Clamoroso successo di pubblico per per questo melodrammore strappalacrime che premiò l'esordio registico di Enrico Maria Salerno. Una storia molto vicina a quella del contemporaneo LOVE STORY, ma integrata molto meglio all'ambientazione. Una Venezia cupa, grigia, quasi deserta fa da sfondo ideale all’incontro tra lui (Tony Musante) e lei (Florinda Bolkan), separati da sette anni ma non ancora divorziati. Lei è andata a vivere a Ferrara con un altro, lui è rimasto a Venezia da solo e soffre di un male incurabile (“Mi han dato cinque, sei mesi di vita”). Questo cambierà completamente il rapporto, dapprima teso, tra i due, facendo riscoprire...Leggi tutto a lei l'amore. Venezia, città in agonia, destinata ad affondare prima o poi, diventa la metafora della drammatica situazione di lui e viene ripresa per l'intera durata del film (girato quasi esclusivamente in esterni, visto che racconta di un'unica giornata trascorsa tra calli e campielli). Interpretazioni molto sentite, una regia sobria che che sa come valorizzare le location lagunari evidenziandone il decadentismo. Il film è tutto giocato sui dialoghi, sugli improvvisi scatti d’ira di lui ai quali lei reagisce con sgomento. L'inevitabile ripetitività di fondo è fortunatamente alleviata dalle celeberrime musiche di Stelvio Cipriani (ma l’Anonimo Veneziano è rielaborato da Giorgio Gaslini) e il film si lascia guardare con un certo trasporto. A convincere è soprattutto Musante.
Lacrimosa vicenda, la cui realizzazione oggi risente dei decenni ma che mantiene saldezza narrativa. Ottimi gli interpreti (fanno capire che ci credono), fotografia strepitosa (Marcello Gatti), notevole pezzo musicale moderno (Cipriani) e brano antico passato alla storia del cinema italiano, l'Adagio di Alessandro Marcello, fratello del più noto Benedetto. Il finale, accuratamente e ruffianescamente elaborato, è un colpo basso al quale è difficile resistere per il suo implacabile costrutto, un "dolce naufragare in questo mare". Sorprendente cammeo di Toti Dal Monte.
MEMORABILE: Il finale lacrimogeno, di micidiale perfezione: si noti il "macchina indietro", con lui che su fa piccolo e poi scompare, dietro colonna nera.
Lui musicista "intenso" (se no che artista sarebbe?) e simpatico come una tonsillite; lei ancora bellissima, legata a un altro. Si amarono, si riamano; ma lui ha i giorni contati. Lacrime a sfare e il livello dell'acqua a Venezia sale, sale... Per noi vecchi cinici questi film sono l'apoteosi del kitsch, però ci leviamo il cappello di fronte alla teutonica perfezione della macchina lacrimogena allestita da Salerno e da Berto. Cipriani si fa il fondo-pensione con il leit-motiv. Love story ci fa un baffo.
Prima aggressivo e cinico, poi confidenziale e riconciliatore, ambientato in quella città in cui il cinema ha spesso situato altre tristi vicende di amore, decadenza, malattia e morte. Un intenso dramma che valorizza al meglio le sentite interpretazioni dei due protagonisti, appoggiati dal memorabile score di Cipriani, che interviene puntualmente ad enfatizzare tutti i momenti topici.
Quando ancora la televisione cannibale delle Carrà e delle De Filippi era cosa lontana, le signore, se volevano piangere davanti ad uno schermo, dovevano guardarsi un buon sceneggiato (magari con origini letterarie) oppure lo strappalacrime, da Love Story all'Incompreso di Comencini. Qui c'è tutto per il grande successo, dalla musica alla città ed è un piacere che questo bersaglio venga colto da un grande come Enrico Maria Salerno. La voce di Musante è di Sergio Graziani. Il dvd si trova in Spagna!
MEMORABILE: La lunga camminata dei due ex, dall'interno stazione alla Venezia da cartolina.
