Tratto dal romanzo “Hell house” del celebre Richard Matheson, THE LEGEND OF HELL HOUSE è un horror di fantasmi che vorrebbe in qualche modo trasportare su colore le magiche atmosfere de GLI INVASATI, il capolavoro di Robert Wise. Inutile dire che l'esperimento fallisce miseramente e DOPO LA VITA si rivela un horror lentissimo, dominato da una fotografia slavata e da attori che (soprattutto sul versante femminile) fanno di tutto per rendersi insopportabili con dialoghi tecnico-medianici noiosissimi o atroci grida di giovani donne. E’ la solita storia della casa infestata dal fantasma del suo ex inquilino sadico, perverso,...Leggi tutto cannibale e chi più ne ha più ne metta (ma dietro a un carattere simile si nasconde un segreto), il quale si diverte a molestare i suoi ospiti (in questo caso due uomini e due donne) con i prevedibili lanci di lampadari, piatti eccetera. Nonostante la buona volontà nelle intenzioni (e un tentativo di affrontare la cosa il più scientificamente possibile), il regista John Hough non sa migliorare la già poco brillante sceneggiatura di Matheson e finisce spesso col cadere nel ridicolo involontario. Gli effetti speciali sono di bassa lega, così come quelli sonori non possono essere certo competere con quelli che resero straordinario GLI INVASATI. Insomma, un horror inutile, scialbo, piatto, incapace di coinvolgere né tantomeno di suscitare suspense o paura. Inutili anche le didascalie che segnalano ogni cinque-sei minuti l'ora e il giorno precisi come se fosse un particolare fondamentale, nel racconto. Ogni azione è diluita in tempi lunghissimi; non certo per un vezzo autoriale, per fortuna.
Tacciando subito il film d'una certa lentezza narrativa, gli va comunque riconosciuto un fascino particolare: quel fascino che sprigiona ogni pellicola derivata dagli scritti di Richard Matheson. Quasi un remake del più celebre Gli Invasati, è a sua volta seguito, sul finire degli anni '90, dal vero rifacimento del film di Robert Wise: The Haunting (più ricco di effetti speciali ma meno riuscito). Qua si può apprezzare un giovane Roddy McDowall (in seguito celebre Peter Vincent in Ammazzavampiri) ed una serie di atmosfere inquietanti e ben costruite (lo splendido finale). Da vedere.
Ottima riduzione cinematografica (seconda solo a Gli invasati di Wise) del terrificante capolavoro letterario di Matheson di cui la pellicola riesce a ricreare quasi perfettamente le atmosfere dando vita ad una tensione davvero notevole che si può tagliare col coltello. Merito di una regia sobria che sceglie, giustamente, di rinunciare ad inutili e puerili effetti speciali. Visto nelle giuste condizioni (magari da soli e di notte) provoca qualche spavento. In ogni caso un bel film che chi ama le ghost stories non deve lasciarsi sfuggire.
Un piccolo gioiellino del macabro. L'atmosfera di Villa Inferno (la vera protagonista della pellicola) si respira in tutta la sua inquietudine. Clive Revill interpreta degnamente uno scettico fisico, Mc Dowall dà il meglio di sè nel finale, brava anche la matura Gayle Hunnicut. Il finale presenta un bel colpo di scena. Da citare le scene nella cappella, la trasformazione della Hunnicut. Consigliato.
MEMORABILE: La Hunnicut va da Mc Dowall per una "chiaccherata".
Se non fosse per il finale che troppo rivela (riconducendo i fenomeni a una causa psicologica del passato) sarebbe superiore al più celebrato Gli invasati. Ottimo l'inizio, bruciante e senza fronzoli, capace di immergere da subito lo spettatore in un'aura oppressiva e maligna (grazie anche al borborigma della colonna sonora) senza concedere nulla all'effettistica più triviale. Bravissimi i protagonisti, fra cui spicca la Franklin, ognuno latore di un preciso volto dell'animo umano.
