I due volti della vendetta - Film (1960)

Unica prova da regista di Marlon Brando ha un ritmo lentissimo che poco si addice al western e una trama molto classica. Due banditi fuggono dopo una fallita rapina; uno dei due viene preso, l'altro no. Dopo 5 anni passati in carcere Marlon Brando va in cerca dell'amico nel frattempo diventato sceriffo, deciso a vendicarsi per essere stato abbandonato. Influenzato da "Furia selvaggia" di Arthur Penn, che racconta di Billy the Kid e Pat Garrett, è uno dei pochi western in cui si vede il mare. Non riuscitissimo .

Prima ed unica regia del divo Brando, produce un film dalla trama non particolarmente originale, ma reso godibile dall'interpretazione del celebre Marlon e anche del suo degno contraltare, Karl Malden. Appesantito dalla lunga durata e dalla convenzionalità delle situazioni (la brama di vendetta, l'amore tra il protagonista e la figlia del suo rivale), resta comunque un esperimento apprezzabile. Dignitoso.

Per la prima ed unica volta dietro la macchina da presa, Brando sembra seguire passivamente le consuetudini del western – la dilatazione del tempo drammatico, le lentezze narrative, l’amicizia tradita, l’etica della vendetta e le cadute nel sentimentalismo – ma lascia avvertire un proprio tocco personale nel rifiuto del manicheismo e nell’enfasi su sarcasmo, violenza e inventiva (la mano invalidata, l’evasione) che contraddistingueranno ogni futuro western di casa nostra. Sempre eccelso attore, Brando è un romantico antieroe; Malden, uno sceriffo dai modi drastici come Hackman ne Gli spietati.

L’esordio di Brando alla regia è un western con velleità psicologiche, incentrato sul tema della vendetta. Nonostante le ambizioni, tuttavia, il film fallisce proprio nella definizione dei personaggi principali, causa una sceneggiatura pasticciata, cui le buone prove attoriali dello stesso Brando, Pina Pellicer e il resto del cast non possono porre rimedio. Nella seconda parte sconfina in un melò che non sa dove andare a parare e sopraggiunge inevitabile la noia. Comunque apprezzabile il realismo della messa in scena e belle le ambientazioni.

Prima e unica prova dietro la macchina da presa per il divo Marlon Brando. La storia è quella di una amicizia tradita sullo sfondo di un Messico arido e infuocato e di una California assolata e increspata dal mare, dove la vendetta sembra l'unico scopo e la menzogna l'unica verità. La sceneggiatura (in cui troviamo lo zampino di Peckinpah) è corposa e ben organata, allontanandosi un po' dalla stilizzazione essenziale del genere (perde un po' di efficacia nell'ultima parte). Originariamente doveva essere diretto da Kubrick (sic!).

L'unico film di Brando come regista è un western piuttosto atipico, dai ritmi compassati che privilegia all'azione (che pure è presente) la caratterizzazione dei personaggi e la cura della recitazione grazie ad un cast che oltre allo stesso Brando annovera il grande Karl Malden. Ottima la fotografia.

L’aspetto più potente del film è il rumore incessante delle onde dell’oceano e dei gabbiani che rendono questo western praticamente un unicum della categoria. A cui si aggiunge l’imponenza di Brando (qui anche regista), criminale votato alla vendetta contro l’amico traditore: eroe dark ma dal cuore buono, macerato dal dubbio, pervaso da uno spleen quasi decadentista e votato a un understatement quasi remissivo, e (anche per questo) personaggio originale e potente, che si staglia in un film altrimenti ordinario e un po’ lunghetto (140 minuti!).

Unica prova dietro la macchina da presa per Marlon Brando; era stato iniziato da Kubrick, ma in realtà si occupò di riadattare la sceneggiatura originale di Sam Peckinpah. Lo scenario western fa soltanto da sfondo a una storia di amicizia tradita e di amore dove, per la prima volta, compare il mare; un esperimento simile verrà rifatto nello spaghetti western 10.000 dollari per un massacro. Un po' compiaciuto, ma buono.