Questo "violentata sulla sabbia" di Renzo Cerrato sembra, più che un film, un documentario sugli usi, i costumi e le tradizioni della Sardegna. Suggestiva la fotografia, molto bella e brava la protagonista Carol Andrè. Film gradevole con pretese d'autore, genere erotico anche se di nudo se ne vede veramente poco.
Un'irritante voce fuori campo ci guida alla scoperta del mondo della protagonista (la brava Carole André): una liliale ragazzina, traumatizzata in tenera età dalla visione di uno stupro subito della madre, che, durante una vacanza in Sardegna (terra selvaggia e quindi perfetta per dare la sveglia a certi istinti), fantastica di subire lo stesso trattamento. Solo così potrà superare le sue inibizioni. Cerrato scomoda Freud e De Sade per quello che non è altro che un pruriginoso, sciatto filmetto, così sciatto da non risultare nemmeno ridicolo.
Cerrato ha puntato con successo su due cose: i paesaggi ancora selvaggi della Sardegna (siamo nel 70 e il turismo non aveva ancora fatto scempi) e il corpo acerbo ma bello della Andrè (a mio parere una delle più belle attrici di sempre). La trama è allucinante come il titolo, però tolta qualche sdolcinata battuta il film è più che vedibile. Segnalo dei bei nudi integrali della Andrè.
MEMORABILE: Carol Andrè nuda all'alba e ricoperta d'oro.
Ispirato a un romanzo del “maledetto” Andrè Peyre de Mandargues, è un film sfuggente, tutto basato sulla parola e sullo sguardo a dispetto di una trama quasi inesistente. Pur non spregevole, il risultato è inficiato da pedanti dialoghi letterari - con un fastidioso fuori campo - e dall'irrisolto contrasto fra l’alone magico e atemporale che circonda la vicenda e il realismo quasi caricaturale con cui descrive l’ambiente sardo. Bella ma insapore Carole Andrè, insignificanti la sua socia e tutti gli altri, compresa una sperduta Marisa Solinas.
Comincia con la protagonista sdraiata al sole accompagnata dalla voce off dei suoi pensieri: "Vorrei essere presa con la forza, violentata..." Non c'è prolema, guardacaso proprio ora sulla spiaggia sta passando Angelo Infanti, petto villoso e slip che sta per esplodere! Abbiamo già capito che se la giovane ha un trauma infantile il futuro Manuel Fantoni saprà come sbloccarla. E poi se la madre è stata violentata giustamente ha diritto ad esserlo anche lei, brutti egoisti insensibili, ma non le capite le donne? Ecco: due risate ce le si fa.
MEMORABILE: La Fiat 500 che sbarca dal traghetto sollevata a mano.
Pretesa di film d'autore. A non promuoverlo a mio avviso sono i dialoghi e il fuori campo, presente esageratamente e con riflessioni modeste e stanche anche per gli anni settanta. La storia non è molto originale, Cerrato avrebbe dovuto spingere di più sul pruriginoso (che ci si aspetta da queste pellicole) e sfruttare meglio una Carole André molto credibile (nonostante tutto) e molto bella, personaggio ideale per questa interpretazione. Belle le location e buoni certi sprazzi di vita locale.
La lunga nuotata nelle limpide acque della Sardegna posta all’inizio sancisce subito il predominare della natura primitiva e incontaminata su una trama minima e risaputa - la vacanza come iniziazione al sesso e volontaria rimozione di traumi infantili –, peraltro appesantita dalla vacua pomposità di dialoghi e monologhi. Carole Andrè è tanto fanciullesca e inquieta quanto l’allora campionessa di nuoto Kiki Caron è adulta e distesa; Infanti è mera presenza fisica e i fenotipici Solinas e Murgia aprono scorci di vita e costume locali.
MEMORABILE: La nuotata; la camminata nel bosco; i gigli alla finestra.
Film indigeribile su un'iniziazione sessuale infarcito di luoghi comuni, praticamente privo di trama dalla recitazione scadente. Una insopportabile voce fuori campo che rappresenta i pensieri della protagonista (espediente che qualsiasi manuale di cinema consiglia di limitare) la fa da padrona lungo l'intera durata. Uniche note positive i bellissimi panorami della Sardegna e la delicata bellezza della giovanissima Carol Andre, che offre generose panoramiche sulle proprie grazie.
