il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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339316 commenti | 64157 titoli | 25450 Location | 12650 Volti

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Location Zone

  • Film: Facciamo paradiso (1995)
  • Luogo del film: L'elegante palazzo milanese in cui abitano i Bertelli (Noiret e Clément)
  • Luogo reale: Via Lovanio 5, Milano, Milano
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  • Film: Matrimonio a Parigi (2011)
  • Luogo del film: La scuola di belle arti dove Mirko (Bosi) rivela al padre Lorenzo (Boldi) di essere fidanzato con Na
  • Luogo reale: Parigi: École nationale supérieure des beaux-arts 14 Rue Bonaparte, Francia, Estero
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Silvia Gavarotti

    Silvia Gavarotti

  • Venceslao Dobrzensky

    Venceslao Dobrzensky

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Cotola
Tra i primissimi lavori sulla Shoà, il film dovette essere un durissimo shock già all'epoca quando di certo non si era abituati a pellicole di questo tipo. Ma anche oggi, nonostante l'argomento sia stato più volte affrontato, si mantiene su alti livelli di durezza e crudezza. L'orrore non viene risparmiato agli spettatori e, sebbene a volte non si vada certo per il sottile, la sceneggiatura riesce nell'intento di far capire le dinamiche dei campi di sterminio nazisti. Probabilmente più importante che bello, ma di sicuro un film pienamente riuscito.
Commento di: Daniela
Un agente dell'MI6 sospetta che uno dei suoi colleghi lavori per il nemico e, andando contro gli ordini dei suoi superiori, si mette in testa di indagare per proprio conto... Spionistico guerrafreddistico dalla trama intrigata come andava di moda in quegli anni, senza infamia ma neppure senza lodi dal punto di vista di sceneggiatura, regia e interpretazioni, dato che Peppard ci mette la bella presenza e poco altro, come pure la maliarda Joan Collins. Anche il finale amaro rientra nelle convenzioni del genere, per cui il film si fa vedere ma difficilmente resterà impresso.
Commento di: Noodles
Parodia assolutamente degna di nota del modo di vivere l'essere comunista più che del comunismo in sé. Maurizio Liverani (inspiegabile la sua parabola discendente con il successivo Il solco di pesca) sceglie la via del grottesco e dimostra di avere mani sapienti nel gestire il genere. Il film non ha vera trama ma è formato da una serie di bozzetti surreali, alcuni pressoché privi di senso, che bene si prestano all'intento del regista. Helmut Berger ottimo in un ruolo abbastanza diverso dal solito, spassosissimo Benedetti, splendida Margaret Lee. Imperdibile, ma non per tutti.
Commento di: Enzus79
Tratto dall'omonimo romanzo di Philip Roth. Professore ebreo viene sospeso ingiustamente per false ingiurie razziste: da qui la sua vita cambierà fra nuovi amori e amicizie. Film che può essere analizzato sia in modo introspettivo che sociale. Forse si fa uso di troppi flashback. Manca di quel cinismo che caratterizza il libro. Cast convincente. Poco apprezzabile la colonna sonora.
Commento di: Pigro
La storia vera dell’obiettore di coscienza austriaco in epoca nazista lascia in secondo piano il senso religioso per offrire uno sguardo laico-umanistico capace di diventare paradigma per ogni luogo e guerra. Ma i momenti forti (con crescendo da un avvio cartolinoso, complice l’ambiente alpino, a un’evoluzione più profonda) sono annegati in tanto compiacimento per un (lunghissimo!) film più estetico che storico e politico. La lingua inglese diventa tedesca nelle liti o nelle scenette di contorno, con un’idea irritante di zotico-esotico: perché?
Commento di: Apoffaldin
1936. Un ufficiale giapponese preferisce suicidarsi piuttosto che tradire i commilitoni. La moglie lo segue. Prima messa in scena del suicidio rituale (seppuku) da parte di Mishima. Due anni dopo ripeterà quella che si stava trasformando in ossessione in una scena di Tenchu. Nel novembre del 1970 lo trasformerà in realtà. Opera eccessivamente e inevitabilmente estetizzante si avvale però di un pregevole bianco e nero sottolineato dalla fotografia di Watanabe. Brava anche l'ossimorica Tsuruoka nel ruolo della moglie: imperturbabilmente intensa. Buono.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

L'incipit ci mostra la "star" Gina Holden spinta giù da un alto dirupo a picco sul mare. Il suo killer guarda in basso per sincerarsi che sia morta, ma non la vede. Cosa mai dovremmo concludere? Chissà... Intanto si torna subito a due settimane prima, con la Holden nei panni di mamma Michelle. Marito morto da dieci anni, ha cresciuto la figlioletta Blake (Reyna) da sola e adesso che è al liceo se la coccola felice. Ragazza con la testa sulle spalle e la passione per il canto, Blake. Il suo boyfriend Mason (Summerall) le ripete che ha una voce meravigliosa e, fattosi...Leggi tutto spedire sul telefonino un video di lei che canta chitarra alla mano, lo posta sui social facendole ottenere subito uno strepitoso successo di like, reaction eccetera. Al punto che una manager musicale (Russell) la contatta immediatamente e nel giro di poche ore la porta in studio a provare.

