Due fratelli sono costretti a prendersi cura del padre che non vedono da anni. Sarà l'occasione per avvicinarsi e conoscersi meglio. Film molto significativo che si occupa al meglio dei rapporti interpersonali e della terza età, descritta in modo poco edulcorato e parecchio realistico, La famiglia Savage si avvale di un'ottima sceneggiatura e di dialoghi mai banali ma è sopratutto un film di attori, splendidamente interpretato da Laura Linney e Philip Seymour Hoffman senza dimenticare l'ottima prova di Philip Bosco nei panni del padre.
Buonissimo film americano sul tema della vecchiaia e dei rapporti fraterni. L'ottima sceneggiatura viene diretta in modo lineare dalla Jenkins che si avvale anche di tre protagonisti veramente in forma, su tutti Philip Bosco. La demenza senile viene presa di petto e non ci viene nascosto niente su quanto possa essere umiliante e frustrante trovarsi a fare i conti con simili malattie. Momenti divertenti si alternano a momenti di grande tenerezza e drammaticità in un film che ci racconta la vita così com'è.
Fratello e sorella portano il padre affetto da demenza senile in ospizio. Ammirevole l'equilibrio tra dramma, sentimenti famigliari sconvolgenti, sofferenza, ironia e comicità. Insomma, il dolore per il recupero di affetti spezzati nell'infanzia riemerge e tocca lo spettatore ma senza mai puntare al lacrimevole. E' invece una sofferta simpatia umana quella che viene sollecitata, sia per il vecchio che per i due fratelli che tentano di ricomporre un'impossibile comunità di affetti riuscendo invece a trovare maggior forza in sé stessi. Da vedere.
La famiglia Savage è una piacevole sorpresa. Nel suo essere semplice dal punto di vista formale riesce a possedere una forza inaspettata soprattutto nella sceneggiatura brillante e onesta e nella recitazione straordinaria dei protagonisti (se potete rigorosamente in originale). Il film è gradevole perché riesce a far sorridere e commuovere nello stesso tempo. L'indagine dei rapporti interpersonali è notevole. Da vedere e rivedere.
Nonostante la presenza e la recitazione dei tre protagonisti (Laura Linney, Philip Seymour Hoffman e Philip Bosco), al film manca qualcosa per renderlo sincero e convincente fino in fondo; forse perché troppo intellegibile e leggermente convenzionale. Sicché la storia sembra perdersi dentro meandri che paiono precostituiti ed è facile immaginarne l'evoluzione.
Storia raccontata con grande sensibilità ed un tocco di ironia su uno dei temi più evitati, la decadenza del corpo e della mente nella fase finale della vita. Tre ottimi interpreti per personaggi abbattuti dalla vita, soli e senza felicità, che ritrovano un punto di partenza per rialzarsi (almeno due di essi) nel ricongiungimento famigliare non cercato ma necessario. Una storia raccontata con il giusto tatto, senza nascondere né enfatizzare nulla, senza vergogna. Grande equilibrio narrativo per un film che merita sicuramente la visione.
MEMORABILE: Il viaggio aereo; la proiezione alla casa di riposo; "Qui si viene a morire, Wendy!"
Lo sfacelo della vecchiaia visto senza facili consolazioni e buonismi, ma con un acuminato humor, talvolta allegramente feroce, altre volte venato da una pietas sotterranea. La complicata gestione del padre demente riavvicina i due sballatissimi figli, intellettuale accademico comicamente imbranato l'uno e impiegatuccia con velleità drammaturgiche l'altra, offrendo loro la possibilità di un riscatto dal fallimento esistenziale. Un film lieve ma non inconsistente: piacevole, nonostante il tema.
Fratello e sorella devono prendersi cura del padre affetto da demenza. Tema trattato di rado perché solitamente in America i figli restano lontani e gli anziani se ne vanno in solitudine. E' una presa di coscienza senza infierire nel drammatico, in cui le caratterizzazioni prevalgono sul tema. Equilibrato con dialoghi onesti (specie negli ospizi), viene stemperato con un filo di humor nero tipicamente newyorkese. La Linney ha più scene, Hoffman vira sul cinico.
Tamara Jenkins decide con delicatezza di affrontare un tema complesso e lo fa con l'ausilio di tre ottimi interpreti e di una sceneggiatura molto precisa. Difatti sono principalmente Hoffman e la Linney gli attori che reggono la maggior parte delle scene e, grazie alla loro ironia e bravura, riescono a stemperare anche i momenti più cupi e malinconici della pellicola. Da un punto di vista del ritmo il film tentenna un po', ma con il passare del tempo e la consapevolezza del messaggio che l'autrice vuole mandare, gli si perdona qualche piccolo passo falso. Non male.
Due fratelli, tutti presi dalle loro incerte velleità personali e da un senso di incompletezza affettiva, si ritrovano in occasione della malattia degenerativa del padre, prendendo atto dei diversi punti di vista sul da farsi. Una commedia piuttosto amara che fa luce più sulla personalità irrisolta di Wendy e di quella più pragmatica del fratello Jon, che non sulla drammaticità della malattia che resta comunque presente sullo sfondo. Non mancano situazioni ironiche e l'apertura in positivo del finale recupera un gradevole senso di ottimismo. Bravissima Linney, più in ombra Hoffman.
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DiscussioneRaremirko • 1/10/18 21:57 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buon dramma leggero, con un bel trio di interpreti (eh no, Hoffman non doveva proprio morire, accidenti).
Ha un pò del Mendes hollywoodiano (in versione indipendente però) ed è a più riprese sincero.
10 minuti in meno male non avrebbero fatto, ma anche così si apprezza come spaccato sull'inesorabilità della vecchiaia.