Splendido film satirico con un Charlot (ancora irriducibilmente muto in pieno 1936!) che va a lavorare alla catena di montaggio, cerca di sopravvivere a ritmi di produzione forsennati, fa addirittura da cavia umana... Gag memorabili, e - come sempre in Chaplin - la riflessione sulla povertà e sulla dignità che la può e la deve accompagnare. Pur essendo un film sostanzialmente muto, è presente una colonna audio contenente rumori, voci (che però arrivano solo da altoparlanti, radio ecc.) e la celeberrima canzone-nonsense cantata da Charlot in persona.
Molto bello. Pellicola di culto, che risente meno dei molti decenni che sono passati rispetto a molti altri film di Chaplin. Molto affascinante anche Paulette Goddard. Da notare che il film (che è del 1936!) è sonoro, ma non è parlato. Indimenticabile Chaplin alle prese con i macchinari della grande fabbrica.
Una delle massime espressioni del genio del grande Chaplin, è insieme lode e critica ai processi industriali e al culto della modernità. Tutto questo attraverso un (apparentemente) semplice film comico che a distanza di 70 (!) anni dalla sua realizzazione appare fresco e moderno come appena girato. Alcune sequenze del film sono da storia del cinema e la critica alla modernità aiuta a comprendere come mai Chaplin sia stato così poco compreso dai suoi contemporanei.
Un grande film, dove un piccolo uomo (Chaplin) è vittima dell'industrializzazione e della meccanizzazione umana, ma soprattutto della spersonalizzazione dell'individuo, che nella catena di montaggio si riduce a semplice ingranaggio, che ripete lo stesso gesto all'infinito (il problema è che qui fa ridere, ma càpita davvero e la cosa fa riflettere non poco). La pellicola però non è tutta qui; anche la parte al ristorante-dancing, dove canta la ragazza della quale è innamorato, è molto divertente. Unico, con spruzzate di genialità.
MEMORABILE: Chaplin esce di testa nella catena di montaggio.
Ridere, ma con un fondo di malinconia. Divertirsi, ma senza scollegare il cervello. La superiorità intellettuale di Chaplin appare evidente in questa pietra miliare del cinema tout court: a distanza d'oltre settant'anni, la tematica affrontata dal regista torna a rivivere, torna ad essere - più inquietante del peggior incubo - d'incredibile attualità. L'uomo assorbito nella catena di montaggio (il povero Chaplin tra gli ingranaggi del "complesso industriale") visto come numero e pedina da un sistema sociale basato sullo sfruttamento.
Capolavoro.
Il solito Chaplin: tanto schematico, superficiale e in ultima analisi dozzinale nell'assunto quanto geniale, inventivo, strabiliante nella messa in scena. Non il suo migliore, ma alcuni numeri sono indimenticabili, e la sequenza dei macchinari è un miracolo. La canzoncina bofonchiata nel film è invece una sorta di componimento dadaista: "El pwu el se domtroco, le spinach or la tuko, cigaretto toto torlo, e rusho spagaletto"!!!
Charlot compie una graffiante satira sociologica, ma perde parte del suo brio. Alcune sequenze nella fabbrica (il rullo, il pranzo, lui tra gli ingranaggi) sono entrate nella storia, ma il resto della vicenda non mantiene la verve né l'originalità di altri suoi lavori.
Un capolavoro: non solo per le tante sequenze magistrali entrate nella storia del cinema; non solo per la bravura di Chaplin come regista, attore e compositore; ma soprattutto per la straordinaria capacità di riuscire a descrivere l’attualità nei suoi aspetti più drammatici e sconvolgenti con leggerezza e insieme con acume e coscienza sociale e politica. La depressione economica, lo sfaldamento sociale, l’alienazione del mondo del lavoro emergono con forza in un film ben più politico di tanti altri “impegnati” dei nostri giorni.
