L’horror americano di inizio millennio sta cercando a fatica di trovare una nuova via che lo affranchi dalla serializzazione anticreativa che lo stava distruggendo. SESSION 9 segue la strada puntando comunque sempre più sull'immagine e l'atmosfera che non sull’innovazione autentica dello script. In fondo la storia è sempre quella della casa maledetta; che qui sia un manicomio abbandonato cambia poco o nulla, siamo comunque di fronte all'ennesimo gruppo di solitari alle prese con strane presenze. In certe fughe per i corridoi deserti, nelle espressioni assenti di qualcuno, nel realismo di certe riprese lontane dall’horror buio classico, si avverte l'influenza...Leggi tutto delle migliori scene di BLAIR WITCH PROJECT, mentre i continui colpi di scena e la crescente confusione generata dalla voluta cappa di mistero che aleggia costante sono figli del cinema di oggi. Non c'è bisogno di seguire strade già battute e colpevoli ben identificabili, l’orrore psicologico cerca innanzitutto di trascinarti nello stesso caos mentale che dominava Mary Hobbes, paziente i cui nastri delle 9 sessioni psichiatriche vengono ritrovati e riascoltati da uno dei protagonisti. Il cast è indubbiamente azzeccato (Peter Mullan e David Caruso su tutti), i dialoghi anche, ma sceneggiatura e regia appaiono pretenziosi e incappano in un ritmo sonnacchioso che sa tanto di frustrate ambizioni autoriali. Il finale, che dovrebbe essere in crescendo (visto che per un'ora succede poco o niente) lo è solo dal punto di vista del caos, risultando spesso e volentieri grottesco, alla soglia del ridicolo. L'idea (già abusata) del ritrovamento di vecchi nastri misteriosi (le 9 sessioni) è male approfondita, un po' come tutti i buoni spunti in generale. Belle invece le musiche le scarne scenografie di Sophie Carlhian.
Discreto horror che vale più per l'atmosfera che riesce a creare che per la storia in sé. Dopo un buon inizio, nella seconda parte il film cade un po' di tono in quanto gli avvenimenti diventano troppo caotici; per fortuna a nobilitarlo ci pensano una regia molto accorta ed la buona interpretazione dell'intero cast. Chiarificatrice dell'intero mistero sarà la frase finale. Non certo imperdibile ma resta non male, dopotutto.
Il tema dell'ospedale abbandonato è sempre degno di interesse perchè gia la cosa in se fa paura. In questo caso ci troviamo di fronte ad un ex-manicomio e ad un gruppo di operai incaricati del restauro per un futuro uso comunale. La vicenda è contorta e tutto ruota attorno ad uno di essi che non è quello che sembra, gli omicidi sono nella media e gli attori passabili. Tutto ciò non importa perché il film ha delle atmosfere molto, molto inquietanti... L'aria è malata, decadente e va visto per questo.
Canovaccio ormai abusato (il manicomio abbandonato, la presenza -forse- "spettrale") ma diretto con discreto buon gusto da Brad Anderson (poi regista dell'interessante Uomo Senza Sonno e di un episodio dei Masters of Horror: Sounds Like). A rendere interessante l'operazione è il cast particolarmente convincente e la scenografia decadente e tetra dell'edificio maledetto.
Non memorabile, ma riuscito per la coinvolgente atmosfera di mistero che lo pervade, dall'inizio sino alle battute finali.
In principio ho temuto fossimo di fronte ad una rimpatriata dei cari Csi (visto il cast) e col senno di poi non sarebbe stato peggio! Location iper sfruttata e banale. Anche la tragedia familiare, (nonchè il ritrovamento di bobine) atta a dare il la ad antichi segreti è già vista. Unico pregio è da cercarsi nel senso d'inquietudine che la pellicola trasmette. Sotto questo punto di vista si apprezza. Se si cerca l'elemento terrore... beh, meglio guardare altrove (anche se in circolazione la media degli horror è questa).
