Le interviste dell' "Amore in Italia"

26 Aprile 2010

Cari lettori,

sono consapevole di avere una doppia personalità: da una parte sono divoratore di tutto il cinema spazzatura possibile, dall’altra sono attratto da film tediosi, vecchi programmi televisivi e remote inchieste Rai pressoché estranee ai più. In questo spazio gentilmente offerto dal Davinotti.com vi parlerò di quest’ultima categoria. Con tale approfondimento infatti è mio desiderio riportare alla luce (e farvi perciò conoscere) un’inchiesta in cinque puntate per la regia di Luigi Comencini dedicata all’amore degli italiani dal nome esplicativo: “L’amore in Italia”. Da grande adoratore degli Anni Settanta non potevo che apprezzare questo spaccato dell’Italia ancora legato a credenze popolari, religione, tabù e quant’altro. Un senso di nostalgia e di apparente calma un po’ inquietante trapela da quelle immagini, soprattutto se pensiamo al periodo “sanguinario” che attraversava il Belpaese in quel particolare  momento storico. Sarà questo il fascino di questa inchiesta? Credo di sì.

L’amore in Italia (1978)
Un’inchiesta televisiva di Luigi Comencini 

Premessa: chi mi conosce e legge da tempo, sa che solitamente i miei approfondimenti sono orientati alla goliardia e ad un simpatico cinismo. Per non tradire perciò le probabili aspettative, ho tentato (dov’è stato possibile) di commentare i vari episodi dell’inchiesta addizionandoli di componenti ironiche “markussiane”. Mi auguro che questa mia azzardata decisione possa rendere la lettura d’un tema probabilmente non di vostra conoscenza un po’ più invitante. Mi scuso sin da ora con gli autori dell’inchiesta e i partecipanti delle interviste se noteranno delle enfatizzazioni rispetto al racconto originario: esse sono evidentemente fini a se stesse e volte ad un sano sorriso. Ne abbiamo tutti bisogno (scusate la frase fatta). Sembra incredibile (vista la tematica) ma mi tocca augurarvi...
buon divertimento!

L'inchiesta è stata approntata da Luigi Comencini con la collaborazione di Fabio Pellarin e Italo Moscati nell'ottobre del 1976, concependo un piano seguito a consultazioni con studiosi del settore, sociologi e stimati psicologi. L’inchiesta ideata fu quindi presentata in cinque puntate d’un ora ciascuna, il cui argomento è concettualmente diversificato ma legato al tema dell’amore degli italiani. Le riprese iniziarono nel mese di febbraio del 1977 e terminarono nell'aprile del 1978. L’inchiesta andò in onda sulla prima rete alla fine del 1978.

I titoli delle cinque puntate
1. La donna è mia e ne faccio quello che voglio
2. La fortuna di trovare marito
3. Innamorati
4. Ad occhi aperti
5. A che cosa serve l'educazione sessuale?


PRIMA PUNTATA:
LA DONNA E' MIA E NE FACCIO QUELLO CHE VOGLIO

 
I. Oriente, Oriente

Questo primo episodio dal “caloroso” titolo, è stato girato nei dintorni di Torino presso una grande casa disposta su due piani a ridosso d’un laghetto. Il cameraman, dentro la casa, inquadra strani oggetti orientali tutti ben disposti ordinatamente tipo museo. L’intervistato è un affascinante cinquantenne dalla folta capigliatura canuta: si presenta come un artista dal pensiero estremamente maschilista, tanto da dichiarare di desiderare una donna schiava (con conseguente sconcerto da parte di chi lo ascolta). L’artista ci propone un’insolita visione della vita e ci parla di Amsterdam come un luogo idilliaco dove poter “agganciare” graziose ragazzine per servirsene come modelle per i suoi surreali quadri. La domanda sorge spontanea: non le avrà “agganciate” nelle note vetrine olandesi con i neon color rosa?

II. Poche idee ma chiare

In un quartiere fatiscente di Palermo (al limite del diroccato) viene compiuta una doppia intervista: prima ad una signora cinquantenne che, mentre svolge la sua mansione di orlatrice, spiega al solerte Comencini il suo ruolo di donna del sud; quindi, nella seconda parte, ci si sposta al piano superiore dello stabile, dalla figlia e il marito. Lì, in sostanza, vengono posti gli stessi quesiti; essendo la donna evidentemente più giovane ci si aspetta una visione diversa rispetto alla madre o, almeno, più di larghe vedute, mentre invece il risultato in questo senso è alquanto avvilente: la Sicilia degli Anni Settanta (almeno in questa famiglia) è rimasta pressoché legata a vecchi stampi patriarcali ed estremamente maschilisti. Per l’uomo siculo era una pacchia, non c’è che dire, ma “temo” che i tempi siano cambiati…

III. Quella persona

Viene intervistata una giovane donna dai capelli molto corti con in braccio un bambino. Siamo a Vicenza. La donna racconta delle sue vicissitudini di ragazza madre abbandonata dal marito. Attualmente ha una relazione con un uomo sposato che, naturalmente, non ha intenzione di lasciare la propria famiglia. Situazione un po’ difficile da sostenere e, in effetti, lo strazio si palesa sul volto della signora, tirato e snervato da troppe falsità, promesse non mantenute e, per finire… quell’irrequieto bambino da mantenere!

