Fulci questa volta mescola la sua consueta buona dose di horror e splatter con un intrigo di classica matrice gialla: un uomo muore e non sa chi l'ha ucciso. Il suo fantasma non si dà pace e contatta la figlia perché indaghi per lui. La soluzione, per una volta davvero ingegnosa, porterà all'individuazione dei colpevoli. L'uomo non-morto è Duilio Del Prete, l’indimenticato Necchi del primo AMICI MIEI, la figlia è Karina Huff, più nota come l’ex bellissima Susan di SAPORE DI MARE. Sono passati otto anni dal classico di Vanzina e la Huff ha decisamente perso smalto: più scialba,...Leggi tutto anche fisicamente non regge il paragone (si mostra comunque in due scene di nudo)... Le è rimasta però una certa capacità nell’apparire naturale e spontanea che ancora piace. VOCI DAL PROFONDO non è certo il capolavoro di Fulci, ma alcune sequenza sanguinarie (un'autopsia ultrarealistica e rivoltante, uova all'occhio che si trasformano in una frittata di bulbi oculari, decomposizioni progressive, accoltellamenti di bambini e l'immancabile presenza di qualche zombi) ce lo fanno riconoscere come uno dei pochi registi capaci di usare anche nei puritani Anni Novanta. Ancora primi piani insistiti su occhi e bocche, cimiteri... Fulci resta fedele a se stesso e riesce quasi a farci partecipi dei suoi incubi. Purtroppo la sceneggiatura è quello che è (opera sua, comunque), la fotografia non brilla e il montaggio è poco dinamico. Vale la pena in ogni caso di arrivare alla fine, perché Fulci ha fatto di peggio. Anzi, di molto peggio (pensiamo ad AENIGMA o all’inguardabile SODOMA’S GHOST).
Il racconto da cui è tratto il film è un gioiellino: riesce ad appassionare e persino commuovere. Il film è uno dei migliori Fulci del perido crepuscolare. Girato sì con un budget infimo, ma con mille idee da vendere. Lacunoso secondo molti punti di vista, dalla brutta fotografia agli attori inadeguati, ma dotato di una forza visiva e visionaria degna del miglior Fulci, quello che sapeva attraversare il mare delle tenebre e ciò che in esso vi è di inesplorato.
È uno dei più sofferti film di Fulci. Si riscontra, in questa ennesima incursione del regista (la penultima alla quale farà seguito Le porte del silenzio, prodotto da Joe D'Amato) nel campo dell'horror una forte intenzione di andare "oltre" ai canoni tipici del genere. Ciò è ben evidenziato da una storia che, per certi aspetti, si rivela quasi premonitrice nei confronti dello stesso regista.
Pur essendo opera minore, non mancano comunque momenti riusciti, come quelli che vedono lo stesso Fulci intento a compiere un'autopsia...
Sul fine della propria carriera Fulci ci regala le ultime zampate d'autore con un paio di dignitosissimi film che, pur relegati a produzioni tv, non sfigurano nella sua filmografia. Come questo giallo soprannaturale, metafora sulla cupidigia e l'avarizia umana: attorno a un testamento si scatenano gli istinti più bassi degli uomini. L'horror, le scene splatter, diventano metafora dei sensi di colpa inconsci dei protagonisti. Bravo Del Prete in un ruolo insolito, un po' smunta la Huff. Un bel colpo di coda finale del maestro. Da vedere.
MEMORABILE: L'assalto dei morti viventi nella cripta del cimitero: il lupo perde il pelo ma non il vizio!
Con i soliti pochi mezzi a disposizione e nonostante un Fulci già in precarie condizioni di salute il film però non è privo di ottimi momenti surreali e onirici. Anche se molti effetti speciali sono pessimi non mancano momenti di discreta suspence. In questo film la mano del maestro si sente e nonostante il clamoroso insucesso della pellicola rimane comunque uno tra migliori realizzati.