Il mio primo film di Chaplin, visto la prima volta a scuola. Meraviglioso, ottima somma tra comico e un po' di dramma, quasi profetico su come le macchine sarebbero entrate nella nostra vita. Da citare ovviamente la scena in cui Chaplin entra negli ingranaggi, quando canta (l'unica sequenza parlata) ma anche tantissime altre. Stupendo.
Si sa che Chaplin ha avuto un brutto rapporto con l'avvento del sonoro al cinema e questo film ne è la prova: pur non essendo un film "muto" è completamente privo di dialoghi. Bisognerà aspettare altri quattro anni prima che Chaplin, con Il grande dittatore realizzi una pellicola che sfrutti davvero il nuovo mezzo. Questo cattivo rapporto con la modernità lo si riscontra pienamente in questo lavoro, che a distanza di più di settanta anni mantiene inalterata la sua attualità. Decisamente bello.
La cosa più incredibile dell'ultimo film di Charlot è come la riflessione che vi troviamo sia in anticipo coi tempi. Già nel lontanissimo 1936 in pieno boom economico tra le due Guerre Chaplin aveva capito che l'industrializzazione di massa non avrebbe giovato granché all'esercito proletario che affolla(va) le città, provocando anzi una spirale di tensione e disordine sociale deleteria. Visto come va il mondo oggi non si può che togliersi la bombetta e applaudire. Il regista/attore/produttore poi tratta il tutto con la sua irresistibile leggerezza.
Dopo un lungo viaggio attorno al mondo si fanno ancora più salde, in Chaplin, le tematiche della povertà, della condizione sociale dei lavoratori e la sua avversione verso ciò che è moderno (il sonoro?). Le mette in scena in questo capolavoro senza tempo, intriso come sempre - ma forse più di sempre - di quel misto di disperazione che respiravano le classi sociali povere dell'epoca e ironia di un mimo eccezionale. Da rilevare anche la forza interpretativa della monella Goddard, personaggio più che mai bruciante di vita (rispetto a tutte le altre comprimarie dell'attore).
MEMORABILE: L'omino vittima dei meccanismi industriali, il varo involontario, la canzone, il finale memorabile
Ha settant'anni ma è ancora attualissimo e strappa più di una risata. Chaplin fa riflettere a ritmo di comica e, in un'ora e venti di film, succede veramente di tutto; gag e poesia, entrambi di altissimo livello. Il miglior commento al progresso è sicuramente il fatto che il film sia senza dialoghi in pieno boom del sonoro, ma l'inno del film è prenderla con calma e sorridere alla vita: per il sonoro ci sarà tempo...
Sicuramente uno dei più grandi capolavori girati dal genio di Charlie Chaplin. Film che è una feroce critica del sistema capitalistico-industriale, tanto che le implicazioni politiche del film costarono a Chaplin l'emigrazione in Svizzera. L'uomo e la macchina sono un tutt'uno, non c'è tempo per niente e solo la fame sembra far ricordare agli uomini la loro natura di esseri umani. Chaplin riesce ad unire humor e disperazione in un film da leggenda.
Modern Times è un film complesso e alquanto precursore. Attraverso una chiave comica (?) Chaplin fa una fotografia della società (e relativa critica) che include tutto ciò che di importante riguarda l'essere umano. La deformazione del lavoro (quando c'è) e le alienazioni che ne derivano, il controllo dell'individuo (Orwell 1984), la giustizia e le leggi, la ricerca della felicità e soprattutto la libertà. Il finale del film è piuttosto chiaro in proposito. Grande capolavoro in cui Chaplin mostra anche quanto importante sia l'iniziativa personale.
MEMORABILE: Chaplin e la Goddard, perfetti poveri, seduti sull'erba che osservano una coppia di giovani sposi che si saluta sulla soglia della loro casetta.
Capolavoro indiscusso di Charlie Chaplin, che oltre ad essere regista qui è anche direttore delle bellissime musiche. Scene che fanno ridere, ma che non si discostano tanto dalla realtà e che fanno perciò riflettere. Divertentissima la scena della pannocchia.