Uno dei migliori horror psicologici degli ultimi anni. Session 9 ha in un cast straordinario ed in una regia estrosa il suo punto di forza. Con le sue atmosfere tese e molto cupe il Danvers Insane Asylum (fa paura davvero, vedere per credere le foto sul web), è il vero protagonista aggiunto e, al pari degli attori, fa sentire la sua presenza per tutta la vicenda. Ingiustamente sottovalutato da pubblico e critica, il film merita più di una visione.
La cosa migliore di questo passabile horror è l'atmosfera malsana, ottenuta utilizzando in maniera brillante la (abusatissima) location di uno scalcinato edificio un tempo adibito a manicomio. Lo script è la parte più debole del progetto: procede bene all'inizio ma poi si lascia andare ad un intreccio intricato che, più che interessare, frustra. Gli attori non sono affatto male. Tipico horror usa e getta, anche se con qualche spunto valido. Anderson farà meglio con El Maquinista (L'uomo senza sonno).
Brad Anderson ha talento e questo film è sottovalutato. Certo, le tematiche sono abusate ma è proprio nella rivisitazione dei clichè che un regista con personalità si distingue. Insieme ad Antal ed Hafström rappresenta una schiera di registi più o meno giovani che si rifanno ai grandi esempi dell'horror. Tutti e tre fanno incetta di carrellate alla Kubrick (ma ne L'uomo senza sonno fa capolino Hitchcock) e di un modo di costruire il film più sull'atmosfera che non sullo sguardo. D'altronde è sempre il non-visto (le registrazioni, appunto) a far paura.
MEMORABILE: I corridoi marcescenti dell'ospedale; le registrazioni.
Location abusata, ma sfruttata molto bene, e un gruppo di personaggi fuori dagli schemi, dato che non sono certo molti i film che hanno per protagonisti operai sul lavoro. Qui devono sottostare ai tempi ristrettissimi imposti per portare a termine la bonifica dell'amianto nell'ex manicomio in ristrutturazione e questo causa tensioni e malumori. È il piccolo imprenditore in crisi a dare fuori di testa oppure sono le presenze malvagie del luogo a combinare casini? Bravi attori, atmosfera malsana: un buon horror.
MEMORABILE: La scena nel lungo corridoio, con le luci che si spengono ad una ad una.
Ottimo film che partendo da un clichè dell'horror (il luogo maledetto, un manicomio abbondonato in questo caso) lo elabora e ne resituisce una visione aggiornata ed per alcuni aspetti anche originale. Atmosfere realmente iquietanti, un senso di oscura minaccia incombente ed una forte ambiguità tra soprannaturale ed inganno della mente fanno di "Session 9" un prodotto riuscito, capace veramente di spaventare. Tutti convincenti gli attori, soprattutto David Caruso. Regia misurata, elegante, senza una caduta di tono.
Sempre pronti a deliziarci questi maledetti manicomi. Opera che ruota completamente sulla costruzione di un'atmosfera di perenne inquietudine, dettata più dalle percezioni e dai "pregiudizi" (spettatoriali e diegetici), che da altro. Per tutta la durata, infatti, non avviene praticamente nulla: il tutto si scatena nei, dovuti, ultimi dieci minuti. Paradossalmente, i meno convincenti dell'intera opera. Un cast che diviene parte integrante dello spessore psicologico; bella prova di Peter Mullan, calatosi perfettamente nella parte. ***
Da un lato ha il merito di creare una bella atmosfera ed una discreta dose di mistero
senza cavalcare l'onda dei facili effetti. Dall'altro però va segnalata una storia già vista (compreso un finale poco convincente e telefonato) la cui tensione è diluita da troppe pause narrative e da alcuni elementi poco approfonditi che alla fine si perdono nel "nulla". Buona la prova degli attori, meno quella del regista.
Non del tutto sufficiente.
Una nuova versione della vecchia storia del manicomio abbandonato che vive dei ricordi delle persone che hanno sofferto. Anderson riesce però a realizzarne un qualcosa di personale, aiutato da un cast abbastanza peculiare ma talentuoso (perfino Caruso è in parte). La storia però, nonostante i buoni spunti delle sessioni, non decolla più di tanto, limitandosi a fare da presupposto per la spiegazione delle motivazioni dei personaggi, senza aggiungere o comunicare granchè allo spettatore. Una pellicola comunque discreta.
