La citazione di Marcuse sulla quale si chiude il film (“Il terrore, oggi, si chiama tecnologia”), fa il paio con il titolo: la metafora è esplicita, resa ancor più evidente dal cognome del proprietario della villa in cui è ambientato il film (Giovanni Nosferatu). Quasi niente viene lasciato all'immaginazione. L'esordiente Corrado Farina (che che nasce come pubblicitario della Armando Testa) vuole far capire a tutti che i nuovi vampiri sono coloro che hanno in mano le redini del mondo, i grandi affaristi delle city che succhiano il sangue (la libertà) ai poveri impiegati/ingranaggio. Sarà uno di questi ultimi, l'anonimo Alberto Valle (Giuliano...Leggi tutto Disperati), a vedere coi propri occhi la realtà. È invitato nella villa di montagna del proprietario unico della ditta per la quale lavora (un impassibile, spietato Adolfo Celi) e, tra le nebbie di un parco custodito da inquietanti Fiat 500 coi fari sempre accesi, tra i deserti corridoi di una villa fredda come l'arredamento moderno che la compone, scoprirà la verità. Il film è un viaggio nel silenzio: il povero Valle viene ospitato e sedotto da una segretaria androgina, scoprirà che aprendo la doccia partono messaggi pubblicitari (il più geniale è il preservativo Nosferatù), giocherà a golf nel parco, visiterà la cripta con la tomba di Nosferatu (anno di nascita 1801!), spierà una inquietante riunione di capi d'azienda. L'idea è buona, la metafora funziona, l'ambientazione scelta è ottima, ma il ritmo catatonico e l'assenza di una sceneggiatura in grado di sfruttare le potenzialità del soggetto appiattiscono il film rendendolo datato e noioso.
Buon film. Ottimo il primo tempo, mentre mi ha un po' deluso la seconda parte anche se devo riconoscere che il film ha un'originalità non indifferente e lascia un messaggio graffiante.
Straordinaria l'ambientazione, davvero molto suggestiva, che porta il film "fuori dal mondo". Ho trovato un po' noiosa e lenta la riunione nella villa, anche se poi è funzionale alla spiegazione del film.
Un film originale, pensato per essere decisamente "d'autore", che però finisce poi col rivelarsi una specie di ibrido... La tensione regge per un po', poi secondo me subentra anche la noia. Comunque vale sicuramente la pena di vederlo. Non ci sono grandi paragoni da fare secondo me, resta un caso piuttosto isolato. Da segnalare tutta la prima parte, meno claustrofobica e forse anche più incisiva del resto del film. Come sempre, ottimo Adolfo Celi.
Fantozzi versione dramma-horror. Un piccolo capolavoro tra i film di genere italiani: un grande Adolfo Celi, una Geraldine Hooper sempre enigmatica e androgina (Profondo Rosso) e un Giuliano Disperati immerso in un'atmosfera di pallida attrazione verso l'ignoto. Da vedere e rifletterci sopra.
Pur con una fin troppo esplicita metafora del capitalismo succhiasangue (l'imprenditore che si chiama Giovanni Nosferatu), il film di Farina ha più di una freccia al suo arco: le location fuori città (terribilmente simili a quelle del futuro remake del capolavoro di Murnau ad opera di Werner Herzog), gli spot in filodiffusione azionati dal semplice uso di un oggetto (la poltrona, la doccia) ed i caroselli sull'LSD. Incredibilmente inquietanti le Cinquecento che fanno da segugi/sicari nei boschi.
Versione marcusiana del mito di Nosferatu, spostato dalla Transilvania alle nebbiose Alpi piemontesi. Il vampirismo come metafora (ieri profetica, oggi attualissima) del potere della tecnologia, che succhia l’anima dei lavoratori/consumatori, estinguendo in loro ogni spirito di autocoscienza, critica e ribellione. Celi è un vampiro moderno, sornione e minaccioso, la Hooper una segretaria ambigua e seducente, Disperati un ottimo anonimo. Inquietanti e solenni le musiche e le voci bianche di Tommasi, compositore di fiducia del primo Avati.
MEMORABILE: I caroselli. Le piccole Fiat 500 (mai state così inquietanti) che presidiano la villa come lupi ringhianti.
