Il lago delle oche selvatiche - Film (2019)

Un gangster e una prostituta nei guai fuggono insieme, fino a quando... Noir semplice, dai ritmi dilatati e sinuosi eppure coinvolgenti. La regia funziona e regala bei momenti: le scene migliori sono quelle d'azione in cui ci sono scoppi di violenza ed improvvise accelerazioni che restano nella memoria (notevole la scena con l'ombrello). Il prefinale è già scritto; epilogo che pone qualche dubbio sul futuro dei personaggi. Notevoli i passi avanti di Diao rispetto al celebrato e premiato film precedente. Una pellicola interessante e coinvolgente.

Uscito di prigione, un uomo coinvolto in una lotta tra gang rivali uccide per errore un poliziotto. Bersaglio di una caccia all'uomo e con una taglia sulla testa, è avvicinato da una prostituta forse disposta ad aiutarlo... Rispetto alla pellicola precedente, un noir più lineare e coeso ambientato in una provincia degradata in cui i segni di modernità hanno spesso un gusto incongruo. Resta poco spazio per i sentimenti, anche se nell'epilogo, quasi inevitabilmente tragico, affiora un barlume di speranza. Ben diretto e ben interpretato, manca però di quel quid tale da renderlo memorabile.

Una interessante composizione di diversi quadri e stili, dalle insistite immagini notturne virate su più colori a sequenze in pieno giorno sul lago in stile anni 30. Dagli sciami di persone o motorini impazziti ai primi piani sofferti dei protagonisti o nelle anguste baracche di periferia. L'insieme però non coinvolge sempre, a volte troppo diluito o non sfruttato a pieno come nella scena del ballo e inseguimento con le scarpe luminescenti, già bella di suo, che poteva risultare più epica.

Noir cinese la cui vicenda ruota intorno ad un criminale e ad una prostituta in un ambiente urbano degradato e in un contesto sociale che non conosce regole né legge. Notevole dal punto di vista visivo con un escalation di violenza che possiede un indubbio fascino estetico, e una fotografia eccellente, il film mostra qualche debolezza nella vicenda che appare piuttosto scontata, finale compreso. Buona la prova degli attori.

Criminale uccide per sbaglio un poliziotto e si dà alla fuga. Noir quasi tutto in notturna, accentua l’attenzione sui quartieri degradati e la vendetta. Lo sviluppo della storia non è molto originale, così come la chiusura. Anche la regia cerca spesso soluzioni autoriali (inquadrature ravvicinate, le ombre) dando l'impressione di non avere uno stile preciso. Nelle violenze però il film dà il meglio apparendo non scontato e creando il giusto clima di esasperata tensione.

Se non fosse per la splendida fotografia, nella quale le luci la fanno da padrone assolute, il film non avrebbe praticamente nessuna freccia al proprio arco, visto che la trama si risolve in una scialba storia di rivalità tra gangster. Importante il ruolo delle donne, vere protagoniste della vicenda. Alcune scene sono davvero ben congegnate, ma lasciano sempre un grosso senso d'incompiutezza.

Perlopiù lisergico con squarci peraltro mai improvvisi di violenza. Diao costruisce il suo noir in maniera asintotica, non adagiandosi mai in uno stile definito ma sfumando atteggiamenti e modalità di narrazione. Il risultato è un'opera straniante, dall'impatto visivo inversamente proporzionale al coinvolgimento emotivo. Così mentre la storia scorre impervia e respingente, i singoli quadri (quelli al lago o nei locali di notte) persuadono e i personaggi ci attraggono nella loro permeabile sfera di liquidità esistenziale. Ambizioso con picchi di autocompiacimento. Femminino.

Noir dallo schema decisamente classico: il protagonista in fuga, braccato sia dalla polizia che da altri criminali, può contare soltanto sull'aiuto (non si sa quanto disinteressato) di una donna. Il tutto sullo sfondo di una Cina lacustre con i suoi quartieri degradati e sovraffollati. La splendida fotografia valorizza le ambientazioni notturne e anche le prove attoriali sono buone, ma nuoce al risultato finale un ritmo eccessivamente lento, spezzato giusto da qualche sporadica sequenza violenta (l'ombrello usato come arma è una bella trovata). Guardabile, ma non più di una volta.

Un uomo scontata la sua pena, uccide per sbaglio un poliziotto, dopodiché organizza la propria stessa condanna al fine di far intascare la grossa taglia che pende su di lui alla propria famiglia. In continua fuga verso il nulla, il regista descrive un sottobosco degradato, feroce e corrotto, in cui fra spari ed esecuzioni c'è anche posto per alcune atletiche scazzottate degne di Bruce Lee. Il suo modo di fare film si arricchisce anche di una notevole fotografia e di trovate sceniche davvero originali.