IV. La romba

Siamo a Napoli, presso un circolo nautico. Un uomo di mezza età dall’aspetto piacente (una sorta di “dandy” d’altri tempi, mascella quadrata, capelli ingrigiti ma ancora folti con seducente scriminatura in parte, giacca in “principe di Galles”) ci racconta della sua vita d’eterno adoratore della donna, che considera come una preda da conquistare (in effetti, per via del suo aspetto piacevole, da giovane deve’esser stato favorito in questo senso). Durante l’intervista si evince che l’uomo è anche una specie d’imprenditore: ci mostra infatti delle t-shirt ideate e vendute da lui raffiguranti disegni geometrici con scritte in inglese che, lette pensando alla lingua italiana, hanno un’evidente doppio senso alquanto volgare tipo “I adore the cool”… L’intervista si conclude sul mare, dove il nostro mitico “dandy” spiega il concetto secondo cui l’uomo italiano piace alle donne straniere per via della sua innata solarità. Sullo sfondo il Vesuvio (da tempo privato del suo “sacro” pennacchio) ascolta in religioso silenzio.

V. La cameriera

L’intervista viene fatta ad un’anziana signora che abita in un appartamento pieno di gatti. Gli ambienti sono squallidi: lo spettatore avvertirà quasi il puzzo dei felini che la donna accudisce con tanto amore. Siamo nella periferia di Roma. La donna narra del suo ex marito benestante che scappò a suo tempo con la loro graziosa cameriera tentando di far ricoverare la moglie al manicomio (poi, ovviamente, ci fu la separazione). Una vicenda molto triste, vista l’ignobile beffa che la donna dovette subire; tuttavia la garbata signora articola fiumi di parole sul marito quasi con contraddittorio senso d’orgoglio. Appare evidente, in tutta la sua tragica sincerità, che è stato l’unico uomo della sua vita.

VI. Il mio corpo come un corridoio

Siamo ancora a Roma. La telecamera inquadra una graziosa signora magra e bionda che apparecchia la tavola per sei persone. Durante l’intervista si evince che questa ha cinque figli e si è separata dal marito. Dal racconto intuiamo che la sua giornata tipo è quella che si può definire “campale”: inizia alle 7:00 del mattino per andare al lavoro dall’altra parte di Roma e ci rimane sino alle 18:00, poi deve accudire (nella tragicità della solitudine) i cinque figli affamati. Santa donna!


SECONDA PUNTATA
LA FORTUNA DI TROVARE MARITO 

 
I. Uno straccio di marito

La seconda puntata inizia con un episodio piuttosto singolare e, deduco, alquanto scabroso per quei tempi: la convivenza tra due omosessuali. L’uno (nel ruolo della “moglie”) magro, quasi scheletrico, dal volto scavato e con i capelli molto lunghi ed eccessivamente elettrizzati da colpi di phon; l’altro (“il marito”), un giovane dal gradevole aspetto fisico. Un viso pulito, fresco ed un taglio di capelli con riga al centro. Il fatto curioso è che ambedue provenivano da storie importanti con donne (ovviamente per coprire la loro omosessualità). Solo alla fine avevano ceduto ai loro istinti, liberandosi di inutili tabù per vivere in armonia con la loro vera natura. All’inizio dell’episodio viene mostrata una sorta di cerimonia matrimoniale clandestina con tanto di finto sacerdote, durante la quale i due protagonisti si dichiarano vicendevolemente amore a vita. Siamo a Roma.

II. Come in un romanzo

Palermo. Viene intervistato un cinquantenne soprannominato “Totò”. A Comencini questi narra con tono pacato della sua giovinezza passata come volontario di guerra presso la gendarmeria francese in Algeria, alla quale seguì una missione militare nel Vietnam. Una vita incredibile, soprattutto perché l’uomo partì un anno dopo il suo matrimonio in Italia, lasciando la moglie e la figlia appena nata. In Vietnam, visto che non sapeva se fosse tornato vivo, s’era concesso una “scappatella”: ebbe un amore con una autoctona che successivamente era morta per colpa di una bomba. Per tornare in Italia Totò si era dovuto amputare le dita d’una mano. La telecamera inquadra frequentemente (quasi morbosamente!) la mano parzialmente recisa del carismatico cinquantenne. Una vita incredibile, vissuta debbo dire con grande coraggio e spirito d’avventura. L’interessante racconto si scontra con la serenità che ora traspare dalla bella famigliola finalmente riunita con la figlia (ormai donna e che a sua volta ha “regalato” a suo padre un bel nipotino).

