La fuga - Film (1964)

La fuga

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il dramma vero di una donna intimamente sola, Piera Fabbri (Ralli), ricostruito attraverso le testimonianze dei due uomini che meglio l'hanno conosciuta. Testimonianze singolari però, nella prima parte desunte dalla lettura di un diario di lei da parte del marito (Guers), nella seconda dalle sedute dallo psicanalista (Salerno) che l'aveva in cura. Ciò che emerge è il ritratto delicato e sincero di un animo fragile, di una ricca signora dai tratti nobili che si confessa e si apre alle pagine mute di un diario o al compiacente atteggiamento di chi è pagato per capire i motivi della depressione in lei latente fin dalle prime scene. Ne conosciamo la madre (Walker), separata...Leggi tutto dal padre e unitasi a un compagno decisamente più giovane, ma soprattutto abbiamo modo di studiare il rapporto tra Piera e Luisa (Aimée), un'arredatrice con cui la prima stabilisce una relazione improntata a una certa ambiguità di fondo destinata a svelarsi lentamente, seguendo un percorso che delinei un ritratto psicologico attendibile e sincero: se il marito, fisico di una centrale nucleare, scopre sulle pagine del diario molti aspetti che di Piera forse nemmeno sospettava, lo psicanalista li fa rientrare al contrario in una casistica nota dedicandosi all'interpretazione dei sogni che il regista Paolo Spinola (esordiente) ricama sfruttando le solarizzazioni di un bel bianco e nero, riuscendo a donare loro una credibile dimensione onirica. Nella ricerca di uno stile di ripresa elegante (e non solo in quello) il modello evidente è Antonioni, e anche se gli stessi apici qualitativi nello studio delle location e delle inquadrature restano lontani (d'altra parte lo sono per quasi tutti), la freddezza che rispecchia fedelmente una certa firigidità della protagonista ci consegna un'opera già matura e moderatamente ambiziosa, che non spinge troppo sul pedale dell'ermetismo ma mantiene un rigore non comune; per alcuni versi encomiabile, per altri traducibile in un distacco financo eccessivo che impedisce una vera partecipazione: ci si tiene quasi al di fuori di un mondo personale - quello di Piera - che riesce difficile penetrare e che lei stessa fatica a comprendere. Non pare troppo scontenta della vita che conduce ma nemmeno mai travolta dai sentimenti, come passeggiasse ai confini di un'abulia che per alcuni versi la avvicina alla Vitti dei classici antonioniani. Inevitavilmente un po' verboso, soprattutto nelle parti che coinvolgono Salerno, lascia volutamente nell'indeterminatezza il finale elidendo momenti importanti che avrebbero permesso una ricostruzione completa di quanto accaduto. Non è quello che deve interessare, ci viene fatto capire. Conta invece l'angoscia esistenziale che attanaglia Piera, quel vuoto che non si sa di cosa sia composto, che non si sa come sconfiggere, che nemmeno si sa come combattere e che un'algida Ralli dal trucco studiato per esaltarne lo sguardo poco mobile rende mirabilmente. La spalleggiano una Aimée adeguata e un Salerno impeccabile come sempre. Tra Roma, l'Argentario e Ravello lo struggente disegno di uno spirito sfuggente.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 9/10/09 DAL BENEMERITO FAUNO POI DAVINOTTATO IL GIORNO 15/01/22
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Fauno 9/10/09 10:01 - 2212 commenti

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Per le immagini e il dipanarsi del dramma è veramente una chicca e Giovanna Ralli col taglio dei suoi occhi molto pregiato che si adattano stupendamente al bianco e nero è quasi magica, come magia è vedere un reattore nucleare in quegli anni. Si tratta di una donna che non riesce ad avere un'identità e ne soffre anche mentendo sui suoi sentimenti ad un sempre eccellente Salerno, qui nel ruolo di un giovane psichiatra. Di film che han trattato crisi esistenziali gli anni '60 son pieni, ma questo è davvero forte e rapisce da subito lo spettatore.
MEMORABILE: Il dialogo al telefono della madre, molto piacente, che paventa l'ipotesi che la figlia sia frigida...

