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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Terry Gilliam era forse l'elemento più geniale di quell'autentica fucina di talenti che furono gli inglesi Monty Python. Prima di imbarcarsi nell'incredibile remake del BARONE DI MUNCHAUSEN e in quella pretenziosa gipsy-story che è LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE Gilliam girò BRAZIL, destinato in breve a diventare un cult-movie per quel tocco di surrealismo e di inventiva scenografica tanto cari al regista. Montato e girato con ritmi forsennati che poco spazio lasciano alla riflessione, il film si segnala per un cast che vede impegnati anche attori...Leggi tutto di grido come Robert De Niro e Bob Hoskin, pur se in ruoli marginali. Ultimo aggancio coi Monty Python è invece il bravo Michael Palin (nel film è Jack, l'amico). Nella parte del protagonista troviamo però un Jonathan Pryce assai poco convincente, impegnato soprattutto nel tentativo di imitare alcune espressioni tipicamente alleniane. Il buio e le tenebre dominano la scena, saltuariamente interrotti da interni ricostruiti ipertecnologicamente, per l'epoca (siamo nel 1985). Da deplorare gli intermezzi in cui il sogno si confonde con la realtà, segnatamente alla comparsa di un strano samurai elettronico pronto a sfidare il protagonista (scena che Gilliam riprenderà con altri costumi nel RE PESCATORE, in cui al samurai si sostituirà un cavaliere medievale). De Niro impersona Tuttle, sorta di riparatore d'impianti deciso a distruggere la burocrazia, e lo fa bene come sempre; ciò non basta tuttavia a impedire che il film risulti piuttosto monotono e privo di una vera trama (riassumibile in due frasi, benché ciò non abbia senso visto quanto si basa su continui interventi a sorpresa svincolati dal filo conduttore), penalizzato inoltre da una fotografia non esaltante e da una verbosità eccessiva (come in ogni prodotto dei Monty Python che si rispetti), protratta per una durata superiore alle 2 ore e 10. Le scenografie sono a volte azzeccate e sicuramente sintomo di una genialità che a Gilliam nessuno nega, come lodevole e originale è l'idea di partenza. Purtroppo Pryce e la Griest, una durata esagerata e la scarsa sapidità di alcune trovate negano a BRAZIL lo status di cult-movie che pur sembrerebbe calzargli a pennello per altri motivi.

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Capannelle 8/10/08 09:22 - 4415 commenti

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Un film simbolo per Terry Gilliam che non è secondo a nessuno quanto a originalità e presa in giro. Personalmente ho riscontrato troppe pause e certi eccessi genialoidi, ma ammetto che il regista inglese è stato sicuramente capace e ha usato la mano con molto stile. Notevole l'intermezzo con De Niro come idraulico, mentre Hoskins e Pryce sono ben intonati al contesto generale.

Redeyes 9/10/08 13:39 - 2451 commenti

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Brazil è quanto di più allucinato, assurdo ed insieme plausibile ed attuale possa accadere, basti riflettere sul piccolo scarafaggio e sulle sue conseguenze. È un sogno su pellicola che disturba e lascia pensare. Se lo si vede non si può restarne indifferenti. Gilliam non raggiungerà mai più tali vette d'eccellenza. Assolutamente da vedere!

Cotola 10/10/08 19:23 - 9068 commenti

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Ispirandosi, seppure solo in parte, al grande "1984" di Orwell (trasposto al cinema solo un anno prima), Gilliam dà vita al suo film più bello e riuscito poiché, a differenza di altre volte, riesce a coniugare perfettamente il suo notevole estro visionario con una storia molto coinvolgente, a tratti angosciante (la parte finale) e piena di idee. Parte piano per poi crescere sempre di più fino ad arrivare ad un'ultima mezz'ora davvero da urlo. Meraviglioso, per certi aspetti profetico ed in ogni caso imperdibile.
MEMORABILE: Quando De Niro scompare sotto una montagna di carte. La parte finale con particolare riguardo a quella della tortura.