III. Breve incontro

La casa dove siamo si trova a Vicenza: è piccola, arredata con mobili disparati. L’intervistata è una quarantenne e con lei Michelle, una bambina sui cinque anni, mulatta, con folti capelli riccioluti. In un'altra stanza c’è una ragazza alta, molto bella, seria, il suo nome è Giuliana ed è la figlia di primo letto dell’intervistata. La donna racconterà di un matrimonio naufragato con un italiano in Belgio e della successiva storia d’amore con un marine americano “negro” che però l’abbandonerà. Alla luce di questa seconda storia d’amore si spiega ora quella bambina meticcia che gira per casa sua e che, apparentemente, sembrava essere “fuori luogo” (nel senso che ci si chiedeva cosa ci facesse lì essendo evidentemente diversa). E’ proprio il caso di dire che la donna è stata stoltamente vittima delle famose quanto beffarde “promesse da marinaio”.

IV. Nella casa in fondo al viale

Siamo a Trieste in un ospedale psichiatrico in via di smantellamento (la famigerata “legge Basaglia” che fece chiudere tutti i manicomi è alle porte) e incontriamo una bizzarra coppia: Loredana e Bruno. Lei ancora giovane ma con un matrimonio e figli dimenticati alle spalle, lui  un uomo sui quarant’anni che rimane sostanzialmente in silenzio per tutto il tempo. Ambedue hanno problemi psichici (chiaro, visto il luogo in cui dimorano). Lei è affezionata a Bruno e tenta di spronarlo a parlare durante l’intervista: cerca invano di convincerci che lui l’ama ma così non è, visto che Bruno sostanzialmente appare freddo e distaccato. Solo la comune condizione in quel luogo angusto li unisce. Lasciamo la ventosa Trieste e la sfortunata Loredana con la sua tragica convinzione.

V.
Mamma è contenta 

Milano. Siamo in una casa popolare di vecchia costruzione. L’intervistata è una quarantenne proveniente da Salerno che ci narra la sua vita, da operaia in Germania successivamente emigrata (nel 1968) a Milano, dove conobbe quello che diventò a breve suo marito. La donna precisa che sua madre desiderava che lei si sposasse, pertanto, per non scontentarla, lo fece. Dall’intervista si deduce palesemente che la scelta s’è rivelata forzata da questa volontà, con tutte le conseguenze del caso. La signora non ama il marito e non lo stima nemmeno: in sostanza sono due estranei che hanno messo come si suol dire “su famiglia”,  ma tutto si conclude in questo squallido contesto. In lei il dramma d’un errore commesso tanto che, a fine intervista ed in fase di liberatorio outing, dichiara risolutamente: “era meglio se facevo la puttana!”.

VI. Poeta contadino

Siamo in Sicilia e più precisamente ad Alcamo, dove un anziano contadino dal volto arrostito dal sole e dall’aria, oltre che zappare l’arida ed avara terra scrive poesie d’amore, in special modo dedicate all’amatissima moglie. Durante l’intervista parla del suo matrimonio e recita le sue poesie in un incomprensibile dialetto (nel video scorrono i sottotitoli). Accanto a lui, la famiglia l’ascolta per l’ennesima volta e la moglie subisce passivamente da decenni un eccessivo inno all’amore eterno. Povera donna… che pazienza!


TERZA PUNTATA
INNAMORATI

 
I. Punks, figli di Odeon

L’episodio è stato girato a Figline Valdarno, in Toscana. L’intervista è stata fatta a seguito della messa in onda di una puntata di “Odeon”, un programma Rai di cultura e spettacolo del ‘77, dove si trattò il fenomeno “punk” che stava spopolando in Gran Bretagna. Luigi Comencini, che era da quelle parti, notò alcuni ragazzi abbigliati in maniera stravagante riconducibile a tale corrente inglese. Decise per cui di approfondire lì l’argomento e, qualche giorno dopo, tornò a Figline Valdarno per le interviste che effettuò principalmente all’interno di una discoteca. Il tema trattato è l’amore adolescenziale e le esperienze sessuali dei giovani lì presenti. Ne esce un quadro abbastanza tradizionalista e, forse per via delle telecamere, puritano (malgrado il loro agghindarsi in maniera estroversa, quasi come un inno alla: “sesso, droga e rock & roll”).
P.S.: Su Youtube inserii questo filmato e venni contattato da uno dei “punk” intervistati quel giorno (che si era riconosciuto nel video). Gli ho pertanto proposto una breve intervista che lui ha di buon grado accettato. La trovate a conclusione dell’approfondimento.
 
