STAGE FRIGHT è il film con cui Hitchcock si stacca definitivamente dal Regno Unito (che aveva già abbandonato da un pezzo, a partire da REBECCA), tornandovi solo molti anni dopo per girare il favoloso FRENZY. Non rientra tra i migliori lavori di Hitchcock, e a tutt'oggi appare piuttosto datato e in fin dei conti noioso. La presenza di Marlene Dietrich catalizza l'attenzione dello spettatore e lo distoglie dal seguire con attenzione la storia, che molta stranamente è meno chiara del consueto. Non convince il cast, l'idea è sempre quella dell'innocente...Leggi tutto che cerca di discolparsi prima che la polizia lo prenda. Certo, il finale è il più tipico esempio di "colpo di scena" del tutto inatteso e ci fa rilevare quanto Hitchcock si sia divertito alle nostre spalle senza curarsi di rendere attendibile la finzione cinematografica, ma non è sufficiente a farci dimenticare un'ora e più di estenuanti duelli melodrammatici (la protagonista femminile si rende odiosa con atteggiamenti da falsa innocente e languidi sbattimenti di ciglia). Anche la figura del padre, che normalmente in un film di Hitchcock servirebbe a inserire nel contesto siparietti comici e dialoghi da commedia brillante, non pare centrare il bersaglio. Pur tuttavia traspare in ogni sequenza la classe cristallina di un regista che non si finirà mai di rivalutare abbastanza. Già da qui la qualità media di un lavoro di Hitchcock è superiore alla maggior parte di quelli di altri autori che hanno operato nel campo del giallo. Forse qui la famosa "suspense" non attanaglia come altre volte, ma STAGE FRIGHT resta pur sempre un buon esercizio di stile, sospeso tra la noia e la classe, con un gran finale.
La divina Marlene Dietrich (nell'attuale ridoppiaggio doppiata da Vittoria Febbi) si concede al maestro Hitchcock,; sul versante femminile c'è pure la compianta Jane Wyman. Molto d'effetto la scena con la bambola insanguinata al luna-park, l'inseguimento e il finale col palcoscenico. Un Hitch sottovalutato, da riscoprire.
Pur essendo uno dei film meno memorabili del maestro Hitchcock, Paura in palcoscenico è un discreto e godibile thriller che trova uno dei suoi momenti migliori nell'interpretazione della grande Marlene Dietrich. Meno all'altezza il reso del cast, specie la Wyman decisamente fuori parte. Il film funziona sopratutto nella parte finale, per il resto la sceneggiatura sembra troppo ricca di divagazioni talora non necessarie.
Aspirante attrice aiuta un collega implicato nell'omicidio di un uomo ucciso da una famosa attrice. Un film genialmente costruito sul rapporto tra finzione e realtà, tra teatro e vita. Tutti mettono in scena un altro sé stessi (perfino una bambola che impersona l'assassina) in un gioco raffinatissimo, che il diabolico Hitchcock costruisce abilmente, beffandosi degli spettatori, dal lungo flashback iniziale fino a un clamoroso finale che negli ultimi secondi ha un esito altamente simbolico in cui il teatro spezza la vita.
Un abito macchiato di sangue, un omicidio, personaggi menzogneri o sinceri (difficile stabilirlo) e uno splendito finale. A mio parere un meraviglioso thriller per niente invecchiato, non molto conosciuto, sicuramente da rivalutare; che altro aggiungere? Emozionante! Senz'altro da vedere.
Solo Hitchcock può permettersi certe cose. Mi riferisco a quando Richard Todd si chiude in macchina per fuggire e uno dei due poliziotti tenta di spaccare il vetro di un finestrino e il fuggitivo gli fa notare che il vetro è infrangibile con un primissimo piano del marchio inciso sul vetro stesso. Ricco di molti elementi cari al regista quali il luna park, i rifugi isolati nella brughiera e poi gli innamoramenti, vecchi e nuovi, tanto da diventare quasi più importanti dell'assassinio stesso. Ben caratterizzata la diversità tra le due donne.
