Nel segno del thriller: alternativamente a Sanremo
Comincio a credere che Tim Hunter sia un mezzo bluff (sia chiaro, anche solo per
I ragazzi del fiume resta uno dei miei registi di culto) e che fuori dal suo piccolo gioiellino pre twinpeaksiano così plumbeo e nerissimo, non ne abbia, poi, imbroccata una.
Non fa eccezione questo thrillerino dal terribile look televisivo, sorta di
Inseparabili in chiave soapoperistica, dai riverberi romanticheggianti, dove il tema del doppelganger alla William Wilson viene sfruttato malamente e la parte veramente thrilleresca salta fuori all'ultimo minuto, nella sequenza in cui la Rossellini si trova faccia a faccia con i due ambigui gemelli, in stato confusionale, non sapendo più chi è davvero il gemello di cui è innamorata.
Aidan Quinn si sdoppia nel gemello buono (e un pò coglione) e in quello cattivo (latinlover senza scrupoli che tratta le donne come meri oggetti sessuali, per la serie "Mettiti quelle mutandine da puttana dell'altra volta"), creando nella Rossellini un cortocircuito emotivo, facendole perdere le sue sicurezze e gettandola nella paranoia e nello sconforto (con chi dei due sono stata a letto?).
L'idea della "confusione" gemellare e del gemellino dai caratteri diametralmente opposti verrà poi sfruttata (meglio) da Eduardo Campony per
Troppo cuore (in versione femminile) e da Francois Ozon in
Doppio amore, ma quì, Hunter svolge il compitino malamente e in stato completamente anonimo.
Unica sequenza hunteriana è quando il gemello libertino porta la Rossellini a vedere atterare gli aerei, poi ripresa anche in
Scelte pericolose, ma per il resto è calma assolutamente piatta, dove si scorge a fatica la mano di quel regista che aveva raccontato la gioventù perduta e allo sbando dei
Ragazzi del fiume.
E se Hunter pare anestetizzato dall'anonimato e dalle bellezze che ci sono nel cast (l'esotica Iman, la comparsata di Iris Peynado, Tracey Ross e una bellissima Claudia Christian) lo script non è che sia meglio, confuso e abborracciato, indeciso se prendere la strada del thriller a tema del doppio o le storielle d'amore sofferte alla romanzetto Harmony.
Non ci sono delitti, non c'è suspence, manca totalmente quel brivido consono ai gialli straight to video, e il finale è ancor più telefonato (e banale) di quello che possa sembrare.
Se sul lato meramente noir il filmaccio fallisce miseramente, resta una Rossellini più brava del solito, ben sfruttata da Hunter, che la toglie dai "maledettismi" lynchiani, tirandole fuori il suo lato più fragile e insicuro.
E tra puntate sui set fotografici di moda (che manco
Occhi di Laura Mars) e crucci amorosi, la parte migliore del film è quando la Rossellini viene trattata come una mignotta da strada dal gemellone cattivone che la porta in squallide camere di un motel a ore, la umilia, la zittisce signorilmente con il classico "
Stai zitta , puttana!" e la scarica malamente in un vicolaccio con il benservito "
Arrangiati, stronza!", e la povera Isabella incassa, tormentandosi su quel rapporto malato che, in fondo (come nelle più classiche regole dei thrilleracci erotici) la eccita, portando alla luce il suo lato "perverso".
Qualche barlume ben assestato (Sandra Shearer disabile nel letto, il cuore del gattino dentro al pacchettino regalo) e la chiusa finale ambigua al cimitero non risolleva le sorti di uno pseudonoir slavato e incolore, fiacco nell'andamento e nella messa in scena.
Uno
Specchio scuro virato al maschile, che aveva anche un'ottimo potenziale di partenza, ma annacquato da una regia paratelevisiva senza mordente e da un andamento soporifero che scade, irrimediabilmente, nella noia.
Degna di nota la psicologa milfona mangiauomini (Barbara Eda-Young) e in un piccolo ruolo cameo, al party, il grandissimo Richard Harrison che si accompagna ad una mulatta da infarto immediato, la meravigliosa Tracey Ross (e subito mi sono venuti in mente i suoi trascorsi caraibici con lo zio Joe).