II. Con l’aiuto della mamma

L’episodio è stato girato a Firenze in una casa di benestanti. La telecamera inquadra libri, riviste, mobilio moderno. Ci troviamo in una cucina arredata con gusto: sul tavolo tazze di tè fumante e teiera. Qui, oltre a Luigi Comencini, troviamo un ragazzo e una ragazza, giovanissimi e di gradevole aspetto fisico. Ci raccontano della loro storia d’amore e della famigerata “prima volta”. Lui, più grande di lei, parla di maggior esperienza e lei sembra incitarlo in questo senso, affermando:  “lui, prima di me, aveva un sacco di ragazzine dietro!”. La giovane appare più precisa: i suoi sedici anni sembrano molti di più, da come conversa; sembra molto matura e ha l’aria di essere una giovane donna che sa già quel che vuole dalla vita. Conclude dicendo che sua mamma le è sempre stata vicina e le ha sempre consigliato il giusto. Si respira aria di benessere un po’ borghese, nella casa. Il filmato si chiude fuori dalla loro scuola, dove c’è sciopero. Appare evidente che per loro sarà solo un giorno di vacanza e non di protesta.

III. Senza l’aiuto della mamma

Ci troviamo in una nevosa Emilia Romagna: la telecamera stacca e inquadra l’interno di una casa spoglia, umile e fredda. Qui troviamo due ragazzi poco più grandi dei giovani “borghesi” dell’episodio precedente a Firenze, con la differenza che costoro sono sposati per via del fatto che la giovane è rimasta prematuramente in stato interessante. Sono abbastanza poveri, o meglio sopravvivono del magro stipendio di macellaio di lui. I visi sono pallidi e traspare chiaramente nei loro occhi lucidi un senso di drammatica giovinezza non vissuta, con quel bambino irrequieto, venuto al mondo quasi certamente per un errore con conseguente “matrimonio riparatore”. I giovini continuano a ripeterci che si vogliono bene (quasi come un tormentone), ma appare evidente che sia più che altro un autoconvincimento, una sorta di visione del bicchiere mezzo pieno…

IV. Aspettando la pensione

Doppia intervista incrociata: l’una ad una donna in una brulla e solare Sicilia e l’altra al marito emigrato in Germania. Lui vive in un angusto e gelido tugurio destinato agli immigrati italiani ed è operaio edile. Cinquantenne, si sacrifica da decenni per mantenere la famiglia che vive nella sua terra natia. Interessante quando parla di separazione forzata dagli eventi che l’avara vita gli ha riservato. La donna, dal canto suo, spera che il marito prima o poi (e dicono manchi poco) riesca a prendere presto la pensione per vivere la terza età finalmente insieme con la famiglia. La considerazione che possiamo trarre a conclusione del filmato è che, probabilmente, quel fatidico giorno la coppia s’accorgerà che in fin dei conti saranno due vecchi che non hanno più nulla da dirsi: quando verrà meno il fattore lontananza e nostalgia, questo rapporto cadrà nella monotonia e, purtroppo per loro (anche  per via degli anni passati), non ci sarà nemmeno più l’attrazione sessuale che un tempo li congiunse.

V. Il diavolo

In questo episodio vengono intervistati dei coniugi trentenni meridionali, che ci raccontano come siano stati (secondo loro) colpiti dal cosiddetto “malocchio” dopo essersi sposati. I loro rapporti non sono stati più tali dopo la celebrazione (tra le righe si cela un’insoddisfazione sessuale da parte di lei) e  la donna accusa la presenza ossessiva della suocera nei loro affari di cuore. I litigi, un figlio che non vuole arrivare e un rapporto in crisi… fino ad affidarsi ad una specie di esorcista per eliminare questa negatività che si è impossessata dei loro deboli corpi. Appare evidente che il racconto è inverosimile, ma loro ci credono e forse trovano in ciò un giustificativo per un matrimonio probabilmente sbagliato.

VI. Nel nome del Signore

L’intervista viene effettuata a dei coniugi con bambino di “comunione e liberazione”. Il dialogo con Luigi Comencini è volto a esporre la vita matrimoniale vissuta sotto le rigide regole della congrega politico-religiosa di cui fanno parte. Costoro ci parlano di metodi anticoncezionali naturali, dell’assoluta contrarietà all’aborto (si citano le famigerate “donne di Seveso”). Lui appare meno convincente della moglie e cerca evidentemente di confortarla avallando le sue precise idee conservatrici. Incredibilmente il paese in cui vivono si chiama Sesso!

VII. Diritto alla vita

Palermo, in un quartiere di case diroccate. Il degrado e la violenza sono evidenti in tutta loro drammatica veridicità. La telecamera inquadra una stanza di un tugurio semibuio, in ove c’è una donnina contornata da innumerevoli bambini che sono suoi figli. La donna ci racconta del difficile ruolo di mamma in quelle condizioni disumane e del rapporto col marito pizzaiolo che, per motivi di lavoro, diversi mesi l’anno si trasferisce in una pizzeria lontana lasciandola sola nella sua miseria e in balia di innumerevoli figli cresciuti nella violenza e nel degrado, con tutte l conseguenze che questo può comportare. Alla luce di questo fatto e visto il posto, la scelta del marito appare astutamente saggia!

