Note: A montaggio ultimato, vista la lunghezza, si decise di far uscire il film in due parti. Gli attori reclamarono per questo il raddoppio del compenso.
Bertolucci narra la vicenda di due ragazzini padani, l'uno "paisano", l'altro figlio di signorotti, all'inizio del Novecento, fino all'arrivo del Fascismo e poi oltre. Grande regìa e grandi interpretazioni (con l'eccezione di quella, eccessiva, caricaturale, fastidiosissima di Sutherland), ma siamo ben lontani dal capolavoro. Echi da Il mulino del Po, del 1949. Mingozzi in Profondo rosso fa l'agente Mingozzi: qui Fanfoni fa il camerata Fanfoni...
MEMORABILE: Scelta ovvia: la Casini che masturba Depardieu e De Niro.
Dopo alcuni bellissimi film (Prima della rivoluzione, Il conformista, Strategia del ragno) Bertolucci si fa prendere la mano dall'ambizione e realizza un tronfio e bolso polpettone ideologico a metà strada fra il melodramma e il kolossal hollywoodiano; ad alcune pagine decisamente notevoli seguono altre dimenticabili. Deludente il finale ma, anche per merito delle interpretazioni di Lancaster, De Niro e Depardieu, il film merita la visione.
Film monumentale, complesso ed ambizioso: Bertolucci ha la pretesa di unire il genere kolossal hollywoodiano con i film di stampo realista. Dirige così un opera godibile e certamente ben realizzata, il cui valore aggiunto è il magnifico (e ricco di star) cast impiegato, ma che pecca di una certa presunzione nell'affrontare certe motivazioni ideologiche e "pesantezza" narrativa. Da vedere, comunque.
Stupendo affresco di un periodo della storia italiana (dai primi del '900 fino a metà secolo). Più che nella canonica divisione in due atti, il cambiamento di toni e atmosfere risulta evidente tra le parti pre e post Prima guerra mondiale (nostalgico, descrittivo e molto attento ai paesaggi il pre Grande guerra, cupo, melodrammatico ed appassionante il post). Stupenda la fotografia, ispirata ai quadri realisti (titoli di testa su Il quarto stato), e affascintante e realistica (non mancano dettagli "forti") la regia. Cast e musiche
eccellenti.
Due uomini nati nel 1901: il padrone e il bracciante dall'infanzia alla maturità. Non è un film: è un poema epico in forma di film. Un importante pezzo di storia (e politica) italiana diventa una vicenda intensa di vividi personaggi nel pieno della loro energia. Il fluire maestoso (virgiliano!) della narrazione è sostenuto da un'ispirazione visiva capace di ricreare atmosfere poeticamente realiste ma anche pittoriche. Eccellenti interpretazioni. Il finale, retorico, dichiara esplicitamente la genesi (e la tempra) emotiva e mitica del film.
Monumentale. Un cast davvero ottimo, un vero e proprio kolossal. Ottime scenenografie, bravissimo Depardieu, Lancaster. Kolossal anche per la lunghezza, che però non può non soddisfare lo spettatore. Davvero ben realizzato, non ci sono abbastanza parole.
Bertolucci consegna ad ogni personaggio un aspetto, un carattere, un’ideologia del ‘900: ne ricava un affresco maestoso, un film fluviale, il cui didascalismo è più una peculiarità dell’estetica progressista che una scelta di stile. L’uso parsimonioso del montaggio, la concezione elaborata e maniacale del piano sequenza, s’innervano nel flusso continuo di stagioni e tempo, contrappunto ideale alle passioni e alle età dell’uomo. La retorica comunista di Olmo nel finale non relativizza il ruolo di Alfredo, che ha dovuto gestire il peso atavico di un’eredità assieme materiale e culturale. Epico.
MEMORABILE: La camminata del piccolo Olmo sulla tavola; il bacio virile tra i due amici e il sesso a tre; il ballo nella stalla; stupro e uccisione di Patrizio...
Mastodontica opera di Bertolucci sulla prima metà del '900 italiano; agiografica, didascalica e dall'estetica tipica del realismo socialista (i primi piani, le donne sui covoni.. ecc). La degenerazione in polpettone ideologico è evitata in extremis grazie al finale. Stelle hollywoodiane giovanissime ed inarrivabili, film notevole.
MEMORABILE: La perenne lotta di classe simboleggiata dai due vecchi.
