivo tra il 60 ed il 70. Di natali argentini, 1936, si trasferì in Italia verso la fine degli anni 50, prendendo dimora a Ferrara. Dal 1967 al 69 e nel biennio 70-71 fu per ben due volte Campione Europeo dei pesi medi, avendo acquisito la cittadinanza italiana. Nel 1972-73, scese di categoria e si laureò Campione Europeo dei pesi superwelter. Abbandonato il pugilato nel 73, cercò successo nel cinema ma "Mark il poliziotto" rimane la sua unica pellicola interpretata. Successivamente intraprese la carriera di allenatore pugilistico e procuratore. E' deceduto nel 1991 per un incidente stradale.
Nel film ci sono due ex-attori bambini: Franco Gasparri (che ha esordito nei mitologici diretti da Gianfranco Parolini) e Danilo Massi (il figlio di Stelvio che era il fratellino della Efrikian nei film con Caterina Caselli)