Note: Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di Auguste Le Breton, adattato per il cinema dal regista con la collaborazione di René Wheeler e dello stesso romanziere, autore anche dei dialoghi.
Colpo con tecnica del buco in una gioielleria. Dassin confeziona questo intenso noir, che lascerà il segno, sullo sfondo di una Parigi piovigginosa. Tony (Jean Servais), appena uscito di prigione, si lascia coinvolgere in un nuovo colpo da due vecchi amici; se ne aggiungerà un quarto (interpretato dal regista) che sarà determinante. Ci sarà poi lo scontro con un'altra banda (da cui il termine Rififi) per il possesso del cospicuo bottino. La maschera di Servais è perfetta per questo splendido bianco e nero. Ottime la regia e la sceneggiatura.
MEMORABILE: La sequenza del colpo, descritto nei minimi particolari: mezz'ora senza che venga detta una parola e senza musica; Le sequenze finali del film.
Basterebbe la scena della rapina per capire il valore di questa pellicola: sublime. Dopo una prima parte preparatoria in cui ci vengono presentati i personaggi, ne segue una seconda piena di emozioni e dal ritmo travolgente. Come nelle abitudini del regista un filino di moralismo (si veda come va a finire il tutto ma non solo) ma trattasi di imperfezione perdonabile. Rispetto delle regole di genere, grande tecnica, classe, divertimento. Cosa chiedere di più? Correte a vederlo.
MEMORABILE: La scena della rapina: mezz'ora circa (muta) di cinema a cinque stelle.
Un grande noir. Un film moralistico, duro, angosciante. Scene notturne e pioggia come nel Grande sonno, ma manca la finezza delle movenza da commedia, l'ironia; tutto è portato avanti fanaticamente. In Italia che si faceva? All'estremo opposto, parodie: I soliti ignoti, capolavoro, e Noi duri, con Fred Buscaglione. Il contrasto fra la sciagurata preparazione del "colpo" e la gioia famigliare di un protagonista che ha un bimbo aggiunge un senso di desolazione. Azzeccata la colonna sonora.
MEMORABILE: La tosse di Tony all'inizio del film, che anticipa la sua brutta fine (nel libro, con le budella in mano).
Senz'altro una delle pietre miliari del genere. Dialoghi stringatissimi e crudo realismo per una storia di rapine e di morti violente sullo sfondo di una Parigi resa ancora più malinconica da un classicissimo bianco e nero. Tutti bravi, ma Servais è il migliore.
MEMORABILE: La "punizione" che infligge Tony alla sua "donna"; Tutta la sequenza della rapina.
Se si conviene che il noir è, innanzitutto, un cinema di volti e di atmosfere, Rififi è un noir eccellente. Dassin ci porta con Tony e i suoi per i bassifondi, le strade umide di pioggia, i bar di terz'ordine. Ci fa stare in silenzio per 30 minuti (straordinari, scellerati, temerari 30 minuti di cinema muto) per non far scattare l'allarme. Poi la divisione del bottino, il tradimento, la vendetta. Non una faccia, non una battuta sbagliata, sequenze girate in evidente stato di grazia cui si ispireranno in tanti. Da rivedere al più presto. Dritto nel mio Pantheon.
MEMORABILE: L'orchestra del nightclub si prepara per le prove, uno per uno i musicisti entrano in scena. Allo stesso modo, la banda si prepara al colpo.
Insieme al di poco precedente Grisbì, rappresenta l'apripista del noir francese nonché un imprescindibile modello per tutti i film incentrati sulle rapine che verranno. Dassin, che si ritaglia anche un ruolo importante nel cast, attenua la crudezza del romanzo di Auguste Le Breton e non lesina un pizzico di moralismo. La lunghissima e silenziosa sequenza del colpo è stilisticamente pregevole, ma dilata ulteriormente un ritmo già non frenetico, che si impenna soltanto in occasione della disperata resa dei conti conclusiva.
Uscito di galera, mette a segno con alcuni complici una rapina in una gioielleria, ma i veri guai iniziano dopo il colpo... Trasferitosi in Francia a causa del maccartismo, l'americano Dassin vi gira uno dei noir transalpini più belli e pessimistici di sempre, riservandosi anche un ruolo di rilievo nel cast. Incastonata fra il prologo in cui facciano conoscenza con i personaggi, tutti ben caratterizzati, ed un epilogo disperato, spicca la lunghissima sequenza all'interno del negozio, accompagnata dai soli suoni ambientali. Capolavoro di grande rigore, destinato ad influenzare tutto il genere.
Paradossalmente appesantito dalla "zavorra" della sua classicità e dal mood da "programmatico" realismo francese, si colloca nel mio gradimento personale un gradino sotto ai capolavori hollywoodiani di Dassin, col loro fatalismo teso e disperato. Certamente siamo comunque di fronte a un notevolissimo noir, dove nulla è lasciato al caso: dalla caratterizzazione dei personaggi al controllo tecnico-stilistico, alla creazione di una implacabile progressione drammatica. Memorabile, più che la "meccanica" sequenza della rapina, la ricerca finale del bambino.
MEMORABILE: La scolpita faccia da loser di Servais (Tony il laureato); La "consapevole" morte di Cesare il traditore (Dassin stesso).
Truffaut lo mise al primo posto in un'ipotetica classifica di polar e non è infatti arduo notare la somiglianza tra il finale di Dassin (la tragica corsa in auto tra le vie parigine) e l'epilogo dei 400 colpi (la liberatoria corsa di Doinel verso il mare). Al di là della perfezione stilistica della regia (i 30 minuti muti della rapina) si può già notare quello stesso carattere malinconico e languido che andrà a contraddistinguere i futuri capolavori melvilliani. Ferree sono le leggi della mala e il film evita abilmente ogni parvenza di moralismo.