Non particolarmente ispirato (per gli standard del Maestro) thriller, che ha dalla sua la celebre (e criticata) anomalia iniziale del flashback "soggettivo". L'eleganza di Hitchcock emerge in un paio d'occasioni (meritevole di menzione speciale la sequenza finale nella carrozza, che ricorda, special modo per l'illuminazione dei volti, i classici horror della Universal), il resto si barcamena tra il convenzionale e il "poco sentito". Quisquilia: Alastair Sim si pone perfettamente tra Celentano e Teocoli (fisionomicamente parlando). ***
Dall’oggetto della trama – il presunto innocente, già sviscerato da Hitchcock tredici anni prima in un plot affine - l’interesse si sposta sulla sua particolare costruzione narrativa, introducendo un lungo flashback ingannevole atto a simboleggiare anche l’ambiguo rapporto tra palcoscenico e vita reale. La mano del regista si percepisce nel felice dosaggio di humour, per lo più riservato al personaggio di Alastair Sim, ed elementi thrilling relativi alla maestosa figura della femme fatale Dietrich e a un finale cui verranno tributati omaggi anche dai b-movies italici.
MEMORABILE: La bambola “accusatrice” mostrata alla Dietrich durante la sua esibizione a teatro.
Non particolarmente soddisfacente, a partire dal trucco iniziale la cui pesantezza è, francamente, imperdonabile per la sua amplissima dimensione. Alcuni personaggi principali non convincono più di tanto. Qua e là si vede il tocco di gran classe, coma nell'esibizione della bambola (cui si arriva, ahimé, con uno dei tanti tocchi umoristici malriusciti che, più che di Hitchcock, paiono essere di una parodia del Maestro). Non più di **½
Può la parola del narratore, in un flashback, essere considerata bugiarda? Per il perfido Hitchcock evidentemente sì. Ma se la dice un attore di teatro che è abituato a fingere ogni sera in scena, indubbiamente la bugia non appare strana. Il regista inglese, con questo film, gioca con la verità della finzione e rompe il patto di lealtà che intercorre tra lui e lo spettatore. Più che un giallo il film é una commedia degli equivoci e delle apparenze. Molto britannico nell'umorismo, per la prima volta un film di Hitchcock mette in scena una dark lady.
MEMORABILE: Marlene Dietrich è perfetta nella parte della dark lady.
Più che un thriller una commedia nera, in cui Hitchcock riserva gli unici guizzi di regìa al flashback/prologo e al burrascoso finale (di considerevole cattiveria); per il resto il film affida la "suspense" a mere situazioni da commedia degli equivoci (dove la catastrofe è sempre dietro l'angolo) e il divertimento alla qualità dei dialoghi (sorprendente la figura dello scapestrato padre della protagonista, che incanta ogni volta che apre bocca). Menzione speciale per Marlene Dietrich, che affronta il ruolo più autoironico della sua carriera.
MEMORABILE: La Dietrich interrotta (mentre canta "La vie en rose") dall'esibizione della bambola macchiata di sangue.
Per dimostrare l'innocenza di un giovane ricercato per l'omicidio del marito di un'attrice, una ragazza si fa assumere da questa come sua cameriera... Rimasta negli annali per il flashback iniziale, una delle regie meno ispirate di Hitchcock, anche se conta un paio di buone sequenze. Di scarso interesse la trama gialla, convenzionale quella sentimentale, poco convincente la languida e stucchevole Wyman, bambolina di cera con gli occhi spalancati, ed anche gli intermezzi umoristici, appaiono forzati. Film minore, ma la presenza magnetica di Marlene ne giustifica ampiamente la visione.
MEMORABILE: La consegna della bambola, la chiusura del sipario nel finale
Il film lo fanno le protagoniste femminili: Jane Wyman innanzitutto, simpatica e sveglia investigatrice improvvisata e poi ovviamente Marlene Dietrich, mai così oscura e "fatale". Gli uomini sono invece molto meno rilevanti e caratterizzati. Per il resto nulla di particolarmente memorabile, a partire dalla storia un po' lenta e macchinosa e dall'atmosfera vagamente asfittica. Comunque non ci si annoia e il finale riserva delle sorprese. Un Hitchcock minore, ma sempre godibile.