Bellissima metafora sulla società di oggi. Il film del bravo Farina è un'operazione originale e convincente, caratterizzata da una sceneggiatura studiata a puntino e piena di riusciti simbolismi. Ottima l'ambientazione, superba la fotografia, ineccepibili regia e musiche, che a più riprese mi han portato alla mente i film del primo Dario Argento, il quale deve per forza aver visto questa pellicola prima di girare Profondo Rosso e Suspiria. Unico e solo neo, i dialoghi nella scena della riunione nella villa, che sfiorano il pecoreccio a più riprese.
Bizzarro film che tenta di coniugare il tema del vampirismo con una critica al consumismo, al potere dei media e al progresso tecnologico. Una pellicola ricca di contrasti: l'ambientazione gotica convive con fortissimi richiami alla modernità; l'horror e il vampirismo si fondono con la politica e la contestazione; la regia è tanto grezza nella scelta delle inquadrature quanto abile nel costruire un'atmosfera inquietante (l'ambientazione tra le nebbiose alpi piemontesi è di rara suggestione). Discreta la colonna sonora e ottimo Adolfo Celi.
In un'inizio dal sapore vagamente fantozziano, il giovane Alberto Valle, dipendente di una grande impresa automobilistica, viene invitato nella villa montana del proprietario, il ricchissimo e potente Ing.Giovanni Nosferatu. Il parallelo fra capitalismo e vampirismo non è molto originale, ma reso più gustoso dall'accento posto sul potere rimbecillente della pubblicità (campo che il regista conosceva bene). Punti di merito: ambientazione efficace, alcune buone trovate, un convincente Celi. Deboli invece i dialoghi, piuttosto fiacchi.
MEMORABILE: Nel parco della villa, al posto dei cani da guardia scorrazzano cinquecentine bianche guidate da autisti muti - La poltrona e la doccia con spots
L'inizio sembra un maldestro crossover fra i racconti grotteschi di Buzzati (i piani del palazzo come metafora del potere), Fantozzi (il Dott. Nosferatu, che fa tanto il celebre "Ing. Lup. Mann. Gran...") ed i fumetti italiani horror-erotici anni 70. Poi le tematiche virano sul gotico, col paesino brumoso e gli abitanti ostili. C'è da dire che la metafora è calzante, ma l'altissima improbabilità del tutto fa scemare anche il "minimo sindacale" di tensione richiesta. Attori inespressivi tranne Celi. Troppo ambizioso, troppo noioso, decisamente mediocre (*!).
Film curioso, anche interessante, ma sostanzialmente non molto riuscito. La teoria di Farina (i nuovi vampiri sono i padroni che succhiano il sangue ai lavoratori) è resa in modo molto esplicito ma la pellicola è affetta da lentezze che ne pregiudicano la buona godibilità. Gli interpreti svolgono il loro compito con discreta bravura e (ovviamente) Adolfo Celi svetta su tutti, donando al suo Ing. Giovanni Nosferatu il giusto carisma. Opera che rimane comunque da conoscere.
Coraggiosa e per certi versi geniale opera prima di Farina, pubblicitario, qui regista, autore e produttore, con i pregi e i difetti tipici degli esordi, nei quali si vuole esprimere tutto. Il pregio principale è la sua totale indipendenza ed originalità. Il difetto è di essere troppo esplicito nella propria denuncia e nel lasciare così quasi o nulla alla fantasia interpretativa dello spettatore. Disperati è bravo, Celi magnetico. Riuscito il commento musicale in stile pre Goblin nelle sequenze thrilling. Apprezzabile ed attualissimo.
Banale nella metafora vampirismo-capitalismo, un po' risaputo nella componente complottista, si riscatta grazie ad alcune scenografie deliziosamente pop e ad alcune trovate che, a mio avviso, restano nella memoria: si pensi alle cinquecento-cani da guardia ed alle pubblicità invasive che accompagnano la visita di Valli da Celi-Nosferatu ed ai caroselli pro lsd. Ingenuo, certamente invecchiato, ma gustosamente divertente. Buone le ambientazioni e la colonna sonora. Consigliato agli amanti delle pellicole di quegli anni.