Film fulciano piuttosto bizzarro in quanto caratterizzato da una sceneggiatura che non sa bene quale strada imboccare tra quella thriller e quella paranormale, scegliendo ora l’una ora l’altra e giungendo ad una spiegazione finale assolutamente logica e “terrena”. Non così brutto come molti hanno creduto e sicuramente, tra gli ultimi lavori del regista, quello più dignitoso.
È un Fulci ispirato quello di "Voci Dal Profondo"; tratto da un suo stesso racconto, il film trasmette la passione del regista per questo progetto. Seppur non pienamente riuscito, il film può vantare un bravo Duilio Del Prete e un'atmosfera malinconica e cimiteriale, talvolta anche onirica. Infatti tanti sono i salti tra incubo/sogno e realtà, mentre la vicenda resta in bilico tra il thriller e l'horror soprannaturale. Il risultato finale è un po' pesante, tuttavia non mancano alcune valide sequenze splatter tipicamente fulciane. Quasi buono.
MEMORABILE: La progressiva decomposizione del cadavere nella bara.
Con un budget come sempre ridotto all’osso, Fulci si dedica ad un thriller medianico, tutto incentrato sulla morte e sui contatti tra i vivi e i defunti. Pur non risparmiando i consueti eccessi macabri (l’infanticidio, gli spruzzi di sangue, l’aggressione degli zombi, gli occhi tra le uova, vermi e decomposizioni), il film si distingue piuttosto per la dimensione onirica, la delicatezza della fotografia e per il costante mood malinconico, in linea con il tema trattato. Professionale Del Prete, sempre carina la Huff, commovente Paoloni.
MEMORABILE: Le soggettive appannate degli occhi lucidi di Paoloni. Le risate al cimitero.
Esempio di come una sceneggiatura assai poco originale possa diventare, in mano a un regista visionario e dalle molte idee (più o meno buone) una scusa per disseminare scene truculente (l'accoltellamento del bambino, l'emorragia, l'autopsia, gli occhi spiaccicati), oniriche (spesso ai limiti del risibile, specialmente nei duetti Rosy-padre defunto) e di una certa tensione (gli incubi dei colpevoli). Il tutto, condito con un'indagine all'acqua di rose, un po' di nudi e un morto (bastardo e circondato da iene in vita), sempre più decomposto, che non sta quasi mai zitto. Vedibile, con allegrezza.
MEMORABILE: La matrigna annucia con "tatto" la dipartita del figlio al padre paralizzato: "Per la gioia di tutti quanti, tuo figlio è crepato, vecchio rimbambito"
Pregi e difetti di tutti i Fulci ultimo periodo: cast assente, effetti ridicoli, buona la prima; in uno: pochi soldi. Gli squarci visionari risultano però sempre potentissimi e resi in maniera tutto sommato dignitosa e sicuramente iconoclasta. Unico in tutto...
Un prodotto sfornato "tanto per", che manca del giusto mordente e della dovuta professionalità, ma che non è malvagio. È un normalissimo giallo classico che, se non fosse per gli incubi "splatter" (parola grossa) dei protagonisti, c'entrerebbe poco con lo stile di Fulci. La storia è alquanto lineare e il soggetto, benché povero e non originale, è passabile. La confezione è televisiva (bruttina la fotografia "acquosa") e gli attori non sono il massimo (salvo giusto Del Prete, la Nacmen e la Giovannini). Inadatte le tristi musiche di Cipriani.
MEMORABILE: "TUO FIGLIO FINALMENTE È CREPATO!!!". Bel modo di annunciare ad un povero nonnino malato la morte del suo unico figlio...
Penultima pellicola (segue solo "l'americano" Le porte del silenzio), di uno dei maestri del nostro cinema, questo "Voci dal profondo" rischia di diventare il film più soporifero della storia giocandosela con Assassinio al cimitero etrusco di Sergio Martino. Peccato che la filmografia autorevole di Fulci si concluda con questo maldestro episodio; di horror c'è ben poco: montaggio scadente, musiche di un Cipriani addormentato non aiutano la trama (di per sè non pessima ma un po' banale). Bocciato.