Una lunga narrazione della storia italiana incentrata sulla figura di due famiglie, una di padroni, l'altra di braccianti al servizio dei padroni. Una accurata analisi realizzata da Bertolucci che scannerizza le personalità degli interpreti con buon mestiere. Cast stellare che vede uno splendido Lancaster, i luciferini Betti e Sutherland, un teatrale Valli, un'eterea quanto bella Sanda, un'impegnata e dolce Sandrelli e i monumentali De Niro e Depardieu. Da vedere, nonostante le 5 ore, tutto di un fiato.
Feulleiton marx-leninista, kolossal avanguardista (nel senso del proletariato in marcia verso il sol dell'avvenire), gigantografia di 45 anni di storia italiana. Di tutto, troppo. Personaggi tagliati con l'accetta, autentiche macchiette come il superfascista di Sutherland e la moglie di lui, lunghezze narrative insostenibili: il tutto forse aveva un senso diverso nel 76, oggi si può dire che è "ideologicamente ingenuo" (Brunetta) o meglio programmaticamente rozzo, tanto quanto visivamente raffinato grazie a Storaro. Da vedere, forse.
Capolavoro assoluto, forse una delle più intense e fiammeggianti epopee mai filmate. Bertolucci non lesina in violenza e sesso, coralità e follia umana. Forse un po' troppo di parte, mostrando i fascisti (soprattutto l'Attila di Sutherland) come dei feroci mostri senza pietà, ma le cinque ore volano e non c'è un solo momento di noia. Grandissimo cinema, che mescola ambizione, storia d'italia e momenti exploitativi degni di nota. Straordinario sia il cast tecnico, che quello attoriale. Assolutamente da non mancare.
MEMORABILE: Lo stupro e il feroce omicidio d'un ragazzino da parte di Attila; il linciaggio di Attila e della Betti; le donne che cantano davanti ai soldati nei campi.
Un romanzo storico a tesi sul rapporto fra padrone e lavoratore, con una base ideologica ben definita (l'antifascismo più tradizionale, con la sua retorica e i suoi limiti nella rappresentazione delle camicie nere guidate dal disumano Sutherland) e una certa perdonabile prolissità. Ma la forma cinematografica di Bertolucci è inappuntabile, la sceneggiatura è di ampio respiro, il cast assolutamente stellare: accanto ai soliti notissimi, svetta una memorabile Laura Betti nel ruolo della borghese sulfurea e rancorosa.
MEMORABILE: Il sit-in delle donne; Attila che uccide un gattino a testate.
Sulla carta sembra il solito polpettone storico, invece vedendolo sullo schermo mi è risultato più che convincente, con una buonissima regia e attori uno più bravo dell'altro (Depardieu una spanna in più sugli altri), non dimenticando il valore politico della storia. Bertolucci è sicuramente uno dei migliori registi italiani.
Megaproduzione in cui degli americani foraggiano abbondantemente un film marxista - leninista. Il risultato è schizofrenico, alternando il film momenti liricamente raffinati a rozzezze al limite del sopportabile, una colonna musicale e una fotografia assolutamente perfette che, in sequenze fortunatamente rare, sono asservite a un film che avrebbe potuto evitare la pura propaganda. Lo sforzo è notevole, a tratti leoniano e regala un finale che risarcisce la fatica della visione complessiva (nonostante la perfezione del recitato).
Bertolucci adempie in modo sufficientemente soddisfacente all'arduo compito di portare sullo schermo quattro decenni fondamentali della storia italiana. Adotta sagacemente una narrazione di individui, un po' come sarà in C'era una volta in America, per raccontare l'evoluzione sociale, anche se talvolta si perde in sequenze lunghe ed evitabili. La regia non è da premiare, così come il montaggio e la fotografia, ma la narrazione, la caratterizzazione dei personaggi e il cast sono senza dubbio lodevoli. Una pellicola non eccezionale ma buona.
MEMORABILE: "Lo sciopero è una prepotenza intollerabile!"; La morte del bambino e la violenza dei fascisti; Anita che sul fieno narra esaltata la fine della guerra.
Un ritratto appassionante e appassionato di un periodo della storia italiana, il più drammatico e ricco di avvenimenti, scandito dalle vicende di vita dei due protagonisti, Olmo e Alfredo, che diventano vecchi insieme. Probabilmente è una delle migliori regie di Bertolucci, supportata da una fotografia perfetta e da ambientazioni azzeccate. Attori di ottimo livello, motivati dall'eccellente sceneggiatura, danno spessore ai loro personaggi. Sicuramente un cult della cinematografia italiana.
