Il titolo strizza l'occhio al contemporaneo capolavoro argentiano (copiandone persino il carattere tipografico e riprendendo il teschio), ma il film non ci ha invece niente a che fare. Semmai siamo più dalle parti di PROFONDO ROSSO (le bambole appese, l’antefatto misterioso, il disegno infantile…). Ristabiliamo però le distanze: Bruno Mattei (che si firma con l'improbabile pseudonimo di Stefan Oblowsky) non ha l'enorme talento né soprattutto i mezzi, di Argento; il suo inferno alternativo è solo un horror goffo, girato più che altro...Leggi tutto per sfruttare i set già pronti usati nel suo LA VERA STORIA DELLA MONACA DI MONZA. La storia prevede una sorta di convento indemoniato in cui le suore vengono possedute da uno spirito inizialmente non ben identificato che le porta ad agire in modo sanguinario e quantomeno bizzarro (da delirio l’estirpazione delle ovaie sulla quale si apre il film). Ci vorranno un prete anziano prima e uno più giovane e belloccio poi, prima di venire a capo di qualcosa. Nel frattempo un po' tutti, dentro, danno di matto. L'apparizione controluce della responsabile sfigurata ricorda molto una scena analoga di LA CASA DI MARY (successivo di un paio d'anni), gli effetti modestissimi sono gestiti da Mattei con una certa competenza e inveterato amore per lo splatter. Le musiche sono dei Goblin ma non “originali”, visto che come nel suo coevo VIRUS Mattei preferisce saccheggiare tre pezzi del repertorio classico del gruppo piuttosto che farli incidere “ex novo”. Trash di poche speranze, con un finale parazombesco interminabile.
Non c'è un fascino particolare dietro l'operazione (sfacciatamente emulativa) di Mattei. L'Altro Inferno si (mal)distingue da quello di argentiana concezione: riflette distorto nello specchio incrinato. Lì c'è senso artistico, gusto per l'immagine, viaggio nell'inconscio e nella psiche; qui c'è carenza d'insieme che si dipana sul piano narrativo e iconografico. Non a caso è "L'altro" Inferno: quello dove un cane azzanna alla gola Franco Garofalo, non Flavio Bucci: e la differenza è abissale, come le fiamme della Geenna...
Il film di Mattei è uno specchio distorto che riflette incubi argentiani mai apparsi con tale follia sullo schermo. L'armamentario da Profondo rosso si mischia con Carrie di De Palma, ma la trama è davvero poca cosa: per Mattei e il suo compagno Fragasso interessa il delirio spinto al parossismo. "L'altro inferno" potrebbe essere benissimo un incubo, tanto non segue le regole ferree della razionalità; è qualcosa di così promordiale e atavico da scuotere le paure più nascoste. Girato in maniera selvaggia è esperienza non classificabile.
Singolare ma mediocre horror. Il prologo è allucinante in tutti i sensi e anche ciò che viene dopo non è completamente nella norma. La sceneggiatura è confusa e farneticante come poche, ma almeno ha il merito di non divagare. La miscela tra sacro e profano risulta abbastanza divertente e il film, tra qualche trashata, un po' di noia, qualche leggera splatterata e un po' di sana follia, può essere tranquillamente ritenuto uno dei migliori diretti dal buon Mattei, nonostante la sua regia non spicchi certo per inventiva. Musiche belle ma riciclate.
Pazzesca trashata firmata dal mitico Bruno Mattei. Tutto è eccessivo, dalla recitazione alla messa in scena alla musica (riciclata) dei Goblin messa dapertutto per dare un minimo di ritmo al film. Molte le situazioni involontariamente (o volontariamente?) ridicole tipo la scena iniziale con Franca Stoppi che fa delle faccie incredibili per simulare la possessione o quando appaiono le suore zombi che si agitano senza uscire dalla bara. Insomma, un film perfetto per tutti gli amanti degli Z-movies.
Imbarrazzante horror italico firmato da Mattei (ma con uno pseudonimo), che farà andare in visibilio coloro che amano il genere trash. Le cose che non vanno sono talmente tante che è impossibile elenecarle. Tante sono pure le scene ridicole (non si sa se volontariamente o meno). Tuttavia, forse, è proprio questo il motivo per cui nonostante tutto ci si può abbastanza divertire nel visionarlo.
In un convento, una oscura presenza alberga tra le monache perpetuando una trama oscura che si dipana tra atroci decessi ed inanerrabili sofferenze. Un prete viene dunque inviato a liberare le mura infestate, ma troverà pane per i suoi denti. Il film del povero Mattei inizia benino per terminare malaccio, con tanto di colonna sonora riciclata e molta confusione nella sceneggiatura. Il finale è oltremodo caotico, anche se l'espediente che dovrebbe rendere intelleggibile la vicenda è almeno accettabile. Due pallini.