Non ho mai stimato il Fulci ultimo periodo (86-90), eppure questo film lo trovo ben riuscito, a dispetto del budget molto limitato. Buona la prova degli attori, film che resta in bilico tra soprannaturale e giallo, penultimo film del maestro (anzi, per l'esattezza quasi terzultimo visto che dopo questo e Le porte del silenzio Fulci iniziò MDC, ma data la sua scomparsa improvvisa il film fu fatto da Stivaletti).
MEMORABILE: Gli occhi spappolati, una firma del maestro Fulci.
Dopo un primo quarto d'ora molto violento (siamo dalle parti dei precedenti splatter del regista) il film si tinge di giallo e tenta di recuperare i toni di alcuni thriller anni 70 del regista. I paragoni sono improponibili, ma si nota da parte di Fulci la voglia di costruire un prodotto, per quanto semplice, corretto, preciso, senza troppe sbavature. In parte la cosa gli riesce, peccato solo per un cast poco brillante ed una fotografia poverissima (alla produzione Nannerini & Lucidi, che non si smentiscono mai). Soundtrack di Cipriani: passabile. Promosso.
MEMORABILE: Figlioletto piangente disturba i genitori che fanno sesso. Il padre furibondo lo raggiunge nella cameretta e lo prende a coltellate! Che incipit!
È questo il tipico esempio di come anche un film dal soggetto piuttosto misero, possa esser pienamente salvato da un regista ricco di inventiva, quale è Lucio Fulci. In particolare nei suoi ultimi film egli era tutto teso a travalicare i limiti del giallo, del thriller e dell'horror e a creare qualcosa di nuovo. In film come questo o nel successivo e ultimo Le porte del silenzio, si respira infatti un'aria nuova, fatta di presagi, di sogni, di flashback, ma anche di invenzioni visive e di studiati movimenti di macchina. Da vedere.
Non male. Si può criticare forse un finale un pochino troppo frettoloso e non del tutto riuscito (anche se il modo in cui viene compiuto il delitto è ingegnoso). Fa piacere vedere i cari zombetti riaffiorare in un incubo, c'è il buon Del Prete protagonista in parte. Si può vedere tranquillamente, obbligatorio per i fulciani convinti.
Storia che poteva essere raccontata con più efficacia, invece sembra quasi una favola con Karina Huff bambina buona e i parenti fetentoni. Qualcosina c'è da salvare, come l'atmosfera generale (malgrado la pessima fotografia): notevoli l'incubo con gli zombi, il corpo che si decompone nella bara e alcune scene di nudo. Siamo nell'ultimo periodo di Fulci e dell'horror italiano: non poteva essere un capolavoro, ma si può vedere. Un giallo postmortuario.
Un giallo dalla struttura molto classica, che esplora il rapporto vita/morte molto caro al regista di Trastevere. Purtroppo il mistero messo in scena nel penultimo film di Fulci non colpisce e non appassiona. Con buona probabilità a dare questa fiacchezza si avvicendano interpretazioni scioccanti e senza piglio, una regia nella norma e una fotografia da tv che metteno a dura prova lo spettatore, il quale fatica ad arrivare fino in fondo. Peccato.
Film onirico con i topoi classici del noir italiano: assassino da scoprire, trama esile, nudi gratuiti (ma necessari per evitare di abbassare ulteriormente l’umore dello spettatore). Tremende le scene del corpo in putrefazione. Alla fine, come d’uopo, si scopre la mano assassina.
