Città di notte - Film (1958)

Sedotta e abbandonata dal bel teatrante Alberto, la 15enne Marina si immerge nella notte romana minacciando (meglio solo vagheggiando) il suicidio. Trieste esordisce alla regia rivelando fin troppo platealmente il debito felliniano, sia nella scelta del soggetto (una piccola borghesia sospesa tra sogni e realtà) che nello stile del racconto (che vorrebbe esser di disincantata partecipazione). Rota e Bava però non bastano, mancando la luce del "maestro" e rivelando prestissimo il film il proprio afflato corto. La Morelli è la mamma in clinica per i nervi.

Echi felliniani in questo film di Leopoldo Trieste. E di Fellini, oltre che il fratello nel cast, ci sono anche la colonna sonora di Nino Rota e l'attenzione per alcuni tipi umani. Manca però la dimensione onirica, manca il coinvolgimento e un reale approfondimento dei personaggi. Intendiamoci, il film si può vedere, ma vaga per un'ora e mezza senza mai realmente colpire nel segno. Anche della città di notte del titolo, in realtà, si vede poco. Discreta la prova del cast.

Il tema è la scoperta della sessualità dei figli da parte dei soliti attoniti genitori quando, in un'Italia in ripresa, a una generazione ne segue una nuova alla ricerca di un posto al sole. Lo stile è decisamente felliniano, con quei chiaroscuri tipici e gli ambienti artistici in ebollizione. La ragazzina delusa da un amore non corrisposto è figlia di una borghesia abituata ad avere tutto e che invece deve imparare a rinunciare. Buon cast nel complesso, in primis Steffen e Rina Morelli.