Programmaticamente (anche troppo) grottesco, di grandi ambizioni sociopolitiche ("è il potere che sceglie noi") stemperate da topoi di genere, anche se il ritmo non è dei migliori. Buono il vampirismo decontestualizzato dal gotico (ambientazioni futuriste e scenografie space-age), un protagonista hitchcockianamente mediocre, la ragazza che fa da cornice alla storia e soprattutto le famose Fiat 500 (asetticamente bianche e senza targa) che fanno la guardia. Miglior opera prima a Locarno: peccato che Farina si perderà presto.
MEMORABILE: La pubblicità dell'LSD e l'archivio dei bambini: oggi appaiono forse risapute, ma se ne intuisce la portata.
Vampirismo socio-politico di un certo fascino, con attori giusti e dialoghi scarni, efficaci. Incredibile, ma il tema del film sembra preconizzare i giorni d'oggi e la politica attuale dove regna il narcismo di stato e l'ideologia del "compro-tutto e controllo-tutto". L'ambiziosa pretesa però prevale troppo sulla tensione di fondo e il velato erotismo, ben mescolati assieme.
Se proprio si deve essere vampirizzati, meglio che sia in una corta notte tra le regine, che in due uggiosissimi giorni in compagnia di un mega-direttore sentenzioso e di una segretaria scoliolitica! Più che l'astuzia di un pubblicitario (o di un affabulatore), Farina mostra l'aggressività comunicativa di un piazzista di pentole. Si palesa subito l'intento di aggiornamento del mito del vampiro in chiave anti-capitalistica, si lancia un proclama più che raccontare una storia. Anche lo sfondo alpestre non vive, non respira, non è valorizzato. Horror "impegnato"? Vade retro, Nosferatu!
Nella nebulosa Val di Susa si erge un Palazzo (l''interno non è dell''esterno!) dove vive un misterioso e fantomatico possessore del mondo e dei suoi abitanti: un tale chiamato Nosferatu (?!) Da qui in avanti il sospetto che le buone intenzioni non sempre diano il risultato voluto diviene evidente realtà. Monotono e privo di vivacità, porta avanti una storia senza logica, banale, senza sviluppi né colpi di scena. Per rammentarci che la casa automobilistica del boom sarà in secula seculorum la FIAT, al posto dei cani da guardia le "500"... Mah!
Classico esempio di opera in cui il brillante spunto di partenza fa perder di vista completamente gli sviluppi di scrittura filmica (intesi sia come linguaggio "visivo" che di sceneggiatura). Farina si adagia così sulla metafora (esplicitata peraltro senza reticenze di sorta) e sulla gustosa ambientazione, ma non affonda mai il colpo, limitandosi a reiterar l'identico concetto in scene a dir poco analoghe. Disperati, Adolfo e la modiglianesca Hooper hanno il giusto phisique du role. La trovata delle '500 già era ridicola, farla diventar leit motiv poi...
MEMORABILE: La pubblicità che vien fuori dalla doccia; Le tre versioni dello spot per LSD del regista "godardiano".
Potrei commentarlo in una riga e dire solo che se lo si vedesse correttamente e con la giusta concentrazione si potrebbe dare una risposta al 99% delle domande più incalzanti e corrosive per il morale degli ultimi due secoli. Per le decorazioni o i fronzoli aggiungo solo che è ottima la trovata delle 500 bianche di scorta. Per alcuni può essere solo poesia o un film come tanti altri; per me, anche se non è fra i primi 20, è una prosa rivelatrice assoluta e limpida come l'acqua dei ghiacciai incontaminati...
Fantastico. Una metafora della società di allora, che è tutt'ora attuale. Il film trasmette un'inquietudine allucinante. Lo spettatore si trova spaesato quanto il protagonista, rinchiuso in una casa dagli enormi spazi (scenograficamente con prevalenza di bianco) che ampliano le forme e trovandosi di fronte a personaggi misteriosi e apatici. Il messaggio è potente ed è reso fin troppo esplicito. Un film importante troppo sottovalutato.
Forse troppa carne al fuoco? Se l'ideuzza è didascalica al limite dell'ingenuità, con momenti di involontario autolesionismo post-datato (il programma aziendale aborto-sterilizzazione-droga libera sembra quello del partito radicale visto da Giovanardi), lo svolgimento è di pregevole fattura, la trovata delle 500 formidabile, qualche guizzo satirico (Farina sapeva di cosa parlava quando parlava di pubblicità) centrato. E il mélange dei toni funziona. Buono.
