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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Cervellotica opera metacinematografica che racconta nello stesso momento un dramma immaginario (“Asteroid City”, a colori e in formato panoramico) e la messa in scena dello stesso all'interno di una trasmissione televisiva, descritta attraverso un narratore (Cranston), un autore seduto di fronte alla sua macchina da scrivere (Norton) e una lunga serie di agganci tra i due diversi piani che non cesserà fino alle ultime scene.

La resa del dramma (che diventa film) si avvale di un'incredibile fotografia dai colori pastello destinata a caratterizzarlo più di ogni altra cosa e conta un'unica location: Asteroid City, per l'appunto, un minuscolo villaggio perso...Leggi tutto nel deserto americano e noto perché ospita un cratere all'interno del quale è conservato l'asteroide che dovrebbe averlo provocato migliaia di anni prima. Siamo nel 1955 e lì fa sosta Augie Steenback (Schwartzman) insieme ai quattro figli, ai quali confesserà che la loro madre è morta dopo lunga malattia mostrando il contenitore con le di lei ceneri. Sul posto verranno raggiunti dal nonno (Hanks) mentre noi cominciamo a conoscere gli altri personaggi: un'avvenente attrice (Johansson), il proprietario dell'unico snack bar (Carell, che ha sostituito il fin lì immancabile Bill Murray, ammalatosi di Covid prima delle riprese), il meccanico (Dillon) e molti altri che troveranno il loro spazio all'interno di una vicenda raccontata col consueto stile distaccato da Anderson, che azzecca indubbiamente qualche buon momento ma nel complesso si lascia trascinare da una narrazione macchinosa (nei continui rimpalli tra finzione e “realtà”) senza che ad Asteroid City ci si riesca ad affezionare a nessuno. O forse solo al simpatico alieno che scende da una splendida astronave low-tech per raccogliere - dal fondo del cratere dove tutti stanno in quel momento – il meteorite e portarselo via.

Un incontro ravvicinato del tutto inatteso che costringerà i militari a mettere il luogo in quarantena bloccando lì chi già vi si trova. Avranno così modo di conoscersi meglio, i protagonisti, mentre chi guarda resterà comunque inevitabilmente molto più rapito dai movimenti di macchina, dalle invenzioni registiche, le inquadrature rigidissime che collocano in ogni caso l'opera di Anderson (come quasi sempre) a un livello tecnico superiore affascinando per la complessità con cui vengono costruite. Se a questo si unisce la magnificenza di scenari che sembrano uscire da un cartoon conservando tuttavia intatta una tridimensione lodevole, illuminati attraverso una ricerca cromatica unica, si può capire come il film resti per molti motivi una gioia per gli occhi. Con tutti i limiti di un cinema che difficilmente riuscirà mai a convincere appieno e di rado si presta a una prima lettura in grado di risultare godibile, Anderson prosegue nell'esplorazione di un mondo che vive all'interno di processi mentali chiari prima di tutto a lui e che comunicare al pubblico non è mai troppo immediato. Coglierli può dare soddisfazione e la sensazione di appagamento di chi ha individuato la chiave giusta per aprire uno scrigno magico, ma il film continua a funzionare solo a tratti, a livello epidermico e senza mai entusiasmare.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 12/07/23 DAL BENEMERITO HERRKINSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 1/11/23
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Herrkinski 12/07/23 15:36 - 8145 commenti

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Anderson pare seguire anche stavolta il proprio stile senza preoccuparsi di ripetersi o di sembrare ridondante; è probabile che non cambierà quindi l'opinione di chi lo amava prima e nemmeno quella di chi non lo ha mai digerito. L'estetica è naturalmente curatissima, con una fotografia dai colori pastello straniante e scenografie che sembrano uscite da un cartone animato; cast con tante star, alcune anche in ruoli di poco rilievo e nessuna che svetti particolarmente, a fronte di una delle solite non-trame fatte di microsegmenti senza capo né coda. Noia pura, pur ben infiocchettata.

Magerehein 24/07/23 10:25 - 1006 commenti

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C'è un momento del film in cui Schwartzman confessa a Brody di non capire l'opera che sta recitando; un pensiero in cui, onestamente, viene purtroppo facile immedesimarsi. La confezione, come d'abitudine per i film di Anderson, è molto piacevole, il cast monumentale (ma perché riunire tutti quei volti noti per fargli fare spesso e volentieri le comparse?), ma è la storia che risulta verbosa e povera d'interesse, trattandosi pressappoco di una serie di dialoghi slegati messi in fila. L'espediente dello spettacolo teatrale, con relative pause, non aiuta. Curato ma fine a sé stesso.