Putrido, in tutti i sensi. Mattei e Fragasso tentano di ricalcare le orme lasciate da Argento con il suo Inferno(ma ci sono anche le bambole appese e i disegni infantili di Profondo rosso), cancellandone la somma eleganza e le raffinatezze alchemiche: i risultati sono pessimi, sia in termini di resa visiva che attoriale. Impedibile il prologo con le esilaranti declamazioni della Montenero. I Goblin riciclano le musiche di Buio omega.
MEMORABILE: Le declamazioni della Montenero. Il cronovisore.
Appena discreto, questo horror demoniaco dell'artigiano Mattei. Il regista recupera dal Buio Omega di Massaccesi sia le belle musiche dei Goblin che l'inquietante Franca Stoppi, qui naturalmente in un ruolo cattivissimo che le si addice. Le sopracitate musiche, seppur quasi onnipresenti e ripetute allo sfinimento, donano comunque una bella atmosfera al film, che altrimenti sarebbe abbastanza sciatto. La sceneggiatura è confusionaria e unisce citazioni disparate, da Profondo Rosso a Carrie, ma il tutto soffre di una certa ripetitività e annoia.
Ridicolo filmaccio girato da due signori che nel 1980 non brillavano certo per estro e "bellezza" artistica. A parte certe ridicole e inutili scene di violenza su animali non c'è molta carne al fuoco; si notano scopiazzature a destra e manca e persino la musica (bella) è riciclata assieme all'attrice Franca Stoppi (forse l'unica passabile nel cast) da un'opera di ben altro valore. Non potendo dare zero pallini ne do uno.
Marcescente e necroforo ristagno matteiano, tra mater terribilis, ovaie esportate, ragazzine sfigurate che resuscitano morti, scantinati olezzosi e marci, falò che sanno di roghi, una Stoppi allucinata e invasata. Forse il Mattei migliore, pervaso da un continuo senso di squallore e follia tra pentoloni bollenti, bambolotti impiccati, alchimie e il trash che diventa pura arte spicciola. Stesse atmosfere laide di Buio omega e l'intro viscerale (in tutti i sensi) vale la visione. Marcissimo, malsano, morboso, per cui cultissimo.
Delirante pastrocchio che attinge a piene mani dai capolavori argentiani (e non solo) e ruba spudoratamente le musiche a Buio omega. Eccessivo e sanguinario, eppure inquietante nella sua ambientazione conventuale e per la scelta azzeccata della Stoppi nel ruolo della "sorella madre": sul lato dell'intrattenimento non riesco a bocciarlo del tutto. A suo modo indimenticabile e imperdibile, almeno per chi ama un certo tipo di cinema.
Nonostante la mediocrità, la povertà di mezzi e la sua assenza di identità (la pellicola scopiazza infatti a destra e manca, da Argento a De Palma e chi più ne ha più ne metta), l'idea del maligno che semina il suo seme all'interno di un convento è un'idea che cattura; le musiche (anche queste copiate se non riciclate) e la misteriosa location del convento, mai inquadrato sufficientemente, contribuiscono a salvare in extremis l'ennesima opera recycled del cinema italiano.
Signore e signori ecco a voi il festival del riciclo! Riciclate le musiche dei Goblin, riciclate le ambientazioni, riciclate o scopiazzate le trame, fuorviante il titolo del film, pessimi gli effetti speciali e gli attori. Una fusione tra tematiche tanto care a Dario Argento, Carrie e L'esorcista. Pessimo.
Discreto horror di Mattei (si è visto di peggio in quegli anni) che strizza molto l'occhio a Dario Argento sia per quanto riguarda il titolo che il tema di fondo del film ovvero la stregoneria. La pellicola è da inquadrare come un misto di generi (convento-movie, zombie-movie, thriller psico-paranormale, giallo, horror) cari ai '70 e agli '80 in un'unica location. Gli attori se la cavano sufficientemente (c'è il solito immancabile e irriducibile Tom Felleghy tra i caratteristi) e la storia scorre sul filo del mistero risolto in un buon finale.
MEMORABILE: Il finale in cui un sacerdote spiega a una suora l'incredibile cambiamento del suo collega (è impazzito) dopo ciò che è successo nel convento.
Delirante baraccone satanico conventuale allestito da Mattei e Fragasso scopiazzando a destra e a manca con sprezzo di ogni logica e del ridicolo. Realizzato al risparmio in un'unica location, con una fotografia sporca e scura e la onnipresente e frastornante musica dei Goblin, riesce nonostante tutto a immergere lo spettatore in un'atmosfera talmente putrida e malsana che a suo modo lascia il segno. Attori scadenti fra cui De Majo e la Montenero, presenze consuete nei più oscuri trash del periodo.