Il gangster appena uscito di galera e invecchiato, il colpo definitivo e risolutivo, descritto con la precisione di un intervento chirurgico, le complicazioni impreviste e inevitabili, il finale tragico. E intorno, complici, amici fedeli, nemici, traditori, donne di dubbia reputazione, locali notturni, il codice d'onore della mala di un tempo, la luce livida e fredda di Parigi. Insomma, il noir. Bellissimo.
La mezz'ora nella gioielleria vale da sola tutta la visione: un meccanismo perfetto e silenzioso che tiene sulla corda come poco altro nella storia del cinema noir. Dassin solca l'oceano e innesta sul già vivo germoglio del polar la vena più dura del noir a stelle e strisce, in cui le speranza sono poche e i guai sempre dietro l'angolo, non dimenticandosi però di onorare l'anima popolare ed europea del genere. Come si addice al genere sono anche le facce degli attori a fare il film: quella sofferta di Servais, quella allegra di Manuel, quella contrita di Möhner. Immancabile.
Ideale mélange di noir americano e poliziesco francese, trova i suoi punti di forza nella modellizzazione del paesaggio urbano - che fa spesso eco alle notturne metropoli d'oltreoceano nella prima parte, per ritrovare la vera grigia morfologia diurna parigina nella seconda - e nella rappresentazione della rapina davvero ben congegnata e diretta (merita la visione). Il resto è contorno, e certi elementi, come il passo falso del marsigliese, appaiono poco associabili alla caratura dei personaggi, ma solo funzionali alla classica condanna al crimine finale tipica del genere.
MEMORABILE: Tutta la sequenza della preparazione e della messa in opera della rapina.
Noir di livello girato da Jules Dassin, che si avvale della splendida performance di Jean Servais e di una fotografia incredibilmente suggestiva. La lunga e silenziosa sequenza della rapina impressiona per il realismo quasi documentaristico con il quale viene girata. Estremamente pessimistico e cupo, offre una notevole varietà di personaggi caratterizzati in maniera minuziosa.
Uno degli esempi più cospicui del genere noir, risultato del connubio tra lo stile americano e lo spirito europeo, parigino in particolare, perfetta ambientazione in un perfetto bianco e nero. Una storia drammatica fino in fondo, attorno a una rapina meticolosamente portata a termine, con la meravigliosa sequenza silente del colpo e il prosieguo diventato un classico degli intoppi, dei tradimenti e delle vendette che ne seguiranno. Un cast esemplare dal fisico e dai volti giusti, dall'espressività trattenuta e intensa, per un finale senza consolazione. Memorabile la OST e la canzone.
MEMORABILE: La Parigi di allora; I night club e gli spettacoli; La preparazione del colpo; Il buco; Il rapimento del bambino; La febbrile corsa in auto.
Gruppo di rapinatori tenta un colpo in una gioielleria. Noir classico con la preparazione, la rapina e le sue conseguenze, lascia trasparire un minimo di leggerezza iniziale per scendere man mano nel baratro. Eccellenti le dinamiche criminali con l’azzardo del silenzio durante il furto e angosciante durante il rapimento del bambino. Lievemente pasticciate le fasi durante il regolamento di conti finale. Ottimi gli interpreti, anche se il reparto femminile poteva essere coinvolto un filo di più.
MEMORABILE: Lo spray per far cessare l’allarme; Il regalo dell’anello; Il ritorno in auto ferito a morte.
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Nel libro di Wensley Clarkson TARANTINO - THE MAN, THE MYTHS AND HIS MOVIES edito nel 2007 viene citato come uno dei film e delle fonti di ispirazione che più di ogni altro hanno influenzato la carriera registica di Quentin Tarantino.
DiscussioneDaniela • 13/04/16 23:22 Gran Burattinaio - 5927 interventi
Come fece notare Tarabas a suo tempo, nel cast figura anche il regista. Il suo è un ruolo importante, dato che Cesare, detto "il milanese", è uno dei quattro componenti della banda che mette a segno il colpo nella gioielleria, ed ha anche un peso decisivo nell'evoluzione tragica della vicenda.
CuriositàDaniela • 13/04/16 23:27 Gran Burattinaio - 5927 interventi
Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di Auguste Le Breton, adattato per il cinema dal regista con la collaborazione di René Wheeler e dello stesso romanziere, autore anche dei dialoghi.
Rififi, pubblicato con grande successo nel 1953, viene considerato il capostipite del il filone più violento e realistico del noir francese, descritto dalla parte dei malavitosi.
Di questo memorabile film del 1955 tutte le location sono state identificate e verificate, anche quelle di passaggio: tutte meno due.
Di italiano in questo lavoro ci sono solo due personaggi, Mario Ferrati (Manuel) e Cesare il Milanese (Dassin/Perlo Vita), che nella versione italiana si riducono ad uno, dato che Cesare da milanese diventa marsigliese (particolari segnalati più sù da Tarabas e Daniela).
Tuttavia, considerando l’importanza del film, penso si possa procedere con queste due location non ancora identificate.
Una di esse penso non sia più rintracciabile, ma la metterei comunque in quelle “da cercare”, non si sa mai.
L’altra, molto importante, una delle principali direi, penso di averla trovata, e naturalmente, se Zender mi autorizzerà, andrà in “segnalazioni".
Credo di affermare con assoluta precisione che questo sia il secondo film della storia che parla di droga pesante.Il primo era l'uomo dal braccio d'oro con Frank Sinatra.