Saintgifts 19/08/14 15:22 - 4098 commenti

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Una sceneggiatura molto ben strutturata riesce a non far avere un finale al film; un finale negato due volte: i protagonisti (ma non le protagoniste) non potranno mai sapere la vera verità, come in effetti dovrebbe essere. Chi può dire di conoscere fino in fondo l'intimo di una persona? Forse qualcosa in più lo spettatore sa, a riprova di come interessante e ben costruito sia questo ottimo bianco nero che, fra l'altro, vede una Ralli valorizzata al massimo come attrice e come donna. Fotografia notevole (Gatti, Nannuzzi), ottima la regia.
MEMORABILE: Luisa (Anouk Aimée) che aspetta seduta al bar l'arrivo di Piera (Giovanna Ralli); Tutte le sedute dallo psicanalista.

Homesick 8/02/16 13:15 - 5737 commenti

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La breve ma proficua carriera di Paolo Spinola si apre con uno sguardo impietoso sul mondo alto-borghese e sulle sue vuote consuetudini - al centro una problematica figura femminile e una direzione omosessuale molto in anticipo sui tempi -, intagliato nel bianco e nero profondo ed elegante di Gatti e Nannuzzi, che si prodigano altresì nel dar vita agli incubi psicanalitici dell'insoddisfatta Ralli. Regia di estrema finezza nella forma e nel contenuto, così come nella scelta di comprimari quali l'inappuntabile Salerno e la spigolosa e mascolina Aimée.
MEMORABILE: Gli incubi psicanalitici della Ralli; La madre che spettegola sulla presunta frigidità della figlia.

Lucius 20/04/16 00:29 - 3015 commenti

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Un'eleganza stilistica di rara bellezza nei chiaroscuri che incorniciano un'opera cinematografica preziosa, delicata nella storia che presenta: un amore vissuto in segreto, quello di una donna per la sua migliore amica e un viaggio nella psiche di una ricca borghese che non si riconosce più nel rapporto col proprio compagno. Due attrici in stato di grazia e le partiture di Piccioni fanno il resto. Un'introspezione psicologica di rara resa filmica per un autore che avrebbe meritato maggiore considerazione nel panorama italiano. Impeccabile.
MEMORABILE: La definizione psicologica di psicosessualità; Tutto l'impianto tecnico.

Paulaster 2/02/22 10:41 - 4425 commenti

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Donna in crisi col marito affronta sporadicamente uno psicanalista. L’incomunicabilità tra sposi, in famiglia e nelle amicizie è affrontata rarefacendo la trama senza preoccuparsi di far cogliere l’insieme dei problemi. L’unico neo è che sembra di assistere a un film di Antonioni, anche perché la regia è morbida nell’impreziosire la bellezza delle protagoniste. La Ralli è radiosa e il suo modo di essere diretta non sempre si sposa con l’incertezza del ruolo; la Aimée è perfetta nella sua sottile ambiguità. Pure le visite psicanalitiche sono interessanti, anche se eccessive nei toni.
MEMORABILE: L’incontro col marito; La visita alla centrale nucleare; La chiusura della lampo sulla schiena; Gli insulti della madre.

Silvia75 22/03/24 15:58 - 163 commenti

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Roma 1963: Una giovane donna dell'alta società romana ha una forte nevrosi depressiva: genitori disastrosi e assenti, un marito troppo ambizioso, un'amica innamorata di lei. Un film coraggioso e avanti con i tempi per quando fu realizzato ma purtroppo privo di alcune scene per via della censura. Giovanna Ralli, sempre bella e brava e molto impegnata nel ruolo, Enrico Maria Salerno fantastico in quello del suo terapeuta. Un film a sfondo sociale, audace ma mai morboso.

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  • Discussione Lucius • 20/04/16 00:32
    Scrivano - 9051 interventi
    Anche per questo film, come per "Il mare" di Griffi, sono sicuro che il destino sia stato amaro per via del tema trattato.Bellissimo!
  • Curiosità Zender • 13/06/22 14:15
    Capo scrivano - 47801 interventi
    Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:

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