Miniciclo: 6 film visti da lei
Intenso dramma sulla solitudine e sull'isolamento e sulle sue alterazioni mentali, che pare quasi un
Images sotto il sole cocente del Sud Africa. Sospeso, ipnotico, quasi ruiziano, fuori dal tempo, ermetico, claustrofobico, afoso, pervaso da un sottotesto incestuoso, ferino e allucinato.
Isolati in una fattoria sperduta nel deserto del Sud Africa (che pare l'Australia, difatto assomiglia molto alle zone desertiche della
Proposta), circondati da mosche, caldo torrido, gesti quotidiani ripetitivi, un vecchio possidente terriero (Trevord Howard che non parla quasi mai) e sua figlia Magda (una Jane Birkin di una carnalità sensuale sanguigna e odorosa) , che cova pulsioni incestuose verso il padre, non ha mai avuto contatto con un uomo e circondata dalla servitù di colore
La donna sogna ad occhi aperti (un pò come faceva Hal Hoolbrock nel segmento di
Creepshow) di uccidere il padre con l'accetta (stile Leonora Fani in
Pensione Paura), di sfondare argentianamente la finestre con le mani, alterazioni mentali proiettate dall'isolamento e dalla solitudine, di una donna frigida e devota ad un padre che non la considera, la tratta come una serva e si diverte a sedurre ragazzette di colore (da antologia Trevord Howard nudo che palpeggia la servetta di colore nel bagno, anch'essa nuda), e la Birkin che origlia, in un misto di gelosia, rancore e repulsione
Quando però, la Birkin, uccide il padre con una schioppettata e lo seppelisce in una fossa, gli eventi precipitano, rimasta sola nella fattoria fuori dal tempo e dallo spazio, senza un soldo, la servitù prende piede, umiliandola e infine violentandola (dal servo Hendrick), lasciandola nella sua follia femminea che espolderà seducendo lascivamente un quattordicenne venuto in quel posto dimenticato da dio per consegnare una lettera.
Ma forse è stato tutto solo un viaggio mentale partorito dalla mente della donna, chiusa in quella "prigione" lontana da dio e dagli uomini, come potrebbe far pensare la chiusa enigmatica finale
Film complesso, fatto di silenzi impenetrabili, chiuso in ambienti fetidi e maleodoranti, dove la Birkin eccelle , e porta la pelliccola tutta sulle sue spalle, accarezzata dal demone della follia e dell'alienazione, annulandosi per un padre padrone che non la degna di striscio, vedendosi brutta e poco desiderabile e accettando come "amore" la violenza carnale perpetrata da un suo "servo" come sfregio all'impossibilità di pagarlo per i suoi servigi
Ipnotico dramma quasi teatrale e agorafobico, abbagliato da momenti bellissimi (la Birkin che corre nella notte con indosso la vestaglia bianca-che pare
Suspiria-, lei stessa che si denuda, si abbraccia e si batte contro una parete, la prova dei vestiti della madre morta, il suo attaccarsi alla servitù che sfiora l'umiliazione-per non rimanere sola nella fattoria-, il servo nero che le mostra il pene:"
Guardi, miss, guardi", o che spia la coppia di "servi" fare all'amore:"
Vuole vedere come si fa, miss?", i monologhi interiori che riguardano la sua "passione" per il padre), e bellissimo il fermoimmagine mentre la Birkin spia fuori dalla finestra in penombra
La Hansel si dimostra narratrice sopraffina e incisiva, scava nella psicologia della sua "eroina" e non eccede in sbavature, regalando momenti di gran cinema
Ammaliante la fotografia di Walther van den Ende, che risalta la desolazione delle brulle e assolate location desertiche
Cinema che scava dentro e lascia attoniti anche dopo la visione
Livido e penetrante
Per il sottoscritto e già un piccolo cult.