Tutti ai piedi di Blake, tutti a dirle quanto sei brava, facciamoci un selfie, vieni con noi... La ragazza si monta un po' la testa, ignora i sani consigli di mammà e comincia a frequentare D.C. (Schwartz), un cantante già celebre che comincia a far duetti con lei e le propone di incidere per la sua etichetta. Non solo: la invita per tre giorni su di un'isola dove ha una grande villa nella quale tra palme e piscina stazionano molte altre belle figliole. Con quali vere intenzioni? La mamma e Mason son preoccupatissimi, anche perché Blake se n'è partita senza dir niente a nessuno...

Thriller per modo di dire, il film punta tutto sulla figura della ragazzina ingenua che entra in un gioco più grande di lei. Alle sue spalle la figura della madre in gamba e preoccupata cui per forza toccherà il compito di ricondurre la figlia sulla retta via, magari aiutata dal buon Mason, seriamente innamorato della dolce coetanea e che si vede cortesemente respingere non appena Blake comincia a sognare in grande. A margine il giovane Rhett (O'Halloran), che raccoglie Michelle sulla spiaggia dopo il volo dal dirupo (andiamo, chi poteva credere che fosse morta davvero?), e l'inutile figura della collega incinta (Mitchell), inserita giusto per allargare un po' il parco attori.

La tensione è ai minimi termini, a dire il vero, ma in qualche modo la storia si segue e - al netto di qualche performance canora di troppo (d'altronde l'attrice è nota su web come singer col nome d'arte di Mozart Dee) - la Reyna si rende piuttosto credibile come liceale sperduta e sognatrice. Certo il finale non è esattamente dei più travolgenti e tira avanti per inerzia, ma se le aspettative sono basse - come quasi sempre con questi tv-movie statunitensi preconfezionati - ci si può quasi accontentare. Il ritmo è buono, la storia procede senza intoppi. Certo lasciano interdetti personaggi come la manager, che tratta sgradevolmente Michelle come una “mamma stalker” prendendola pure in giro appena la poveretta cerca di capire legittimamente dove sia finita sua figlia.

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Un tema profondo e importante come la solitudine viene affrontato da Andrew Haigh (che l'ha sceneggiato partendo dal romanzo omonimo di Taichi Yamada) mescolato ad altri: l'omosessualità, il ricordo del passato, il rapporto difficile con un mondo che tende a spingerti ai margini... Il centro di tutto, il punto di vista unico, è Adam (Scott), che vive in un appartamento all'interno di un grattacielo a nord di Londra ancora pressoché disabitato. L'unico altro inquilino con cui viene in contatto è Harry (Mescal), che una sera si fa trovare alla porta del...Leggi tutto suo appartamento esplicitando senza mezzi termini le proprie preferenze (omo)sessuali; d'altra parte anche Adam è gay (o "queer", come preferisce definirsi Harry) e l'intesa esiste. Non immediata tuttavia: Adam inizialmente respinge Harry per rituffarsi nella propria malinconia.

In cerca di ispirazione (lavora come sceneggiatore per cinema e tv), il protagonista torna nella casa dei suoi genitori, morti in un incidente d'auto quando aveva dodici anni, e sorprendentemente ve li ritrova all'interno. Giovani come li può ricordare lui, lo accolgono felici e conversano fino a toccare, durante una delle ripetute visite, anche il tema dell'omosessualità del figlio, che fa coming out alla madre (Foy) lasciandola interdetta ma facendole capire quanto i tempi siano cambiati, quanto esista oggi una visione meno ristretta e ghettizzante per chi ha gusti sessuali diversi.

Nel frattempo a Londra la relazione con Harry si è evoluta e i due si incontrano regolarmente, fanno sesso fino a quando Adam invita l'amico ad accompagnarlo dai genitori, scoprendo quando suona alla porta che quelli non sembrano più essere in casa. Harry non se ne stupisce, ma attraverso i vetri pare intravederli pure lui.