Soporifero film sui fantasmi che ha dalla sua solo l'atmosfera e l'ambientazione, mentre per il resto si naviga nel mediocre spinto. La lentezza non è sempre un difetto, anzi: non è il caso di questo film. Attori legnosi e dialoghi insulsi completano il già non esaltante quadro. Non basta una sceneggiatura di un grande scrittore (Richard Matheson) per fare un buon film.
Sceneggiato da Matheson - a partire da "Hell House" suo romanzo minore che mutua la struttura narrativa da "The Haunting of Hill House" di Shirley Jackson, cui dobbiamo Gli Invasati di Wise – il film rileva l'insorgere di fenomeni paranormali in condizioni di sessualità repressa (quadri e statue lussuriose, la chiesa adiacente...), suggerendo un'osmosi tra possessione spiritica e schizofrenia. Ritagliato da Hough in inquadrature sghembe e virtuose, il film ha un andamento liturgico, austero e affascinante (anche un pò ridicolo...). La sconnessa conclusione però non è all'altezza delle premesse.
Niente male questa ghost-story vecchio stampo; il tema della casa infestata, in questo caso tratto dal bel romanzo di Matheson, è ben sviluppato, seppur con qualche lentezza di troppo. A sopperire a una certa mancanza di ritmo è la presenza di un buon cast e di effetti speciali all'altezza (seppur molto limitati), nonchè una notevole atmosfera; la regia è sobria e solida, priva di virtuosismi ma non per questo minimale. Nel complesso, un horror vecchio stile per nulla disprezzabile, che riesce a regalare ancora qualche spavento.
Forse l'hauting movie più plumbeo e uggioso mai girato, immerso in una coltre di nebbia mortifera e asfissiante. Villa Inferno è ricettacolo di orrori, perversioni, visioni lussuriose, macabri orpelli e innominabili patti con il demonio. Sedute spiritiche, la Hunnicutt lasciva e vogliosa, cadaveri putrefatti, stanze dai drappi baviani, gatti neri, blasfemi cristi in croce, fino ad un finale terrifico e delirante fatto di folli amputazioni e gigantesche croci. Ispiratissima la regia chirurgica di Houhg, sulfurea l'atmosfera. Piccolo gioiello.
MEMORABILE: La Hunnicutt in preda di incubi erotici: "A farlo come dei maiali"; La Hunnicutt che carezza lascivamente i seni della statua; Le gambe amputate.
Ottima "ghost-story" diretta con solido mestiere da John Hough, a cui bisogna riconoscere un'abilità fuori dal comune nella creazione di atmosfere cupe e malsane, che non fanno altro che alimentare nello spettatore la curiosità verso i misfatti compiuti dal "genio del male" Emeric Belasco (Michael Gough in un gustosissimo cameo). La (quasi) totale assenza di effetti speciali non fa che accrescere la mia ammirazione verso questo semi-sconosciuto gioiellino di grande finezza, che trovo di parecchie spanne superiore a Gli invasati.
Lento e ripetitivo. Gli esterni della casa sono belli, ma sempre inquadrati di giorno con la nebbia, come gli interni sempre illuminati nello stesso modo. Non male comunque il film, si respira un atmosfera sadica e perversa (anche se contenuta, ma siamo in Inghilterra nel 1973): la giovane ragazza mostra i segni di quello che era il sadico abitatore della casa, da cui è ancora infestata. Ci sono inquadrature originali e atmosfere gotiche classiche, che sollevano la pellicola rendendola molto britannica. Il finale poteva essere risolto meglio.
Bellissimi colori, bellissimi interni, una location da brividi sfruttata come accade in tanti film di genere perlopiù in interni e una storia priva di tempi, di silenzi. Un film claustrofobico troppo parlato, ripetitivo, a tratti stancante, ma chi ama il genere troverà certamente luce per i propri occhi, soprattutto negli interni di Villa Inferno. Un montaggio più "diluito" gli avrebbe certamente giovato. Sconnesso, interessante, non del tutto riuscito.
