Complice di ladro di gioielli si intrufola fra mondine, col ganzo che sta nell'ombra. Ma il furto non è andato a segno e allora il losco prova a rifarsi col riso (!). Sì, è proprio da feuilleton la trama di questo clamoroso successo dell'immediato dopoguerra, che lanciò la Mangano come bomba erotica con le sue calze e il generoso frontespizio sfrontatamente esposti al pubblico che ne aveva un po' le tasche piene del neorealismo. Ridicolissimo Gassman cattivo. De Santis conosceva il mestiere, e con questo film fece il botto. Storico.
Mirabile descrizione neorealista del duro lavoro nelle risaie, che costituisce lo sfondo per un avvincente melodramma a sfondo sociale. Come in un grande romanzo d’altri tempi, De Sanctis sa fondere l’aspetto politico (le lotte contrattuali) con l’elemento avventuroso, che conta storie d’amore, duelli personali, pugni, coltellate, sparatorie e il gran finale nel macello. La scosciatissima Mangano sprigiona carica erotica e bravura; la Dowling e Vallone tratteggiano onestà e assennatezza. Bricconesco Gassman, ottima “faccia da schiaffi”.
MEMORABILE: I canti delle mondine. La Mangano che balla il boogie-woogie.
Strepitoso film drammatico con evidenti e saporite coloriture noir. La Mangano, infatti, non è altro che una stupenda, conturbante e perfida dark lady che fa coppia perfetta con un magnifico Gassman-ladro. Grande la regia di De Santis che non si ripeterà più a questi livelli e che mescola con rara abilità impegno e spettacolo e lo fa grazie anche ad un buon soggetto e ad una bella sceneggiatura. Uno dei film migliori della nostra cinematografia: merita di essere conosciuto e di essere visto e rivisto svariate volte.
Da un regista italiano non adeguatamente valorizzato come Giuseppe De Santis, un dramma dai toni del fotoromanzo, nella migliore accezione del termine. È una grande storia che parla dell'Italia contadina e lavoratrice con toni quasi epici; molto ben fotografato e diretto, segnato da un'ottima sceneggiatura, il film si avvale di un ottimo cast, nel quale spicca la sensuale (e brava) Silvana Mangano. Bella la colonna sonora di Petrassi.
Due mondine amiche-nemiche, un ladro senza scrupoli e un soldato coscienzioso: 4 differenti umanità fra le risaie padane in un dramma di donne operaie che mette in rilievo le piaghe di un lavoro massacrante, facendolo attraversare da una trama di intrigo e melodramma che esplode in un finale di grande effetto. La forza del film sta proprio nell'ambientazione che riesce ad assorbire al meglio la trama romanzesca, dandole il colore e il calore necessario. Notevoli, di diversa bellezza e bravura, le protagoniste Silvana Mangano e Doris Dowling.
Titolo geniale per un bel bisenso che sfocia in un ossimoro efficacissimo. Vigorosa opera, diretta con piglio sicurissimo, con due protagoniste notevoli (la Mangano buca lo schermo, e non solo con il torace). Meno di impatto, perché un po' troppo manichei, i due uomini, con Vallone un po' ingessato (Gassman è controfigurato durante le danze). La mescolanza di generi aggiunge valore al film che, nonostante qualche semplificazione che affiora qua e là, funziona egregiamente. Gli unici proprietari di risaie disponibili a concederle come set per il film furono gli Agnelli...
Opera forse più importante dal punto di vista produttivo che artistico, considerato il successo anche internazionale della Mangano, sfacciatamente erotica con i piedi a mollo, le calze nere a sottolineare le gambe nude ed il davanzale ben esposto. I risvolti sociali fanno da sfondo per una vicenda in cui prevalgono gli aspetti melodrammatici e fumettosi, evidenti soprattutto nella figura di Gassman, tanto programmaticamente mascalzone da risultare forzato, soprattutto a confronto col più misurato Vallone. Film comunque interessante, figurativamente prezioso.
De Santis fonde come nessun altro il neorealismo col melodramma; "Riso Amaro" è una tappa fondamentale del cinema del dopoguerra, attento alla brevissima stagione del neorealismo "puro" con i linguaggi sovietici e americani. Esordio di Gassmann al cinema (così dice De Santis) eccellente vilain e lancio della "star" Silvana Mangano (bellissima). Grande cura formale con bei movimenti di macchina e bravura narrativa. L'Italia cominciava a riprendersi dalle macerie, il cinema dà un primo respiro di sollievo ma il film è ad alto tasso drammatico.
