Buiomega71 • 25/03/14 11:21
Consigliere - 26057 interventi Miniciclo: 6 film visti da lei
Straniante, gelido ma al contempo ipnotico, ambientato in un medioevo spoglio e brullo, tra suggestivi fiordi e abbaglianti location montanare , villaggi ora coperti dalla neve, ora immersi nell'atmosfera primaverile, tra la solitudine della natura circostante
La Breien racconta una storia di stregoneria e misoginia, non lascia speranze e chiude con cupezza e rassegnazione alla vittoria di un cieco fanatismo dominato dagli uomini (nella figura dell'inquisitore, con vaghe somigliane somatiche a Wes Craven!)
Film femmineo (intensa la Lil Terselius, che dà un ottima prova, sia fisica che recitativa), dominato dalla cupezza della "caccia alle streghe", che con un occhio guarda a certo cinema bergmaniano, e dall'altro a reminiscenze dreyeriane (l'ombra del
Dies Irae è incombente a ogni inquadratura), con atmosfere herzoghiane (il villaggio e i suoi abitanti fanno venire in mente barlumi di
Cuore di Vetro)
Impreziosito da squarci visivi notevoli (il ghiacciaio con l'uomo ibernato, la Terseluis bendata e portata al rogo, la prima caccia, tra le nevi, della "strega" sordomuta, il delirio della vecchia megera che implora satana, l'uomo innamorato che vede la sagoma fantasmatica della Terselius sui monti, che appare e scompare, che pare uscito da un episodio di
Kwaidan), ad altri di certa crudeltà (la Terselius che massacra i suoi animali nella stalla, il ripudio dell'uomo che ama che le sputa in faccia e la giudica una strega, la tortura del "cavaletto" per far confessare la Terselius, il racconto della Terselius sullo stupro che ebbe a 14 anni, e che abortì con un ramo di ginepro), resta in bilico tra una narrazione quasi sospesa, priva di orpelli.
La Breien sceglie un racconto intimista, antispettacolare, ermetico, amplificato dalla "povertà" grezza delle scenografie e dalla fotografia di Erling Thurmann-Andersen
Purtroppo, però, non evita di scivolare nel prolisso e, a volte, nel narcolettico, con dialoghi su dialoghi, camera fissa sul volto degli attori (comunque espressivi), che diventa quasi cinema teatrale, sfiorando lo stucchevole
Una via di mezzo tra
La Lettera Scarlatta wendersiana e il
Dies Irae dreyeriano, che trae la sua forza dalle location nature e da un nero pessimismo di fondo (anche l'amore non può nulla contro il cieco fanatismo religioso)
La forte indipendenza della Terselius è intesa dai paesani come fonte di "convivenza" col demonio, così come le sue erbe mediche e i suoi "amici del bosco", e l'epilessia dell'uomo che ama (ricambiata), vista come un incantesimo da lei stessa perpetrato per tenerlo a sè.
Uno sguardo "femminista" su una delle epoche più buie della storia, in un film che spiazza a metà, tra momenti di pura estati visiva ad altri di debolezza narrativa.
Buiomega71