Pigro 29/03/09 10:52 - 9682 commenti

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Fuga impossibile di un impiegato da una società oppressiva governata dalla burocrazia. Stravagante racconto che impernia una lucida metafora del potere liberticida su un immaginario caleidoscopico di invenzioni che mettono in corto circuito la fantascienza con l'atmosfera anni 40, l'attualità con le architetture anni 20. Un frullato visionario che lascia stupefatti a ogni sequenza senza essere mai puramente virtuosistico, ma sempre perfettamente coerente e giustificato. Un film che è una gioia degli occhi e dello spirito.

B. Legnani 18/06/09 01:36 - 5544 commenti

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Non irresistibile. Commedia orwelliana-kafkiana buona per novanta minuti, ma quando il protagonista da impiegato quasi modello in un attimo si trasforma in mezzo scemo (ah! l'amore...) ed arriva la banalotta Greist, il film si avvolge su se stesso e, tolta qualche trovata (la burocratica-cartacea sparizione), cala sempre più. Bravo Pryce, grande Holm. Ottomila richiami, per cui ne cito solo uno reiterato (Blade runner) ed uno più veloce (La Potemkin, con tanto di stivali dei soldati...). Mi pare che le architetture richiamino Tamara de Lempicka.

Enricottta 11/08/09 13:21 - 506 commenti

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E se "Brazil" fosse un prodotto preconfezionato: "senza anima", voglio dire? Lo si gusta per le innumerevoli trovate, le solite citazioni filmiche. Quello che non mi convince totalmente è il ricorso al tromp l'oeil intellettuale a cui Gilliam, forse volutamente, ci sottopone. Incompiuto è certamente l'aggettivo suggerito dalla "visione" del film in tutti i sensi. Che peccato! La storia è suggestiva, ma l'interprete principale una pippa completa; il resto del cast eccellente, ma mal diretto. Nonostante questo, è un gran bel film.

Renato 7/11/09 11:35 - 1648 commenti

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Alcuni singoli pezzi sono davvero grande cinema, ed il gusto scenografico di Terry Gilliam è qui al suo meglio. Eppure non mi sento di definirlo in suo miglior film, sebbene sia stato giudicato come tale quasi all'unanimità (ancora oggi, dopo quasi 25 anni dall'uscita). Nella seconda parte avverto un leggero calo di tensione, ed i troppi ribaltamenti rendono meno emozionante e significativo quello che precede i titoli di coda. Da vedere, comunque, anche solo per le due scene con De Niro nei panni di Archibald Tuttle.

Mtine 13/07/10 11:45 - 224 commenti

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Una sorta di anti-Alice nel paese delle meraviglie. Gilliam in tutta la sua potenza visiva ci regala un primo tempo da brivido. Poi però osa troppo e rende il film un incubo. Infatti, dopo un apparente lieto fine, trasforma la pellicola in un'apoteosi di immagini, mischiando inutilmente le carte in tavola ai danni dell'intreccio, che seppure bizzarro e particolare era comunque coinvolgente. Peccato veramente perché potevamo trovarci davanti a uno dei più virtusistici esercizi di stile cinematografici e narrativi degli ultimi anni.

Harrys 15/07/10 15:24 - 687 commenti

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Il talento visionario di Terry Gilliam trova in quest'occasione il suo apice massimo. Lungi dal poter esser considerata una pellicola "originale" (numerosi i déjà vu: letterari e cinematografici), "Brazil" si rende comunque estremamente interessante. Grazie all'apporto dell'ex Monty Python, non latitano momenti di vera e propria dissacrazione, che, sormontando l'assunto iniziale, si trasfigurano ben presto in un notevole agrodolce. L'ambientazione futuristica calza a pennello con le capacità registiche. Ottima la citazione de La corazzata. ****1/2

Tomastich 14/08/10 10:57 - 1255 commenti

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Agli albori degli anni '80 c'era un sottogenere del rock chiamato Art rock: un manipolo di band dal passato prog che decise di svoltare nel decennio per eccellenza con una musica legata all'utilizzo delle immagini e copertine da sogno (gli Asia in primis). Terry Gilliam inventa l'Art movie: un insieme di citazioni intelligenti (Fellini, Scott, Orwell) fanno si che il film ne guadagni in spessore intellettuale. Poetico e crudele.