MEMORABILE: Il parallelo tra l'aborto della mondina e lo stupro della Mangano. L'ingresso di Silvana che balla lo swing. I canti-messaggi delle mondine. Il finale.
Tante sono le tematiche che si intrecciano in questa pellicola diretta da De Santis: il ruolo della donna nell'epoca, l'introduzione in Italia di elementi tratti dalla cultura americana (l'uso insistito del chewing-gum e il boogie-woogie), l'intrigo semi-noir, il fascino del denaro e la possibilità di una redenzione per chi ha sbagliato in passato. Tutti questi fattori contribuiscono a creare un'opera dalla struttura stratificata e complessa, in cui la Mangano e la Dowling regnano sovrane. Buona anche la prova dei protagonisti maschili.
Una grande regia, come per Uomini e lupi, per un film drammatico e noir, in stile Ombre malesi. De Santis riconferma il suo talento cinematografico realizzando una pellicola fascinosa venata di sensualità e amore. La Mangano furoreggia nel suo ruolo da protagonista indiscussa, contribuendo a realizzare un affresco italiano di memoria e di ripresa economica post-bellica per una nazione martoriata dalla povertà.
Un forte dramma neorealista in cui emerge la prorompente carica erotica della Mangano, sensuale mondina ammaliatrice. Una sceneggiatura lineare che ha il pregio di analizzare il torbido per poi far scatenare gli eventi in maniera esemplare. Appropriati il giovane, all'epoca, Gassman ed il già esperto Vallone.
Opera indispensabile del neorealismo italiano che volge lo sguardo sul microcosmo della monda: un concentrato di fatica, speranze, illusioni e delusioni. Ne esce uno spaccato d'Italia povera ma con una dignità oggi malamente perduta. De Santis valorizza la corposa sceneggiatura con una regia attenta e incredibilmente dinamica, con lunghi piani sequenza (alcuni accompagnati solo dalle musiche) sempre significativi. La Mangano si traveste da icona consegnando il suo personaggio alla storia. Gassman fa l'antagonista tra luci e ombre. Straziante il finale.
MEMORABILE: La prima apparizione di Raf Vallone nella camerata; gassman che prende a bastonate la Mangano.
Opera manifesto del neorealismo italiano, Riso amaro possiede un'elegante sceneggiatura che mescola con sapienza elementi drammatici a clichè tipici del genere noir. La regia fluente ed estremamente funzionale al racconto regala immagini dall'indubbio valore estetico. La bellezza incommensurabile della Mangano lascia lo spettatore estasiato e a bocca aperta. Notevole!
Straordinario prodotto spurio del neorealismo italiano. Rispetto ad altri capolavori certo più fulgidi ma anche più manichei, la qualità che dona longevità al film di De Santis è una adulta complessità stilistica (tarata su modelli americani) perfettamente modellata su una realtà sociale talmente particolare da esser addirittura locale (le risaie vercellesi). Questo stesso doppio binario, spettacolare da un lato e antropologico dall'altro, dà conto delle sfaccettature, dei ravvedimenti, delle fragilità e avidità dei personaggi. Da pugno al fianco Silvana.
MEMORABILE: Il lancio dei cappelli alle mondine; Il boogie-woogie; Doris Dowling.
Siamo nel 1948, De Santis imbastisce uno stupendo drammone amoroso sullo sfondo del lavoro stagionale delle mondine nella raccolta del riso. E proprio sugli scenari della massa delle donne, dei cappelli a larghe falde, delle vesti bagnate, del lavoro nei campi con i piedi perennemente nudi e a mollo, risiede la parte più riuscita; edulcorata la parte sociale. L’aspetto sentimentale risente, invece, di un’impostazione alla Grand Hotel con un fumettisco Gassman. Bella la Mangano, ottima la fotografia.
MEMORABILE: Miss Mondina resta sola con la corona di carta; Il fisico prorompente della Mangano; La distribuzione dei cappelli; Il ballo Mangano/Gassman.
