Robert frequenta un college per buone famiglie e sfoga una certa asocialità nutrendosi di youtube e filmando quello che capita, compresa la morte per overdose di due sorelle di ottima famiglia. Gli viene chiesto di realizzare un video commemorativo e lui lo fa con sano realismo, il rettore ovviamente non gradisce. Un film sull'alienazione dei giovani, con un po' di cinismo alla Haneke e qualche pretesa autoriale che allenta il ritmo. Riuscito a metà ma una seconda chance per Campos sarebbe auspicabile.
Non bastano silenzi, tempi esageratamenti lunghi ed un tema impegnativo a fare di un film un film di denuncia. Eppure l'intenzione registica sembra proprio quella di apparire, di firmare un'opera d'autore passando sopra ad ogni cosa, anche ai buoni propositi dell'idea di fondo. Tanta noia per un film davvero inconsistante e fastidioso.
Mai come in un film come questo si vede quanto certe esagerate ambizioni possano danneggiare un ottimo lavoro. Il film, ripulito dei fastidiosi orpelli stilistici che infarciscono ogni inquadratura, è un crudo e amaro apologo sociale non privo di una certa sottigliezza psicologica e dove l'inquietudine di personaggi e situazioni si tocca con mano. Peccato alcune insistite scelte visive "d'autore" (a partire da certi campi lunghi con le teste degli attori grossolanamente tagliate fuori dall'inquadratura) possano parzialmente inficiare questo lavoro.
Tra tutte le cose che mi sono venute in mente guardando questo film una è sicuramente Gus Van Sant. Per certi versi sembra proprio un suo film visto i continui rallentamenti/silenzi e l'ambientazione scolastica che ricorda il vuoto esistenziale di Elephant. Il regista ci vuole spiegare, a modo suo, quelle che sono le difficoltà delle nuove generazioni, schiacciate dall'apparenza e dalla finzione. Dall'evasione attraverso la droga alla sessualità derivata dal porno on-line. Ma i tempi non sembrano essere quelli giusti.
Come impostazione generale m’ha ricordato Elephant, però si distacca da quest’ultimo per una certa incompiutezza di fondo. In certi momenti, se non per seguire una certa vena autoriale, non si capisce bene dove voglia andare a parare. Il messaggio etico/sociale è abbastanza chiaro ma non lo è il plot sul quale si snoda il racconto (la sceneggiatura non è ben definita). Tantissime inquadrature fuori dall’ordinario, con gli adulti quasi sempre tagliati, sghembi, sfumati o sullo sfondo. Tutto è molto asettico e ordinato. Poco fluido e abbozzato.
Nel liceo fighetto i ragazzi galleggiano in un clima alienato, filtrato dall’ossessiva ripresa video di ciò che li circonda, tra seghe davanti al porno on line e droga mortale, mentre un baratro li separa dagli adulti. Tema interessante, ma la conduzione (con lunghe mute inquadrature fisse alla Haneke) sembra più strizzare l’occhio ai festival cool che impegnarsi ad approfondire il discorso: tutto sembra artefatto e pretestuoso: quello che ci immaginiamo sia la vita di un adolescente, non quella che è veramente. Ambizioso e superficiale.
Siamo in un tipico college frequentato da viziatelli americani, dove tra dipendenza da video online e spaccio di droghe assortite si consuma la tragica fine di due studentesse. Un ambiente schizofrenico che non prende atto della realtà e si rifugia in comportamenti stereotipati. Il continuo alternarsi tra camera fissa e mobile (da video amatoriale), invece che rappresentare una scelta stilistica finisce per confondere e annoiare. I tempi morti ingiustificabili ricordano vagamente Gus Van Sant, ma senza lo stessi spessore e la stessa coerenza costruttiva.
MEMORABILE: L'assenza di emozioni dai volti degli studenti.
Da un regista giovanissimo un film sul mondo dei giovani, nello specifico sui liceali di una scuola esclusiva americana. Lo stile da film indipendente non può che ricordare inevitabilmente Van Sant o Haneke; alla stessa maniera, a tratti risulta un po' troppo insistito e "hipster", con le solite inquadrature sghimbesce, i lunghi silenzi, la staticità dell'insieme, l'uso di cellulari e videocamere amatoriali per filmare alcune scene, il montaggio "artsy". Il messaggio passa comunque e a tratti è forte, ma sembra fatto su misura per il Sundance.
In un college d'élite, le due ragazze più popolari muoiono a seguito dell'ingestione di droga mescolata con veleno per topi. La direzione decide di far realizzare un video commemorativo proprio al ragazzo che per primo le ha trovate riverse sul pavimento ... La scuola come terreno di coltura del disagio e la registrazione/fruizione video come strumento privilegiato di rapporto con gli altri sono i temi principali di questo lungometraggio d'esordio che ricorda per molti versi il cinema di Haneke senza possederne il rigore formale né l'intriseca necessità. Ambizioso ma irrisolto.
MEMORABILE: Il direttore: "E' colpa di tutti", un modo per dire che la colpa è di nessuno.
Addison Timlin HA RECITATO ANCHE IN...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneZender • 6/08/14 07:49 Capo scrivano - 48448 interventi
Herrkinski, nel tuo commento parli di montaggio "artsy" che come termine vedo solo collegato a una borsa particolare di marca in vendita. Non è che volevi scrivere "arty"?
In realtà è la stessa cosa, arty o artsy, personalmente trovo più corretto o semplicemente più comune artsy. Il dizionario inglese lo definisce così:
"having an ostentatious or affected interest in or desire to imitate artists or artistic standards"
In italiano è più semplicemente tradotto in "con pretese artistiche", anche se trovo che il termine inglese rappresenti meglio il concetto.
In pratica è quando un artista (o uno che si crede tale) ostenta un determinato stile visivo per cercare di apparire a tutti i costi sofisticato e/o intellettuale.