Peccato che Laura, così libera, così pronta a donarsi con i suoi seni al vento, sia stata sedotta dal grande seduttore che sforna ridicole pubblicità (siamo nel 1970) e sogni anche lei un marito, una famiglia borghese e una carriera. Il messaggio del film è fin troppo evidente; la parte più coraggiosa è il coinvolgimento della Chiesa, con l'alto prelato che approva ogni tipo di nefandezze citando pure Pio XI. Disperati ricorda Sean Connery nell'aspetto, Celi è perfetto e pure le ragazze sono funzionali. Ottime fotografia e location.
MEMORABILE: Torino e le Fiat; Il prete dei poveri; L'altra Chiesa.
Film strampalato che all'inizio lascia un po' straniti ma anche piacevolmente "allucinati". La prima parte è godibile. Alcune scene sono d'impatto e significative come la scala del potere che progredisce nel salire con l'ascensore i piani. Nella seconda parte ci si perde in inutili lungaggini come la riunione. Attori nel complesso innescati bene alle spalle del grande Celi. Inutile ripetere che il messaggio dice di un capitalismo cinico e spietato, indubbiamente compromesso. Uno spruzzo di erotismo non guasta. Ottimi fotografia, scenari e colonna sonora.
Film curiosissimo e per certi aspetti affascinante e originale. Certo che in pieno regime di "consumismo cinematografico" (fenomeno positivo, a mio avviso) questo film, se trattiamo la cosa seriamente, cade un po' in contraddizione. Meglio (per me) prenderla con maggiore superficialità e godere delle nebbie piemontesi, della villa magione del "vampiro" e dei suoi servi; della grottesca riunione e dei sottintesi esplicitissimi ad alcuni prodotti che al tempo si andavano affermando. Poi le critiche al sistema, alla chiesa, al potere, ecc.. mi interessano poco.
Originalissimo e direi riuscito film che coniuga una feroce critica al capitalismo imperante con una storia a metà tra Fantozzi e Nosferatu in salsa alpina. Il film è molto gradevole e interessante, specie nella prima parte, mentre nella seconda ci sono dei cali di ritmo che fanno perdere un po' d'interesse, anche se al finale ci si arriva abbastanza tranquillamente. Ottime le trovate, in primis quella delle Fiat 500 utilizzate come cani da guardia. Bravi gli interpreti, in particolare un ottimo Celi. Belle le scenografie.
MEMORABILE: Le qui inquietanti 500 utilizzate come cani da guardia; La pubblicità dell'LSD; La doccia con spot.
Non consegue la complessità dell'immaginifico sociale à la Petri, ma l'analogia tra vampirismo e consumismo informa una limpida allegoria del sistema di controllo esercitato dall'oligarchia al potere. Gerarchi dello stato e della chiesa, tecnocrati e luminari: i vampiri hanno solo cambiato faccia. La coerenza concettuale è in primo piano - un'altra anima rispetto a quella horror - ma il film, ansiogeno e surreale, incide soprattutto per un climax che satura l'angoscia con straniante ironia, le raffinate intuizioni visive e sonore, e un finale che, per quanto atteso, ha grande forza retorica.
Se non fosse che è antecedente a Profondo rosso, avrei pensato al capolavoro di Argento come fonte d'ispirazione. Gli elementi tipici dell'horror ci sono tutti, in più c'è un Adolfo Celi in un'interpretazione singolare. L'apologia del potere è al centro dello script, ma anche tanto mistero grazie al quale il film scorre su due binari paralleli, affascinando doppiamente lo spettatore. La villa al centro del film è spettacolare, come tutta la sceneggiatura. Un film degno di nota.
Curiosa pellicola che denuncia l'inumanità del progresso, dello sviluppo, della tecnologia, insomma del modo di vivere occidentale del tempo. La metafora è piuttosto chiara, con Celi nei panni del novello vampiro che si chiama Giovanni Nosferatu e che comanda ogni singola branca della società succhiando il sangue del succube cittadino. Piuttosto lento nel suo incedere, anche se lo scopo non era l'azione ma mostrare l'incancrenimento della morale umana (e la scena finale ne è la conferma).