MEMORABILE: Uno dei più epici "vaffa" della storia, grazie David Caruso.
Di solito non mi spavento mai godendomi un film horror, ma con Session 9 sono rimasto pietrificato dal terrore! Non un vero e propio horror in senso stretto (come tutte le opere - poche - di Anderson), ma un viaggio nella follia umana senza ritorno. Uno dei film più terrificanti che ho visionato e, a parte i rimandi a Shining, originale e claustrofobico. Le registrazioni della ragazza rinchiusa nel manicomio non riesco a togliermele dalla mente. Tra gli operai uccisi nel finale c'è pure Larry Fessenden. Uno dei migliori "psycho thriller" mai girati.
MEMORABILE: Naturalmente le registrazioni della ragazza internata. Da perderci il sonno!
La prima ora è tutta dedita ad imbastire l’atmosfera, ma secondo me è tirata troppo per le lunghe e dopo mezz’ora perde di mordente. Poi, a parte la location stra-abusata (il tipico luogo maledetto), la pellicola subisce un’accelerata notevole nella seconda metà. La follia, il delirio, le allucinazioni, la paranoia e l’inquietudine crescono a dismisura. La buona regia di Brad Anderson miscela il tutto molto sapientemente e il gioco è fatto!
Innanzitutto un cordiale abbraccio ai poveri disgraziati che decideranno di vedere il film. Se ti aspetti il solito film ambientato nel manicomio abbandonato e con i fantasmi ti sbagli, vedrai molto di peggio. Film dalla brutta fotografia e un cast di basso livello, che gioca sui disturbi psichici del protagonista confondendo la realtà dei fatti allo spettatore. L'unico personaggio simpatico muore dopo 20 minuti. Finale noiosissimo, come tutto il resto.
Classico film d'atmosfera in cui la storia si ricorda poco (è per la verità decisamente banale e male articolata) ma ti resta palpabile addosso un senso di insanità e claustrofobia ben reso dalla scenografia degli interni in ristrutturazione. Anderson continuerà il suo particolare discorso su alienazione operaia e thriller/horror ne L'uomo senza sonno. Qui si giova della credibilità degli interpreti per un opera interessante ma senza dubbio farragginosa. Meriterebbe forse una seconda visione.
Agli inizi della carriera di Brad Anderson, questo film, imperfetto e irrisolto a livello di soggetto e sceneggiatura, mostra però - e non solo in nuce - tutto il talento visivo del regista nel creare atmosfere e situazioni di tensione e angoscia, sfruttando al massimo le ambientazioni ansiogene e costruendo gradualmente un climax di terrore che funziona, a prescindere dall'esito parzialmente deludente della trama.
Film da vedere attraverso due diverse prospettive: da un lato quella narrativa, decisamente non nuova e peraltro francamente deludente nella parte finale che appare assai prevedibile (evidente limite in un film di questo genere). dall'altro lato non può che definirsi pregevole la componente per così dire estetica, caratterizzata da scenografie intriganti (l'ospedale abbandonato) ed in generale una pregnante cupa atmosfera che fa da contorno ideale alle vicende narrate. Buona nel complesso la prova del cast.
Soporifero e generalmente sopravvalutato, Session 9 è un film dalle due anime: se da un lato cast, location ed idea di partenza sono perfette, dall'altro regia e sceneggiatura (contorta ed ampollosa, vuole a tutti i costi stupire lo spettatore) finiscono col risultare pretenziose ed inadeguate, compromettendo un film che poteva risultare un piccolo gioiello. E la virata splatter del finale, superflua ed irritante, non fa che confermare la generalizzata banalità e confusione di idee (sino a quel momento era sembrato un horror d'atmosfera...)
Anderson dimostra di possedere un talento cristallino: tramite l'uso consapevole del mezzo, infatti, crea un'atmosfera colma di tensione e angoscia. Purtroppo la sceneggiatura poco risoluta vanifica il meraviglioso impatto visivo dell'opera. Non si segnalano prove di recitazione degne di nota. Il finale lascia perplessi e non conquista. Occasione sprecata!