Sospeso in una terra di mezzo posta tra il reale e l'onirico ma privo di espedienti che visivamente in tal modo lo connotino, il film lavora in questa direzione più attraverso musiche di matrice "ambient" che collegano le scene utilizzando suoni quasi monotonali. Dialoghi ragionati e lunghi silenzi mostrano l'importanza che alcuni concetti rivestono all'interno della storia mentre minuto dopo minuto Adam (e noi con lui) sembra sempre più sprofondare in un'avventura surreale a cui fanno da contraltare scambi verbali improntati al contrario a uno stringente realismo. L'ottima prova di Andrew Scott, che comunica un costante senso di spaesamento, inadeguatezza, indecisione, sbigottimento, è sicuramente da annoverare tra i punti di forza di un'opera che comunque propone un approccio maturo e autoriale (lungaggini comprese, con innesti talvolta soporiferi) e si avvia verso una soluzione che richiama alla mente altre produzioni magari meno ricercate e mature ma che seppero giocare con successo con entità di natura apparentemente inspiegabile.

Evidente lo sforzo d'immergere l'intera vicenda in un clima indecifrabile, confortato da belle scelte d'ambiente (l'appartamento moderno e quasi sempre al buio di Adam) e da canzoni "queers" di ottima qualità: Housemartins, Pet Shop Boys e il capolavoro dei Frankie Goes to Hollywood "The Power of Love" ("Keep the Vampires From Your Door", la frase chiave nel testo) come brano dominante a chiudere poeticamente. Intimista nella più profonda accezione del termine, delicato, a tratti sorprendente, per quanto sconti una certa piattezza e qualche intermezzo interlocutorio non necessario negli incontri tra i due uomini. Finale da interpretare.

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Se si arriva al sesto capitolo significa che la formula a più d’uno continua a piacere; bisogna prenderne atto, anche se non è facile trovarvi evidenti qualità al di là della bellezza delle location trentine, che continuano a mostrarsi nel loro splendore riprese spesso dall’alto nel modo migliore (soprattutto quando si inquadra il ristorante sul lago di Eduardino e Gina). Il cast è pressoché invariato, al punto che sembra di aver a che fare con una serie, piuttosto che con un ciclo di film. I personaggi ormai li conosciamo e Don Donato (Salvi)...Leggi tutto indossa gli abiti talari senza quasi più far caso al proprio passato, che semmai ritorna in qualche timida volgarità (restando comunque nell’ambito del film per famiglie) e nell’inevitabile attrazione per l’altro sesso.

In questo caso a smuovere le acque in paese è l’arrivo di una troupe cinematografica, lì per girare un film dell’orrore. Il regista è Rocco Siffredi che, nella parte di se stesso, abbandona temporaneamente il cinema hard per cui è conosciuto anche lassù per mettersi dietro alla macchina da presa di un film con tanto di zombi d’ordinanza (truccati malissimo, ma era prevedibile). Accolto in piazza da donne con maglietta che sottolinea attraverso un semplice numero le dimensioni del suo “ferro del mestiere”, si mostra subito deciso a dirigere con grande impegno il “film nel film”, per il quale dovrà reclutare le comparse locali. Tra tutti chi più sogna di sfondare nella settima arte è Eduardino/Milano (in un suo sogno a occhi aperti lo si vede acclamato tra donne che esibiscono una maglia con su scritto “Eduardino 11”, lasciando a chi lo capisce il facile doppiosenso), molto più interessato al cinema che a sua moglie Gina (Stafida, tra gli autori di soggetto e sceneggiatura). Lei, nella speranza di eccitarlo, compra online un po’ di intimo “hot”, ma a quanto pare non basta.

Nel cast dell’horror di Siffredi, intanto, c’è pure un’avvenente ex amica (Mrázová) di Don Donato che, rifattasi da cima a fondo, è ora assai più attraente e scatenerà le voglie sopite del falso prete. Lo zio vescovo (Mattioli) è invece più in ombra del consueto, poco incisivo e stanco, a conferma di un capitolo decisamente fiacco in cui emergono tutti i difetti di una formula ormai stantia e troppo uguale a se stessa. La coppia composta da lei influencer (Murgia) e lui suo manager (Dianetti) non funziona quasi mai: tirar fuori nuove battute dalle situazioni è un po’ come cavar sangue dalle rape e in definitiva praticamente ci si rinuncia. Ci si limita a far procedere la storia (che prevede pure il rapimento di Don Donato) fino a raggiungere faticosamente un finale “thriller” che supera di molto l’improbabile (senza che nessuno fornisca uno straccio di movente alle azioni dei responsabili). La brillantezza che si poteva in un certo qual modo riscontrare nei primi episodi è purtroppo ampiamente tramontata: Salvi gridacchia a vuoto, Mattioli ben poco lo assiste, Milano fa il bambinone… Lascia piuttosto basiti il balletto finale in una viuzza a beneficio della Murgia. Si spera che se proprio si deve continuare ci si sforzi a rinverdire il parco gag...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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