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Mdmaster 9/09/10 09:12 - 802 commenti

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Gilliam probabilmente si è imbarcato in qualcosa più grande di lui, una sceneggiatura su cui hanno lavorato in tre, un film che ha avuto enormi problemi in fase di distribuzione... e nonostante ciò è ben riuscito. Scenografie allucinanti, fiume di citazioni cinefile, brillanti personaggi di contorno (un po' meno il principale, intrappolato nella sua realtà impiegatizia) e qualche risata. La canzone Brazil usata a mo' di richiamo verso un'altra vita ci accompagna, strizzando l'occhiolino più volte, fino a un finale che ci lascia con gli occhioni lucidi.
MEMORABILE: Lo scoppio della bomba nel ristorante mentre tutti continuano a cenare come se niente fosse.

Satyricon 24/08/10 10:35 - 147 commenti

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Grande prova di visionarietà con un sapiente uso della prospettiva che rende ancora più eccessivi e paradossali dei momenti peculiari del film; non convince pienamente tuttavia la seconda parte del film, che diventa un caotico rincorrersi di scene che non danno respiro alla mente e diventa un pout pourri di visioni che spaziano dall'onirico al reale; riesce ad essere massimamente grottesco e comunque interessante per l'epoca la sperimentazione di un genere mai visto prima di allora.

Lupoprezzo 19/02/11 14:05 - 635 commenti

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Ispirandosi all'opera orwelliana 1984, Gilliam sfrutta l'ambientazione fantascientifica per dare sfogo al suo innato talento visivo. Brazil è un mondo ossessionato dai numeri, un vero e proprio incubo burocratico grigio e privo di sentimenti. Brazil è anche il motivetto che accompagna il film (chiara metafora evasiva). Il protagonista è perfetto nell'anonimato della prima parte, meno quando entra in azione. Il costante clima soffocante in cui è immerso il film porta qualche sbadiglio. Finale splendido.

Zardoz35 7/01/12 15:24 - 291 commenti

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Pellicola molto particolare, sulla quale si potrebbero scrivere fiumi di parole. Una fantascienza e soprattutto fantapolitica surreali, con continui cambi di situazioni e sopravvosizioni. Il film, specie nella prima parte, è un po' lento e la durata è in ogni caso eccessiva. Azzeccatissimo il contesto che mostra un austero ambiente burocratico stile anni 30, con molti oggetti che ricordano quell'epoca affiancati ad una tecnologia (gli schermi piatti) avanti di decenni. Molto orwelliano.

.luke. 12/04/12 19:51 - 89 commenti

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Seppur con forti influenze da parte del "1984" di Orwell, il film di Gilliam ha una propria identità ed è il lavoro in cui il regista riesce ad esprimere al meglio il suo enorme talento visionario. Spietata e angosciante critica a una società basata sulla burocrazia e caratterizzata da una forte oppressione nei confronti di chi si ribella. Jonathan Pryce e Robert De Niro offrono grandi interpretazioni, soprattutto nello straordinario finale.
MEMORABILE: Questa è la ricevuta per suo marito. E questa è la ricevuta per la sua ricevuta.

Mushroom 13/06/12 18:55 - 36 commenti

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Pretenzioso, troppo lungo. Eppure maestoso, una regia bellissima. Una gioia solo per gli occhi però, perché la recitazione non convince (De Niro recita per un totale di 10 minuti). Alcune parti troppo stupide, finale bizzarro ma convincente. Gilliam si rivolge solo ai cinefili di larghe vedute che, il più delle volte, si fanno corrompere facilmente. Probabilmente ormai un po' datato.

Luchi78 20/06/12 14:27 - 1521 commenti

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Film prolisso, nonostante i grandi effetti scenografici che Gilliam imprime ad ogni scena, senza lasciare nulla al caso. Grandi richiami alle atmosfere di Blade runner con le varianti necessarie a creare uno sporco mondo "burocratico", fatto di macchine appartenenti ad un'era imprecisata. Jonathan Price tiene la scena per quasi tutto il film, ma il suo personaggio non è poi così interessante come avrebbe dovuto essere il protagonista di una storia così. Solo comparsate per De Niro e Hoskins. Forte il primo impatto, poi si perde...