Fulci a fine carriera non perde il suo cinismo e la sua furia devastante. Il budget è risibile (più o meno come nei famigerati "Lucio Fulci presenta"), ma il marciume, il suo nichilismo e la sua ferocia rimangono inalterate (su tutti il terribile incipt dell'incubo, da far impallidire gli "extreme" odierni). Tracce del suo miglior cinema (il flash incubotico zombesco) si sposano con uno script fallace e protagonisti mai così squallidi e scellerati (la recitazione da telenovela amplifica la zozzeria di fondo). Penultimo grido fulciano che lascia il segno.
MEMORABILE: Il violento e terribile incipt incubotico con bambino piangente; L'incubo zombesco; Il realistico esame postmortem; La terribile virago di Frances Nacmam.
Non uno dei migliori lavori di Fulci, ma da rivalutare. Pellicola horror onirica con alcune sequenze gore molto valide che si segue senza pause grazie a una storia scorrevole (anche se facilmente intuibile nel suo epilogo). Come suo solito Fulci si ritaglia una piccola parte (quella del medico legale) e nel film spicca il chiaro omaggio a Mario Bava (Operazione paura) nella sequenza zombesca all'interno della piccola cripta. Nel cast spiccano solo la bella Huff (ma non per recitazione) e l'azzeccatissima Nacman.
Uno degli ultimissimi lavori di Fulci è una via di mezzo tra l'horror e il thriller che si fa apprezzare per la scenografia e per una buona fotografia. Rispetto agli ultimi film del grande Lucio questo è qualitativamente superiore: la storia coinvolge assai e si passa agevolmente dalla realtà alla dimensione onirica-orrorifica. Buona l'idea di inserire flashback che ci fanno comprendere meglio la personalità del defunto. Pur essendo un'opera molto sottovalutata da critica e pubblico, la ritengo una delle cose migliori fatte dal regista a fine carriera.
Conferma d'essere tra i più onorevoli risultati dell'ultimo Fulci, questo film che s'ammanta di una cornice horrorifica e paranormale ma nel quale è del tutto trasparente (pur se tradotta talora maldestramente in termini di scrittura filmica) la volontà di Lucione di creare un racconto macabro, velenoso e grottesco, quasi un recupero "esasperato" di certa commedia all'italiana (un pamphlet antifamiliare tra Monicelli e Ferreri verrebbe da dire). Evidentemente non tutto torna, ma la buona fede è testimoniata dal sacro furore che fu mitigato dall'ironia.
MEMORABILE: Lo splendido seno dell'indimenticabile Karina Huff.
Thriller a sfondo paranormale (basato su un racconto dello stesso Fulci) che persegue atmosfere à la Edgard Allan Poe (l'anima dannata del defunto che cerca giustizia) ma si risolve in un whodunit dalla soluzione poco soddisfacente. Sorprendente performance di Duilio Del Prete (anche nudo) in un coraggioso ruolo sgradevole, ma il resto del cast affossa il film al livello della mediocrità televisiva dell'epoca.
MEMORABILE: La foto sulla lapide di Duilio Del Prete che cambia espressione (sketch ripreso da Soavi in Dellamorte Dellamore).
Fulci s'inoltra nelle fibre del paranormale raccontando un omicidio la cui risoluzione è affidata al tema della vita che succede alla morte. I mezzi sono quelli che sono, ma la sfida è raccolta pienamente da un artista che s'ingegna a dare risposte a domande che probabilmente la sua esistenza in quel momento gli poneva. Finale con morale all'altezza dell'intero progetto.
MEMORABILE: Quei cubetti di ghiaccio così "affilati"...
Giallo familiare pilotato a distanza dall'Aldilà, ravana nei torbidi dell'alta borghesia industriale fiutando efferatezze e morbosità: soggetto originale e inedito per il terrorista dei generi che si appropria di tutte le sequenze oniriche per instillarvi le sue ossessioni necrofore di sempre e imprimere all'eccesso una dimensione surreale. La confezione è complessivamente dignitosa (recuperatelo in una valida edizione digitale), il clima è tetro e austero: con una scrittura più esigente e un cast adeguato ne sarebbe uscito un gioiellino.
