Sconta pesantemente le mediocrissime prestazioni dei due protagonisti (Pavel e Steiner, “spaesati” scrive Giusti) e una voluta ricerca verso la bassa strizzata d’occhio (i militi romani che parlano con vari accenti italiani, nonché battutine quali “Me ne frego! Quando c’era chi intendo io...”). I vari episodi sono mal collegati fra di loro, ma qua e là, quando il tono è meno basso, spunta qualcosa di interessante: la cena di gesso, l’ammiccante numero del grande Paolo Poli, i passi latini che “velano” l’approccio zoofilo... Bruttarello, però...
Indefinibile: parte come commedia in costume ambientata nella Roma antica, prosegue sul tenore del dramma quasi sconfinante nell'horror quando propone un ralenty con cavalieri-zombi che pare uscito da un film di De Ossorio. Inquietante e ambiguo pure quando Aristomene sconta un sortilegio (pane e formaggio nel gozzo sino a finir soffocato) imposto da Panfilia. E pure le donne (bellissima la Bouchet, mora sul finale) ne escono tratteggiate con certa diffidenza, allorché tramutano gli uomini ora in gatti, ora in cani, ora in porcelli. Non bello ma ha il coraggio di evitare ogni convenzione...
Curioso film, girato sull'onda dei vari Satyricon e presto dimenticato. Qualche idea buona c'è, ma la sceneggiatura è troppo confusa e sfilacciata e la regia non riesce a gestire il tutto, con repentini cambi di registro che ne fanno un prodotto di incerta definizione ma non privo di un suo inconfondibile fascino vintage. Poco convinti i due protagonisti, ma notevole il comparto femminile.
La mescolanza di due opere di Apuleio e il continuo rimbalzo tra registri differenti provoca disordine e frammentarietà diegetica, cui la tremula mano di Spina non fa nulla per rimediare; piuttosto allettante invece il quadro visivo, con le scarne scenografie che conferiscono un'aura antica e pagana. Pavel è un protagonista anonimo, Steiner raccoglierà più consensi coi baffi e in ruoli da malvagio, la Bouchet assolve inappuntabile ai propri doveri erotici e Poli compare giusto per assicurarsi la scena migliore.
MEMORABILE: La recita teatrale con Poli nei panni della martire cristiana che viene divorata dal leone; l'"inventario" delle parti della salma.
Il peccato capitale di questo "Asino d'oro" è aver voluto premere sul pedale del grottesco con battute e movenze da Bagaglino che non fanno ridere mai (e Poli non fa eccezione). Peccato, perché alcune scene si fanno ricordare per la loro tenebrosità e ci si chiede come sarebbe potuto riuscire il film se si fosse fatto a meno del registro farsesco cercando di seguire il testo, o parte di esso, con maggiore fedeltà. Bellissima come sempre la Bouchet e una menzione speciale per Leopoldo Trieste.
MEMORABILE: La scena d'amore e la contemporanea "predazione" del cadavere.
Ambientato nelle belle e suggestive zone archeologiche algerine, il film ripropone le tematiche di Apuleio, rispettando il tono giocoso che pervade le sue opere. Assistiamo alle vicende di Lucius che, trasformato da un sortilegio in asino, finalmente trova quella saggezza che la sua giovane età non riesce ad esprimere. Buona la resa scenografica e le ricostruzioni sugli usi e costumi romani. Non un capolavoro, ma sa intrattenere. Nel ruolo Samy Pavel.
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DiscussioneDusso • 18/10/12 19:04 Archivista in seconda - 1840 interventi
Buono questo lo hai visto in sala o più recentemente?
E mancato Sergio Spina. Fonte: Roberto Poppi.
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Sergio Spina è anche il nome di un regista di un film collettivo. Potrebbe essere un omonimo, per cui posto qui.
CuriositàFauno • 9/03/18 18:26 Contratto a progetto - 2743 interventi
Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film: