Grazie a un'inattesa soffiata di un ammiratore misterioso che le lascia un messaggio con luogo e ora ove recarsi, Lisa (Gastoni) scopre che il marito (Ferzetti) la tradisce. Si lascia andare, finisce maldestramente tra le braccia del playboy locale (Sorel) per scoprire però che è Carla (Martinelli), un'amica, ad andarci davvero a letto, prendendola poi pure in giro scopertamente per non essere arrivata al dunque. Ce n'è abbastanza per progettare una vendetta ai danni di quest'ultima, perfida serpe borghese che prova annoiata gioia nel raccontare alle conoscenti le sfortune di Lisa. Indossati i panni della fatalona sexy, la protagonista comincia così ad avvicinare il marito (Wolff) di Carla, il loro...Leggi tutto aitante figliolo (Lovelock) e di nuovo il playboy di cui sopra, questa volta con mire ben precise. Nella Milano del Sessantotto una spregiudicata storia di amori intrecciati a rivalse tutte femminili, con maschi usati come burattini, estranei a tanta perfidia. Puntate tra le lussuose ville affacciate sul lago di Como, la provincia lombarda e persino Venezia, dove il playboy sta per vincere un appalto grazie al quale guadagnerà 700 milioni per salvare la città dall'annoso problema dell'affondamento (figurarsi...). Di Venezia si vede giusto un po' di Canal Grande all'altezza della Salute, ma l'atmosfera del film è comunque piuttosto centrata grazie alla buona fotografia di Sante Achilli, che rende bene il clima della Milano di quegli anni. La Gastoni riesce a caricare della giusta ambiguità il suo personaggio, chi le ruota attorno offre col passare dei minuti sempre minori resistenze, cedendo a un fascino prima sensuale che fisico. Si pensi al giovanissimo Lovelock, che la preferisce alla più prestante e attraente coetanea Marina Coffa (al suo esordio su grande schermo). Forse è per quel suo continuo provocare e ritrarsi, così diverso da quello delle donne che Sorel definisce “da dopocena”, pronte a concedersi senza troppi ripensamenti. Lattuada conduce con perizia una storia che a dire il vero si sviluppa a fatica, celando inizialmente gli obiettivi per andarli a individuare gradatamente seguendo un po' l'atteggiamento della protagonista, dapprima confusa, disperata, poi via via più metodica e risoluta, machiavellica vendicatrice che a colpi di appuntamenti fitti tesse la sua tela facendo capire che l'unico uomo di cui forse davvero le importa è ancora suo marito, smarrito come gli altri di fronte alle reazioni sempre più imprevedibili della donna. Buone musiche di Bacalov (Luis Enriquez nei titoli di testa) per un film profondamente legato all'estetica e al mondo dell'alta borghesia del tempo.
I tempi sono dilatati, troppo, per una vendetta, quella di una signora per bene che seduce il figlio di una sua cara amica pur di vendicarsi del consorte che la tradisce. I dialoghi sono spontanei e le scenografie curate. La colonna sonora tipica dell'epoca contribuisce a sottolineare gli stati d'animo e ad evidenziare il ritratto impietoso di signora viziata, tipico di una certa borghesia. Ottimo Jean Sorel nel ruolo di maschio sicuro del proprio fascino. Tutto tra una Milano anonima ed una Venezia crepuscolare.
L'intreccio è banale e i tormenti sentimentali ed esistenziali di Lisa Gastoni appassionano poco, così come è immotivata la resa dei conti finale con amica e amanti. Ma il fascino di questo film è altrove, nella lievità del tocco con cui Lattuada reinterpreta l'estetica del cinema psichedelico-contestatario, con la ricca borghesia lombarda e la Milano di fine anni '60 vista dall'alto degli attici, i riti mondani e le inquietudini dei giovani, i colori delle scenografie pop e lo score morriconiano di Luis Enriquez. Altri tempi, altro cinema!