Opera purtroppo pretenziosa e deludente questo "Violentata sulla sabbia": la trama gira su concetti freudiani (con qualche spunto di "vitalità" pasoliniana) ma purtroppo manca il suo obbiettivo risultando improbabile, superficiale e (involontariamente) preconcetta e pretestuosa (la ragazza nobile sessualmente perversa, il popolo sardo descritto come rozzo e ancestrale...). Per assurdo i momenti migliori sono quelli realmente legati alla sopracitata "vitalità", ossia i bei corpi delle protagoniste e gli incontaminati paesaggi della Sardegna.
Interessante ma velleitaria operazione di cinema da traumi reconditi in odore di lesbimo, con un'ottima ambientazione marittima e un'inopportuna voce fuori campo che ha l'ingrato compito di agglomerare i tasselli di un puzzle (la regia) non troppo felice. Il duplice sottotesto permette una doppia interpretazione. L'iniziazione al sesso (etero?) come liberazione del proprio corpo avrebbe dovuto prevedere una scena più forte, sul genere di quelle insertate in Sodomia di Larraz, ma il messaggio passa ugualmante. L'incipit thriller è appena accennato.
Un trauma infantile fa scaturire in una ragazza ancora illibata (le bella Carole André) in vacanza in Sardegna un'insana voglia di essere... stuprata! Tipico prodotto "settantiano" con personaggi avulsi dalla realtà e gli incontri/scontri sociali (la popolazione autoctona sarda, secondo questo film, è di fatto una "massa" di pecorai semianalfabeti). L'opera di Cerrato segue i dettami di un cinema malizioso che, attraverso delle elucubrazioni mentali, trascina lo spettatore in alcune situazioni oggi - ma forse anche allora - ridanciane.
Giallo a latere (molto a latere) in cui prevalgono gli aspetti psicanalitici e la bellezza la fa da padrona: quella dei protagonisti (una giovanissima Carole André e un fascinoso Angelo Infanti) e dei deserti paesaggi marini sardi. Nessun assassino da scoprire, ma solo una "prima volta" di Vania che sarà fondamentale spartiacque fra passato e futuro. Per nulla morboso, il film insiste sull'aspetto estetico della vita.
Micidiale lolitesco che fonde assieme il meglio e il peggio dei Settanta. Se da una parte si assiste al vellicamento dei bassi istinti erotici dello spettatore del tempo (la ragazzetta ama essere violentata, nientemeno), dall'altra non si può non ammirare la libertà con cui si costruivano anche questi filmetti (basti ascoltare i poeticismi della voce off). Curiosa la miscela di registri diversi, seppure imperfetti (il documentarismo, il softcore, lo psicologico). Graziosa la André.
Il titolo evoca ben altri scenari, pur legato alle fantasie della protagonista; in realtà il suo passaggio all'età adulta, per opera di un villoso Infanti, è tutto fuorché brutale o grafico, più un rito di passaggio che altro. La ost sognante di Gianfranco Plenizio accompagna gli scenari ancora incontaminati di una Sardegna "selvaggia", cornice di pulsioni sessuali; alla fine si riduce tutto a poco più di un filmino delle vacanze con una André graziosa, anche se colpisce di più l'ex-nuotatrice Caron, capelli biondo platino e sguardo magnetico. Cinema vintage a suo modo irresistibile.
MEMORABILE: La André ricoperta d'oro; I paesaggi bucolici; Il tema della ost.
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IMDB segnala "Le lis de mer" ("il giglio di mare", per inciso titolo ben migliore del fuorviante italiano) come titolo originale e la regia è accreditata a Jacqueline Audry e Renzo Cerrato. Tra gli Aka, "Vanina", "The Girl Beneath the Lion", "The Sea Lily".
DiscussioneZender • 1/08/23 07:47 Capo scrivano - 47835 interventi
Sì ma essendo coproduzione il titolo originale ci sta che sia quello italiano. Messo in aka l'altro.