Hitchcock gioca col doppio confrontando la ragazza dalla porta accanto con tanto di frangetta e la maliarda peccatrice dai modi più che ambigui. Questo gioco pericoloso basato sull'inganno, fra quello che è e quello che sembra, perdura fino in fondo. Peccato per l'eccesso dei dialoghi a scapito della tensione e per le incongruenze narrative che ne fanno un'opera minore e svogliata.
Il Maestro si diverte a giocare con i generi (thriller, giallo, commedia rosa e degli equivoci); apre depistando, evoca tensione e intrigo, procede velando d'umorismo e ordinando a Cupido di creare scompiglio. Marlene è fatalissima; se all'inizio sembra che la storia sia cucita intorno al suo personaggio presto capiamo che ciò è solo un miraggio, o un gioco di prestigio: la protagonista è un'altra, ovvero una ragazza della porta accanto, con smanie d'attrice. E lo spettacolo si manifesta, non da capolavoro ma comunque capace d'intrattenimento.
Trama ingarbugliata e tirata per le lunghe, non ai livelli di disastro di Topaz, ma quasi. Il valore aggiunto della pellicola è la partecipazione dell'eterna diva Marlene Dietrich che non solo si esibisce, ma dimostra anche talento per la recitazione. Un Hitckcock minore ma sempre interessante, alla portata di tutti. Lontano dai capolavori a cui il maestro ci ha abituato, ma sempre in grado di stimolare lo spettatore. Gli avrebbe giovato un montaggio più appropriato.
In realtà di paura ce n'è ben poca, giusto un po' nell'ingannevole e bel finale, oltre che in qualche sequenza iniziale. Nel mezzo tanti dialoghi che finiscono per appesantire il tutto, tenendo anche conto che la componente ironica è assente. Il ritmo incalzante non è mai stata una prerogativa di Hitchcock, ma qui lo stile è proprio compassato. Avrebbe potuto velocizzarlo togliendo inutili conversazioni in luogo di una maggior frenesia. D'altronde si tratta pur sempre di un (presunto) innocente che cerca di salvarsi. Era più adatto al teatro.
La fidanzata di un uomo accusato di omicidio si fa assumere come cameriera dalla moglie dell'uomo ucciso al fine di indagare. Il film entra subito nel vivo della suspense con un avvio concitato ma poi prevale uno sviluppo da commedia con una serie di dialoghi (dello stesso Hitch e coniuge) che smorzano l'efficacia di un film comunque da ricordare per alcune scene isolate, una Marlene Dietrich in un ruolo da diva e la tensione psicologica. La concitazione torna nel finale.
Il colpo di scena finale spiazza: tutto quello che si era creduto fin dall'inizio della storia diventa fumo. Film famoso per il flashback, ma forse è riduttivo ricondurlo solo ad esso. Trama abbastanza interessante, seppur poco originale. Non mancano i "giochi" di camere che solo Hitchcock era in grado di fare. Convincenti le interpretazioni degli attori.
MEMORABILE: L'incontro tra la ricattatrice e il padre di Eve; Il colpo di scena finale.
Donna cerca di salvare il suo amante da un'accusa di omicidio. Discreta partenza tra vestiti insanguinati e flashback, senza coinvolgere la polizia più di tanto e puntando sul gioco delle parti. Hitchcock sembra acerbo nelle fasi sentimentali anche se riesce a piazzare alcune sequenze dai tempi thriller ottimi. La resa dei conti è teatrale non solo per il luogo e risolve tragicamente il caso. Protagonista non adatta al personaggio, compensata dalla Dietrich che sfrutta con la presenza le scene col pubblico.
MEMORABILE: La bambola insanguinata mentre la Dietrich canta; La registrazione a teatro; Il ricatto della domestica.
Per sua stessa ammissione, si tratta di un Hitchcock minore. Il Maestro inglese gioca le sue carte migliori nel celeberrimo incipit e in un finale in cui recupera quella tensione che si era smorzata durante la lunga fase centrale, più degna di una commedia degli equivoci che di un thriller. Diseguale l'apporto del cast: la Dietrich è ovviamente regale ma in pratica non fa altro che interpretare sé stessa, la Wyman è una lagna, Wilding un ispettore piuttosto insulso, convincente invece Todd, e azzeccate le caratterizzazioni secondarie.