MEMORABILE: La Gastoni seduta ai tavolini del bar che legge La spartizione di Piero Chiara, da cui l'anno dopo Lattuadà trarrà Venga a prendere il caffè da noi.
Che volete farci, dateci gli anni '60, quelle donne, quei vestiti, quegli ambienti, la scena al night, l'optical, la bossa-lounge (qui di Bacalov, con un tema bellissimo), gli intrighi erotico-psicologici altoborghesi e noi siamo come bimbi nel negozio di giocattoli. Al punto da passar sopra qualche leziosità, qualche banalità d'intreccio, un'evidente indecisione su come chiudere. Se mai inventassero la macchina del tempo non avremmo dubbi sul da farsi.
Quant'è piacevole vedere quattro fessi tutti intenti a voler suonare uno e che viceversa vengono suonati proprio loro e per di più in grande stile... Sì, qui la parola "amico" ha il lato oscuro; è colui che banalizza ogni tua emozione, scoperta, palpito, entusiasmo, ed è sempre lì ad interpretarlo e definirlo come un qualcosa di antidiluviano. Ma se si resta se stessi, queste magnifiche persone si schiacciano come noccioline, perché pur avendo tutto non si sanno godere niente e sono perfino invidiose...
MEMORABILE: Lattuada ha azzeccato in pieno gli occhi della Gastoni e il portamento gasato, nonchè la voce da oca della Martinelli...
Le sgargianti quinte sono quelle degli anni Sessanta al tramonto, e così pure le musiche di Bacalov, bastevoli a rievocare in ogni dettaglio il mondo fatuo di una borghesia persa in lusso, ozio, vizio e vendette personali; tuttavia questa recita supervisionata da Lattuada, non smuovendosi da un piano di mera descrizione, risulta drammaturgicamente piatta sia per la debolezza dell’intreccio, sia per personaggi che, seppur presentati da attori di indubbio carisma – però talora male utilizzati, vedi Ferzetti – restano specimen opachi. Duello aperto tra la Gastoni e la Martinelli.
MEMORABILE: Sorel iracondo dopo l'attacco della Gastoni: «Le donne vanno bene solo per il dopocena! Non dovevo contraddire la mia regola!!!».
Ad una buona prima metà, non corrisponde la seguente, con un finale assai incerto, cui fa preludio una discreta dose di noia. Tripudio del pre-1970 (pare di annusarne l'odore), Lisa Gastoni bravissima (da ammirare la sua espressività subito dopo la triste scoperta all'hotel Cavour), peraltro come sempre. Non molto valorizzati, invece, né Ferzetti, né Wolff. Primo film dei non molti con Marina Coffa.
Una ultra-affascinante Lisa Gastoni è la cosa più azzeccata di un film non eccezionale ma che svolge discretamente il suo dovere. Lattuada dirige bene ma qualche "trovata" non è troppo riuscita per i miei gusti. Buono il comparto musicale ad opera di Bacalov.
Niente di eccezionale. Al di là delle ottime musiche e del validissimo cast si tratta di un dramma piccolo borghese e niente dpiù. Da Lattuada regista, che ho sempre apprezzato, mi aspettavo qualcosa di meglio. Sarebbe mediocre, ma le bellissime atmosfere milanesi anni 70, che oggi ahimè ci scordiamo, lo alzano di qualche punto. Appena passabile.
Per il premiato sottofilone "borghesi annoiati", una sgargiante confezione pop al servizio di una trama piuttosto blanda, nella quale accade poco e questo poco lascia piuttosto indifferenti. Funzionano meglio il ricco cast, l'atmosfera gustosamente sessantottina (con una swinging-Milano ben sostenuta dai brani lounge di Bacalov e dalla bella fotografia) e i personaggi, schematici ma intriganti, ma il tedio borghese impiega poco tempo a raggiungere lo spettatore e si sa, gli sbadigli son contagiosi. Per appassionati del genere e del periodo.
