Leggendaria, mediocrissima pellicola, girata nel Castello di Balsorano, venerata location. Pretesto per mostrarci ragazzotte nude, spesso non belle ma ruspanti, per lo più denudate da Antonio Cantàfora (visto ne Il Cartaio), coadiuvato da Mimmo Baldi pre-esorciccio. Belle la Viotti (Piera, non Patrizia) e la Pillon. Pensando ad un paio di scene, non sarebbe, neppure oggi, adatto ad educande. Da vedere, ma solo per poter dire "Io l'ho visto!" e, stando ai 'si dice', riscuotere clamoroso successo nei salotti veltroniani.
Non è pellicola memorabile (se non per l'allegoria scaturita da un titolo "assatanato"), ma resa gradevole dalla quantità di bellezze naturali che lo percorrono lungo lo sviluppo di un canovaccio imbastito piuttosto grezzamente. Alle attrici menzionate aggiungiamo la graziosa Margaret Rose Keil, presenza fissa nel genere, in seguito voluta da Massaccesi per Novelle licenziose di vergini vogliose e attiva nello strampalato Giochi erotici nella 3a galassia (aka StarCrash II, come apocrifo seguito di un film di Cozzi). L'anno dopo avrà un seguito.
Decisamente un buon decamerotico, che incassò una cifra colossale. Lo ricordavo un tantino meglio ma anche un po' più lento. Invece il ritmo è buono, molte sono le nudità e conta due famosissime scene (quella della capretta e quella delle feci in faccia ad un povero cristo). Girato nel castello di Balsorano. Con un seguito.
Titolo metaforico-boccaccesco per il solito decamerotico piuttosto noioso e poco originale. Gli ingredienti sono quelli di sempre: copiose nudità assortite, battutaccie di bassa lega, situazioni piuttosto grevi e via dicendo. Per il resto davvero poco o nulla di memorabile da segnalare. Potrebbe piacervi solo se siete davvero appassionati a questo filone di pellicole. Gli altri si astengano.
Nel genere "commedia boccaccesca" è sicuramente uno dei migliori. Alcune scene sono insopportabili, per il resto ci si delizia tra soldataglia col vizietto, corna e tante belle ragazze completamente nude. I tre attori principali sono azzeccatissimi.
Il titolo richiama la più spinta novella del Boccaccio (giornata 3 - novella 10) ma, nonostante abbondino le situazioni boccaccesche con la presa in giro di ogni ordine clericale, il riferimento al titolo e alla novella è solo accennato in due scene (nelle quali Antonio Cantafora si traveste da "San Patocco da Nerchia"...). Inizia dando segnali positivi di un livello accettabile, ma poi si perde in qualche puerilità di troppo. Anche se si tratta di un film "scostumato", c'è attenzione per i costumi di scena.
Che ci crediate o no, quando scrissi i miei oggi famigerati articoli sul genere "decamerotico", mi ero riprodotto su CD gli stornelli cantati da Gianni Musy sui titoli di testa mordilliani di questo film e me li riascoltavo, persino in macchina! Indubbiamente, uno degli esempi più simpatici del filone - altrettanto godibile il suo sequel ...E continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno - anche grazie alla presenza di Cantafora e a una certa cura nei costumi e nelle scenografie. Radiose e ben utilizzate Melinda Pillon e Margaret Rose Keil.
Decamerotico mediocre, ma nel complesso piuttosto divertente, che accumula una serie di scenette naturalmente prive del benché minimo spessore e talvolta intrise di sorprendente volgarità. Regia grezza ed effettistica, ma fotografia decorosa e belle musiche di Cipriani: se non fosse così frivolo, il film non sarebbe nemmeno da buttare. Peccato che la mancanza di una vera trama finisca presto per stancare. Irritante (involontariamente) Cantafora, ben scelti gli altri caratteristi. Bruttarello, ma un cult per gli appassionati del filone.
MEMORABILE: La sequenza dell'evacuazione di coppia: difficile scegliere se abbandonare disgustati la visione o gridare al cult assoluto.
Ma c'è mai stato un decamerotico senza il pittore o sedicente tale? In ogni caso, nonostante un pizzico di cura in più nella messa in scena (Albertini dopotutto non era un incapace) e un'idea di partenza discreta siamo sempre nel consueto squallore, a corto di trovate e di un minimo di simpatia dei protagonisti. La parlata fiorentina posticcia come in questo caso è insopportabile. C'è anche Fortunato Arena.
MEMORABILE: "Di che ordine siete sorelle?" "Marchettare" "Ah, delle Marche"
Tenendo conto che si tratta di un decamerotico, gli si debbono riconoscere una certa vivacità e sollazzo; non perdonabile è invece è un pessimo gusto che supera ogni limite di decenza (la scena della defecazione ripresa in dettaglio è pornografia). Il baldo Antonio Cantafora e il suo seguito di caratteristi reggono bene le parti e la manovalanza femminile espone gran panoplia di allegri nudi. L’attore Gianni Musy canta stornelli a tema su musiche di Stelvio Cipriani.
MEMORABILE: Le suore dell’ordine delle “Marchettare”; la sentenza di condanna alla castrazione preceduta dalla lettura dei codici.
