Riflessione su "Henry pioggia di sangue"

18 Aprile 2008

Il tema del serial killer è uno dei topoi del cinema horror più sfruttati, tanto da farne quasi un sottogenere a sè. L' horror è un genere cinematografico fortemente codificato: basta contravvenire coscientemente anche solo a qualche sua regola che il film che ne verrà fuori risulterà fortemente disturbante o quanto meno spiazzante.
Innanzitutto levate suspance al film, poi togliete ogni spettacolarizzazione possibile nella figura del serial killer, non di meno sottraete quel poco di fascino che il protagonista possiede; ma soprattutto rinuciate alla catarsi finale e alla chiusura della storia raccontata.
Avrete così questo piccolo cult movie, che definire un horror è più che riduttivo.
 
Un film horror diverte prima che spaventare. Questo non diverte e forse nemmeno spaventa: agghiaccia totalmente, mette a disagio, ci fa sentire dei vouyer che spiano dal buco della serratura i più atroci delitti mai commessi. E ci sentiamo impotenti, perchè dopo tanto sconvolgimento, non potendo chiudere gli occhi di fronte a certe scene e nemmeno potendo scegliere di andare via (perchè siamo dei guardoni e vogliamo andare fino in fondo...) non abbiamo nemmeno l'occasione di poter far qualcosa in favore delle povere vittime. iamo guardoni e consenzienti davanti a ciò che il video ci mostra. E da questo deriva il disagio maggiore che un film del genere mette addosso, disagio che non si affievolisce nemmeno
dopo la fine del film in quanto, come si diceva prima, manca appunto la catarsi finale, lo scioglimento della vicenda e i buoni che trionfano. Qui no, nessuno trionfa, forse solo il male.
 
Il tutto è ancora più disturbante se pensiamo che il film è tratto dalla storia vera di Henry Lee Lucas, famoso serial killer che, si dice, fece fuori 300 vittime, da solo o in compagnia del fido "amico" Otis. Girato in uno stile scarno, scabro e scarnificante (a volte ricorda l'Abel Ferrara degli esordi, quello più "sporco"), che non è nemmeno documentaristico come in molti credono ma tutt'al più trova il suo referente più prossimo nei filmetti familiari girati in vhs (non a caso i due assassini filmano spesso le loro vittime per poi rivedersele con calma nella quiete delle mura domestiche) narra appunto un frangente nella vita di quello che è forse il serial killer più famoso d' America.
 
Diviso in due parti, di cui la prima mostra i delitti in una specie di differita (le vittime vengono addocchiate e subito dopo sono già cadaveri e straziate, con un sonoro fuori campo che invece fa udire il momento dell'assassinio, l'assassinio cioè non viene mostrato) mentre la seconda fa entrare nel vivo degli omicidi, che comunque sono spesso mediati del filtro della videocamera e dallo schermo televisivo.
Non vi è una vera e propria scansione narrativa degli eventi: ci vengono mostrati pochi frammenti essenziali della vita di Henry (il che rafforza la tesi del videodiario casalingo, usato anche come struttura interna del film), interpretato alla perfezione da Michael Rooker, ben couadiuvato da Tom Towles nella parte di Otis, l' "amico" emulatore sottomesso dalla forte personalità del protagonista. Ogni omicidio è filmato nella sua banalità, senza nessuna concessione al fascino della violenza. 
Banalità e quotidianità della vita di un serial killer, questo è quello che forse sconvolge di più: tutto avviene senza un motivo, senza causa, forse per noia. Henry è un solitario, uno che uccide da solo ma per caso capita che il suo amico Otis assista attivamente a un suo omicidio. Da questo momento sono una coppia di serial killer, due amici con un hobby in comune, che invece di andare al cinema o allo stadio, per svagarsi escono di casa e fanno fuori chi gli capita a tiro. Un rapporto d'amicizia difficile e tormentato, che sfiora spesso in un'omoserssualità latente. Infatti verrà messo in crisi dall'entrata della sorella di Otis, che si innamora di Henry, il quale a suo modo contraccambia.
L'entrata in scena dell'amore forse può dare una svolta nella vita di Henry, un esile filo di speranza. Ma il "carattere" di Henry ha la prerogativa su tutto: egli è un solitario, non può avere al suo fianco nè amici nè amori. La sua compagna è una sola: la morte.
 
E' fatto assai noto che questo film da noi è famoso più per essere stato citato da Nanni Moretti nel suo Caro Diario, che per un suo effettivo riscontro di pubblico (la versione che passa a tarda notte in tv del resto è tagliatiassima). Moretti si scagliò ferocemente contro il film e soprattutto contro chi ne parlò bene.
Evidentemente Nanni deve essere rimasto realmente sconvolto dalla visione del film, tanto da non scorgere le implicazioni sociologiche che ne stanno alla base (vouyerismo, dipendenza dal video, la violenza insita nella società e parte integrante dell'essere umano, che piaccia o meno).
Curioso poi notare alcune assonanze tra il personaggio cinematografico di Henry e il Michele Apicella di Bianca (serial killer anch'egli, sui generis certo ma pur sempre un serial killer!), specie per quel che riguarda l'altro sesso.
Allorchè mi domando: non sarà che Moretti in questo Henry abbia riconosciuto qualcosa che apparteneva anche al suo Michele Apicella (e di conseguenza anche di sè e per converso di noi), qualcosa di talmente pericoloso e rimosso da spaventare tutti quanti, un qualcosa che la visione di questo film per forza di cose riporta a galla? Si sa,infatti, che la paura del diverso è soprattutto paura di noi stessi. Ecco perchè questo Henry Portrait of Serial Killer è un film che mette paura: perchè è un film che parla di noi, il mostro è sempre stato dentro noi. Spesso il mostro dorme, ma qualche volta si sveglia... 
 
PS: Il film fu girato nel 1986 ma non trovò distribuzione fino al 1990. In italia è stato frettolosamente distribuito nell'estate del '92.
 
ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO G. GODARDI

Articoli simili

commenti (2)

RISULTATI: DI 2
    Mdmaster

    8 Febbraio 2011 09:53

    Buono spunto di riflessione, magari andava approfondita di più la relazione tra Henry e il real life Lucas (in realtà il film è ben più ammorbidito rispetto alla realtà!).
    Ho più di un sospetto che, se ho valutato correttamente l'intelligenza di Nanni, il regista romano ne abbia parlato male semplicemente per dargli visibilità. Insomma, avrebbe potuto scegliere qualsiasi horror ben più famoso e il risultato sarebbe stato identico ai fini della critica. Se è andato su qualcosa di così oscuro... ci sarà un motivo!
    Matalo!

    17 Giugno 2015 12:42

    esatto il riferimento a Bianca! Ottimo commento