Un film d’appendice che avrebbe fatto gridare di gioia Matilde Serao o Guido Da Verona. Intendiamoci, il film ha una potenza spettacolare che conquista, ma la ricerca dell’effetto eccessivo a tutti i costi fa pensare che Hollywood si sia trasferita nel vercellese. Il film inizia come un noir neorealista, prosegue come un turgido melodramma alla Matarazzo e si conclude come una cupa tragedia greca. Il proverbiale impegno ideologico del regista e la sferzante denuncia dello sfruttamento del lavoro nero delle mondine ma chi li ha visti? Vale una visione.
Tragedia verista di grande potenza visiva e drammatica. Diretta con polso fermo e occhio vigile, impreziosita da attori perfetti e scenari che sembrano anch'essi degli attori. Restano memorabili l'interpretazione e la fisicità della allora giovanissima Mangano, che spicca su tutti per espressività e naturalismo. Fiore all'occhiello di un tipo di cinema italiano prodotto subito dopo i nostri classici del Neorealismo.
Uno dei titoli più importanti del neorealismo italiano. Sulla denuncia sociale, fortemente presente (le dure condizioni di vita nelle risaie, il caporalato e le guerre tra poveri), si innesta una trama melodrammatica atipica per il filone che non sminuisce il rigore del film. La dirompente e iconica presenza della Mangano oscura in parte gli altri attori (peraltro ottimi), tra i quali vanno ricordati un Gassman già maturo e Doris Dowling.
De Santis ebbe l'idea per questo film imbattendosi in una scena del tutto simile a quella riprodotta nei minuti iniziali: un treno colmo di mondine dirette nei campi. Ci costruì sopra una curiosa mescola di neorealismo e noir, raccontandoci un pezzetto significativo di Italia del dopoguerra senza rinunciare a toni cupi e in un certo qual modo (Mangano e Gassman) intriganti. Tra l'altro fu il primo grande successo del Mattatore.
Riso amaro per chi spendeva una stagione intera con la schiena piegata per raccoglierlo, ma anche dolce perché rappresentava tutto ciò che si possedeva alla fine. De Santis sbatte in faccia la condizione e la vita delle mondine riuscendo a calibrare ottimamente le riprese sui campi e una storia di intrighi e malefatte in un'altra Italia attraverso un diverso modo di fare cinema. Incredibile come dopo sessant'anni si rimanga coinvolti per tutta la durata. Complimenti a tutto il cast, ma soprattutto al grandioso (e inaspettato) De Santis!
MEMORABILE: Il ballo fra Gassman a la stupenda Mangano; La scena finale.
Se da una parte la descrizione della vita delle mondine è magnifica e perfettamente in linea con i canoni del neorealismo, andando a filmare un nuovo segmento d'Italia e della sua gente più povera, dall'altra mi sembra un passo indietro rispetto al movimento neorealistico stesso, perché i toni da drammone hollywoodiano stonano con l'ambientazione e i personaggi maschili risultano troppo stereotipati. Ottimo invece il confronto tra le due ragazze (molto provocante la Mangano), così come le scene di lavoro nei campi. Sicura la regia di De Santis.
Un ladro userà due donne per i suoi scopi criminosi. Film fondamentale per il Dopoguerra, in cui l’attenzione passa dal conflitto e le sue conseguenze al lavoro femminile nei campi. Lotta di classe, desideri frivoli e il chilo di riso da mettere in tavola: un melodramma che sfocia in un finale cruento; diviene affresco proletario nel costume di mondina della Mangano (che ha fatto epoca). Regìa che fa risaltare le dure condizioni di lavoro e con i tempi giusti nei momenti di tensione. Gassman e Vallone perdono il confronto con le protagoniste.
MEMORABILE: La Mangano che balla in stazione; L’allagamento dei campi; Il riso sul cadavere.
Echi noir e antropologia vanno di pari passo in questo splendido film di De Santis. Il contesto sono le risaie del vercellese - mirabilmente inquadrate - dove orde di donne, con sudore e coraggio, portavano a casa il frutto del lavoro tra fatiche e pioggia battente. C'è ancora molto di attuale, di sociologico: colpevoli, vittime e succubi sono il risultato di una guerra fra poveri che fa prigionieri, ma dona anche uno spiraglio di speranza. Notevolissime – in tutti i sensi – Mangano e Dowling. Bravo Gassman ma lontano dai fasti migliori.