Infimo pasticcio conventual-diabolico in cui è impossibile intravedere un pur microscopico granulo positivo. A tratti si ride (la benedizione del pane in un latino da suburra, i consueti vomiti sanguinolenti), a tratti si è preda di un'irritazione irrefrenabile. Mattei è sempre lui: prendere o lasciare. Meglio lasciare, comunque.
Anarchico ma discreto filmaccio demoniaco: gli eventi si susseguono senza un apparente filo logico, lo script è pieno di buchi, i dialoghi al limite del ridicolo, la recitazione di scarso livello. Interessanti, però, le continue citazioni del cinema di Dario Argento: senza contare la storia ispirata a Inferno, si va dalle bambole impiccate di Profondo rosso al cane di Suspiria. Buoni comunque gli effetti splatter e la fotografia giustamente lugubre. Sarà anche trash e poveristico, ma è probabilmente una delle opere più curate del buon Mattei.
MEMORABILE: La vulva asportata; Il cane assassino; La gallina decapitata.
Non manca niente: insistenza nel riproporre determinate sequenze; una storia senza capo né coda che riesce ad annullare se stessa per tutto l'arco narrativo; dialoghi deliranti; interpretazioni dell'intero cast da vergate sui denti. Una pellicola misera a livello di idee che saccheggia a destra e sinistra per arrivare ai canonici novanta minuti; solo le canzoni riciclate dei Goblin sono effettivamente meritevoli, ma vengono presto a noia per l'abuso che ne viene fatto (soprattutto in momenti in cui sono chiaramente superflue).
MEMORABILE: Unica scena decente - andava comunque curata meglio - è quella all'interno del confessionale.
Gli amanti del genere apprezzeranno molti aspetti di questo film che, nel complesso, risulta difficile da salvare. Oltre a una buona fotografia e alle musiche dei Goblin, non rimane altro che la blanda recitazione di volti noti dell’horror italiano di quegli anni e una sceneggiatura sbandata, ricca di spunti poco originali e malamente sviluppati, il tutto condito da un’iconografia inflazionata, un accumulo di cliché. Tutto ciò era anche perdonabile: il dramma vero è la noia che emana.
Allucinante horror ambientato in un convento fuori dal tempo. Uno strano intrigo di sangue tra suore, riti di sangue che portano - senza non poco tedio - lo spettatore in un viaggio infernale tra sonni eterni, sbudellamenti, "argentiani" bambolotti appesi e... la sensazione d'un film in eterna necessità di minutaggio. Di buono c'è che Bruno Mattei conosce il mestiere, sicché l'assemblaggio musicato con i brani dei Goblin (riciclati da Buio omega) e la fotografia salvano in parte un film altrimenti privo di contenuti e mordente.
I due re di molti z-movie all'italiana Mattei/Fragasso ci buttano dentro un po' di tutto alla rinfusa: l'Inferno argentiano, Profondo rosso, Suspiria, un bel po' di Carrie e perfino gli zombi. Tutto mescolato con spezzoni presi qua e là in un ribollente calderone come quelli che appaiono nel film. Ciononostante, anzi proprio per questo... è "divertente" e lo si segue dall'inizio alla fine. Certo le scene si accavallano quasi a caso, ma anche certo cinema argentiano è così. Onore al merito ai due autori, vista anche la pochezza dei mezzi a disposizione e gli attori non certo da Oscar.
MEMORABILE: Il delirante discorso iniziale della suora; L'antro della strega/suora; La confessione; Il prete bruciato vivo; Il tipo sbaranato dai cani.
Trovare un senso in questo horror è veramente un lavoro arduo: la storia sembra inizialmente poter decollare, presentando anche una suggestiva ambientazione, ma questo non succede mai perché fondamentalmente il plot è troppo debole ed è peggiorato da una sceneggiatura disordinata con personaggi che sfiorano il ridicolo e situazioni per lo più incomprensibili che rendono il tutto decisamente noioso. Musiche dei Goblin onnipresenti che finiscono per generare fastidio più che tensione (che qui non esiste mai). Terribile.
Trash d'altri tempi firmato Mattei, con una valanga di cose che "non vanno" ma che inserite in un simile contesto di visionarietà allucinata trovano una loro sensata collocazione. La parte migliore è però l'atmosfera lugubre, mortifera, che spinge lo spettatore a proseguire malgrado tutto. A questo si aggiunge una Stoppi veramente notevole. Complessivamente resta un film mediocre tuttavia non sciocco, e la sua visibilità non è in discussione.