VIII. Viale del tramonto

Siamo a Roma, in una casa di riposo per anziani presso una struttura ampia, fredda e un po’ fatiscente tipica dell’edilizia fascista. Qui Comencini incontra coppie di anziani che nello squallore dell’ospizio si sono uniti in amore. Alcuni sono vedovi e, in quell’angusto luogo, si sono sostanzialmente rifatti una seconda vita. Una signora addirittura s’è sposata lì (dice nel 1975) dopo aver passato la vita da “signorina” e lei, coraggiosamente, ci tiene a sottolineare che è arrivata vergine al matrimonio non perché puritana ma perché la vita evidentemente gli ha riservato quel beffardo destino. A fine episodio possiamo dire che forse sono stati intervistati casi per così dire limite, forse fortunati ma che ci fanno riflettere come anche nella terza età e in un luogo da molti considerato drammaticamente “l’anticamera della morte”, si possa avere una - seppur breve - seconda chance, probabilmente dopo una vita spesso avara di sentimenti e soddisfazioni.


QUARTA PUNTATA
AD OCCHI APERTI 

 
I. Vedova con due figli

Firenze. Ci troviamo all’interno di un’elegante casa borghese calda, dotata di comfort e curata nei dettagli. Quadri di pregio, un pianoforte e soprattutto una smisurata collezione di pupazzetti e statuette raffiguranti elefanti, di cui alcuni estrosi e disparati. Sul divano c’è l’intervistata: una signora sui 45/50 anni, vestita in modo classico e con un filo di perle intorno al collo. E’ un’imprenditrice tessile. Lei, con linguaggio colto ed elegante, ci racconta della sua vita di donna separata. L’inchiesta si alterna ad un’altra fatta al marito. Si sposarono giovanissimi e assolutamente vergini, dunque, una volta uniti, si sono resi conto che in fin dei conti non avevano nulla in comune, anche a livello sessuale, tanto che lei definisce la prima volta “un trauma”, forse perché s’aspettava una situazione romantica; la famigerata “prima volta” fu invece brusca, dolorosa e quasi meccanica, deludente. Appare chiaro che il matrimonio (ormai rotto) è frutto d’un malinteso iniziale: la signora è amante dell’arte, del teatro, delle comodità; lui invece sportivo, spartano, adoratore del campeggio e dell’aria aperta. Disarmante. La donna si sente madre di due figli: l’uno, quello vero (allora quattordicenne), l’altro, il marito che considera spocchiosamente un bambino con poche idee.

II. Avere un bambino

Padova: un appartamento in un quartiere nuovo, anonimo. Una coppia esplicitamente di estrema sinistra tra i 30/35 anni. Costoro ci raccontano della loro vita matrimoniale e disquisiscono sul concepimento d’un figlio, cosa che, fino ad allora, avevano volutamente rimandato. Sono colti, il loro linguaggio è forbito e ricco di deliziose sfumature e ragionamenti complessi, ma (parere personale) appare nel suo complesso una messinscena, poiché traspare un senso di confusione sull’argomento. Forse questo fantomatico bimbetto lo desiderano ma, verosimilmente, non ne vorrebbero poi subirne i sacrifici che la scelta ovviamente comporta. Chissà come andarono poi le cose… L’episodio ha una particolarità: la donna è Franca Bindi ed è sorella dell’On. Rosi Bindi.

III. Gli italiani non sono maturi

L’episodio è stato girato a Poppi in provincia di Arezzo. La telecamera inquadra una collina su cui sventola una bandiera anarchica. A lato, un gruppo di case contadine, abbandonate, una delle quali è stata ristrutturata ed è ora abitata da due famiglie più ospiti. Questo posto è stato definito “la comune” in quanto a questo scopo è destinato. Sono tutti romani che, stanchi della città, si sono trasferiti lì per vivere una vita sana e scandita dai ritmi lenti ma inesorabili della natura. Costoro offrono la possibilità, a chi lo desidera, di unirsi tutti insieme appassionatamente nella bella comunità comunista! Il richiamo è francamente irresistibile…

IV. Ragazzo madre

Piacenza: un appartamento semplice, squallido, di periferia. Viene inquadrata una cameretta dove dormono padre e figlio cosparsa di umili balocchi. Il padre ha circa trent’anni, il figlio quattro. Lui ci racconta un fatto curioso e, almeno a quel tempo insolito: il fatto d’aver scelto di crescere il figlio da solo senza l’aiuto della madre. Alla base di questa difficile scelta c’è il fatto che il figlio lo ebbe con una femminista assolutamente fuori dal tempo e con idee molto libertine che, secondo lui, l’avrebbero resa incapace d’una vita di mamma coscienziosa. Da questa intervista traspare che l’uomo è quello che si può definire (con tutto il bene possibile, sia chiaro) un “bonaccione”. La malasorte gli ha tragicamente offerto, anziché una brava ragazza, semplicemente una poco di buono. In lui lo sbaglio di non aver fatto il possibile per evitarlo. Questo figlio è vittima d’un errore commesso, è evidente, ma lui perdona tutti… persino quella sciagurata donna!