Bel pezzo di bravura questo racconto che sa tenersi splendidamente in equilibrio tra i problemi dei protagonisti e le presenze soprannaturali e riesce a creare una tensione crescente senza scene esplicite e senza abusare del fattore buio (al contrario ed è proprio quello il sale del film). Alcune piste non si allacciano bene (es. la "fuga" di Henk) e il finale lascia più di un rimpianto ma molte sequenze girate dentro alla splendida location del maniero rimangono dentro. 3 e mezzo.
Pur con una fotografia un po' da b-movie (in digitale quando ancora il digitale non eccelleva) uno dei thriller-horror più belli e tesi del decennio, che si prende i suoi tempi per costruire la suspense (giocando in tre direzioni: casa infestata alla Shining, possibili complotti e nastri inquietanti da ascoltare di nascosto) e lavorare sui personaggi per poi esplodere in un'ultima mezz'ora al cardiopalma, forse meritevole di più di una visione per coglierne tutte le sfaccettature. Buon cast e location d'effetto. Un signor film.
La location è agghiacciante sia per quanto riguarda gli esterni, sia soprattutto per gli interni. La cosa migliore del film è proprio questa, perché la storia non rende merito ai luoghi maledetti in cui è stato girato il film. Gira che ti rigira siamo sempre a guardare i volti dei protagonisti che arrancano alla ricerca di qualcosa che sorprenda pure loro. Tutto questo nonostante un cast dai nomi importanti. Della serie: come buttar via una buona idea di partenza. Sconsigliato.
Quando una location claustrofobica viene valorizzata da una regia sapiente, il risultato non può che essere positivo. La pellicola di Anderson non sfrutta sangue né impennate sonore; nemmeno spiegoni o improbabili apparizioni trovano spazio qui. Il tutto si gioca con le ombre, i silenzi e i dubbi che serpeggiano fra i personaggi; pochissimi - e indovinati - gli escamotage di stampo horror. Peccato davvero che la sceneggiatura scricchioli in certi passaggi, oltre a non fregiarsi di una chiarezza espositiva che avrebbe solo fatto bene.
MEMORABILE: I nastri di Mary Hobbes, terrorizzanti e capace di delineare la follia (leggi: amplificazione della gravità di piccoli gesti nel quotidiano).
Un esempio per il mediocrissimo horror attuale: nessun effetto o effettaccio, ambientazione non gratuita ma usata come correlativo oggettivo degli stati psicologici (i meandri desolati come vie oscure dell'anima), fiches puntate su ottimi attori (bravo Mullan, bene Caruso). A suo debito: certi dialoghi isterici e coprolalici, il finale troppo definito che, retrospettivamente, toglie tensione metafisica e impedisce quella rilettura (o re-visione) che è essenziale ai classici.
Annunciato come il capolavoro di Anderson, Session 9 pare abbastanza sopravvalutato. Da adorare il modo inedito che ha Anderson di muovere la macchina, il riuscire ad aggiornare agli anni '00 il tema della magione - qui manicomio - che influenza le persone, ma tutto il resto sta su livelli piuttosto mediocri. Il cast - molto realistico - di operai manutentori dà quell'alone di giusta sciatteria al film.
Non privo di difetti, in particolare le lungaggini della prima parte, ma ben strutturato con la complicità di una location davvero notevole e una fotografia che contrasta con la drammaticità della follia che emerge poco a poco. La versione italiana, purtroppo, presenta una voce fuori campo dal timbro costruito e abusato nei thriller di quegli anni per cui sarebbe meglio visionare il film in lingua originale. Grande Peter Mullan e il vero protagonista presente-assente Simon, che regala momenti quasi poetici.
Notevole thriller/horror ambientato in un vecchio manicomio abbandonato che vede come protagonisti un gruppo di operai intenti a rimuovere materiali tossici in vista di un prossimo restauro dell'edificio. Anderson è bravo a creare ansia e tensione grazie a una trama ambigua che confonde lo spettatore tra ciò che è reale e ciò che non lo è, accompagnando i protagonisti in una lenta discesa verso la follia. Il film punta tutto sull'atmosfera viaggiando su ritmi particolarmente lenti fino al twist finale ricco di sangue. Promosso.