Almicione 29/12/12 00:56 - 764 commenti

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In un'angosciosa società orwelliana, oppressa da una forma estrema di burocrazia, un umile cittadino cerca di evadere da questa realtà grottesca inseguendo la donna (una terrorista) protagonista delle sue visioni oniriche. Sebbene il tema distopico non sia reso poi così male, numerosi sono i falli di questa pellicola, tra cui risultano evidenti una regia e fotografia pessime (talvolta la macchina da presa sembra alterare, forse deliberatamente, l'inquadratura), alle quali si aggiunge una sceneggiatura a tratti farraginosa. Numerosi i bloopers.
MEMORABILE: Babbo Natale: "Allora, bambina, che regalo vorresti per Natale?" Bambina: "Voglio una carta di credito".

Saintgifts 28/01/13 01:16 - 4098 commenti

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Sembra iniziare con la migliore delle intenzioni, con tanto di banale ma decisivo intervento del caso che cambia una T con una B, in un mondo dominato da una burocrazia, capace anche di distruggere se stessa. Il tutto dominato dalla musica più o meno arrangiata di Aquarela do Brasil (anzi potrebbe sembrare che il film nasca ruotando attorno al motivo, ma pare sia stato scelto proprio per la dissonanza con tutto il contesto). Poi però, dopo la breve entrata in scena di De Niro, le cose prendono un'altra piega e il surrealismo diventa pasticcio.

Mickes2 26/04/13 23:44 - 1670 commenti

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Fantastica personale rivisitazione in chiave demenzial-grottesco-dissacrante con venature drammatiche del capolavoro letterario Orwelliano. Tutto l’estro visionario e inventivo di Terry Gilliam per raccontare un futuro prossimo distopico afflitto dalla burocrazia e in balia di organi politico-giudiziari stolti, disumanizzati, mossi solo dall’arbitrio del Governo. Molti piccoli-grandi particolari disseminati all’interno dell’opera ammantano una messinscena suggestiva e visivamente stupenda per un film cupo e trasognante. Finale indimenticabile.
MEMORABILE: Lo scoppio della bomba nel ristorante; Nell’autotrasporto, tutti gli omaccioni seduti mentre una donna senza una gamba è costretta a rimanere in piedi.

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Daniela 4/03/16 11:32 - 12682 commenti

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Fra le tante libere trasposizioni del futuro distopico immaginato da Orwell, questa di Terry Gilliam, qui alla sua migliore regia, è la più immagnifica e creativa, talmente zeppa di invenzioni visive e link metalinguistici da suscitare al primo impatto una sensazione frastornante da eccesso di stimoli, come frastornato è l'eroe della storia, minuscola rotella fuori posto nell'ingranaggio implacabile della burocrazia. Pryce perfetto nel ruolo, ma indimenticabili risultano anche il tecnico terrorista De Niro e il torturatore Palin. Finale grandioso ed agghiacciante a suggello di un capolavoro..
MEMORABILE: Le pareti mobili degli uffici; La sala della tortura; Tutta la sequenza finale con la "scomparsa" di De Niro e la fuga lungo la strada pubblicitaria

Paulaster 8/02/17 09:54 - 4437 commenti

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In un mondo cupo sommerso dal grigiore e dalla burocrazia spersonalizzante un impiegato ritrova la coscienza e la voglia di libertà. Dopo un inizio che tramortisce per un barocco e dissacrante senso ironico (citazioni da Lang ai fratelli Marx), la piega si acuisce in un pessimismo senza speranza (Eisenstein). La parte centrale si appesantisce della storia d’amore e conseguente fuga che perde lo stimolo eccentrico virando verso il banale e futile. Uso delle scenografie di notevole impatto visivo.
MEMORABILE: L’ultimo silos.