Filmone strappalacrime indubbiamente ben fatto (ma non un capolavoro) e sufficientemente furbo per diventare (come è stato) un grande successo commerciale. Protagonista una coppia in cui uno dei due (Love story insegna) è malato sullo sfondo di una Venezia magnificamente fotografata e con il contorno di musiche struggenti e un approccio stilisticamente raffinato da parte del regista Enrico Maria Salerno.
Micidiale tormentone degli Anni Settanta, col merito di illustrare una Venezia nascosta come non si era mai vista prima al cinema. Musante è da calci nel fondoschiena e la Bolkan troppo androgina, ma il film funzionò e comunque resta migliore del suo contemporaneo, terrificante, Love Story. La colonna sonora di Cipriani fu uno dei leit motiv dell'epoca e a Venezia non ci fu radio privata per tutti i tardi Anni Settanta che non la usò come sottofondo.
Storia dell'impossibile ricostruzione di un amore in frantumi, con la morte nel cuore e nel fisico in una Venezia decadente, ventosa, autunnale, cartolinesca e alternativa al tempo stesso (squarci meravigliosi della città, accanto ai segni del tempo e dell'inquinamento - dagli Anni Settanta inizia infatti il concreto dibattito sulla salvaguardia di Venezia). Mai ci fu e mai più ci sarà una Venezia dipinta in modo così struggente come in questo film. Colonna sonora da brividi. Irripetibile.
MEMORABILE: Musante spiega alla Bolkan come la bellezza di Venezia sia nel fatto stesso di essere perennemente in una condizione di precarietà, di lenta agonia.
È uno dei tanti prodotti strappalacrime dei primi Anni Settanta, composto dai soliti luoghi comuni che hanno fatto la fortuna del genere (una storia d'amore intensa ed impossibile, una malattia terminale etc. etc.) e del cast di giovani attori promettenti. In sceneggiatura, Enrico Maria Salerno e Giuseppe Berto tentano addirittura la strada del cinema impegnato, mostrando fievoli sprazzi di favoritismo nei confronti del divorzio. Da elogiare, comunque, alcune scelte di regia e la colonna sonora musicale di Stelvio Cipriani.
MEMORABILE: L'esibizione di Musante nel teatro deserto.
Una Venezia mai così decadente, indagata in ogni suo più buio e segreto meandro; due protagonisti strepitosi (Musante e la Bolkan); un argomento centrale durissimo e spietato; la bellissima colonna sonora di Stelvio Cipriani, coronata dal concerto per oboe di Alessandro Marcello (il tema famosissimo che dà il titolo al film); una regia accurata e mai banale; lacrime finali in quantità (anche per chi non si commuove facilmente). Un climax emotivo "scaltramente" calcolato per un funebre vademecum turistico dell'anima, dall'incedere struggente e disperato.
MEMORABILE: L'esecuzione del concerto per oboe di Alessandro Marcello e lo sguardo umido di disperazione della Bolkan.
Classicone da cui mi aspettavo molto di più. La regia di Salerno è necessariamente composta e sobria per sposarsi con la fotografia grigia di una Venezia malinconica e decadente (non a caso non c'è un fotogramma girato a piazza S. Marco o in uno qualsiasi dei luoghi più rinomati della Serenissima). Dopo la prima mezz'ora già stanca. Finale strappalacrime e musiche entrate ormai nel mito.
Una Venezia triste raccoglie il ricordo e le prospettive di un amore disperato. Grande fotografia e piani di una splendida città, sbiadita forse, ma non sconfitta. La vittoria della città si vedrà, chissà, perché l'atmosfera è necessaria per riprendere i pensieri d'amore. E speriamo che l'amore non debba mai perdere la sua partita. Musicato amorevolmente.