Per essere un palese clone di Shining, si tratta di uno degli horror più riusciti degli ultimi vent'anni. Anderson costruisce l'inquietudine partendo dal niente, mostrando il meno possibile (in fondo è noto che la paura è molto più efficace quando la minaccia resta invisibile) e puntando un all-in sulle atmosfere e sul potere suggestivo del buio. Se in più ci si mettono dettagli disturbanti (la descrizione della lobotomia e di altre pratiche riservate ai pazienti del manicomio) e agghiaccianti registrazioni (le sessioni), il quadro è completo.
MEMORABILE: Un operaio si intrufola di notte nell'edificio deserto e scopre di non essere solo: da brividi; La terrificante voce di Simon; Il macabro finale.
Una ditta di bonifica è incaricata di smantellare l’amianto di un vecchio manicomio in disuso parente stretto dell’Overlook Hotel. Il lavoro si svolge in un clima di crescente tensione a causa delle problematiche personali dei singoli operai e dell’atmosfera sinistra del luogo. Girato con pochi mezzi, un horror psicologico che sembra uno strano incrocio tra i film proletari di Loach e Shining. L’inizio è promettente e crea molte aspettative parzialmente deluse da un finale criptico interpretabile a più livelli. Bravi i pochi attori in scena.
MEMORABILE: Il ritrovamento delle monete da parte di Hank; L'ascolto dei nastri abbandonati negli scantinati; Le inquietanti architetture dell'ex manicomio.
Alcuni operai alle prese con la ristrutturazione in un ex manicomio con un passato torbido. Ambientazione gotica (la struttura abbandonata è una sorta di maniero in stile Tudor), suggestioni soprannaturali si mescolano al passato inquietante dei pazienti (appreso da cartelle e vecchi nastri) e alla psicologia dei protagonisti, ognuno con scheletri nel proprio armadio. Gioca più sull'atmosfera e la suggestione che sulla coerenza del canovaccio che rimane piuttosto enigmatico (alla Shining). Luci e ombre per un lavoro non pienamente riuscito.
Il punto di partenza è Shining, non solo per storia o le situazioni, ma anche per lo stile registico. Certo Anderson non è Kubrick, ma è comunque padrone della situazione e riesce abilmente a mantenere una tensione costante senza abusare di "trucchetti" o effetti speciali. Ambientazione già inquietante di suo ancor più valorizzata da un azzeccata fotografia; valido il cast, qualche buco narrativo porta a un finale non completamente convincente che comunque non inficia il livello complessivo.
MEMORABILE: Il ragazzo che cerca di fuggire dal buio ma ne finisce inghiottito.
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Il bravo Peter Mullan, qua nei panni del sofferto e tormentato Gordon Fleming, l'anno seguente (2002) mette mano, in qualità di regista, al pluripremiato Magdalene.
MusicheColumbo • 4/10/10 10:27 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Ottimo l'uso di "Piece for Tape Recorder" del compositore contemporaneo Vladimir Ussachevsky.
DiscussioneZender • 24/10/10 17:37 Capo scrivano - 48337 interventi
No Hackett, avevi solo segnalato la location, ma non c'erano coordinate né fotogramma e solo una foto dall'alto presa in realtà non so da dove. E infatti nulla era stato radarizzato. Quando è stata inserita la location "correttamente" e in modo completo, diciamo, è scomparso il post incompleto. E' sempre stato fatto così.
HomevideoRocchiola • 4/11/19 09:01 Call center Davinotti - 1283 interventi
Recentemente ristampato in DVD dalla Mustang che dovrebbe aver semplicemente ripreso la vecchia edizione marchiata CDI senza apportarvi alcuna miglioria. Però si vede bene l'immagine è pulita e nitida ed anche il dettaglio risulta soddisfacente. Audio italiano dolby surround anche in versione 5.1 di discreto livello pulito e non troppo basso. Malgrado sia girato completamente in digitale il film presenta una colorazione calda e naturale degna di una pellicola tradizionale. Solo negli Usa e senza audio italiano è uscito anche in bluray grazie alla benemerita Shout Factory.