il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LA PIZZA AL CINEMA
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339027 commenti | 64102 titoli | 25415 Location | 12619 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: Spettri (1987)
  • Multilocation: Piazza Campitelli
  • Luogo reale: Piazza Campitelli, Tivoli, Roma
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  • Film: Veneciafrenia - Follia e morte a Venezia (2021)
  • Luogo del film: Il teatro dove il giullare killer si è stabilito e verrà trovato (interni)
  • Luogo reale: Teatro Malibran, Campiello del Teatro, Venezia, Venezia
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Kalam Shamsuddin

    Kalam Shamsuddin

  • Alessandra Antinori

    Alessandra Antinori

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Herrkinski
L'esordio di Cronenberg Jr. già ne metteva in chiaro la cifra stilistica, destinata a essere poi affinata nei successivi due lavori; se l'eredità paterna è raccolta senza alcun indugio, con ulteriori e provocatori spunti sulla "nuova carne", nonché riflessioni caustiche sul rapporto morboso tra le celebrità e le masse, il regista riesce comunque a crearsi una sua poetica e porta avanti un'estetica più algida e moderna. Ottima anche la scelta del cast, l'evanescente Jones su tutti; lo script non è sempre immediato o a fuoco e limita il risultato finale, ma rimane un buon lavoro.
Commento di: Cotola
Tra crime-movie, thriller ed elementi comici (affidati per lo più alla cameriera fifona), il film tradisce la sua origine teatrale, con i personaggi concentrati praticamente quasi sempre nella stessa location. Le scenografie guardano all'espressionismo (specie Murnau), certe inquadrature sono interessanti e non manca l'interesse per svelare l'identità del pipistrello. L'intento di spaventare forse non è riuscito, ma per l'epoca non era affatto male. Lo stesso regista ne girerà un remake più o meno similare nei risultati, forse un pelino più riuscito e negli elementi costitutivi.
Commento di: Anthonyvm
Al fine di trovare la cura per una malattia già apparsa a Chicago un secolo prima, due dottori vengono inviati indietro nel tempo, poco prima che scoppi l'incendio del 1871. Modesto reperto sci-fi da piccolo schermo, che, pur vantando la paternità soggettistica di Rod Serling, non presenta grossi elementi d'interesse in campo di avventure crononautiche. La sobrietà dell'esecuzione e i tempi stringati (specie in considerazione della straordinarietà degli avvenimenti) fanno supporre possa trattarsi dell'episodio pilota di una serie abortita. Passabile il "rovente" finale catastrofico.
Commento di: Cotola
La riuscita del film non è certamente dovuta al disvelamento del mistero - non è difficile intuire la verità - ma alla caratterizzazione dei personaggi, soprattutto i due principali, che sono davvero tratteggiati in profondità e la cui natura è perfettamente resa dalle splendide interpretazioni di Noiret e della Signoret, qui all'ultimo ruolo. La storia, ben scritta, è piacevolmente letteraria nel suo incedere lento e in fondo povero di avvenimenti significativi, il che non significa che non sia coinvolgente, anzi. Si punta però sulla psicologia, sui dialoghi, sulle piccole cose.
Commento di: Capannelle
L'inizio promette bene, i primi venti minuti descrivono infatti con abilità il contesto nel quale s'incanala una vicenda familiare dai contorni poco rassicuranti. Nel momento in cui Bocci sviscera le personalità dei quattro figli ecco che tende a perdere il senso della misura, in particolar modo con la Chiatti e Nigro, i cui personaggi appaiono attraversare un inferno piuttosto artefatto. Nel mentre arrivano anche i flashback e pure qui si poteva essere meno tranchant. Nel complesso un racconto interessante ma che scivola troppo, un cast nella media e uno stile di ripresa non banale.
Commento di: Puppigallo
Di grande importanza come documento storico (la vita sull'isola, che scava i volti, indurisce e fortifica gli abitanti, plasmandoli come lava che diventa roccia). È da questo che nasce l'enorme solco che si scava tra la protagonista e il marito per "convenienza". Scappata da un limbo, si ritrova all'inferno, con tanto di fuoco e cenere. Purtroppo, però, le sue vicissitudini risultano meno interessanti della parte ai limiti del documentario; e la pellicola tende a risentirne. La Bergman è sicuramente una grande attrice, ma qui è un po' limitata. Resta comunque meritevole di visione.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Il titolo dice tutto e, quando si vede la giovane liceale ingenua che prepara le valigie per trasferirsi al campus universitario salutando amorevolmente sua madre, capiamo subito come si svolgerà a grandi linee anche il resto della storia. Cassie Talbot (Beaton) è la classica brava ragazza che con l’amica Alyssa (Ayoka) sogna per l'immediato futuro una vita felice, piena di feste e nuovi amori ma senza trascurare lo studio.