V. Parlarne, discuterne, capire

L’intervista si svolge a Torino, inizialmente in una malandata casa in cui vive una graziosa venticinquenne dai lineamenti del volto fini e seducenti. La giovane è straniera, con un accento strano, forse inglese o chissà. La ragazza vive da sola dalla tenera età di quattordici anni e ci parla delle sue vecchie ed innumerevoli storie d’amore: alcune senza intoppi, altre brutte, di cui una macchiata da un drammatico aborto. Nella seconda parte del filmato ci si sposta in un parco dove la ragazza ci presenta un suo ex fidanzato, la cui storia ora è volta in una bella amicizia. C’è un bel sole che illumina i loro giovani volti. L’ex coppia ci narra del loro passato amoroso e dell’influenza negativa dei genitori di lui contrari al fatto che il loro pargolo frequentasse la suddetta fanciulla considerata (citazione) “zoccola”.


QUINTA PUNTATA
A CHE COSA SERVE L'EDUCAZIONE SESSUALE 

 
I. Punti di vista

Puntata giovanilistica con interviste e dibattiti incrociati in tre luoghi diversi: un foyer nella periferia di Milano per ragazzi immigrati, una scuola professionale sempre nella periferia di Milano e a Roma, in una casa occupata. L’argomento è morbosamente stuzzicante: il sesso tra i giovani. Nelle interviste si respira aria di grande maturità, sprezzante vitalità e di quella meravigliosa arroganza tipica di chi può ostentare diciott’anni d’età. Il dato più interessante che traspare da questo episodio è il pudore sull’argomento da parte delle ragazze; mentre sul fronte maschile (specie in quello di origine meridionale) c’è insolente mascolinità, per non parlare di becero maschilismo. Appare evidente che l’argomento sessuale, nei giovani degli Anni Settanta, era ancora apparentemente un tabù da esporre con frasi fatte e fuorvianti. La presenza delle telecamere hanno certamente fomentato un atteggiamento di difesa.

II. Il pene e la vagina

Il titolo è emblematico, tuttavia le interviste vengono incredibilmente svolte all’interno di un asilo milanese dove sono presenti i bambini, ma anche (per l’occasione) i loro genitori. Comencini apre con costoro una sorta di dibattito sull’educazione sessuale in tenera età. Ne viene fuori un quadro variegato fatto di dubbi, insicurezze, ma anche di idee talvolta costruttive. Essendo un asilo in cui sono presenti  bambini provenienti da famiglie dalle estrazioni sociali più disparate, ci si accorge che le vedute su questo scottante tema sono differenti a seconda della provenienza geografica dei genitori;  in questo senso, la cultura dei meridionali appare più conservatrice. Comencini pone alcuni quesiti anche ai piccini che, con tenera semplicità, rispondono con disinvoltura su un argomento che, evidente, non conoscono; ne percepiscono degli stilemi o forse interpretano (alla loro maniera) discorsi ascoltati di riflesso dai loro genitori in casa.

III. Il libro dei nudi

Su diversi giornali e periodici si parlò largamente del sequestro di un’enciclopedia di educazione sessuale avvenuto a Cembra nel Trentino. Il fatto è curioso poiché dei ragazzini che frequentavano la biblioteca per le loro ricerche scolastiche, un giorno, notarono per caso all’interno di questo libro delle immagini esplicative sui rapporti sessuali; di lì a poco, lo stupore dei genitori e la denuncia. Comencini intervista i principali protagonisti della vicenda tra cui l’autorevole ed inflessibile Procuratore della Repubblica che ordinò il sequestro dell’enciclopedia. Interviste incrociate molto serie, quasi tediose, ma che rendono l’idea degli inutili tabù da cui l’Italia degli Anni Settanta era ancora oppressa.

IV: Il comune senso del pudore

Siamo a Voltri, in provincia di Genova. L’inchiesta porta in quel luogo Luigi Comencini dopo che quotidiani e settimanali parlarono d’un giovane pretore che assolse due ragazze fermate e denunciate perché prendevano il sole in riva al mare in topless. Lui, affabile magistrato, ci racconta le ragioni della sua “battaglia” e nel qual tempo Comencini fa un intervista ad una delle due ragazze che, con aria di seducente candore, ci narra dell’accaduto che l’ha riguardata. Che sfacciata!

V. Il porno tira

Siamo a Milano. L’intervista si svolge nell’abitazione di una seria ma nello stesso qual tempo grintosa capo redattrice che opera nel campo della stampa a carattere pornografico. Lei, durante il dialogo con Comencini, ci tiene a sottolineare che le riviste da lei redatte sono esplicitamente pornografiche e nulla hanno a che fare con il più riguardoso ed elegante erotismo. Dichiarazione abbastanza sconcertante in tutta la sua teatrale veridicità, soprattutto perché detta da una donna. Appare evidente che la clientela pruriginosa che acquista le sue riviste voglia giovarsi continuamente di immagini provocatorie. Nella seconda parte dell’intervista ci si sposta in uno studio fotografico dove due attori porno (marito e moglie nella realtà) prima di congiungersi carnalmente sotto i caldi fari e gli sguardi ormai assuefatti del fotografo, si fanno brevemente intervistare da Comencini. I gentili signori appaiono rilassati, colti, normali, tanto da chiedersi come siano giunti a fare quel lavoro. Lui dice che aspirerebbe a fare l’impiegato statale per avere uno stipendio fisso e nessun problema, ma per il momento va bene anche il cosiddetto hardcore (come dargli torto!). Siamo sostanzialmente agli albori del porno moderno.