MEMORABILE: L’incipit; La Mangano con le autoreggenti nell’acqua.
Forse la cosa piu notevole del film è l'incrocio tra l'impostazione comunista di De Santis (ben riscontrabile nelle scene di massa raccontate proprio come nel cinema sovietico) e l'uso della spettacolarità sensuale americana ben leggibile nella scena del ballo e nell'uso insistito del dolly per dare aria alla riprese. Un film perfetto, avvincente, recitato e diretto in modo magistrale. Non una sequenza inutile, non un particolare fuori posto. Un vero capolavoro!
De Santis, ispirandosi per l'intreccio al noir americano dell'epoca, filma uno dei migliori esempi di cinema neorealista italiano. Ambientato tra le risaie del piemontese, il film offre uno spaccato quasi tutto al femminile in cui domina la figura di una prorompente Silvana Mangano. Convince pienamente nella rappresentazione delle lavoratrici, risulta un po' meno interessante nella trama noir legata al furto di un gioiello. L'ottima messa in scena, la grande prova degli attori e il finale amaro come da titolo ne fanno a tutti gli effetti un classico da non perdere.
Uno dei monumenti del cinema italiano e non solo, da vedere e apprezzare come si fa per un antico reperto in un museo. È un film bello e intenso, ma il tempo ha inesorabilmente invecchiato la storia e la tecnica cinematografica. Belli i canti delle mondine, bellissima e sensuale (per il periodo) Silvana Mangano, ma il tutto appare un po' telefonato, e si aspetta solo il momento in cui lo scontato drammone incombente si scatenerà. Ma è un film che è storia, e possiede interessanti lati semi-documentaristici. Il cinefilo vero lo deve comunque guardare.
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Assieme a Carlo Ponti è stato il più grande produttore italiano di tutti i tempi. Con lui se ne va un pezzo enorme dell'industria cinematografica mondiale (ne sanno qualcosa Fellini, De Sica, Lumet, Cimino e Rossellini).
Un saluto ad un personaggio carismatico: aveva 90 anni, ma sprizzava ancora energia da tutti i pori, almeno a giudicare da un'intervista di poco tempo fa.
DiscussioneCangaceiro • 12/11/10 13:05 Call center Davinotti - 739 interventi
Gugly ebbe a dire: Un saluto ad un personaggio carismatico: aveva 90 anni, ma sprizzava ancora energia da tutti i pori, almeno a giudicare da un'intervista di poco tempo fa. Esattamente. A 90 anni suonati era ancora iperattivo e molto impegnato all'interno dell'industria cinematografica. Già questa sua incredibile longevità professionale lo rende abbastanza unico. Se poi diamo una letta ai tanti film fondamentali da lui prodotti possiamo capire la grandezza e l'importanza dell'uomo e del personaggio.
HomevideoColumbo • 22/12/10 10:12 Pulizia ai piani - 1098 interventi
Disponibile nelle migliori videoteche e sul sito www.emik.it l'edizione restaurata e rimasterizzata:
DATI TECNICI
Formato video
4/3 1.33:1
Lingue / Formato audio
Italiano / Mono
Italiano rielaborato / Dolby Digital 5.1
Sottotitoli
Italiano per non udenti; Inglese
CONTENUTI EXTRA
Trailer originale;
Intervista a Carlo Lizzani;
Guido Michelone racconta il film;
Speciale Giuseppe De Santis;
Fumetto originale - storia del film;
Galleria fotografica;
"Archivio fotografico Baita";
Locandina originale;
Recensioni;
Foto di Silvana Mangano
Nella famosa scena del boogie woogie Vittorio Gassman è ripreso solo in primo piano mentre, nelle inquadrature dove balla con la Mangano, sotto il cappello di paglia c'è niente meno che Carlo Lizzani, co-autore del film : Gassman non era un buon ballerino e Lizzani, grazie anche alla simile corporatura, si prestava bene alla sostituzione
In Dino, la monografia che Tullio Kezich e Alessandra Levantesi hanno dedicato a Laurentiis, si riporta che il produttore, innamoratosi della Mangano lasciò la moglie torinese con la quale si era sposato anni prima, passò una notte con la Mangano all'hotel Sitea di Torino e non volle mai piu incontrare l'ormai ex moglie.