La sintesi potrebbe essere la scena mostrata nella locandina. Infatti il film è una celebrazione della volgarità verbale e delle immagini, stranamente senza eccessi nelle scene di sesso. Non ho visto molti decamerotici per fare concreti paragoni e mi limito ad affermare che la storia diverte pochino e si giustifica solo per il palpabile fascino del suo tempo, trasmesso in modo irresistibile: il resto è niente.
Decamerotico assai povero, sia di mezzi sia di idee. Praticamente non c'è una vera e propria trama (la parte del vescovo ospite nel convento sembra messa lì apposta per allungare il brodo, ma poi si dimenticano di darle una vera e propria conclusione) e il regista punta allora sulla volgarità demenziale (la defecazione in faccia, la sodomia a danno della capretta...). E, anche se ci si vergogna ad ammetterlo, la risataccia sguaiata ci scappa.
MEMORABILE: La canzone dei titoli di testa (cantata da Gianni Musy) e i disegni che l'accompagnano.
Nell’anno del Giubileo gli abitanti di Montelupone danno ristoro ai pellegrini di passaggio verso Roma. Clima boccaccesco più triviale che erotico: l’unico scopo è mettere in topless le varie pulzelle. Piuttosto ripetitivo anche nel suo essere greve, si lascia guardare per i dialoghi coloriti toscani e per un’ambientazione sufficiente per il filone. Uso disinvolto di doppi sensi tra ciondoli, siepi e scope. Adatto a chi apprezza il genere scollacciato.
MEMORABILE: “Ti pare il modo di spennellare così la mi’ padrona?!”; San Batocco da Nerchia; L’ordine delle Marchettare originarie delle Marche; Mandrilluccio.
Fin dalle vignette dei titoli di testa si capisce bene dove si andrà a parare, in questo decamerotico boccaccesco nella moda del periodo; ci si sorprende comunque ancora del grado di squallore e volgarità che riesce a raggiungere in diverse sequenze tra coprofilia, zoofilia e altre prelibatezze che in teoria dovrebbero far ridere. Si salva la cornice del solito castello di Balsorano e in generale una confezione piuttosto buona che lo eleva leggermente sopra ad altri deprimenti film del filone; comunque resta solo una bizzarria, con un cast di volti minori di nessun richiamo.
Come di regola nei decamerotici, il tasso di erotismo è inversamente proporzionale a quello della volgarità più becera e da questo punto di vista il fim di Albertini può vantare scene tristemente memorabili, prima fra tutte quella della defecazione in faccia, visibile però solo nell'edizione uncut. Per il resto non ci si discosta dalla media del filone con il solito armamentario di mogli in fregola, mariti cornuti e frati arrapati. Una certa cura nella ricostruzione degli ambienti e dei costumi e le grazie generosamente esposte delle attrici non lo salvano.
MEMORABILE: La Rose Keil e le sue due ancelle che attirano in una trappola Cantafora e il suo socio.
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Dal sito delle forbici, risulta che il film sia stato prima bocciato in censura e poi riammesso dopo dei tagli, col VM18, dalla commissione di riesame.
Trivex ebbe a dire: Dal sito delle forbici, risulta che il film sia stato prima bocciato in censura e poi riammesso dopo dei tagli, col VM18, dalla commissione di riesame.
A presto la sua visione.
Io posso giusto garantirti l'integralità di vhs Shendene ed emissione da Happy Channel, con la differenza che i titoli di testa in quest'ultima versione scorrono su fondo nero, mentre nell'altra su dei fumetti barzellettistici.
Deepred89 ebbe a dire: Trivex ebbe a dire: Dal sito delle forbici, risulta che il film sia stato prima bocciato in censura e poi riammesso dopo dei tagli, col VM18, dalla commissione di riesame.
A presto la sua visione.
Io posso giusto garantirti l'integralità di vhs Shendene ed emissione da Happy Channel, con la differenza che i titoli di testa in quest'ultima versione scorrono su fondo nero, mentre nell'altra su dei fumetti barzellettistici.
Deepred89 ebbe a dire: Non ho modo di controllare, ma mi pare la versione di youtube sia proprio la Shendene riversata.
Ottimo! Molte grazie Deep, credevo fosse la versione cut.
CuriositàZender • 21/10/16 18:42 Capo scrivano - 48334 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
CuriositàPaulaster • 3/11/17 17:22 Controllo di gestione - 98 interventi
"Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno" viene citato in Vacanze di Natale (1983) nella scena in cui Paolo Baroni lo mima nel gioco in cui ci sono da indovinare i titoli dei film:
Collosecco: "Era: metti lo diavolo con le corna tue, nello mio inferno. E queste qui erano le fiamme."
Il testo trecentesco è agevolmente reperibile in tutte le biblioteche scolastiche: si tratta della Decima Novella raccontata nella Terza Giornata, dal personaggio maschile Dioneo (in greco: "Il Lussurioso"), che spesso, tra i narratori, è quello che si compiace di doppi sensi e di scherzi. Con quelle coordinate era facile indurre intere scolaresche di terza liceo classico - alla consultazione del testo ed alla meditazione... con particolare ponderatezza sulla esortazione finale.
Testo ampiamente disponibile su internet, ad esempio qui. A cura di Aldo Francesco Massera. Bari, Laterza, 1927