Melodrammone sentimentale studiato a tavolino per commuovere che ebbe all'uscita un notevole successo. Dopo un avvio incerto ricco di dialoghi pedanti, viene fuori il mestiere registico, volano i talentuosi attori e troneggia un comento musicale davvero memorabile. Solita protagonista aggiunta la bellezza decadente ma immutata di Venezia, città ideale per ambientare la deriva malinconica dei personaggi.
Quasi un'astrazione filmica che riduce il melodramma ai suoi elementi strutturali nell'unità teorica di tempo, azione e luogo: un uomo e una donna vagano in una Venezia esangue, ricettacolo di amore e morte. Salerno ignora clamorosamente l'arte del montaggio e compone inquadrature d'inusitata ricercatezza formale annientando la scansione temporale in un presente d'insopprimibile ed estenuante languore. Lo struggimento gongola e non manca il puro delirio (la corsa edenica in abiti bianchi). Il minimalismo di Love Story però non aveva altrettanto fascino ed era paradossalmente più patetico.
Da non paragonare a Incompreso: se non si coglie il senso della vita che sta sfumando e dell'amore, quello vero, non si afferrerà fino in fondo il messaggio del film, un'opera sentimentale e crepuscolare come Venezia che, con la sua agonia, sembra sprofondare nella laguna come il protagonista nel buio dell'ignoto. La soundtrack di Cipriani riesce a trasmettere le emozioni dei due nel loro ultimo incontro, volto a suggellare e a rievocare in un sol giorno, quelle forte emozioni di chi vive, ama e muore.
L'amore, un brutto male diagnosticato, una giornata fredda e... Venezia, città romantica e allo stesso tempo inquietante, come la storia qui raccontata. Enrico Maria Salerno passa dietro la macchina da presa e realizza il primo di tre film (tendenti al lacrimevole) e lo fa nel migliore dei modi. Musante, uomo dal volto profondo, triste ma affascinate e la Bolkan, bellezza raffinata. Le emozionanti note di Stelvio Cipriani (che hanno fatto il giro del mondo) sono esse stesse attrici nella pellicola, togliendo spesso spazio ai pur bravi attori.
Una love story alla Love story (a parti invertite) nella quale l'analisi della situazione di una coppia viene fatta con lucidità quasi bergmaniana. Se nel film di Hiller la tragedia si intromette in una relazione giocosa, qui permette ad un amore litigioso e in declino di ritrovare i sentimenti autentici. Il film non è perfetto, soffre un inizio interlocutorio che poi recupera egregiamente, ma era difficile trovare due attori più perfetti nei loro ruoli di Tony Musante e Florinda Bolkan. Bella Venezia e bellissime le musiche. ***½
Eccellente drammone dai toni decadenti e deserti. Tony Musante assume il ruolo di una Venezia morente, un uomo che diventa simbolo di una città, mentre Florinda Bolkan è la donna che accompagna "Venezia" sino all'ultimo sofferto... concerto! Se avete tante lacrime in corpo questo gran pezzo di anni '70 "all'italiana" fa proprio per voi. Immortale.
Classico indimenticabile del genere sentimentale, apoteosi del romanticismo; si è detto di tutto su questo film; effettivamente questa pellicola ormai fa parte dell'immaginario collettivo. Temi come gli amori mai finiti o forse sopiti, scorci di una Venezia decadente e un cast all'altezza completano l'opera. Splendida la colonna sonora e lacrime a fiumi (sì, ho pianto non poco alla fine).
MEMORABILE: Le prove nella chiesa; Musante e la Bolkan che ricordano il passato.
Fu uno dei più grandi successi di pubblico degli Anni Settanta, con mesi ininterrotti di proiezione e il primo film diretto da Salerno. Si lascia piacevolmente ammirare per i dialoghi, la scelta delle location in una Venezia che, per come è fotografata, diventa presto un tutt'uno con la malattia e decadenza di Enrico (oboista impegnato nella registrazione di un concerto di Alessandro Marcello), Valeria e il loro amore consumato. Corredato da un buon commento musicale. Ottimi Musante e Bolkan che non cadono mai nel mellifluo né nel melodrammatico.