Certe volte rimango sorpreso dai film italiani che hanno affinità con il genere che prediligo. Mi era successo con Fantasma d'amore (da guardare e riguardare) e ora mi succede nuovamente con questo film, davvero ottimo e spiazzante. Atmosfere e ambientazioni centrate appieno. La trama è originale e il film si guarda volentieri più di una volta.
Inizia con intenti satirici, piuttosto facili nella loro scoperta allusività (il film ricalca lo schema narrativo di Dracula), ma prosegue quale apologo sul potere (capitalista) e con uno spirito profetico a tratti inquietante; un potere che vampirizza i deboli e ha ormai soggiogato qualsiasi forma dell'espressione umana (arte, religione, politica, informazione). Celi su tutti. Ottime le musiche di Amedeo Tommasi, che i Goblin avranno sicuramente orecchiato.
MEMORABILE: La stanza illuminata a giorno con i neonati predestinati al potere.
Alberto Valle, chiaramente a digiuno di notizie sulla filmografia di Murnau, attraversa valli per recarsi in una villa-castello... Pardo d'Oro come opera prima, si avvale dell'accoppiata Celi-Cigoli (che doppia il primo con un vocione da paura) e da alcuni attori che qui trovano il film della vita. Fascinoso nella narrazione e nello sviluppo, perde qualche colpo nella riunione in villa, peraltro riscattata da uno splendido spot sull'LSD. Grande la trovata delle 500 bianche senza targa. Con un pizzico di generosità, arriva a ***
Le intenzioni simboliche, antinaturalistiche, di critica sociale e al capitale erano discrete, l'atmosfera tra il grottesco e l'inquietante c'è (più o meno) ma la forma (la resa filmica) non mi ha convinto; ha del grossolano, ci sono errori e banalità e si corre il rischio del risultato intellettualoide. Molti dialoghi, poi, sono tirati via. Resta un prodotto che si guarda con curiosità (quasi da osservatore del modernariato); ha qualche riuscita idea d'ambientazione e è fornito di buona musica e della presenza del grande Adolfo Celi.
Premio per la migliore opera prima al Festival di Locarno. Da una parte approvo, dall'altra, no. Il soggetto è piuttosto interessante, ma la sceneggiatura non ne sfrutta appieno le potenzialità, rendendo il film piuttosto pesante per renderlo un prodotto per il vasto pubblico. Di certo è stato realizzato con una certa cura e la critica al capitalismo funziona, ma non lo si riesce ad apprezzare appieno. Peccato.
Figlio un po' insolito del cinema dei suoi anni, questo bizzarro film di Farina ha trovato una nuova attualità nel revival complottistico degli ultimi anni. Ma la storia spesso traballante è sorretta a malapena da una sceneggiatura che si mantiene nel banale, senza mai affondare i colpi che la materia trattata offre a profusione. Del cast emerge il solito Celi, che in un ruolo in cui è sempre stato a suo agio lascia l'ennesimo segno. Alcuni nessi logici non tengono (Esperanti lasciato libero di accedere a documenti segretissimi). Sufficiente.
Non poco Fleming nella sceneggiatura: Celi ovvia replica di Largo e la riunione via di mezzo tra Spectre e sempre Thunderball. La metafora marcusiana vecchio stampo ha il problema non tanto di essere scoperta ma ottusa e prevedibile. Ritmi da sceneggiato anni 70, attori mediocri, tranne ovviamente il divino Celi (perché doppiarlo?). Un mix maldisposto di humor (modesto) e horror (ovvio ma meglio). Invecchiato piuttosto male, vale come curiosità protocomplottista dato che a puerilità siamo pari con l'oggi. Musiche mediocri dell'avatiano Tommasi.
MEMORABILE: Le 500, in stile telefilm inglese anni 60/70; Quanto resta a dormire la ragazza in automobile fuori dalla villa?
Sfrigola di un fascino assoluto, per quanto obliquo e bislacco. Tipico esempio di film italiano di genere il cui disegno complessivo (che, fuori di metafora in ambo i sensi, è abbastanza modesto) viene oscurato dalla geniale bellezza di molti suoi particolari (la scena d'apertura con la nebbia perenne, le musiche di contorno, la pianificazione delle pubblicità, le Cinquecento-drone in serie utilizzate come cani da guardia...). Un po' invecchiato lo è, specialmente negli snodi complottisti, che non ne inficiano tuttavia il valore.