Un'accozzaglia di ispirazioni, dal giallo (con eredità annessa) al paranormale all'horror puro, che non fanno un film, anche per la povertà delle interpretazioni (a parte Del Prete, odioso e convincente) e della produzione. Tuttavia è un'opera importante a livello biografico poiché il regista vi trasfonde le proprie personali ansie sulla morte: solo nel ricordo di chi ci ha amato o nella persistenza della creazione possiamo sopravvivere al totale oblio. Un testamento malinconico di uomo e artista.
Un Fulci con poche frecce al proprio arco, nonostante l'intera visione diventi quasi un suo personale epitaffio con l'ingrato compito di esorcizzare la paura della morte. L'idea di partenza del film è poco originale, ma accettabile; la scrittura dei personaggi e dei dialoghi, a causa soprattutto di attori scadenti, affossa qualunque buona intenzione del film. Si salvano alcuni momenti di matrice fulciana e l'inaspettato fascino ovattato delle sequenze oniriche. Vedibile, ma ci attestiamo nella parabola discendente del regista.
MEMORABILE: L'incipit terrorizzante; L'autopsia eseguita da Fulci; Il cameo degli zombi; L'inesorabile decomposizione; La dinamica del delitto.
Fulci, prima di uscire di scena, ha un inaspettato sussulto e ci regala un macabro giallo in cui un ricco imprenditore contatta la figlia dall'aldilà affinché scopra le ragioni della sua morte prima che la sua salma si decomponga. Le indagini però durano un paio di giorni e la salma, a fine film, è già totalmente putrefatta laddove un corpo impiega mesi a decomporsi. E' questa la macroscopica illogicità di una trama che comunque offre buoni momenti di suspense, anche se lo splatter è assai contenuto rispetto agli standard fulciani.
MEMORABILE: Le uova al tegamino coi bulbi oculari.
Un Fulci minore ma buono che ha come unica colpa l'essere stato realizzato in pieno collasso del cinema di genere italiano; è un peccato perché il cast è ottimo così come il soggetto originale a metà strada tra giallo classico e thriller sovrannaturale. Fulci inoltre non lesina sul macabro e sul sadico, ma approfondisce anche i lati sentimentali e umani della storia, molto probabilmente percepita quasi come autobiografica. Un grande colpo di coda nell'ultimo - brutto - periodo cinematografico del grande regista romano.
MEMORABILE: L'incipit malatissimo; Il commovente dialogo tra la figlia e il fantasma paterno.
Lucio Fulci con le sue squisite ossessioni per l'ulteriore, per le ipotesi oltremondane... In questo film di fine carriera l'ansia di coagulazione in slancio di commistione di generi non produce risultati esaltanti ma nemmeno indegni. La pozione è preparata miscelando giallo e horror, paranormale e paranoia, figurazione sospesa ed esposizione del macabro. Non siamo dalle parti della ghiottoneria, purtroppo, ma l'oggetto non è da passare per le armi, avendo un suo modesto potere d'intrattenimento.
La sensazione è che Fulci sentisse ormai la signora con la falce con il fiato sul collo e che il film, come il successivo e ultimo, fosse un disperato tentativo di esorcizzarne la presenza. Indeciso fra thriller ereditario e racconto parapsicologico, con un finale poco convincente, Fulci dà ciò che resta del meglio di sé nell'evocazione di un'atmosfera malinconica e nella rappresentazione di personaggi abietti, vittima compresa, a eccezione della compianta Karina Huff, senza però rinunciare a una cospicua razione di dettagli sanguinolenti.
MEMORABILE: La progressiva decomposizione del morto nella bara.