Un musicista, resosi conto di essere malato gravemente, invita a Venezia la sua ex moglie non rivelandogli il suo stato di salute. La donna scoprirà troppo tardi di amarlo ancora. Film strappalacrime apparentemente furbo, ma più approfondito nella caratterizzazione dei personaggi rispetto al contemporaneo Love story con il quale condivide la trama. La giornata dei due personaggi, ricca di momenti teneri e litigate violente, si snoda in una Venezia straordinariamente decadente e la regia di Salerno, seppur con qualche forzatura, convince.
Un saliscendi continuo fra (modeste) vette (l'ambientazione marcescente di Venezia quale correlativo della malattia del protagonista) e profondi fossati al limite del kitsch (attizzati dalla storica colonna sonora). I dialoghi seguono tale sorte: alcune volte son convincenti, altre vantano la stenta credibilità degli incarti dei cioccolatini (con tale risultato: la citazione di Proust pare venire dai cioccolatini). Bravi i due protagonisti, comunque, soprattutto la Bolkan con la sua naturale allure aristocratica.
Ultimo giorno insieme per una coppia che in passato si era amata. Ampio preambolo per descrivere gli antefatti di odio e amore per arrivare a disquisire della vita che finisce (la seconda parte è meno filante). Venezia dà ampia cornice alla relazione decadente e serve per abbellire i continui spostamenti. La coppia ha un’alchimia sufficiente: Musante cerca di essere il perno, ma si nota di più la bellezza ombrosa della Bolkan e difatti la conclusione è scarsamente emotiva. Musiche di Cipriani indimenticabili.
MEMORABILE: Musante che dirige nel teatro vuoto; “Ti uccido io”; “Venezia sembra una nave in fondo al mare”; La Bolkan che indossa i tessuti.
Un film straordinario, si vede l'impronta del grande Enrico Maria Salerno. Non è un film sentimentale né strappalacrime, ma tutt'altro; è un ritratto sconvolgente, drammatico/esistenziale, sui risvolti tragici della vita, sull'effimero e il futile, sulla sofferenza, sull'incomunicabilità e l'insostenibile inconsistenza ultima dell'esistenza umana e non. Un eccellente Toni Musante, ma anche un'ottima Bolkan in uno scenario favoloso. Capolavoro.
Al di là di qualche ingenuità (la figura del musicista bohémien), di imperfezioni a livello tecnico e di un soggetto elementare, un efficacissimo tripudio di sentimenti e malinconia, in cui a colpire maggiormente risulta non tanto la piega mortifera della vicenda, quanto il perenne senso di rimpianto, di ineluttabile declino in contrasto con un passato di cui vengono masochisticamente metabolizzati solo i momenti radiosi. Calzanti ambientazioni e musiche, eccellenti protagonisti. Potenzialmente devastante, per lo spettatore nostalgico.
MEMORABILE: Come avverrà in Oldboy, i protagonisti incontrano la copia (qui lucente e spensierata) di loro stessi molti anni prima.
Una Venezia decadente, una bellissima fotografia, una musica inserita al momento giusto che ti trasporta e rimane nella testa, una coppia di attori (Bolkan e Musante) che si amalgama bene, il tutto orchestrato da una buona regia di Enrico Maria Salerno. Un successone all’epoca, anche se forse adesso risulta un po' antiquato. Attenzione... lacrime in agguato.
Film strappalacrime, che si avvale in questo senso di una colonna sonora struggente, di una fotografia che eterna Venezia in una bellezza decadente e mozzafiato e di una coppia di protagonisti in stato di grazia, straordinari nelle loro rispettive interpretazioni, in grado di reggere da soli il film. Le uniche note dolenti sono l'eccessiva verbosità e l'eccessivo citazionismo, che rendono il tutto meno credibile di quanto si potrebbe essere. Per il resto Enrico Maria Salerno, qui al suo esordio registico, realizza un'autentica perla, raffinata e intensa. A un passo dal capolavoro.