Come per molte opere dello stesso genere e realizzate nel medesimo periodo, l'impressione generale è quella di una pellicola un po' invecchiata. La storia è particolarmente anacronistica anche se è apprezzabile (e abbastanza riuscito) il tentativo del regista di ricostruire l'ambiente borghese nel quale si svolge la vicenda. L'andamento è alquanto noioso, solo in parte ravvivato dalla incisiva prova di parte del cast (la Gastoni in particolare). Buona la colonna sonora.
C’è qualcosa in questo rarefatto e dimenticato film, qualcosa che ha a che vedere con certo spirito del tempo (gli anni ’60), una specifica classe sociale (la borghesia milanese) e un cinema da noi poco praticato (vengono in mente Godard e Truffaut). La gnomica impassibilità di Lattuada pare far tutt’uno con la vacuità del contesto rappresentato, un milieu (etico ma anche “architettonico”) dal quale Lisa Gastoni (di liquida, inesorabile venustà), sfidata, cerca di emergere, per esserne solo definitivamente fagocitata, infangata e sommersa. Non conciliato.
MEMORABILE: I meravigliosi implacabili occhi di Lisa Gastoni; Il corteggiamento della Gastoni a Lovelock (la milano cementificata); La resa dei conti Gastoni/Elsa.
Film tutto sommato riuscito di Lattuada che però ha come fondo tematiche che oggi come oggi appaiono assai datate e che forse solo per quel periodo andavano bene. La pellicola non è sgradevole e le buone trovate non mancano, ma per il resto c'è davvero tanta pesantezza (quasi soporifera a volte). Certo Lisa Gastoni è come sempre di un fascino a dir poco divino, tanto da diventare il motivo principale della visione, mentre il resto del cast da buona prova di sé. Belle le atmosfere e le scenografie così come la OST di Bacalov. Non male.
MEMORABILE: Lisa Gastoni in tutto il suo gran fascino.
Con la sua consueta compostezza espositiva Lattuada analizza le inquietudini dell’animo femminile, un tema ricorrente nel suo cinema. Lo fa attraverso i propositi di sottile vendetta di una donna, una sensualissima Lisa Gastoni che viene ferita nell’orgoglio dall’amica e che usa la sua sensualità come arma. Il film è lineare; si presta attenzione allo scorrere degli eventi della storia e ai dettagli, cosa che facilita la deduzione del quadro psicologico dei personaggi. L’erotismo è velato e funzionale alla vicenda.
Né particolari scossoni né tragedie, né psicodrammi o melodrammi o drammi della gelosia. Sembra un difetto, ma è il tono più giusto per fare da sottofondo alla vendetta sessuale di una signora alto borghese intrappolata in un ceto futile e annoiato. Peccato che tale bordone lounge risulti fine a se stesso e privo di una reale forza d'analisi. Brava la Gastoni, solidi gli stereotipi di Ferzetti e Wolff. Adeguate (sin troppo) le musiche di Bacalov.
Appartenente al filone dei "drammi borghesi", il film di Lattuada sembra più interessato a mostrare una tranche de vie della categoria piuttosto che a rendere solida una vicenda di tradimenti e ripicche; a tratti sembra che tutto scorra con la sonnolenta noia che provano i protagonisti, assuefatti dalla ricchezza della classe benestante e impegnati a occupare il tempo con gli hobby più disparati. In questo senso è però efficace nel mostrare una società d'altri tempi, con un'estetica da pop-art spettacolare e volti sempre espressivi. Non male.
Ambientato nella Milano altoborghese di quegli anni, Lattuada descrive scaramucce di coppia e tradimenti quasi per noia. I dialoghi purtroppo non sono molto efficaci rispetto alle immagini proposte, dunque si assiste a un discreto film solo nella forma ma non nei contenuti (che dovevano essere meglio sviluppati). Se la Gastoni offre la miglior interpretazione possibile, nell'ambiente chic qui raccontato non stona affatto la modella prestata al cinema Elsa Martinelli. Ferzetti sempre ottimo.
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