Paulaster 24/07/23 18:01 - 4445 commenti

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Una cittadina dove l’attrazione è un cratere è il soggetto per una pièce. Anderson, al solito, cattura l’attenzione con la fotografia pastello e precisi movimenti di mdp, ma dimostra poca fantasia nello split screen e con l’uso abbondante del digitale. All’inizio scopiazza Leone e poi si perde in siparietti tra divagazioni spaziali e cinismo. Il deserto e l’apocalisse atomica rendono il quadro pessimista e l’alieno solitario ricorda lo stile di Tim Burton. La Johannson emerge rispetto al numeroso cast.
MEMORABILE: Le ceneri nel tupperware; Il distributore di terreni; La canzoncina country.

Xamini 7/10/23 16:39 - 1255 commenti

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La precisione parossistica di Anderson raggiunge qui un acuto, a fronte di una tecnica che migliora ancora, se possibile. Estetica pastello, inquadrature al millimetro, movimenti precisi e una voglia di osare nel gioco del posizionamento degli elementi in scena. Il suo linguaggio quasi asfissiante è anche il codice del registro comico, accennato ma talora delizioso. Carente, come al solito, sul fronte empatico: si fatica a "entrare" nel racconto e è praticamente impossibile la sovrapposizione con uno dei personaggi. Un curioso miscuglio tra meraviglia estetica, sorrisi e noia.
MEMORABILE: Lo sguardo dell' alieno; Cranston entra in scena per sbaglio; Il dialogo Schwartzman-Robbie.

Blutarsky 11/10/23 19:14 - 360 commenti

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Ci si inizia a chiedere se per l'Anderson regista esiste ancora un equilibrio fra forma e sostanza, se ormai il suo stile sia puro manierismo, se l'emozione debba essere sottomessa alla dittatura della messa in scena. La sua visione filmica di per sé artificiosa finisce per rendere sfocato l'esercizio di metanarrazione messo in piedi, il sovrabbondante cast non aiuta e ingarbuglia ulteriormente una narrazione fin troppo frammentaria e sfuggente. La messa in scena affascina, ma sono i particolari, i singoli momenti a volte genialmente brillanti, a restituirci la pura poetica andersoniana.

124c 25/10/23 19:47 - 2925 commenti

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Stravaganza di Wes Anderson, fra concorsi di giovani scienziati, cittadine americane che non ci sono perché costruite come set teatrali, simpatici alieni che atterranno da noi per prendersi le meteore, quarantene militari e personaggi che si incrociano fra loro e che sembrano recitare in maniera assai distaccata, quasi come robot. Per quanto sia un film che non carbura mai, i set coi colori pastello (siamo negli anni '50) sono ben costruiti, il cast di star è davvero nutrito (fra i tanti ad emergere sono la Johansson e Schwartzmann). Vedibile, ma ci si annoia.

Caesars 8/11/23 08:03 - 3803 commenti

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Ok: la tecnica di Anderson è perfetta e la composizione delle immagini, con quei colori pastello così particolari e personali, fa rimanere a bocca aperta per la meraviglia. Ma poi? Dietro un film sarebbe meglio che ci fosse una storia, cosa della quale qui non c'è (quasi) traccia. Allora lo spettatore si sente preso in giro e può essere ulteriormente indispettito proprio perché formalmente è davanti a un lavoro stupefacente, ma del quale è arduo trovare il significato (nel caso ci fosse). Il regista in passato aveva usato le sue armi per incantare, qui stupisce ma fa solo questo.

Pigro 27/12/23 15:59 - 9692 commenti

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Un film su una trasmissione tv su uno spettacolo teatrale sul passaggio di extraterrestri durante un raduno di mini-scienziati nel deserto americano degli anni 50. Plot sfizioso, fotografia pastellata suggestiva, scenografia curatissima e un po’ cartoon, regia che ti fa sempre dire "oh" a ogni inquadratura o carrellata laterale, discorsi metateatrali profondi, situazioni da sguardo disincantato su una società effimera. Tutto wow, ma l’esito è pesante: un film noioso, saccente, presuntuoso, tanto rifinito quanto vuoto e manierista. Inaffrontabile.

Il ferrini 9/02/24 05:16 - 2368 commenti

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Non è un caso che la storia inizi e si concluda con un road runnner, perché il deserto è lo stesso e come per Wile E. Coyote il peggior nemico dei protagonisti è la gravità. A farne le spese sono tutti ma soprattutto i bambini, le loro buffe invenzioni ma anche le paure, tutte risucchiate implacabilmente dal cratere al centro della scena o da un padre che gli ruba la fantasia. Il messaggio è chiaro e in un momento del film viene urlato da tutti insieme: "Non ci si può risvegliare se prima non si va a dormire". C'è bisogno di sognare e Wes lo ripete da tempo. Scarlett bellissima.

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