Splendido film a metà tra il noir ed il thriller. Kazan costruisce un'opera dal ritmo avvolgente ed incalzante che tiene sulla corda per tutta la durata della pellicola. L'accerchiamento progressivo del "malato" è condotto con grande maestria e capacità registica. Bravi gli attori. Bello il soggetto che verrà poi ripreso, con pessimi risultati, dal nostrano Milano: il clan dei calabresi.
Dopo la scoperta che un armeno assassinato era affetto da peste, la polizia di New Orleans cerca di individuare chiunque sia entrato in contatto con l'uomo, per circoscrivere il contagio. Ma gli assassini non ci tengono affatto a farsi rintracciare. Bel thriller, con un efficacissimo Widmark - duro come sempre ma qui pure "buono" (credo per la prima volta in carriera) - nella parte dell'ufficiale medico che conduce le indagini, rese spasmodiche dalle circostanze. Ottimi anche i fuggiaschi: il sadico Palance e il querulo Zero Mostel.
MEMORABILE: Il malato scaraventato giù dalle scale - l'inseguimento finale nel porto
Il miglior Kazan risiede nei successivi lavori con Brando e Dean; qui invece non si naviga sempre con il vento in poppa, giacché le valide notazioni ambientali di taglio semi-documentaristico (la vita al porto, i limiti posti alla libertà d’informazione in caso di epidemia o catastrofe) e le decise impennate nel segno del noir subiscono rallentamenti logorroici o frenano in futili incisi melensi (la vita coniugale di Widmark e il suo desiderio di una seconda paternità). Sugli attori s’impone Jack Palance con le nequitose prepotenze messe in atto dal temibile “Blackie”. **!/***.
Noir dall'implacabile spirale di morte, che si avvita intorno ai protagonisti in un'escalation soffocante e senza sbocchi, attraverso un ambiente portuale pidocchioso, duro e miserabile, mirabilmente immortalato dalla splendida fotografia di Joe MacDonald (Sfida infernale) e dagli eccellenti movimenti di macchina di un Kazan già in grado di fare la differenza. Avvertibili gli accenni al maccartismo, che in quegli anni devastava l'America come una peste. Ottime le prove attoriali, tra cui spiccano quella di Zero Mostel e di Jack Palance.
Non è ovviamente un proto esempio di infection-movie, ma molto altro. Uno spaccato sui bassifondi di New Orleans, dove brancola gente sfinita dal lavoro e dove ha modo di nutrirsi la violenza e il sopruso sull'altro: terreno di coltura di germi pestiferi, qui riferiti nel vero senso della parola. Il cast è grandioso, con un Richard Widmark ancora lontano dai personaggi malavitosi, un Jack Palance che esordisce in un ruolo che più "filthy" non si poteva. Il titolo italiano è decisamente fuorviante rispetto a quello originale.
Kazan prepara il terreno ai suoi lavori più celebri e celebrati coniugando una trama poliziesca piuttosto originale con riflessioni più ampie (l'analisi dei bassifondi portuali, le restrizioni imposte agli organi di informazione per cause di forza maggiore). Ritmo alto con qualche rallentamento quando ci si sofferma sulla vita coniugale del protagonista. Ottimo cast con Widmark in uno dei suoi primi ruoli da buono, Douglas poliziotto burbero, Palance all'esordio sul grande schermo. Soggetto che ispirerà il nostro Milano: il clan dei calabresi.
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CuriositàDaniela • 5/10/11 16:52 Gran Burattinaio - 5929 interventi
Bandiera gialla è il primo ruolo importante nella carriera cinematografica di Zero Mostel, che si interruppe pochi anni più tardi quando, in piena era maccartista, il suo nome fu inserito nella blacklist della Commissione sulle attività antiamericane (HUAC) per sospetta appartenenza al partito comunista.
Riprese ad apparire al cinema negli anni '60 e nel 1976, nel Prestanome diretto da Martin Ritt, ebbe modo di interpretare un ruolo parzialmente autobiografico, quello di un comico vittima del maccartismo.