Non sono mai abbastanza i registi che decidono di utilizzare il vampirismo come metafora per concetti di più ampio respiro. Farina lo ha fatto e gli spunti che ci offre sono molteplici e nient’affatto velati o ammorbiditi per il timore di risultare scomodo. Tra gli interpreti svetta Adolfo Celi, che senza strafare dona la giusta freddezza al suo personaggio, mentre la colonna sonora e le nebbiose atmosfere della villa aumentano il senso di inquietudine e mistero. Una piccola gemma dal passato, a suo modo sempre attuale.
MEMORABILE: Avete cambiato faccia, ma continuate a succhiare il sangue alla gente!
Parallelismo Dracula-Capitalismo originale, che funziona bene in questo strano film ma solo a tratti. Perché se in alcune parti della pellicola il concetto viene impiegato con accortezza, in altri momenti perde un po' di forza ed effetto. Inoltre il ritmo non è esattamente velocissimo, il che rende la visione più difficile. Ma l'atmosfera e la recitazione non si discutono, così come l'idea di base, comunque buona. Bravissimo e inquietante Adolfo Celi. Finale un po' troppo veloce.
Un film ambizioso ma dalla realizzazione a dir poco altalenante, salvato da qualche buona idea e dalla presenza di Celi in salsa vampiresca. La metafora al centro della storia funziona, così come qualche buona idea disseminata qua e là (le schede dei neonati col prospetto futuro, il collegio dei "chimici"). Ma come ci si possa prendere così sul serio con quella musica "vampiresca" e quel protagonista bislacco e un po' tonto rimane un mistero. Come parodia avrebbe funzionato alla grande.
Un vampiro sociale, simile a un Megadirettore Galattico Duca Conte Balabam, convoca alla sua corte uno stralunato impiegato, che, pur tentato dall'emancipata Laura, preferisce assecondare il suo rigido senso del dovere. Interessante disillusione post-sessantottina che ha il merito di non cadere nell'afosa retorica che spesso affligge questo tipo di produzioni, ma si mantiene in leggero equilibrio tra tensione e burla. Una critica al consumismo apparentemente datata, visto che anticipa il germe dell'eco-consumismo odierno, popolata dai vecchi "vampiri" con una nuova faccia green.
MEMORABILE: “A tu per tu con Nosfer-Hatù”; La nascita dei detersivi biodegradabili (basta un rebranding di quelli vecchi).
Dipendente di un'azienda è convocato in villa dal proprietario che vive nei pressi di Torino, di nome fa Giovanni e ha un servizio d'ordine fatto da Fiat 500: troppi indizi per non scoprire "l'assassino"... Effettivamente niente è lasciato al caso in questo riuscito apologo anti-consumistico e anti-capitalismo sfrenato. Anche il cognome dell'industriale (Nosferatu) è puramente voluto e la dice lunga e subito sulle sue attitudini nei confronti dei sottoposti. Il limite sta nel premere troppo l'acceleratore sul grottesco, finendo per fare del senso del film la parodia di se stesso.
MEMORABILE: La doccia che spruzza slogan pubblicitari idioti insieme all'acqua; Il servizio d'ordine della villa composto da una schiera di Fiat 500.
Film di critica sociale e contestazione firmato Farina in parte ispirato al Dracula di Bram Stoker. I vampiri di oggi sono industriali capitalisti e imprenditori in cerca del potere e del controllo e la metafora funziona grazie a tante trovate davvero eccellenti e personaggi ben caratterizzati. Ottima la colonna sonora, adeguata la regia di Farina che sfrutta molto bene ambientazione e scenografia, bravo Celi.
MEMORABILE: Le 500 che fanno la guardia; Le pubblicità invadenti; Il regista di spot e l'Eccellenza alla riunione.
Il Nosferatu moderno è il grande burattinaio del consumismo novecentesco in una rilettura molto acuta, sia nei riferimenti alla saga vampiresca (con ambientazioni italiane evocative) sia nelle riflessioni sociologiche: certo, la sceneggiatura è esplicita e non lascia nulla all’intuizione, ma contiene spunti interessanti, tra satira, grottesco e metacinema (dagli spot godardiano e felliniano alle Fiat 500 cani da guardia). Quasi una delazione dall’interno se si considera la provenienza pubblicitaria del regista, alla sua arguta opera prima.