Magi94 7/07/17 14:48 - 954 commenti

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Film che purtroppo non sono riuscito a capire. Nella prima ora si viene catapultati in un'interessante distopia molto ispirata a "1984", in cui la struttura partitica con al vertice il Grande Fratello è sostituita da un incubo burocratico di scartoffie ed errori di stampa. Ma nel momento in cui entra in scena Jill, che porterà poi all'arresto di Lowry, il film esce dai binari e va a finire nel grottesco più spinto e incomprensibile, perdendosi in un lunghissimo (si sforano le due ore) labirinto di finali consecutivi sempre più assurdi. Basito.

Thedude94 12/09/17 00:21 - 1097 commenti

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Un bravo Jonathan Pryce veste i panni di un modesto dipendente del ministero dell'informazione di questo fantomatico mondo futuristico in pieno stile orwelliano, magicamente messo in scena da Gilliam. Ottime le riprese, così come le scene oniriche, che vedono apparire la brava Greist; il resto del cast non delude, compreso un attivo De Niro. Il messaggio del regista è chiaro e lampante e ci viene proposto con una disarmante crudeltà di fondo, unita alla classica ironia surreale tipica del suo stile. Da notare le sontuose scenografie.

Buiomega71 27/09/17 19:45 - 2919 commenti

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Quintessenza del cinema gilliamiano e cioè pesantezza quasi insostenibile, tronfie virate nel grottesco, immagini tonitruanti ed eccessive che riducono il tutto a un pachidermico e ridondante pamphlet parafelliniano, dove è difficile (se non impossibile) stare al passo. Confezione tecnica impeccabile (quasi stucchevole), ma narrativamente fastidioso, sovraccarico di generi (comedy, fantasy, horror, fantascienza dispotica, surreale) che non sfociano da nessuna parte se non nella noia e nell'autocompiacimento. Il Gilliam più pomposo in un coacervo di chincaglieria.
MEMORABILE: La chirurgia plastica; La maschera kabuki; L'insetto burroughsiano; La sala cilindrica.

Noodles 13/01/20 19:21 - 2244 commenti

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Più che un rifacimento del 1984 di Orwell, sembra una parodia. Terry Gilliam prende delle buone cose dal famoso romanzo e crea un film che ha validi spunti visionari. Ma, soprattutto nella seconda parte, si fa prendere la mano e confeziona un minestrone indigeribile di fantascienza e grottesco, con un ritmo da lumaca e alcune scelte incomprensibili. Fin troppo kitsch. Con meno esagerazioni sarebbe stato anche interessante. Sufficiente ma lontano dal capolavoro.

Kozincev 20/03/20 09:51 - 56 commenti

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Esercizio di virtuosismo visivo, caleidoscopio di invenzioni e di situazioni surreali, è un film in cui conta solo la forma, che schiaccia completamente il contenuto. Di una lunghezza esasperante, con un finale che più assurdo e incomprensibile non si può, non ha nulla in comune con il capolavoro orwelliano al quale l'autore sostiene di essersi ispirato senza averlo letto (e come stupirsene). L'incubo distopico dov'è? Viene da rimpiangere la coeva e più sobria rivisitazione di Radford (che, Deo gratias, costrinse Gilliam a cambiare titolo).

Rocchiola 21/03/20 19:45 - 970 commenti

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Rilettura surreal-dark della distopia orwelliana. Il futuro immaginato da Gilliam è un luogo dominato dalla burocrazia in cui è vietato sognare. L’ex Monty Python confeziona un film brillante pieno di invenzioni visive che resta la sua opera più avvincente e compatta, malgrado una fuga finale tirata troppo per le lunghe. Splendide le scenografie retro-futuriste dominate da una tecnologia tutt’altro che infallibile. Un monito contro i peggiori difetti del presente perché non diventino i mali del futuro. Ottimo l’eterogeneo cast.
MEMORABILE: La mosca spiaccicata sulla stampante; L’intervento dell’idraulico ribelle; Gli interventi di chirurgia estetica; I sogni dell’angelico supereroe.

