Rassegna estiva: Italian Graffiti d'agosto Turgido melodrammone oggi datatissimo e figlio dei suoi tempi, dove Zampa si aggancia al classico melò americano senza particolari guizzi autoriali.
La Lollo è troppo "innaturale" per farsi passare da popolana, mentre le sottotramine (il gruppo di antifascisti che mettono subbuglio in un cinema facendo volantinaggio e il finale che prende derive noir) lasciano un pò il tempo che trovano (insopportabile e fastidiosa, poi, la Lollo che va in chiesa a pregare la Madonna per chiederle la grazia che nemmeno nei polpettoni strappalacrime matarazziani), per non parlare di Mino (Gèlin), l'unico uomo sulla faccia della terra che c'ha i sani principi e separa il sesso dall'amore, e si rifiuta di passare una notte di passione con la Lollo al primo incontro(sic!), quindi, lei, sentendosi rifiutata, per la prima volta, se ne innamora perdutamente( ah, le donne).
Del film si salvano le meravigliose location, dove Zampa dà risalto ad una Roma notturna, uggiosa e decadente e alcuni momenti di buon cinema (il pranzo all'agriturismo, ballando sulle note di "Non dimenticar le mie parole" del Trio Lescano, Fabrizi che porta la Lollo a vedere la lussuosa villa dei suoi padroni, la sequenza in auto dove la Valderi canta a squarciagola la canzonetta del Trio Lescano-un pò come farà George Eastman in
Cani arrabbiati- e la Lollo che, infastidita, l'aggredisce, il taurino Sonzogno che la prende a ceffoni, il materiale di propaganda gettato nell'immondizia sotto casa durante la perquisizione della polizia fascista), ma , il resto è piuttosto superficiale e finisce per diventare un romanzone d'appendice tra delusioni amorose e lacrime amare.
Se la Lollo funziona poco (da sturbo, però, le ciabattine col tacco che indossa nella sua squallida cameretta), lo stesso non si può dire di uno straordinario Franco Fabrizi nel ruolo del meschino e farabutto Gino (il furto del prezioso portagioie, la colpa fatta ricadere sulla povera cameriera, le bugie che racconta alla Lollo) dove salta fuori il cinismo zampiano del
Mostro, oppure la madre della Lollo (Pina Piovani) mater sofferta e disillusa con la poca voglia di vivere (di culto quando tira addosso alla figlia un paio di forbici, rabbiosa perchè frequenta un "morto di fame" e ficcante il discorso che fa a tavola, davanti ad un attonito Fabrizi, su cosa effettivamente è morale o immorale a secondo dei punti di vista) che regala al suo personaggio sfaccettaure dolenti non banali.
Bene anche Pellegrin nei panni del gerarca fascista Astarita, che stà tra la spregevolezza (approfitta della Lollo ubriaca) e l'amor sincero (la Lollo si affida a lui quando i guai bussano alla porta), mentre il pugile Renato Tontini è una specie di "frankensteiano" delinquente poco credibile e , a tratti, ridicolo (pare uscito da un filmaccio di Ed Wood) e Gèlin è uno stoccafisso ebete totalmente fuori parte e di una simpatia pari al mal di denti.
Tipico cinema popolare ormai sorpassato e invecchiato piuttosto male, non certo memorabile, ma salvato, in parte, dalla professionalità di un ottimo artigiano come Zampa (che il figlio Federico, negli extra del dvd, lo ricorda con un umiltà pari a quella di un Mario Bava).
Una seconda versione del romanzo di Moravia è stata rifatta nel 1988, per la tv, da Giuseppe Patroni Griffi, con Francesca Dellera nel ruolo di Adriana e la Lollo in quello di sua madre.