Splendida epopea firmata da un immenso Bertolucci e fotografata da un meraviglioso Storaro, che corre il rischio "fortissimo" di far passare per semplicistica e superficiale la scelta narrativa di dicotomizzare le due anime che hanno contraddistinto il primo Novecento italiano (comunismo-fascismo), quando invece è una mossa perfetta per massificare le due ideologie. Bertolucci non teme nulla, mostra tutto e fa dire di tutto (bestemmie comprese). Grandissimo cinema, attori eccellenti e doppiaggio di qualità (eccezion fatta per Claudio Volonté, che dà la voce a Depardieu).
MEMORABILE: Il trio; La coppia Sutherland- Belli; La caccia alle rane; Il piccolo Olmo che cammina sul tavolo; La morte di Lancaster.
Ciò che più ho apprezzato in questa grande opera di Bertolucci è il grande omaggio che il regista fa alla sua terra e ai contadini che sopra ci hanno lavorato con grandi sacrifici, riuscendo anche a trovare momenti di felicità. Grande la cura e la perfezione dei particolari (non solo estetici ma anche nei comportamenti), che riesce a far apparire un americano come Sterling Hayden un perfetto paesano della bassa, ancor più del pur bravo Lancaster come padrone. Opera che racconta i momenti più significativi della Nazione Italia. Monumentale.
MEMORABILE: Tutta la sequenza degli ultimi istanti di vita di Burt Lancaster; Il ritorno dalla guerra di Olmo; Il finale.
L'attrazione di Bertolucci per il kolossal si manifesta per la prima volta con questa opera fluviale, nella quale le esigenze spettacolari di stampo hollywoodiano non sempre ben si amalgamano con quelle autoriali di matrice europea. Pur con difetti e ridondanze (un'ideologia socialista fin troppo esibita e alcuni personaggi eccessivi come il Fascista Attila che sfocia nell'orrorifico), resta un'opera da vedere non fosse altro che per la splendida fotografia di natura pittorica firmata da Storaro e un primo atto dal respiro epico e maliconico.
MEMORABILE: La scena iniziale del giorno della liberazione con l'uccisione di Attila; La morte del Patriarca Lancaster; Il taglio dell'orecchio; Il finale.
Chi cerca in Novecento un film storico si sbaglia. Novecento è un meraviglioso inno all'antifascismo, esagerato, sfacciatamente di parte, caricaturale nel personaggio di Sutherland e proprio per questo un capolavoro. Vederlo è come cantare "Bella ciao" il 25 Aprile. I continui riferimenti alla falce e martello non devono trarre in inganno chi non votava PCI. Quello celebrato non è il leninismo, ma il socialismo rurale della rinascita delle masse italiane, intrinsecamente antifascista, elemento fondante e condiviso della Repubblica Italiana.
MEMORABILE: "Verdi è morto!"; I giochi da bambini; "Sebben che siamo donne"; De Niro e Depardieu masturbati; Il finale.
Bertolucci dirige consapevolmente un film politico militante, di parte, con i buoni da una parte e i cattivi dall'altra. C'è un po' di retorica? Certo. Ma è una scelta. Il parterre di attori è talmente magnifico che non necessita di particolari commenti, parla da solo. La scelta di ambientare quasi esclusivamente le scene nelle campagne "rosse" è coerente con l'impostazione ideologica del film. Le musiche di Morricone, commoventi, emozionano fin dalla sigla iniziale. Da vedere sicuramente.
MEMORABILE: La contadina sul carro di fieno che rimanda a certa iconografia comunista; La cena a casa di Alfredo; Il suicidio del nonno di Alfredo.
Epopea fiume di Bertolucci, che riesce a raccontare la prima metà del Novecento italiano con toni quasi hollywoodiani, sia per la sontuosa messa in scena che per il ricco cast impiegato. La sceneggiatura sa ben delineare i caratteri dei due protagonisti, divisi dalla società eppure amici, ed è sul loro rapporto che lo spettatore si coinvolge. De Niro monumentale, Depardieu adatto al ruolo, Sutherland canagliesco ai massimi livelli. Seconda parte più fluida, mentre nella prima il ritmo spesso rallenta troppo. Notevole.