Nell'ipertrofica produzione anni 70 uno dei film più interessanti, con interpreti pochi ma assai buoni e alcune trovate (le 500, le pubblicità, gli incontri nella nebbia, le movenze della Hooper) che non si scordano. Gli impediscono di eccellere un ritmo frenato e qualche lungaggine nella seconda parte (il consesso dei capi, la cripta). Farina agita più generi ma senza perderne il controllo, non abusa di sesso e violenza ed elabora una critica sociale (verso il suo mondo di provenienza) banalizzando un po' ma con trame tutte da scoprire. Ottima anche la gestione di silenzi e musiche.
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DiscussioneZender • 11/03/10 14:47 Capo scrivano - 48336 interventi
Può trattarsi di davinottizzazione scorretta, in effetti. Però horror mi pare un po' eccessivo, così come fantascienza. E se si passasse al drammatico piuttosto? O il fantastico...
DiscussioneZender • 11/03/10 20:15 Capo scrivano - 48336 interventi
Ok, andata...
DiscussioneFauno • 27/06/16 01:42 Contratto a progetto - 2749 interventi
Accidenti Legnani, hai proprio voluto sottolineare la tua generosità nell'affibbiargli 3 pallini eh...Comunque dai, mi fa piacere tu abbia dato il giusto valore alla genialità della trovata delle perfide 500 bianche. Ma anche il voltafaccia della Hooper è straordinario. E di attori versatili come Celi, prima che ne nasca un altro...
Fauno ebbe a dire: Accidenti Legnani, hai proprio voluto sottolineare la tua generosità nell'affibbiargli 3 pallini eh...Comunque dai, mi fa piacere tu abbia dato il giusto valore alla genialità della trovata delle perfide 500 bianche. Ma anche il voltafaccia della Hooper è straordinario. E di attori versatili come Celi, prima che ne nasca un altro...
Caro Fauno,
Celi straordinario come sempre, ma qui - a mio avviso - ha grande peso anche lo strepitoso doppiaggio di Cigoli, che dà ancora più spessore al luciferino personaggio.
p.s. Ero incerto fra 2,5 e 3. Ho deciso per il 3 perché possiede alcuni elementi molto particolari: le 500 bianche, lo spot dell'LSD, l'inizio alla Buzzati...
Fauno ebbe a dire: Accidenti Legnani, hai proprio voluto sottolineare la tua generosità nell'affibbiargli 3 pallini eh...Comunque dai, mi fa piacere tu abbia dato il giusto valore alla genialità della trovata delle perfide 500 bianche. Ma anche il voltafaccia della Hooper è straordinario. E di attori versatili come Celi, prima che ne nasca un altro...
E' la Modigliani a fare il voltafaccia finale, se intendi la ragazza che da hippy diventa "integrata".
DiscussioneFauno • 27/06/16 15:05 Contratto a progetto - 2749 interventi
In effetti la Hooper è la governante di Nosferatu...
Segnalo che il vero nome dell'attrice Francesca Modigliani (che nel film interpreta Laura la ragazza hippy) è Maria Laura De Franceschi. Fonte: il fascicolo ministeriale di "Hanno cambiato faccia" depositato presso l'Archivio Centrale dello Stato.
Di frequente, nelle colonne sonore, al compositore capita di riutilizzare brani già inseriti in altri film. E' il caso di "...Hanno cambiato faccia", dove Amedeo Tommasi riprende interamente un brano già utilizzato nel film di Pupi Avati "Thomas...gli indemoniati". Il pezzo è "Shake tragico", e Tommasi lo inserisce per sottolineare l'angosciante finale del film, dove il protagonista si "consegna" definitivamente nelle mani del potente Nosferatu (Adolfo Celi).
Il finale di "...Hanno cambiato faccia", da 1:29:07 a 1:31:12
In modo meno evidente e più sottile (una sorta di variazione sul tema, rallentato), Tommasi rielabora il leitmotiv di "Thomas...gli indemoniati" (cantato splendidamente da Edda dell'Orso) per un breve frammento di sottofondo alla scena della "doccia con pubblicità"