* Il titolo iniziale doveva essere
1984 ½, un mix di metafora orwelliana e fantasia felliniana.
* Gilliam (che confessa di non aver mai letto il libro di Orwell) ebbe l'idea del film dopo un sogno che lo ossessionava: un uomo seduto su una spiaggia nera come il carbone (mentre ascoltava rapito, alla radio, la canzone scritta nel 1939 da Ary Barroso). Buttò giù un soggetto, che divenne sceneggiatura scritta insieme a Charles McKeown e al drammaturgo Tom Stoppard. Cambiò subito il titolo con
Brazil, in quanto aveva sempre in testa la canzone resa famosa da Xavier Cogat.
* L'Universal rimase interdetta, aspettandosi un nuovo
Blade Runner o un nuovo
Mad Max, di fronte al risultato sardonico, cupo, inquietante, surreale e barocco che aveva messo in piedi Gilliam, che scatenò tutta la sua fantasia di ex Monty Phyton. Diede una mano a Gilliam il produttore indipendente Arnon Milchan, uno dei pochi produttori che guardava più all'arte che non ai meri incassi (
C'era una volta in America,
Legend).
Ma i problemi per Gilliam arrivarono alla post-produzione, che fu per lui un vero e proprio calvario.
La Universal rifiuta di far uscire il film considerandolo "non commerciabile e troppo eccentrico per il mercato americano" e pretende da Gilliam che lo accorci dai 142' originari a 125'. Gilliam prende tempo, arriva a un accordo (l'edizione americana dura 11' minuti in meno rispetto a quella europea).
* All'uscita nelle sale americane, nonostante due nomination agli Oscar per scenografia e sceneggiatura, il film si rivela un
insuccesso commerciale, non riuscendo nemmeno a recuperare i costi produttivi. Le cose non vanno meglio in Europa: accolto con fredezza al Festival di Berlino, in Italia incassa appena 400 milioni e anche la critica si divide (entusiasta Fofi, freddini e poco convinti Kezich e Grazzini). A Ciak
Brazil è particolarmente caro: venne infatti recensito positivamente nel numero 1 del maggio 1985.
Fonte: Brazil. Cult movie, Ciak, ottobre 1996 (di cui era allegata anche la vhs del film)