Tra gli ultimi film di Fulci (per capirsi, quelli successivi a Murderock) è forse l'unico che meriti di essere salvato. Niente di eccezionale, sia chiaro, ma un horror paranormale con alcune sequenze visionarie che sfocia però in una soluzione razionale da giallo puro (anche abbastanza ingegnosa), preludio a un epilogo stranamente morbido per gli standard del regista. Pregevoli nudità di Bettina Giovannini e Karina Huff, che sono anche le migliori del cast, ma per crederle madre e figlia (in realtà le separavano solo tre anni di differenza) occorre un certo sforzo di fantasia.
Il Maestro non molla il suo "mondo", nemmeno in questa operazione fatta in evidente economia. Lo splatter, gli zombi, "gli occhi" e l'incubo vengono inseriti in un contesto principalmente tinto di un pallido giallo (la soluzione non è così difficile), ma il risultato finale è discreto. Ci sono attori conosciuti in altri ambiti che creano un buon contesto emotivo e la fotografia assomiglia un po' a quella del decennio precedente, evitando patina e "piattezza". Discreto il ritmo, soprattutto nella prima parte, mentre la sceneggiatura si deve adeguare ai mezzi e alla breve durata.
MEMORABILE: Lui che corre col coltello, verso il bambino piangente; L'autopsia.
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Gugly ebbe a dire nella SEZIONE CURIOSITA': Undying ebbe a dire: Singolare affermazione di Fulci, che sembra essere stata condizionata dal soggetto di Voci dal Profondo e che appare - comunque- pertinente, per affinità di contenuto, con la penultima regia.
"Se rimango nella memoria, secondo una mia tesi, di chi mi ha amato e mi ricorda, io vivo lo stesso"
Fonte: L'Opera al Nero - Dossier Nocturno Cinema (nuova serie n. 3), a cura di Manlio Gomarasca.
L'affermazione è singolare, ma tale convincimento riflette un archetipo generale dell'uomo, riassumibile nella frase che "chi muore vive attraverso il ricordo degli altri", peraltro utilizzato spesso in letteratura e in seguito anche nella cinematografia.
Ovvio che l'affermazione risale a poeti e scrittori e, quasi per certo, ha indubbiamente origini arcaiche.
Per singolare intendevo il fatto che tale frase sia uscita da un "lucido ragionamento" di Fulci, che potremmo definire premonitore: tutto Voci dal Profondo (e pure il successivo ed ultimo Le Porte del Silenzio) sembra essere un lavoro di autoriflessione sulla Morte, sentita dall'autore come ineludibile ed ormai vicinissima (Fulci muore nel 1996).
Una dichiarazione di resa, incondizionata, alla legge più spietata della Natura...
Sui titoli di coda di Voci dal profondo compare la dedica del regista: ed è tutta per Claudio Carabba (il primo critico che ha preso posizione rivalutando, in anni non sospetti, l'operato di Fulci) e Clive Barker...
Vi pare possibile estrarre il colon traverso procedendo come fa il Fulcipatologo? Sarà un'autopsia dai buoni SFX, sarà che io non non sono un anatomopatologo, ma il colon traverso non è lì...
Funesto ebbe a dire: Vi pare possibile estrarre il colon traverso procedendo come fa il Fulcipatologo? Sarà un'autopsia dai buoni SFX, sarà che io non non sono un anatomopatologo, ma il colon traverso non è lì...
Eppur Fulci si vantava di possedere studi in medicina...
In questo film fa la sua ultima apparizione da attore Tom Felleghy, valido caratterista ungherese che ha preso parte a ben 201 produzioni girate per la maggior parte in Italia. Anche qui compare per pochi minuti facendo la parte del ristoratore.
HomevideoGeppo • 8/06/11 23:12 Call center Davinotti - 4298 interventi
Ecco il DVD tedesco della Laser Paradise di Voci dal profondo.
Master: Discreto con qualche graffio
Audio: Sufficiente, molto sporco italiano e tedesco.
Video: 1.33:1 (4:3)
Durata: 1:21:27
Extra: Trailer tedesco, biografia di Lucio Fulci