Uno scienziato con moglie al seguito e due medium sono incaricati di determinare chi/cosa infesti la famigerata Villa Inferno, già teatro di tragichi eventi... Horror vecchio stile con più di un punto in contatto con uno dei capolavori del genere, conserva un certo fascino vintage ma, a differenza del film di Wise, appare anche piuttosto datato, con un epilogo fiacco ed interpretazioni non molto convincenti. Le cose migliori sono da rintracciare, più che negli spaventi di routine, in certi passaggi di morbosa sensualità.
Come quasi tutti i lavori di Hough ha la caratteristica d'essere "abitato" da un'atmosfera tendenzialmente truce, che vira tuttavia inesorabilmente verso il miserando sordido. Una sorta di vocazione alla sciatteria gotica che possiede un suo misterico fascino, ma che cinematograficamente è povera cosa. Qui di buono c'è la presentazione dei personaggi (ben caratterizzati dalla penna di Matheson): lo scettico Revill, una Hunnicut bel boccone d'invasata, lo spiritato McDowell riluttante a ogni avances e quel cerbiatto della Franklin, ma tutto sa di sughero.
Eccellente cantore di atmosfere gotiche, Hughes sostiene l'intero film a colpi di inquadrature tensivamente azzeccate e gelide ventate invernali e funeree. Il resto non eccelle: la sceneggiatura fatica a sviluppare degnamente il pur interessante soggetto, cadendo in imbarazzanti scene di seduzione demoniaca e approcciandosi rozzamente alle manifestazioni del paranormale e ai metodi scientifici per combatterlo (la macchina acchiappapresenze: un marchingegno da mad-doctor che ricorda un enorme deumidificatore). Attrici meglio degli attori.
Un film meraviglioso, dove la spiccata raffinatezza visionaria si amalgama perfettamente alla fanatica morbosità narrativa. Villa Inferno è la terrificante dimora per eccellenza, adornata da fastosi arredamenti, soggiogata da memorie lugubri e fatiscenti e nutrita dalla psiche instabile dei suoi inquilini. Emerge fra tutti Pamela Franklin, caratterizzata da una grazia fanciullesca indimenticabile.
Ghost story che sciorina tutto il repertorio al completo: case infestate, medium, scienziati scettici, oggetti che volano, porte che sbattono, spiriti malefici, gatti neri posseduti. In più ci si aggiungono, settantianamente, turbe e perversioni sessuali (il fantasma che si fa la medium non l'avevo mai visto o la dottoressa ingrifata), blasfemia anticristiana, morti truculente. Insomma, il piatto è bello carico, anche troppo, un filo datato ma comunque godibile. Attori legnosi, in particolare McDowell, bella la Hunnicutt.
MEMORABILE: La casa con le nebbie vista da fuori; La cappella demoniaca; La tipa schiacciata dal crocifisso.
Persino superiore al celebre Gli invasati, al quale viene inevitabilmente accostato, sebbene la sceneggiatura di Richard Matheson sia basata su un suo stesso romanzo. Al tradizionale repertorio sulle case infestate, si aggiunge una componente morbosa piuttosto marcata (il mutare dei tempi lo consentiva), anche se l'erotismo viene più suggerito che mostrato. Alla fine non succede poi molto, ma abbiamo un'ambientazione e un'atmosfera suggestive, una regia efficace e buone interpretazioni, in particolare le due donne.
Horror molto interessante, soprattutto perché contrappone chi crede negli spiriti e chi no (per dirla in parole povere) attraverso una sceneggiatura che ricorre comunque anche a effetti e momenti già visti ma proposti nella giusta maniera. Regia curata, con tanta attenzione per i dettagli, le scenografie e la fotografia. Ci sono due o tre scene di sicuro effetto, una tensione palpabile e un finale che non delude. Cast in parte, soprattutto il grande McDowall.
