Girl hell 1999 - Film (1999)

Girl hell 1999
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Titolo originale: Shôjo jigoku ichi kyû kyû kyû
Anno: 1999
Genere: horror (colore)
Note: Yamanouchi è un regista specializzato in pinku-eiga e ha girato questo film completamente in digitale. Molte similitudini col successivo "Visitor Q" di Miike.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 16/10/10 DAL BENEMERITO GESTARSH99
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Gestarsh99 16/10/10 00:49 - 1395 commenti

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Yamanouchi è un autore che non teme di affondare le mani nelle materie più rivoltanti e tabù e lo fa, soprattutto in quest'opera, in una maniera così fredda, diretta ed artigianale da risultare sorprendentemente poetico e profondo. Devo ammetterlo, mai mi sarei aspettato che dal suo mix di perversione, cruda desolazione e trattazione malata di argomenti delicatissimi potessero scaturire tanta partecipazione e commozione. Un film durissimo e poco digeribile ma di seducente fascino glaciale, permeato dalla malinconica mitezza dell'angelica Yoko Satomi.
MEMORABILE: L'incipit, con la bellissima protagonista Yoko Satomi immobile sul greto di un fiume, con lo sguardo perso nel vuoto ed il volto macchiato di sangue.

Greymouser 5/05/11 17:27 - 1458 commenti

I gusti di Greymouser

Yamanouchi è interessato alla rappresentazione di ogni sorta di umana bassezza. Ed esegue il compito nel modo più sgradevole che gli sia possibile e ci sia possibile (o meno) sostenere. Tra incesti, stupri, violenze e perversioni varie, sfugge in parte il senso del suo disegno complessivo. Resta così il sospetto di un certo compiacimento fine a se stesso, che strizza l'occhio alla complicità morbosa dello spettatore. Ma il film prende comunque alla gola, e ci lascia turbati e basiti, come probabilmente nelle intenzioni del regista.

Schramm 16/11/18 13:20 - 3495 commenti

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Lo squallore camera kirlian del lirismo, e quest’ultimo scorciatoia per tornare allo squallore. Yamanouchi stura un’estetica della mutilazione cara a certo Balthus e a Trevor Brown, proponendosi quale circuito chiuso di una nazione ruzzolata dalla scala dei valori (non andrebbe trascurato che la protagonista si chiama Tsukamoto) per (riba)dirci che la ricerca dell’amore è scatola nera di degrado, disperazione e ostilità (vale anche al contrario). Ma l’embrionalità della forma non sempre valorizza la tossicità e la vis elegiaca dei contenuti, e ne va della piena adesione emotiva del fruitore.
MEMORABILE: La ferita in pieno patto somigliante a una vagina

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  • Discussione Gestarsh99 • 4/04/11 23:07
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Abbastanza pesante ed esplicito il TRAILER ORIGINALE di questa pellicola estrema, fonte d'ispirazione per il Visitor Q di mister Miike.

    Un'opera destinata solo ed esclusivamente a chi sa a cosa va incontro.
  • Discussione Gestarsh99 • 6/05/11 16:26
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    @Greymouser:

    Mi fa piacere che tu abbia apprezzato questa opera estrema di Yamanouchi, un prodotto sicuramente inconcepibile per chi non è abituato ad avere a che fare con le nipponiche nefandezze dei pinky-violence e degli ero-guro.

    Personalmente ci ho letto all'interno un messaggio disperato sulla ricerca impossibile dell'amore nella società moderna (giapponese?): chi ha i mezzi economici riesce a comprarne qualche sprazzo fugace, magari in un angolo abbandonato di una insalubre raffineria chimica oppure nell'angusta claustrofobia di un greve macchinone coi vetri oscurati; chi invece non ha uno yen in tasca e vive ai margini è costretto a carpirlo con la violenza, con la coercizione e con l'inganno.
    In entrambi i casi comunque non si tratta mai di un sentimento puro e tradizionale ma di una pratica deformata ad ogni più bassa e sconcia perversione (incesto, piss-strawing, feticismo, dp, abuso d'incapace, etc.)

    Anche l'unica ed ultima ricerca di un affetto primigenio (quella della protagonista, che sogna un seno materno a cui potersi dissetare) alla fine non potrà che cedere alla corruzione del mondo che la circonda.
  • Discussione Greymouser • 6/05/11 16:36
    Call center Davinotti - 561 interventi
    Gestarsch88 ebbe a dire:
    @Greymouser:

    Mi fa piacere che tu abbia apprezzato questa opera estrema di Yamanouchi, un prodotto sicuramente inconcepibile per chi non è abituato ad avere a che fare con le nipponiche nefandezze dei pinky-violence e degli ero-guro.

    Personalmente ci ho letto all'interno un messaggio disperato sulla ricerca impossibile dell'amore nella società moderna (giapponese?): chi ha i mezzi economici riesce a comprarne qualche sprazzo fugace, magari in un angolo abbandonato di una insalubre raffineria chimica oppure nell'angusta claustrofobia di un greve macchinone coi vetri oscurati; chi invece non ha uno yen in tasca e vive ai margini è costretto a carpirlo con la violenza, con la coercizione e con l'inganno.
    In entrambi i casi comunque non si tratta mai di un sentimento puro e tradizionale ma di una pratica deformata ad ogni più bassa e sconcia perversione (incesto, piss-strawing, feticismo, dp, abuso d'incapace, etc.)

    Anche l'unica ed ultima ricerca di un affetto primigenio (quella della protagonista, che sogna un seno materno a cui potersi dissetare) alla fine non potrà che cedere alla corruzione del mondo che la circonda.


    Sono abbastanza d'accordo, anche perchè molti ottimi registi nipponici e asiatici cercano di rappresentare, al limite della metafora più estrema, le complesse contraddizioni della società nel contesto della loro visuale. Il bello è che tali rappresentazioni, come ho avuto modo di dire più volte, hanno il merito di assurgere a simboli universali. Inoltre - e lo dimostra anche il film di Yamanouchi - questi registi hanno un talento speciale nel tenere insieme e fondere alchimisticamente le degenerazioni più aberranti dell'umano con un soffio di struggente poesia esistenziale.
  • Discussione Gestarsh99 • 6/05/11 16:55
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Greymouser ebbe a dire:
    [...] questi registi hanno un talento speciale nel tenere insieme e fondere alchimisticamente le degenerazioni più aberranti dell'umano con un soffio di struggente poesia esistenziale.

    In questo specifico senso, Koji Wakamatsu può essere visto come uno degli autori più esemplari e lungimiranti dell'intera cinematografia del Sol Levante (Su su per la seconda volta vergine ad esempio è un vero capolavoro, nella sua sintesi adamantina di lirismo nostalgico, afflato libertario e violenza pop stilizzata).

    E parliamo di 40/50 anni or sono.