Minitina80 3/06/21 06:38 - 2986 commenti

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Tra le migliori rappresentazioni scaturite dall’eredità di George Orwell, scandita da una visione personale che si slega dal consueto per entrare nell'immaginifico. Si aprono squarci che sembrano proiettare in un’altra dimensione, tanta è la forza espressiva convogliata sullo spettatore. L’unica pecca arriva a galla nel momento in cui ci si focalizza sui due protagonisti che sembrano tratteggiati con la mano sinistra e destinati a perdersi nelle due ore e più in cui Gilliam pende maggiormente verso la forma esteriore.
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  • Discussione Daniela • 14/04/10 14:28
    Gran Burattinaio - 5928 interventi
    Figura al 54° posto nella BFI 100, la lista dei cento migliori film britannici del XX secolo stilata dal British Film Institute nel 1999
  • Curiosità Buiomega71 • 23/12/14 09:58
    Consigliere - 26052 interventi
    Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "L'ultimo spettacolo", 2 febbraio 1989) di Brazil:

  • Curiosità Buiomega71 • 26/09/16 22:53
    Consigliere - 26052 interventi
    * Il titolo iniziale doveva essere 1984 ½, un mix di metafora orwelliana e fantasia felliniana.

    * Gilliam (che confessa di non aver mai letto il libro di Orwell) ebbe l'idea del film dopo un sogno che lo ossessionava: un uomo seduto su una spiaggia nera come il carbone (mentre ascoltava rapito, alla radio, la canzone scritta nel 1939 da Ary Barroso). Buttò giù un soggetto, che divenne sceneggiatura scritta insieme a Charles McKeown e al drammaturgo Tom Stoppard. Cambiò subito il titolo con Brazil, in quanto aveva sempre in testa la canzone resa famosa da Xavier Cogat.

    * L'Universal rimase interdetta, aspettandosi un nuovo Blade Runner o un nuovo Mad Max, di fronte al risultato sardonico, cupo, inquietante, surreale e barocco che aveva messo in piedi Gilliam, che scatenò tutta la sua fantasia di ex Monty Phyton. Diede una mano a Gilliam il produttore indipendente Arnon Milchan, uno dei pochi produttori che guardava più all'arte che non ai meri incassi (C'era una volta in America, Legend).
    Ma i problemi per Gilliam arrivarono alla post-produzione, che fu per lui un vero e proprio calvario.
    La Universal rifiuta di far uscire il film considerandolo "non commerciabile e troppo eccentrico per il mercato americano" e pretende da Gilliam che lo accorci dai 142' originari a 125'. Gilliam prende tempo, arriva a un accordo (l'edizione americana dura 11' minuti in meno rispetto a quella europea).

    * All'uscita nelle sale americane, nonostante due nomination agli Oscar per scenografia e sceneggiatura, il film si rivela un insuccesso commerciale, non riuscendo nemmeno a recuperare i costi produttivi. Le cose non vanno meglio in Europa: accolto con fredezza al Festival di Berlino, in Italia incassa appena 400 milioni e anche la critica si divide (entusiasta Fofi, freddini e poco convinti Kezich e Grazzini). A Ciak Brazil è particolarmente caro: venne infatti recensito positivamente nel numero 1 del maggio 1985.

    Fonte: Brazil. Cult movie, Ciak, ottobre 1996 (di cui era allegata anche la vhs del film)
  • Homevideo Rocchiola • 21/03/20 19:48
    Call center Davinotti - 1258 interventi
    Il Bluray della Fox pubblicato nel 2013 ci ha restituito questo grande film in condizioni perfette registrando un gran salto in avanti sul versante qualitativo rispetto al vecchio DVD. Video panoramico 1.85 con immagini perfettamente pulite e nitide, solo nei sogni del protagonista c’è una granulosità abbastanza pronunciata, ma credo di tratti di un effetto voluto. Ma è sul versante della definizione che si notano i maggiori miglioramenti con immagini molto incisive e riccamente dettagliate. Ed anche i colori appaiono più vivi ed equilibrati. L’audio italiano dolby digital 2.0 è pulito, chiaro e di buona potenza.