Interessante horror paranormale: da un lato il dualismo scienza-occulto è ben reso (anche se il macchinario usato da Revill è poco approfondito), dall'altro alcune scene (sia di lussuria, sia volte a mettere paura) sono più che discrete. Il film piazza più di un brivido ma oggi risulta invecchiato male, malgrado un buon cast e l'ambientazione suggestiva. Da vedere, comunque.
MEMORABILE: McDowell che racconta "le gesta" di Belasco.
Francamente stupisce trovare il nome del grande Matheson come autore della sceneggiatura (tratta da un suo romanzo), perché è proprio dallo script che nascono i problemi maggiori del film: non ci sono mai sviluppi interessanti nella trama e tutto scorre con una lentezza incredibile che rasenta (per non dire che in più di un'occasione la raggiunge) la noia. Hough prova a dare un po' di appeal al tutto, anche ricorrendo a qualche inquadratura particolare, ma può fare ben poco. Discrete e nulla più le interpretazioni. Deludente.
Piccolo grande horror d'antan plumbeo del bravo artigiano Hough, notturno e uggioso (la nebbia è la vera protagonista del film, senza timore di smentita) con un ristretto ma grande cast, influssi baviani (nei colori accesi della fotografia) ed echi dei classici gotici britannici. Poche scene shock (ma memorabili) e tutta atmosfera, a metà tra i topoi del ghost-movie e le prime aperture (anche se timide) al possession-movie (nello stesso anno uscì L'esorcista). Originale la colonna sonora con influssi elettronici, estremamente sperimentale per l'epoca. Un classico delle ghost-stories.
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DiscussioneDaniela • 10/01/15 14:54 Gran Burattinaio - 5928 interventi
Pur avendo un cast ridotto all'osso, il film di Hough può contare sulla presenza di ben due "assassini" colombiani:
Clive Revill è uno dei pochi che, nella serie dedicata al tenente, uccide per motivi non strettamente personali: nell'episodio "I cospiratori" è un poeta irlandese che vuol acquistare negli USA una partita d'armi per l'IRA, la vittima un intermediario che lo voleva truffare;
il più usuale movente economico è invece alla base del delitto di Roddy MacDowall che "Mio caro nipote" ammazza lo zio provocando un incidente automobilistico per mezzo di un sigaro esplosivo. E sarà proprio un sigaro esplosivo a metterlo nei guai nel finale, uno dei più emozionanti di tutta la serie.
DiscussioneZender • 10/01/15 16:01 Capo scrivano - 47847 interventi
Ah, notevole un film con un doppio assassinio colombiano! Strano che l'allora giovane Marcel (noto colombiano da sempre e che all'epoca del tutto ignorava che qualcuno oltre a lui avrebbe un giorno letto i suoi papiri) non l'abbia notato, nel papiro. Forse per una volta ha pensato che in effetti non era molto "professionale" scriverlo nel commento, nemmeno per sé :)
CuriositàZender • 10/02/18 18:11 Capo scrivano - 47847 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
Nel cast indicato in scheda figura anche (n.c.) Miles Jonn-Dalton. Le schede davinottiche lo riportano anche nel cast di Je t'aime moi non plus. A me pare che in questo film compaiano solo 7 attori (l'ho visto ieri, mi sembra strano mi sia sfuggita qualcuno) compreso Michael Gough che fa una comparsata., e non 8. La cosa è confermata da Imdb. Inoltre facendo una ricerca per il nome dell'attore (sempre su Imdb) mi compare solo questo con all'attivo 2 film (del 2022 uno e in pre produzione l'altro). Facendo una ricerca sul web ho però trovato un sito francese che accredita tale Miles JOHN-DALTON (quindi con una grafia diversa da quanto riportato sul Davinotti) sia in Dopo la vita che in Je t'aime moi non plus. Mi sembra una questione non molto chiara, ma probabilmente l'attore è da levare dal cast di entrambi i film in cui compare. Spero di aveer espresso i miei dubbi abbastanza chiaramente, anche se non ne sono sicuro.