Studentessa di un college oxfordiano è ambita da due maturi professori: con uno ci sta (pur intrattenendosi altresì con un fidanzato coetaneo), con l'altro no....Dramma psicologico alla Losey/Pinter, secondo un classico modelo "scavo per scoprire quali nequizie si nascondono sotto l'ipocrita superficie" etc. etc. Rarefatto, gelido, con interpreti di gran classe (eccellente Stanley Baker) e un notevole rigore formale. Brrr...
Cinema “a tesi”, decisamente cerebrale, intento ad indagare le dinamiche relazionali e psicologiche che innervano la società borghese, atte a soddisfare gli appetiti egoici malcelati dietro il compromesso, le pulsioni di bieca competitività animale. Ne deriva uno spaccato disincantato e lucido, persino crudele, la cui estrema compostezza formale riflette le apparenze della classe chiamata in causa, ma è anche il sintomo di un’allarmante distacco critico. Disancorato dal suo clima non riserva grosse sorprese e dietro l’eleganza manca pure di vitalità. Il finale resta una discreta provocazione.
Un dramma morboso e avvolgente, privo della crudeltà de Il servo ma comunque interessante e ricco di pregi. Ottima la regia, raffinata nei movimenti di macchina e intelligente nella composizione delle inquadrature. Notevoli alcune sequenze come quella del rugby da camera e curiosa e straniante l'idea della sequenza con il sonoro cronologicamente dislocato. Grande cast, Bogarde su tutti.
Così diverso da Il servo, così diverso da Messaggero d'amore, eppure è anche questo un film sui rapporti di potere. La stupenda, giovane Anna è la posta in palio per uno scontro, sotterraneo ma crudele, primitivo, tra uomini, una lotta per la conquista della preda e la supremazia sul territorio. Il tutto celato dietro la facciata del cerebrale, meritocratico egualitarismo accademico tipicamente British. Un film molto maschile, non maschilista, proprio maschile. Narrazione frammentaria ed ellittica, un Oxford murder intellettualmente intrigante.
Certamente affascinante, ma leggermente ostico e comunque lontano anni luce da quel capolavoro che fu Il servo. Inizia con un incidente, a bordo due passeggeri di cui uno viene nascosto alla polizia: perché? Si dipanano le vicende del professore protagonista, della sua apparentemente ordinaria vita matrimoniale e della sua passione per "l'incidentata". Essenzialmente troppo psicologico, con dialoghi estenuanti, privo di mordente e al contempo caratterizzato da ottime prove attoriali.
Lo studente va dietro alla studentessa che va dietro al professore, che ci starebbe ma un altro prof arriva prima di lui. Storia di meschinità con scappatelle di adulti immaturi e ingenuità o astuzie di adolescenti, su cui il peso del finale tragico anticipato all’inizio dà un’impronta ancor più squallida. Attori di gran classe e regia (freddina) di grande eleganza per uno sguardo disincantato sulle dinamiche sociali della rispettabilità borghese ritratte da un interno domestico. Molto bello il “dialogo muto” del protagonista con la sua ex.
Sul piano tematico non si incontrano molte novità – il doloroso scorrere del tempo umano, una competizione maschile prima trattenuta e poi sempre più lacerante -, mentre è su quello tecnico che Losey dichiara i pregi della sua opera: il montaggio spezzato e allusivo e la fotografia in penombra che concilia il delicato affiorare dei moti interiori dei personaggi. Ottimi gli interpreti, con Bograde che stupisce ogni volta per la straordinaria espressività scaturente da una recitazione sobria e minimale. Sfingea la Sassard.
MEMORABILE: Bogarde che scopre la tresca tra l’amico e la studentessa; la partita di rugby in casa.
"Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia": così Humbert Humbert descriveva la sua ossessione per una giovane ragazza, precoce espressione della "femme fatale". Qui una lolita poco più matura viene contesa fra due professori e uno studente, che soffrono le pene d'amore e di bramosia. Lousy mostra una spiccata abilità alla regia – non a caso vinse il Grand Prix a Cannes – regalando qualche lodevole sequenza come quella iniziale o quella in cui (il bravo) Bogarde cucina. Purtroppo gli intrecci amorosi annoiano.
Alter ego spettrale de Il servo, a cui Pinter, Losey e Bogarde sottraggono le vertigini di espressionismo barocco immergendo scrittura, regia e recitazione in un minimalismo asfittico e claustrofobico, incurante dei verdi prati inglesi e dell'alto magistero etico e culturale di Oxford. Ne viene fuori il ritratto spietatamente funereo e definitivo di una borghesia squallida, vigliacca, senza umanità, ingabbiata in competizioni primordiali e rosa dall'invidia sessuale. Tecnicamente impervio, a tratti inamidato nel suo glaciale grigiore ma imperdibile.
MEMORABILE: L'alterco a tavola tra Bogarde e Baker alticci; Il rendez vous tra Bogarde e la ex Francesca col contrappunto delle voci off.
Un professore di Oxford, attratto dalla fidanzata di un suo allievo, scopre che essa è da tempo amante di un collega... Dei tre capolavori frutto della collaborazione fra Losey e Pinter, questo è il più ostico e "freddo": non ha il rigore allegorico del Servo, né l'immediatezza del racconto morale di Messaggero d'amore. Quando a crudeltà, non è però loro inferiore questa storia di desideri, allusioni, tradimenti, meschinità e menzogne che si svolge in interni eleganti e giardini ben curati ma è avviluppata in un velo di ipocrisia. Bogarde impareggiabile, resto del cast adeguato.
Losey realizza una buona opera drammatica: presenta un incidente e ben mostra i protagonisti che ne subiranno le conseguenze attraverso un racconto in flashback che dona al film la sua bellezza. Oltre a questa caratteristica, si destreggiano molto bene nei loro ruoli gli attori principali, capitanati da un Bogarde sempre incisivo. La sceneggiatura è ricca di dialoghi interessanti e di situazioni che coinvolgono sentimentalmente lo spettatore. Nel complesso un film da gustare fino in fondo.
Una tresca universitaria si spezza a causa di un incidente. Il soggetto contrappone gli entusiasmi giovanili ai piccoli giochi (anche di potere) che i maschietti adulti usano per soddisfare i loro egoismi. Il ritmo volutamente compassato sottolinea anche le parti non dette tra i vari rapporti. L'immaturità regna (soprattutto per chi aspetta il terzo figlio) e anche le mogli sembrano far finta di non vedere. Regia abile nel mischiare il flashback e nell'evitare scene madri.
MEMORABILE: I maschi ubriachi a tavola; Le mani vicine sulla staccionata; A pranzo con la figlia del rettore.
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