Noto l'episodio di Napoli per dovere di campanile e per l'interpretazione di Peppino de Filippo, molto in palla nel ruolo di tassista-donnaiolo. Disavventura prevedibile, ad opera di una finta suora che adesca il povero malcapitato e gli frega i soldi della rata del tassì. In verità l'atmosfera mi è sembrata abbastanza torbida per un film dell'epoca e il viso lascivo e sudaticcio del buon Peppino avvalora questa mia impressione.
MEMORABILE: Peppino de Filippo in Piazza Municipio a Napoli, avvicinandosi ai suoi colleghi tassisti, dice: "Ma che gli faccio alle donne?" - "Le paghi!"
Filmetto a episodi come andavano di moda negli anni sessanta. L'episodio iniziale (con Bramieri) è il più debole, banale e poco divertente; quello con Peppino è riscattato da una magnifica performance comica del protagonista così come quello di Fabrizi, come sempre a suo agio con equivoci e litigi vari. L'episodio con Macario è il migliore, amaro nel suo finale e addirittura tenero nel personaggio stralunato e credulone del protagonista. Mi ha colpito la volgarità di certe situazioni, vista l'epoca. Buono (per il cast).
MEMORABILE: Macario che cerca la medaglia del padre in un cumulo di oggetti serviti a dei stupidi ricconi per una caccia al tesoro.
Episodi a parte è più una commedia anni '50. Anche gli interpreti si dividono generazionalmente tra "vecchie glorie" e giovani (per lo più piacenti donne) più o meno noti. La sceneggiatura punta molto su situazioni che sfociano maggiormente nel sesso, ma anche nel sociale (diversità tra classi sociali). Non è un sesso ridanciano, da commedia, è un sesso (non troppo velatamente) "sporco", che qualche volta infastidisce, anche senza essere troppo puritani. Si sorride, ma più per la riconosciuta bravura degli attori che non per le situazioni.
MEMORABILE: La canzone d'apertura sullo stile country-western; Peppino De Filippo mentre vede avvicinarsi al suo taxi tre avvenenti ragazze: ecce donne.
La montagna partorisce un topolino. Sceneggiata da Castellano e Pipolo, Benvenuti, De Bernardi, Amendola, Giorgio Bianchi, interpretato da Gino Bramieri, Peppino De Filippo, Macario e Aldo Fabrizi e diretta dallo stesso esperto Bianchi, questa farsa a episodi dedicata al mondo dei tassisti è veramente una povera cosa. Salvato dalle caratterizzazione dei quattro comici, il film alterna a una comicità di bassa lega e, a tratti, di cattivissimo gusto, un sentimentalismo attaccaticcio e fastidioso. Un abbozzo di indagine di costume e poi tanta noia. Scansabile.
Film a quattro episodi dove una coppia come quella di Bramieri-Perego risulta di non comicità rispetto a quella degli altri. De Filippo a Napoli tenta di sedurre una ragazza tamponata a Posillipo e interviene un presunto fidanzato che parla con la voce di Carlo Croccolo quando fa il gagà dela Napoli bene famoso quello con Stelvio Rosi. Macario recita con la bella Yvonne Furneaux ma l'episodio migliore è più indovinato è quello con Fabrizi, sempre credibile interprete di autista di mezzi pubblici come tram, autobus, taxi e carrozzelle.
MEMORABILE: "E non mi guardate di burbero di dietro!" (risposta di Peppino De Filippo alla coppia di napoletani posillipini).
Filmino senza pretese la cui piatta mediocrità è, a volte, increspata dai guizzi degli interpreti: la simpatica insolenza della Perego contro un Bramieri impacciato e cicciottone; la lunare malinconia di Macario (l'episodio migliore); la bonomia di Fabrizi (che azzecca un paio di battute) e l'ansia sudaticcia di De Filippo, nel frammento più audace (Peppino brama le grazie di una suora e, addirittura, assiste a un bacio saffico). Niente di che, ma l'ora e mezzo scorre via senza patemi.
Stuolo di autori per un quartetto di esili episodi unicamente sostenuti dall'innato estro dei protagonisti. Si inizia con Bramieri ne "Lo sposo" (**!), che diverte per l'irriverente dialetto meneghino impiegato. Secondo frangente per De Filippo in "Un'opera buona" (**): un po' fiacco e datato, ma lui sempre capace. A Macario il terzo episodio: "Caccia al tesoro" (**), che conquista per la commistione tra umorismo e malinconia della maschera torinese. Quarta e ultima parte "L'uomo in blue" (**!), corroborato dalla grandezza di Fabrizi.
Commedia ad episodi non di grande fama (spesso e volentieri riproposta a notte fonda) né di gran spessore, ma con delle punte di politicamente scorretto, almeno per l'epoca, che sembrano abbastanza divertenti. Si inizia con la coppia Bramieri-Perego, la meno convincente. Il secondo episodio vede un meraviglioso Peppino, amante delle donne come non mai. Poi c'è il dolce Macario, abbindolato da una nobildonna ubriaca e per ultima la coppia Fabrizi-Tedeschi. Qualità altalenante, ma, prodotto gradevole.
MEMORABILE: Peppino De Filippo perennemente eccitato.
Quattro episodi scritti bene consegnati chiavi in mano a interpreti di gran mestiere. Nel primo, sintetico e surreale, Didì Perego superiore a un Bramieri morbida spalla; nel secondo De Filippo regge l'intera impalcatura bozzettistica. Il terzo è il migliore: un poetico Macario preda della Torino bene e di una singolare Yvonne Furneaux sbronza. Nel quarto, rovinato da un finale sciocco, a Fabrizi basta una mimica facciale che fa palcoscenico a sé.
Quattro episodi affidati ad altrettanti grandi della comicità dell'epoca. Il delicato Macario, sognatore e mammone, sopravanza di qualche spanna gli altri tre; Bramieri risulta un po' noioso e scontato mentre De Filippo potrebbe quasi definitsi osè (vi è pure un bacio saffico della Lee) e sin troppo allupato. Fabrizi ha più di tutti la taglia da tassista ed è quello che diverte di più.
Uno dei tanti film a episodi con le varie azioni che si svolgono nelle città in cui i comici risiedevano. Deludente la caccia al tesoro di Erminio Macario, modesto l'episodio con Gino Bramieri, svetta invece la storia messa insieme da Aldo Fabrizi con Tedeschi, che allude a un noto fatto di cronaca nera del periodo e che è sorprendentemente inquietante, con Tedeschi maniaco assassino e l'equivoco sessuale
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Il titolo dell'episodio "L'uomo in blu" con Gianrico Tedeschi e Aldo Fabrizi è chiaramente ispirato ad un fatto di cronaca nera del 1963 dove una giovane tedesca Christa Wanninger fù trovata uccisa nel suo appartamento di Roma nei dintorni di Via Veneto e che le testimonianze dell'epoca riferirono di un uomo appunto vestito di blu scendere da quel palazzo nelle ore precedenti il ritrovamento del cadavere e i titoli dei giornali parlarono di quell'uomo come il più probabile e ricercato assassino!
Ultimo film di Gigetta Morano, la diva del cinema muto all'Ambrosio Film che nello stesso anno viene riproposta da Fellini (che l'aveva già riscoperta in I vitelloni) in un piccolo ruolo per Otto e 1/2