Opera meno conosciuta di Hitchcock ma dall'intreccio geniale che inganna lo spettatore fino al colpo di scena finale. In campo un cast talentuoso diretto magistralmente in cui spicca l'algida Dietrich, qui sospettata dell'omicidio del marito. L'idea della bambola col vestito insanguinato è inquietante e originale. La sottotrama rosa è meno interessante ma funzionale al giallo, e gli occhioni della Wyman funzionano nel caratterizzarla come ragazza impulsiva e sentimentalmente volitiva. Il padre poi è davvero spassoso. Da riscoprire.
Ragazza fidanzata con un sospettato di omicidio si innamora del poliziotto che gli dà la caccia. Una commedia gialla nella quale Alfred Hitchcock gioca soprattutto sugli equivoci quasi da pochade, proponendo però un finale del tutto inatteso e abbastanza inquietante. Ma a dominare la scena è soprattutto Marlene Dietrich, che canta due canzoni ed è seducente come solo lei sa essere.
Un attrice di teatro cerca di salvare il suo innamorato da un'infamante accusa di omicidio. Si farà assumere come domestica nella casa della sospettata per riuscire ad avere le prove necessarie per aiutarlo. Il maestro del brivido confeziona un film molto ben riuscito, caratterizzato anche da diversi intrecci amorosi che vanno di pari passo con il giallo. I personaggi sono ben definiti e il fascino magnetico di Marlene Dietrich è indiscutibile. La parte finale, poi, è quella riuscita meglio anche grazie al colpo di coda che rimescola le carte in pieno stile hitchcockiano.
L’incipit lascia una buona impressione, per la qualità delle immagini che resta immutata nel tempo e per le possibili pieghe che la vicenda potrà prendere di lì in avanti. La Dietrich possiede il carisma perfetto per il ruolo e il suo contributo alla riuscita dell’opera si percepisce in modo netto. Il talento di Hitchcock emerge in più occasioni, ma è nel segmento conclusivo che rifulge chiaramente, ricompensando lo spettatore per l’attesa e la sofferenza dovuta a qualche momento di stanca, in cui il rischio di perdere il filo è concreto. Qualche minuto in meno avrebbe giovato.
Film piccolo e imperfetto se si pensa alla imponente filmografia di Hitchcock, ma “Paura in palcoscenico” è prima di tutto un cinema di pose, di look, di volti. Il volto da perfetta innocente di Jane Wyman e quello, misterioso e carnale, di Marlene Dietrich. Rimane comunque un thriller di grande suspense e con una curiosa storia produttiva: inaspettato comeback del regista sul suolo londinese e nientepopodimeno che Christian Dior alla realizzazione dei costumi.
Sebbene si tratti di uno dei thriller minori di Hitch, per lo meno a livello di plot, l'inizio in medias res cui segue un famoso (o famigerato) flashback e il finale inquietantissimo nel teatro (l'inquadratura sugli occhi del colpevole racchiude quella stessa idea di follia che Alfred svilupperà dieci anni dopo in Psyco) lasciano il segno. Ciò che sta in mezzo, a parte la maestria registica e un cast notevolissimo (non solo star come la Dietrich o la Wyman, ma anche bravissimi caratteristi come Sim e la Grenfell), non è memorabile. Solo buono.
MEMORABILE: La Dietrich con l'abito insanguinato; Il bambino che porta una bambola dal vestitino sporco di sangue; La rivelazione finale; La sorte del colpevole.
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Cammeo hitchcockiano: il regista si volta ad ascoltare Eve mentre, travestita da cameriera, parla da sola.
CuriositàDaniela • 13/01/14 09:16 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Esordio cinematografico per Patricia Hitchcock, figlia del regista, nel breve ruolo di un'amica della protagonista.
Patricia Hitchcock comparirà anche in altri due film diretti dal padre, sempre in ruoli di fianco: Delitto per delitto (L'altro uomo) e Psyco, nonché in 10 episodi della serie Alfred Hitchcock presenta .
HomevideoXtron • 10/05/15 10:44 Servizio caffè - 2232 interventi
C'è il dvd WARNER
Audio italiano-francese-inglese
Sottotitoli vari tra cui l'italiano
Formato video fullscreen
Durata 1h45m27s
Extra: Trailer, "Hitchcock e il film"