Ho sempre avuto qualche riserva (errore mio) nei confronti dei film di Charlie Chaplin e sono ben felice di dire che mi sbagliavo completamente. Il tema della pellicola è più attuale che mai: l'individuo è alienato dalla società industriale, ne è vittima continua. Tantissimi i momenti memorabili, in particolare la scena in cui Charlot si esibisce cantando nel locale.
Anche quando palesemente indietro con i tempi, la leggerezza e il genio di Chaplin rimanevano intatti, riuscendo a proporre un film muto a un pubblico già ben abituato al sonoro: alla poetica di Charlot non servono le parole, le sue gag non hanno bisogno di altro per funzionare che il suo baffetto ribelle. La storia, come sempre, è poca cosa, ma la Goddard è splendida e sequenze memorabili ne troviamo diverse. Il sorridere di fronte a ogni avversità è un messaggio meraviglioso, che rimane immortale e commovente anche oggi.
MEMORABILE: La canzone nosense al ristorante; La tentata fuga dalla prigione fermata da uno Charlot sotto effetto di stupefacenti.
Capolavoro assoluto! È un film straordinario, il mio preferito di Chaplin. Ottime gag, alcune veramente geniali e il solito tocco drammatico che permette allo spettatore di assaporare ancora di più il film. Grandi le musiche, scritte e dirette dallo stesso Chaplin. Straordinarie, forse le migliori, le scene in acciaieria in cui Charlot, in mezzo a tutta quella modernità, ne combina di tutti i colori provocando la risata dello spettatore... Con gag così è impossibile non ridere!
Prima sequenza: uomini come pecore. Il fordismo che li rende automi e sacrificabili in un lavoro alienante e senza pietà verso il loro destino se le esigenze del capitale lo decretano. Ce n'è già abbastanza per affibbiare a Chaplin il suo bravo ostrakon, che gli sarebbe stato puntualmente recapitato in epoca maccartista. La denuncia sociale acquista forza con la rappresentazione comica in un film attuale e disperato, dove solo l'amore di una donna dà speranza di una vita migliore: c'è ancora una strada fuori dalla città da percorrere insieme.
MEMORABILE: Un grande magazzino dove vivere nelle ore di chiusura se sei senza casa.
Il primo quarto d'ora ha lo stesso valore dei "Manoscritti economico-filosofici" di Marx e di un paio di azioni dei luddisti: con la leggerezza che gli è solita Chaplin mette alla berlina la frenesia del lavoro in catena di montaggio, sottolinea l'alienazione economica, evidenzia il dominio della macchina sull'uomo e sbeffeggia il mito della produttività forzata. Si potrebbe finire qui, ma siccome Charlie era un geniale, delizioso, saltimbanco e non un barbuto filosofo di Treviri, il resto dell'opera è un'ode all'amore come essenza della vita. ****1/2
Profetica, immortale e meravigliosa favola satirica sul mondo del lavoro schiavizzante, velocissimo e ultra-esigente. Ma è anche un inno grondante umanesimo nei confronti dei più deboli, dell’uomo e dell’umanità risucchiati dai meccanismi di un mondo trasformato in macchina “accumula soldi”, disumanizzata e proiettata verso la produzione esasperante. Dietro ai sorrisi apparentemente spensierati si cela una spietata critica verso i pericoli del progresso tecnologico e, in modo più ampio, l’economia, il capitalismo e la società. Magnifico.
MEMORABILE: Alla catena di montaggio; La danza coi pattini.
Tra le vette assolute dell'opera chapliniana, quindi tra i picchi del cinema tutto, con un soggetto di attualità sconcertante anche dopo quasi 80 anni. Le disavventure dolciamare di un omino buono e onesto strangolato dai meccanismi della tecnologia e dell'industrializzazione che avanza inesorabile e piano piano rende l'uomo stesso un automa dai movimenti e pensieri meccanici. Ma anche un atto d'amore e di speranza verso un futuro che può essere migliore, basta conservare la propria umanità. Memorabile.
MEMORABILE: La macchina per velocizzare i pasti degli operai; Gli enormi schermi di controllo in fabbrica; Il numero canterino di Chaplin nel finale.