VI. Mai senza amore

L’inchiesta si conclude con l’intervista a due suore vestite in abiti civili. Il luogo del colloquio con Comencini è la grande casa dove esse vivono con altre sorelle e dove assistono i bisognosi. Ci raccontano (con tono vocale quasi bisbigliato) del modo di concepire la vita nella loro congrega e dell’amore per Dio. I loro volti sono tirati, freddi, quasi privi delle tipiche smorfie facciali ed istrioniche dell’italiano medio. Un interessante spaccato di vita volto al lodevole sacrificio per il bene altrui. E’ proprio il caso di definirle “sante donne”! Siamo in una città indefinita del Nord Italia.


INTERVISTA A BRUNO, IL PUNK DI FIGLINE VALDARNO

MARKUS: Ciao Bruno, innanzitutto grazie per l’intervista che mi hai concesso. Come forse saprai, il filmato che ti riguarda fa parte di un cospicuo lotto di interviste fatte in tutta Italia, sull’amore degli italiani negli Anni Settanta. Come vivesti il periodo punk? Dall’intervista parrebbe solamente un fatto di costume più che un modo di vivere…
BRUNO: 
L'idea di vestirci da punk ci venne una sera, a casa di un amico, vedendo il programma "Odeon tutto quanto fa spettacolo" condotto da Minoli, dove fu trasmesso un 
servizio sui punk inglesi. La domenica successiva ci siamo trovati alla discoteca “New Club ‘70” travestiti da punk a modo nostro, con catene come cintura, decine di spille da balia, chiavi inglesi appese al colle e trucco esagerato. Il nostro travestimento è durato circa un mese; ben presto siamo tornati a vestirci in modo quasi normale.

MARKUS: Sapevate dell’arrivo della troupe Rai con Luigi Comencini a Figline Valdarno? Voglio dire…eravate preparati in questo senso o la cosa è avvenuta casualmente?
BRUNO:
Un sabato sera Comencini ed altre tre o quattro persone si fermarono in un hotel a Figline e il caso volle che venissero in discoteca rimanendo sbalorditi da tali personaggi. Ricordo che il titolare della discoteca ci disse che un regista di Roma era interessato a fare delle riprese e se avessimo accettato sarebbe tornato per farle. Dopo circa due mesi (novembre o dicembre 1977) ci avvertirono che domenica sarebbe arrivata la RAI. Per l'occasione ci travestimmo aumentando la dose. Iniziammo le riprese con l'ingresso in moto, ripetuto più volte perché non volevano che impennassi la vespa, ma era più forte di me!

MARKUS: Avete avuto modo di parlare con il regista Luigi Comencini? Che ricordi hai di lui?
BRUNO:
L'intervista avvenne inizialmente fuori della discoteca e rimasi colpito dai ciglioni prominenti del regista, che all'epoca non sapevo chi fosse… l'ho capito dopo molto tempo.

MARKUS: Ricordi altri autori che erano lì a Figline Valdarno con Luigi Comencini?
BRUNO: 
Una volta entrati in discoteca, ricordo una ragazza carina che consigliava ai cameraman chi riprendere mentre ballavamo. Credo fosse sua figlia Cristina, la quale invitò me e Rossella a sederci.

MARKUS: Che tu sappia, come avvenne la decisione di far domande all’uno piuttosto che a un’altro?
BRUNO:
Comencini ci fece decine di domande. Come si nota dal video, un ragazzo venne più volte intervistato (il giorno prima si presentò al nostro gruppo dicendo che gli sarebbe piaciuto partecipare perché era ferrato in materia e noi acconsentimmo, visto che sapevamo poco o niente dei punk). 