Un musicista malato terminale invita a Venezia la sua ex moglie che, tra un litigio e l'altro, si accorgerà di amarlo ancora. Film del filone strappalacrime molto in voga negli anni '70 che, pur non essendo memorabile, perlomeno annovera le intense recitazioni di Musante e della Bolkan e una straordinaria e triste città lagunare che fa da sfondo. Salerno caratterizza benissimo i personaggi visto che a parte loro non c'è quasi nessuno a recitare e, a differenza del coevo Love story, attenua di molto il pietismo grazie a una trama che sa essere anche cruda.
Lacrima-movie d'autore, con Enico Maria Salerno che esordisce alla regia ma dimostra di aver molto ben chiari i meccanismi che portano al successo popolare. La coppia di attori è bella il giusto e brava quanto serve, la Venezia da cartolina è lo sfondo più azzeccato possibile, la musica strappalacrime fa la sua parte. Insomma, tutto funziona, ma resta un'impressione di freddezza che per l'appunto raggela gli entusiasmi.
Film iconico dell'epoca. Successo meritato, nonostante il melodrammatico troneggi forse eccessivamente, ma in maniera decisamente perfetta. Tutto è un salto a piè pari nella malinconia, dalle ormai leggendarie musiche di Stelvio Cipriani alle atmosfere invernali di una Venezia immortale nella sua decadenza. Tony Musante e Florinda Bolkan sono una coppia vincente, tra lacrime e litigi, ricordi struggenti e dolorosi di una passione consumata e finita, destinata a un epilogo ancor più triste.
MEMORABILE: L'esecuzione dell'adagio, nel finale; I ricordi quando ritornano nella casa; Il parallelo tra la tristezza d'una storia finita e i paesaggi veneziani.
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B. Legnani ebbe a dire: Franz ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Incredibile. Il brano è attribuito a Benedetto Marcello e non a Alessandro Marcello. Si vede che non avevano visto il film... però nel film a un certo punto Musante stesso dice che il brano che sta incidendo con i giovani a San Vidal è di Alessandro o Benedetto Marcello, non si sa (sic).
Giustappunto!
La ricerca musicale da tempo aveva attribuito l'opera ad Alessandro. Vedere il film sarebbe almeno servito a controllare! Eh sì!
HomevideoZender • 4/06/18 07:00 Capo scrivano - 3 interventi
La versione del dvd A&R è quella integrale da 1h28'56" (di fatto come quella Rai). Quella del dvd spagnolo è invece quella da 1h26'32", mancante di qualche scena (tipo verso il minuto 51 quella dei ragazzini che giocano al fazzoletto e poco doopo l'uomo che dice ai due che non si può stare dove stanno).
HomevideoZender • 31/08/21 07:34 Capo scrivano - 3 interventi
Non si capisce se 16:9 significa che è 1:85:1 o giù di lì (quindi sbagliato, visto che è stato girato in 1:371:1) o se è semplicemente un 16:9 del formato corretto. Ad ogni modo di nuovo un semplice dvd con edizione "rimasterizzata" se lo tengono.
Zender sul libro Storie di cinema a Venezia c'è scritto che nell'antica Casa Frollo alla Giudecca, storico rifugio di artisti, risulta ubicata nel film l'abitazione-studio di Tony Musante, (dove nella realtà abitava un famoso pittore austriaco). Risulta?
1) Lo scrittore Giuseppe Berto (che sceneggiò il film con Salerno) è nato e vissuto a Mogliano Veneto, infatti a lui è intitolato il liceo della sua città natale e una via. In più vicino la stazione ci dovrebbe essere ancora la sua casa natale (appena posso m'informo se esiste ancora dato che c'è il cartello ma non so se ci sia la casa).
2) A Toti Dal Monte (la locandiera) è intitolata la via che porta alla stazione di Mogliano Veneto