Chaplin dirige questo lodevole film che da una parte risulta una pungente satira nei confronti del capitalismo e delle sue conseguenze economiche, dall'altra una divertente storia d'amore fra due disoccupati sempre inseguiti dalla polizia. Ne viene fuori un film piacevole che a distanza di tanti anni riesce ancora a far ridere di gusto (le scene in fabbrica sono oltremodo esilaranti). L'alienazione dell'operaio sottoposto a ritmi massacranti e completamente sottomesso alle macchine è reso in modo geniale, divertente ed efficace.
Un connubio tra commedia muta e qualche sporadico dialogo in una società ritmata dal suono degli ingranaggi delle catene di montaggio e dagli scioperi dei lavoratori. Ancora attuale, tant'è che certe scene strappano tutt'ora un sorriso, anche grazie a un'ottima sceneggiatura e al grande carisma di Chaplin. Fondamentali le musiche.
MEMORABILE: La scena in cui Chaplin si esibisce nel locale; La macchina che nutre per guadagnare tempo.
Un capolavoro assoluto e intramontabile, la pellicola definitiva sul caotico, paradossale e travolgente mondo moderno. Tutto è perfetto: ritmo che non si arresta un secondo, regia che sorprende per rigore e inventiva, comicità infallibile, Chaplin attore che fulmina con un solo sguardo, una Paulette Goddard di folgorante bellezza (tanto che abbandona i fratellini e manco ci si fa caso), attori secondari scelti magistralmente (il mio preferito: il baffone che rimane incastrato nel macchinario), musiche da pelle d'oca. Da venerare.
Chaplin ha concepito e realizzato un quasi-capolavoro fondendo la sua proverbiale arte comica con una intelligente e spesso pungente satira sociale che ancora oggi risulta attuale. Nella parte iniziale il ritmo e la comicità procedono paralleli e senza sosta, poi vi è un calo della verve umoristica ma non della capacità di entusiasmare con altri risvolti. Da ricordare anche l’interpretazione di una scatenata Paulette Goddard nel ruolo della “monella”. Anche se si tratta di un film muto, è molto più eloquente di tanti altri parlati.
Dopo pochi anni a seguire la grande depressione del 1929 Chaplin manda un segnale di speranza. Certo che prima di arrivare a tale conclusione irride la folle corsa alla produttività e la sua conseguente alienazione. Nel mezzo riesce anche a essere emozionante grazie all'acerba storiella amorosa. Alcune scene passate alla storia e la performance canora dove sprigiona il suo estro sono i valori aggiunti di un film di sottile denuncia al sistema capitalistico tipico americano.
MEMORABILE: La scena in cui l'anatra resta appesa al lampadario richiama la scena con lo sbadato cameriere in Hollywood party.
Un capolavoro, forse il migliore in assoluto di Chaplin: una satira spietata sulla condizione dei proletari americani quattro anni prima di Furore. Si ride di gusto per tutto il film e rimangono un bel po' di scene memorabili, soprattutto ovviamente nelle sequenze in fabbrica. L'idea di fare un film sonoro senza parlare è poi perfetta: regala a Charlot un mare di gestualità che si sposano alla perfezione con l'alienazione dell'operaio o del cameriere, dissacrando ancor di più il mondo autoritario dell'America dell'epoca.
MEMORABILE: Charlot che avvita i nasi; Il sasso tirato inavvertitamente contro il poliziotto; La canzone nonsense nel finale.
Charlie Chaplin era un performer eccellente, vale la pena guardare il film solo per le movenze. La sua comicità slapstick è senza tempo, il completo controllo di tutti gli arti e ogni centimentro del volto è impressionante. La pellicola fa un'aspra satira sulle condizioni lavorative degli operai, estremizzandone i problemi che virano alla comicità. Curioso ibrido fra film muto e sonoro: alcuni personaggi parlano, altri no; Charlot non parla mai tranne quando canta nel finale. Pazzesche le scenografie dei macchinari.
MEMORABILE: La catena di montaggio; Il grammelot finale sulla canzone; Charlot sui pattini.