MARKUS: Faceste domande a Luigi Comencini?  Non so… per avere informazioni sul programma…
BRUNO:
Una delle poche domande che facemmo a Comencini fu che titolo avrebbe dato al programma e quando sarebbe andato in onda. Lui aveva in mente due titoli: "Come vivono gli italiani" o "L'Italia a occhi aperti"…

MARKUS: Hai delle curiosità da raccontare legate a questo filmato? Su Youtube mi parlavi di una messa in onda in discoteca…
BRUNO:
Per la messa in onda ci disse di sabato sera e che avrebbe avvertito telefonicamente il titolare della discoteca. Così avvenne: ci ritrovammo un sabato sera dopo cena al banco del bar del “New club ‘70” dove era stato allestito un piccolo televisore. Ricordo che subito dopo la visione esclamai: “Già finito? Una giornata di riprese per cinque minuti di trasmissione…" Ignoravo il lavoro che ci potesse essere dietro pochi minuti di trasmissione…

MARKUS: Cosa avvenne dopo la messa in onda? Col tempo ti sei rivisto nelle varie repliche televisive?
BRUNO:
Nel corso degli anni, parlando con amici, più  volte mi sono sentito dire che mi avevano visto in televisione. Un sabato mattina di 8 o 9 anni fa insieme a mia moglie ho rivisto il filmato su RAI3. Avendo da anni un computer ho provato a cercarlo sul web senza risultato, fino a quando mi sono sentito dire "sei su Youtube". Finalmente rividi il filmato, questo però 15-16 mesi fa, poi di colpo è sparito. Ho riprovato più volte senza risultato, fino a ritrovarlo l'altro giorno.

MARKUS: Hai contatti ancora con gli altri (allora ragazzi) intervistati?
BRUNO:
Ogni tanto mi rivedo con Rossella (la tredicenne del filmato), Massimo (il pellettiere) e Paolo (il primo intervistato con occhiali a pois); naturalmente con loro ho avuto più volte modo di commentare il fatto. 

MARKUS: Posso sapere di cosa ti occupi? Lì era un trionfo di pellettieri…
BRUNO:
Negli anni ’70, nel Valdarno, molti giovani trovavano impiego come pellettieri e tornitori io ero uno di questi ultimi.  Ora lavoro in una ditta che produce macchine autonome monospazzola per il lavaggio di grossi mezzi (pullman, camion cisterna, treni ecc.).

Grazie di cuore per aver risposto alle mie domande!


Biografia: “L’amore in Italia” di Luigi Comencini - Mondadori (1979)


APPROFONDIMENTO INSERITO DAL BENEMERITO MARKUS

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commenti (14)

RISULTATI: DI 14
    Il Dandi

    26 Aprile 2010 12:46

    Grandissimo speciale Markus, è stupefacente la tua conoscenza e passione per queste chicche ;)
    Gugly

    26 Aprile 2010 20:23

    Bello...alcuni pezzi mi sembra peraltro di conoscerli già
    Geppo

    27 Aprile 2010 00:14

    Bellissimo approfondimento....
    Markus colpisce ancora!
    Undying

    27 Aprile 2010 00:18

    Un "trattato" markussiano di indubbio interesse: soprattutto per chi apprezza un tipo di cinema (documentario) indimenticabile.
    Non conosco questo film, ma mi metterò alla sua ricerca, incuriosito da questo bell'approfondimento...
    Markus

    27 Aprile 2010 07:35

    Vi ringrazio ragazzi. Se volete, ve lo posso fornire.
    Stefania

    27 Aprile 2010 12:35

    Prezioso e piacevolissimo approfondimento, Markus, che ci aiuta a comprendere "di che cosa parlavano (gli italiani) quando parlavano d'amore", all'epoca! Ma la cosa più interessante è come hai saputo rendere il come ne parlavano, cioè l'estrema diversificazione dei loro linguaggi! Sembra quasi di sentire le loro voci, i loro accenti, il loro lessico personale... complimenti!
    Powerglide

    28 Aprile 2010 14:27

    In effetti non conoscevo questa inchiesta del grande Comencini; ottimo lavoro di Markus nel riproporcela gradevolmente.
    Undying

    28 Aprile 2010 17:54

    [quote=Markus]Vi ringrazio ragazzi. Se volete, ve lo posso fornire.

    Magari se non riesco a trovarlo in altra maniera mi faccio sentire...
    Mi interessa davvero.
    Ciao ;)
    Markus

    28 Aprile 2010 18:02

    Ok Undy!!!
    Ah!! Grazie poweglide, sei sempre molto gentile ;)
    Pigro

    29 Aprile 2010 09:52

    Mooooolto interessante! C'è tutto un filone di inchieste sul sesso (e dintorni) in Italia che sarebbe interessante riesumare. Se non sbaglio ci fu grande attenzione su questo tema a partire dagli anni '60. Ricorderete come in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi (1960) i genitori scoprano che i loro figli stanno insieme guardando un'inchiesta in tv (anche se credo che fosse un'inchiesta sui giovani e non sull'amore). Ad ogni modo, la pietra miliare per intelligenza e profondità dell'impostazione complessiva, per la tipologia di intervistati (da Cesare Musatti e Alberto Moravia ai giocatori del Bologna, passando per contadine calabresi e impiegati piccolo-borghesi sulla spiaggia) e per i risultati talvolta spiazzanti che ottenne, fu il film di Pasolini Comizi d'amore (1964), un vero e proprio "documentario poetico" che invito tutti a recuperare... e commentare sul Davinotti.
    E comunque, Markus, bravo, è molto interessante: sono anche andato a curiosare su YouTube gli spezzoni dell'inchiesta.