Gestarsh99 • 30/07/14 19:09
Vice capo scrivano - 21546 interventi Un film del genere è a tutti gli effetti inconcepibile al di fuori dei confini giapponesi (sia passati che odierni).
Nei '70 qui in Italia abbiamo avuto opere estreme come
Salò,
Cannibal holocaust e
Maladolescenza ma si tratta di pellicole in cui la violenza insopportabile è strumento di denuncia metaforica di una certa indole umana (i primi due titoli) e in cui l'erotismo è mezzo disincantato con cui caratterizzare fiabe nere sulla fanciullezza perduta (il terzo titolo).
In questo film invece violenza ed erotismo perverso sono semplici normalità quotidiane da recepire senza troppe lamentele nè masturbazioni etiche.
Il
Deep throat di Gerard Damiano serve al regista Mukai solo da pretesto per sfoggiare in tutta libertà lo spirito sadico, malato e prevaricatore del sesso forte nipponico.
A differenza della collega d'oltreoceano Linda Lovelace, la protagonista (Kumi Taguchi) non ha la "fortuna" di possedere già per natura un organo del piacere nell'ugola, e quindi quale miglior occasione per srotolare appieno tutte le deviate escogitazioni mediche delle menti sollevantine: l'unico rimedio risolutivo è un bel trapiantino sommario di clitoride dal basso ventre all'alto esofago!
A leggere l'assurda trama potrebbe tornare alla mente qualche goliardico trapianto-movie alla Steno-Tarantini, ma in questo film non c'è nulla di comico o scherzoso: tutto è mortalmente serio e rigoroso.
L'unico magro sollievo per l'inorridito e stupefatto spettatore europeo è il finale all'insegna della "reversibilità" rose e fiori. Un digestivo parziale ma rasserenante.
Gestarsh99