Charlie Chaplin arriva ad una delle sue numerose vette e crea un autentico capolavoro. Basterebbe elencare le numerose scene pluricitate e notare come qui sia particolarmente evidente quanto molti comici nei decenni successivi abbiano preso dal personaggio di Charlot. Il film è come sempre tanto divertente quanto amaro e si riflette sulla piega che il mondo andava prendendo e che sarebbe peggiorata. Film da scuola del cinema, con numerose trovate geniali. Ultima sequenza da Oscar, semplice ma indimenticabile. Altro capolavoro per Chaplin.
Uno dei più grandi saggi del genio chapliniano, che qui affronta con penetrante levità e grazia temi drammatici come l’alienazione della catena di montaggio, la nascente civiltà dei consumi e le tensioni sociali degli anni ‘30, confidando nella capacità di amare e nella solidarietà come antidoti alla disumanizzazione e alla massificazione. Chaplin affida il suo messaggio alle movenze e alle situazioni (di volta in volta esilaranti, con un fondo amaro, o commoventi), che valgono più di tanti dialoghi. Al suo fianco la monella Goddard, della quale è difficile non innamorarsi.
MEMORABILE: Charlot che avvita i nasi; Tra gli ingranaggi; La “macchina per mangiare”; Ai Grandi Magazzini; L’esibizione canora in grammelot; Il finale.
Eccolo il vagabondo che, stanco dei suoi capitomboli senza meta, vuol tenere i suoi piedi piatti a terra (anche se calza i pattini), metter radici, trovare un lavoro dignitoso e vivere un amore che non compendi solo il patetico ma nel quale è necessario scoprire la lotta e la sofferenza senza mai dimenticare la speranza e la ribellione al sopruso. Imperituro capolavoro chapliniano nel quale la conversione "politica" di Charlot marca e sostanzia una naturalezza cinematografica che conosce picchi iconici vertiginosi ( la parte in fabbrica). Elementare forse ma essenziale e universale.
Il film che meglio di qualsiasi altro sa spiegare perché Charlie Chaplin (a differenza di tutte le altre star del cinema muto) sia riuscito a sopravvivere con le nuove tecnologie. A differenza di quanto viene fatto da altri, lui racconta sotto forma di commedia l'attualità (in questo caso la parcellizzazione tayloristica del lavoro alla catena), proponendo un saggio profondo, divertente e indimenticabile sul nuovo modo di produrre in fabbrica e di rendere schiavi gli operai.
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CuriositàXamini • 8/01/09 11:25 Call center Davinotti - 545 interventi
Nonostante il periodo storico, il film resta muto; fa eccezione una canzone interpretata dallo stesso Chaplin in cui vi ritroverete a chiedervi: è spagnolo? È francese? Italiano?
Niente di tutto ciò, si tratta di un assemblamento di suoni e fonemi molto espressivi ma privi di significato, secondo la tecnica recitativa del grammelot.
Ecco il testo, pescato fresco fresco da Wikipedia:
Se bella giu satore
Je notre so cafore
Je notre si cavore
Je la tu la ti la twah
La spinash o la bouchon
Cigaretto Portabello
Si rakish spaghaletto
Ti la tu la ti la twah
Senora pilasina
Voulez-vous le taximeter?
Le zionta su la seata
Tu la tu la tu la wa
Sa montia si n'amora
La sontia so gravora
La zontcha con sora
Je la possa ti la twah
Je notre so lamina
Je notre so cosina
Je le se tro savita
Je la tossa vi la twah
Se motra so la sonta''
Chi vossa l'otra volta
Li zoscha si catonta
Tra la la la la la la'
MusicheAlex75 • 2/08/22 16:46 Call center Davinotti - 709 interventi
Il famosissimo brano Smile, composto da Charlie Chaplin. Sulle sue note, nel 1954 John Turner e Geoffrey Parsons vi aggiunsero un testo ottimistico, cantato per la prima volta da Nat King Cole e ripreso da moltissimi artisti.