Insieme ad Alyssa, Cassie si stabilisce in una stanza del campus e già i primi giorni viene adocchiata dal gruppo di disinvolte cheerleader...Leggi tutto che compongono un gruppo ben preciso; in virtù dei suoi trascorsi da ballerina non fatica ad entrarvi e, quando alla prima esibizione i più marpioni degli ex allievi se la mangiano con gli occhi, la più sgamata tra le cheerleader, Gabby (Farrow), le spiega bene come funzionano le cose, lì: ognuna di loro “arrotonda” uscendo con uno dei più grandi, che pagano profumatamente attraverso donazioni anonime e altro. Cassie, come si può immaginare, all’inizio nemmeno ci pensa, ma poi arrivano le difficoltà finanziarie: suo padre, che doveva pagare la retta, ha perso il lavoro, la madre (Preston) deve mandare avanti in qualche modo la scuola di ballo e insomma, ce n’è abbastanza per cominciare timidamente a concedersi alle avance del ricco Terry Dunes (Runyan), che più di chiunque altro non vede l’ora di portarsela a letto. Partono gli inviti a cena, le seratine di gruppo e insomma, a lungo andare…

Alyssa capisce che l’amica ha qualcosa che non va, ma Cassie non dice nulla, né a lei né alla madre, che ugualmente la vede pensierosa. Nel frattempo anche Gabby ha il suo bel daffare col suo lui (Cornfoot), un avvocato sposato che non ha alcuna intenzione di parlare di lei alla moglie. L'intreccio non ha nulla di particolarmente intricato e vira più sul drammatico che sul thriller, nonotante non manchi un delitto, ma è gestito tutto sommato con discreta perizia (anche registica) e, pur con i limiti di film tv che tendono ad assomigliarsi un po’ tutti, ha dalla sua una protagonista vivace e dallo splendido, contagioso sorriso, che bene incarna la ragazza acqua e sapone alle prese con un gioco più grande di lei.

In parte è anche Joelle Farrow, unica vera “spalla” tra le cheerleader, mentre un mero, palese riempitivo è il rapporto col compagno di corso onesto e gentile (Conde), che non va da nessuna parte e viene inserito qua e là giusto per staccare e variare un po' rispetto alla linea principale. A contare sono il crescere del dramma di Cassie, le sue indecisioni nel porsi con l’uomo adulto e a suo modo seducente (bravo Runyan come ex allievo che non sbaglia mai una frase), il diffondersi di un malcostume che coinvolge troppe ragazze e che aprirà anche una piccola indagine (si parla anche di una ex del gruppo che è stata cacciata).

Il finale non è certo straordinario né originale, ma viene organizzato con un certo gusto, anche perché la sceneggiatura appare nel suo complesso meno tirata via del previsto e – al netto dei soliti “ti voglio bene - anch’io” o degli abbracci di rito tra amiche e tra madre e figlia – la storia si segue con un certo grado di coinvolgimento. Spazio a qualche breve coreografia delle notevoli cheerleader (mentre i match a seguire non vengono mai presi in considerazione) per un risultato tutto sommato accettabile e quasi superiore alla media, in ambito televisivo.

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Ritorna ancora il marito che perde la moglie all'area di servizio, e ogni nuovo rifacimento erode sempre più la qualità che, nell'originale olandese IL MISTERO DELLA DONNA SCOMPARSA, era davvero alta. Qui in verità sembra di stare più dalle parti...Leggi tutto dell'omaggio che del remake, perché a una prima parte che riprende l'idea della donna (Alexander) letteralmente volatilizzatasi, senza una spiegazione, mentre il marito (Butler) è impegnato a fare il pieno all'auto, ne fa seguito una seconda che all'atmosfera carica di mistero (vero punto di forza dei due film di Lauzier) sostituisce un bel po' di action decisamente meno interessante, più apparentabile al cinema di Butler, che infatti vi si ritrova alla perfezione.

Nettamente preferibile la prima metà del film, in cui la sensazione di spaesamento, lo stato di confusione del protagonista, bene sono resi dal protagonista, il quale non riesce a figurarsi (un po' come tutti) cosa sia successo a Lisa. La soluzione, tuttavia, si avvicina in questo caso molto prima del previsto grazie a un filmato della telecamera dell'area di servizio, che dà subito una precisa direzione alle ricerche e apre la caccia di Will ai sequestratori. Conta molto anche il rapporto con lo sceriffo locale (Hornsby), al quale l'uomo immediatamente si rivolge una ventina di minuti dopo la sparizione. Non si capisce bene quanto lo sceriffo creda alle parole di Will e perché lo interroghi come se possa essere lui il responsabile del gesto, ma evidentemente tutto rientra in una prassi consolidata cui è obbligato a rifarsi.