Encomiabile lo sforzo di Bertolucci di voler imprimere nella memoria collettiva un pezzo di storia d’Italia, approfittando di un cast superlativo e dei volti delle comparse che ben si adattano a dare fisicità alla classe contadina. Bertolucci cattura l’anima popolare dell’Italia dei primi del Novecento in cui emergono in maniera preponderante le divisioni sociali e l’estrema povertà della gente. Raramente ci si distrae, ma nel complesso resta un esempio di cinema indiscutibilmente valido a cui si può attribuire un valore storiografico.
Epico, grandioso, magniloquente... non necessariamente un capolavoro però. Intendiamoci, un grande film, la cui grandiosità si riesce maggiormente a cogliere nella visione di seguito delle cinque ore e passa di narrazione. Un cast solenne, che però è migliore della resa complessiva. Il film cammina, per molte scene, al limite della possibile censura e veramente alcune trovate sono disturbanti ed evitabili. Abitudine di Bertolucci aver a che fare con la censura. Ultima mezz'ora con eccessi di retorica e, rispetto ad altre occasioni, non resa al meglio.
Primo atto con la cronaca contadina che non raggiunge le vette di Olmi, ma è innovativo per la resa stilistica (ottima la fotografia di Storaro). Come tematica si passa dalle differenze di classe alla lotta di classe, come dall'infanzia alla vita adulta. Qui Bertolucci dà il meglio in quanto il secondo atto, pur sentito contro il fascismo, descrive il clima politico solo in modo ideologico. Non bene il personaggio di Sutherland, che appare più farsesco che brutalmente tragico. Depardieu il migliore, anche se De Niro alla fine si riscatta; discreti anche Lancaster e Valli.
MEMORABILE: Le rane sul cappello; L'orecchio mozzato; In tre a letto; Sotto al treno; L'omicidio del ragazzino; La vedova Pioppi uccisa.
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DiscussioneRaremirko • 29/11/18 21:13 Call center Davinotti - 3862 interventi
Ma quindi, globalmente, ai botteghini fu un fiasco?
DiscussioneRaremirko • 29/11/18 22:13 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buiomega71 ebbe a dire: Credo che dopo lo scandalo (e l'enorme successo, soprattutto) di Ultimo Tango, Bernardo potesse fare qualunque cosa (altri tempi, altro cinema)
Eh giò; rinnovo il dispiacere per la sua perdita.
Se penso che certi pusillanimii raggiungono 110 anni di età e simili geni muionn 30 anni prima, schiumo di rabbia.
* Le tre case di produzione americane (la United Artists, la Paramount e la 20th Century Fox) che si erano divise equamente i 6 milioni di dollari dei costi di produzione, ritennero eccessiva e poco commerciale la durata di 5 ore e mezzo presentata dal regista.
Fu fatto intervenire un giudice che in tre giorni avrebbe dovuto valutare le tre versioni del film, quella di 5 ore e mezzo, quella di 4 ore e 40 minuti e quella di 3 ore e 15' (quest'ultima montata dalla Paramount)
Stordito da un overdose di Novecento (come ebbe a dire Bertolucci stesso), il giudice ratificò un compromesso storico tra regista e produttori.
Il regista mise a punto una versione di 4 ore e mezza per il mercato americano, che però non raggiunse mai il pubblico d'oltreoceano per iniziativa delle major (l'eccessiva durata era sinonimo di fiasco assicurato).
In ogni caso, anche nella lunghezza originale di 5 ore e mezzo, l'epopea bertolucciana arrivò in Europa molto più tardi, suddivisa in due atti (Novecento atto primo, Novecento atto secondo) curata dallo stesso Bertolucci.
Fonte: I migliori film degli anni 70, pagina 222, scheda di Novecento. Taschen edizioni
MusicheZender • 18/04/23 12:44 Capo scrivano - 2 interventi
Perché una cover Lucius, se sta scritto in grande "versione originale"? Sicuro che sia una cover?
Perché non ne ho trovata traccia nella tracking list ne altrove, pertanto non ne ho la certezza
MusicheZender • 18/04/23 16:49 Capo scrivano - 2 interventi
Da qui sembrerebbe che siano parte della colonna sonora (forse poi non inseriti). Tra l'altro l'uscita nel 1976 cioè lo stesso anno del film mi farebbe escludere che sia una cover successiva.