Primi Anni ’90, un periodo in cui l'ex starlette Lilli Carati era stata dimenticata, internet era agli albori e la rivalutazione del cinema di genere italiano ancora da venire. Su Raitre fu trasmessa (in tarda serata) questa lunga intervista a Lilli (che stava uscendo dal tunnel della droga presso una comunità in Calabria). Un toccante colloquio di rara perfezione, che indaga cronologicamente il passato dell'ex attrice, senza cadere nel patetico: la Carati appare serena e disinibita nel parlare della sua travagliata vita, citando film ed eventi.
La cosa che più colpisce è che a entrare nel tunnel è stata una ragazza bellissima, ma che si vedeva brutta, grassa. La Carati parla con chiara nitidezza, senza autocommiserazione. Si vede un brano del suo celebre incontro televisivo con Romano Battaglia e viene da chiedersi come abbiano potuto farla entrare in studio. Il volto, segnato, conserva tratti della passata bellezza. Da valutare, ovviamente, come testimonianza.
Con ammirevole coraggio e schiettezza, Lilli Carati racconta il suo passato con la droga (prima farmaci, poi spinelli, cocaina e infine eroina) che ha sconvolto il suo animo troppo dolce, semplice e sensibile per affrontare la metropoli e l’industria cinematografica, e il successivo recupero in comunità. La macchina da presa è fissa sul volto dell’attrice, comprensibilmente segnato ma ancora palpitante dell’antica bellezza, con sporadici stacchi per inserire immagini e filmati di repertorio, tra cui lo spogliarello di Magic moments.
MEMORABILE: La famigerata intervista di Romano Battaglia.
Verrebbe quasi da arrabbiarsi. Perché farsi del male in questo modo? Fuori dall'ambito del disagio sociale comune è ancora più inesplicabile comprendere i motivi che fanno precipitare una persona cui, almeno in apparenza, non manca nulla, nel tunnel profondo della droga pesante. Ma Lilli Carati ne ha parlato e la sua testimonianza risulta un profondo atto di coraggio e altruismo. Quando si ha tanto è meglio non sprecare niente, perché avere tutto è impossibile.
Il volto di Lilli Carati qui è icona Dreyer-iana una Giovanna D'Arco "eroina" (qui dal significato doppio) autodistruttiva, con la siringa come arma di autolesionismo. Le parole semplici e dirette, oltre che lucidissime, dell'attrice, illustrano un percorso doloroso, ma qui c'è di più: il totale annientamento non solo dei sentimenti, ma anche dei cinque sensi, del piacere del riso e del pianto, con una polverina bianca. Risalta anche la pornografia come emblema del Salò-sadiano-pasoliniano, consumismo estremo e mercificato del corpo privato dell'anima.
MEMORABILE: L'attrice, nei ricordi post-comunità ricorda dopo la disintossicazione di essere tornata capace di cantare, ridere e piangere.
Ottimo documento sulla vita tormentata, estatica e tossica di una donna che quasi senza accorgersene ha avuto una carriera d'attrice. Imperdibile; e non solo per i cultori di Lilli Carati, della commedia sexy all'italiana, delle allucinazioni e derive porno, ma anche per gli esploratori della sincerità e della schiettezza esente da maschere stucchevoli. Emerge un racconto lucido, sentito e diretto, mai lamentoso o affettato e celebrativo (o auto-celebrativo), dove gli episodi biografici cruciali sono restituiti senza velature compiacenti.
MEMORABILE: Lilli Carati, strafatta di eroina, nello studio televisivo per un'intervista, disastrosa e sublime.
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