Più passa il tempo più la temperatura sale: Will comincia a innervosirsi oltremodo e appena può mettere le mani su qualcuno che ritiene responsabile o complice del rapimento, mena... Inizialmente, tuttavia, anche questo rientra in uno sviluppo logico e ben costruito, in cui il clima di mistero permane e le qualità della regia di Brian Goodman hanno modo di emergere, pur se certo non si esula dai territori limitati del film di genere dai dialoghi spicci. Poi però, col passare dei minuti, il film si sgonfia per ritrovarsi nel campo dell'action anonimo cui manca vera tensione, gli antagonisti sono perlopiù insignificanti e l'aggirarsi troppo a lungo all'interno di uno spazio circoscritto appesantisce il ritmo. Tanto che si comincia a desiderare che si arrivi il prima possibile al dunque e che magari si aggiunga un po' di spettacolarità a una storia che si ha già ben chiaro come finirà.

D'altronde il film non cerca in alcun modo l’originalità, preferendo puntare sulla solida interpretazione di Butler e dando un minimo di varietà con qualche flashback che spieghi le cause della richiesta di Lisa (a proposito, un nome che ci riporta a un'altra scomparsa eccellente, nella storia della tv di casa nostra) di prendersi il fatidico "momento di pausa". Insomma, se ci si fosse mantenuti sugli standard della prima parte, CHASE avrebbe potuto rappresentare l’ottimo recupero di una bella idea. Così, invece, ci si attesta sull'action di routine, discretamente confezionato con buoni momenti, inevitabili spruzzate di violenza e sangue (contenuto), nessuna ironia e un dramma che se non altro si percepisce vividamente.

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Uno di quei film che vive di contrasti, del confronto tra due culture completamente differenti: da una parte il giovane scrittore newyorchese che sfrutta le opportunità che il progresso gli offre analizzando il periodo storico e scrivendo per un podcast di grande successo, dall'altra la comunità texana di un piccolo paese, per molti versi retrograda, imprevedibile, spiritualmente povera. Come vengono in contatto? E' presto detto: Abilene (Tipton), un'appartenente della seconda, viene trovata morta dopo una festa locale e Ty (Holbrook), il fratello di questa, chiama al...Leggi tutto telefono il primo, Ben Manalowitz (Novak, anche regista e sceneggiatore unico del film), avvertendolo.

Ben aveva avuto una brevissima storia con Abilene qualche tempo prima e naturalmente si stupisce della chiamata, soprattutto perché il fratello di lei lo tratta come se fosse stato il fidanzato di una vita. L'impeto del ragazzo è però tale che Ben accetta di raggiungere lui e la sua famiglia in Texas per i funerali, approfittandone per registrare nel frattempo l'avventura con l'intenzione di caricarla sul podcast per cui lavora. Fin dall'arrivo in loco, tuttavia, entra in una sorta di dimensione surreale in cui la famiglia di Abilene lo saluta come il partner di Abilene e lo accoglie con tutti gli onori del caso.

Ben viene a sapere che Ty è certo che sua sorella non sia morta per overdose, come dicono, ma sia stata uccisa. Quando però suggerisce al giovane di andare alla polizia per chiarire le cose, questi gli spiega che in Texas non funziona così: il problema si risolve uccidendo il responsabile. Per quanto inevitabilmente in disaccordo sulla soluzione da prendere, Ben comincia quindi a indagare sul presunto omicidio di Abilene, scoprendo nel contempo un mondo in cui le risposte non sono quasi mai quelle che ci si aspetta ed è su questo che costruisce il suo film Manalowitz: su dialoghi che in più occasioni si trasformano in monologhi che partono per la tangente e si incartano in concetti di filosofia primordiale espressi con una naturalezza imprevedibile; su comportamenti apparentemente illogici che seguono invece un loro percorso inserito in un quadro più ampio che coinvolge il modus vivendi di chiunque, sul posto.

Non ci si può insomma stupire, se anche le forze dell'ordine reagiscono alla denuncia di Ben cercando di ricondurre tutto a una prassi comune: la ragazza è stata trovata morta non alla festa ma al cosiddetto "afterparty" nei pressi, dove un gran numero di tossicodipendenti chiude la propria esistenza. L'amica di Ben che gestisce il podcast - presenza marginale ma costante - è entusiasta e loda la straordinaria naturalezza del materiale raccolto, indirettamente portando l'autore del film stesso ad autocelebrarsi.

La famiglia della vittima è composta da personaggi bizzarri in linea con chi ha il compito di caratterizzare in un preciso senso un'opera le cui ambizioni si notano fin dalle prime scene, comprensive di un lungo dialogo tra Ben e un amico sulle potenzialità del progresso tecnologico: frasi e concetti ricercati ma vacui, che sembrano perdersi in un oceano di parole messe in fila senza una vera direzione. Sarà un po' il difetto del film, che tuttavia sa come sorprendere, stupire e intrigare.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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