Se il titolo non mettesse sufficientemente in chiaro la derivazione argentiana, ecco pronta una parata di scantinati ribollenti, bambole appese, cani ribelli e prole butterata a ribadirlo, il tutto dentro a un convento riciclato da un altro e miglior lavoro di Mattei. Se la regia e la colonna sonora (presa in prestito) tutto sommato se la cavano, il film purtroppo zoppica malamente in tutto il resto, fra qualche personaggio sopra le righe e uno sviluppo assai approssimativo. La storia è difatti dipanata in modo tanto scolastico quanto allo stesso tempo caotico. Crudo e poco più.
MEMORABILE: La suora che esegue l'autopsia, con esacerbatissima mimica facciale; La gallina decapitata; L'uomo in fiamme.
Incredibile guazzabuglio in cui si mescola di tutto per cercare di arrivare ai canonici 90'. Mattei il mestiere lo conosce, ma ciò non basta per rendere almeno potabile il girato. La recitazione di quasi tutti è a livelli bassissimi (tra loro De Mejo sembra Marlon Brando), la trama rimane confusissima dall'inizio alla fine e manca anche quel sano trash che potrebbe divertire. Un completo spreco di tempo? Quasi. Fortunatamente c'è lo score musicale dei Goblin (benché riciclato). Virus al confronto è da Oscar.
In un convento indemoniato si celebrano strani e sinistri rituali durante i quali immancabili sono le coltellate e lo scorrimento di sangue. Interviene un prete-detective piuttosto aitante che fruga nel torpido passato delle suore. Film girato male e recitato peggio, che si ispira a Dario Argento e ad alcuni suoi capolavori del primo periodo. L’unico interesse nel seguirlo è quel filo investigativo che gli dà un qualche motivo di curiosità. Scadenti e ripetitive anche le musiche (riprese da altri film) dei Goblin.
È brutto, sporco e cattivo ma funziona. Mattei saccheggia tutta l'argenteria (ma non solo quella) possibile ma riesce a creare un'atmosfera malsana e delirante, tra sotterranei putrescenti, manichini impiccati e resurrezioni tramite telecinesi. Prestazioni attoriali sotto il livello di guardia ma la Stoppi invasata sopra le righe ha un suo perché. Le musiche dei Goblin, belle ma riciclate e usate oltre il lecito, alzano comunque il livello di questo horror povero e squinternato ma dal tono sanamente folle e anarchico e a suo modo sorprendente: in una parola cult.
MEMORABILE: I deliri della Montenero; Le ovaie asportate; L'apparizione "angelica" della Carmeno; L'uomo in fiamme.
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Nemesi ebbe a dire: Non avendo più né uno né l'altro film non posso confrontare gli interni che hai inserito in "La vera storia della Monaca di Monza".
Nel web non riesco a trovare un'immagine simile a quella sopracitata. Tu?
L'immagine che tu hai riportato non si sposa con Palazzo Borghese di Artena, né con immagini de LA VERA STORIA..., peraltro girato pressoché esclusivamente in interni.
Riassumendo.
1) Leacche dchiara che i due film - in effetti con cast analogo - furono girati insieme, nella medesima location.
2) Come location cita VILLA MUSSOLINI, ma in nessuno dei due film essa è presente.
3) Essendo LA VERA STORIA... girato a Palazzo Borghese di Artena, è assai verosimile che anche L'ALTRO INFERNO sia stato girato nel medesimo luogo. Restiamo in attesa di prova. Il segno distintivo è il camino con grottesca visibile qui: https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/l-amante-del-vampiro/50006937
CuriositàZender • 12/02/12 14:08 Capo scrivano - 48334 interventi
Per quanto riguarda la notizia di Kekkomereq non so se sia fondata o pure no. Sul book di Nocturno dedicato a zio Bruno si legge decisamente il contrario: tutta farina del sacco di Bruno, tanto e vero che usò lo stesso set della Monaca...
Per quanto mi riguarda non ho mai creduto (manco per un secondo) che The other hell sia stato girato da Fragasso, si vede a occhi chiusi che c'è dovunque la mano (e lo spirito) dello zio Bruno...Poi se si vogliono prendere meriti alla "No...no...l'ho fatto io", e un altro discorso.
Sandy Samuel è Ornella Picozzi, così accreditata negli altri film da noi schedati. Su IMDb, purtroppo, la scheda è duplice. Risolverei mettendo almeno una volta Sandy Samuel fra parentesi.
DiscussioneZender • 13/07/14 17:02 Capo scrivano - 48334 interventi