Luciano Salce è il regista dei due primi, indimenticabili Fantozzi. Inevitabile quindi il ritorno del sodalizio con Villaggio, che continuerà poi con il PROFESSOR KRANZ, il RAGIONIER ARTURO DE FANTI e altri. La mano di Salce si vede anche qui, ma il punto dolente è la sceneggiatura di Castellano e Pipolo, spudorata riproposizione delle gag “fantozziane” amalgamate tra loro da una trama pretestuosa ed esageratamente legata al solito principio dell'iperbole, così da risultare quasi sempre prevedibile. Peccato, perché IL... BELPAESE...Leggi tutto ci restituisce un Villaggio in forma, deciso e non ancora succube della macchietta passiva ed eternamente frustrata che contraddistinguerà il Villaggio del decennio successivo, nonché un divertentissimo Massimo Boldi alle prime armi (impagabile quando simula il “flash” da eroina). La storia è semplice: Guido Berardinelli torna dal Golfo Persico a Milano dopo otto anni di piattaforma per aprire un negozio di orologi con i suoi risparmi, ma ritroverà una Milano cambiata, in balia di scorribande studentesche, furti e rapine di ogni genere... La bravura di Salce è quella di cogliere nella confusione gli stati d'animo di una società allo sbando, filtrandoli attraverso gli occhi di un ipotetico osservatore esterno (Villaggio): forse potrà sembrare un’operazione fallimentare, minata da un qualunquismo ipocrita e superficiale, ma se si guarda bene tra le pieghe di un film comunque non eccelso, si riusciranno a cogliere (soprattutto nei dialoghi tra Villaggio e la sua bionda “amante”) sfumature di una tenerezza non comune. Detto della presenza degli immancabili Gigi Reder e Anna Mazzamauro, di Ugo Bologna ed Ennio Antonelli, si cerchi di apprezzare almeno il finale poetico.
Curiosa pellicola, che affianca trovate "basse" (il quiz d'ingresso, alla Mike Bongiorno) a una denuncia condotta in modo che può apparire qualunquista, ma che fotografa una certa Italia sul finire degli Anni Settanta. Il meccanismo iperbolico, purtroppo, viene presto a noia, per cui il motivo di culto resta, per me, la clamorosa e vistosa presenza di Carla Mancini (non più c.s.c.) nel ruolo di Lisetta.
MEMORABILE: Villaggio in corriera, insieme ai giapponesi.
Eccessivo ed estenuante. La sfiga all’ennesima potenza concentrata nel repertorio fantozziano più deprimente, abusato e tedioso (la bomba nel vestito, la masticazione di nascosto, etc.). Una delle peggiori prove di Salce-Villaggio. Finale con pretese sociologiche, invitante all’amicizia e all’ottimismo. La Mazzamauro replica il ruolo della Silvani; la Mancini appare in uno dei suoi ruoli più consistenti.
Discreto film di Salce con Paolo Villaggio abbastanza lontano dalla saga di Fantozzi (nonostante alcune situazioni tipiche della serie del ragioniere). Molto grottesco e in alcuni punti piuttosto drammatico, offre un ritratto spietatissimo dell'Italia Anni Settanta. Gli attori sono bravi, la regia molto buona e le musiche niente male. Però spesso la storia diventa ripetitiva o esagerata; comunque il finale è abbastanza inaspettato.
Buon film con cui Salce fa in modo che Villaggio si distacchi dal già inflazionato personaggio di Fantozzi. Il ritratto è quello spietato di una Italia divenuta quasi un far-west (e purtroppo sembra di vedere l'Italia di oggi). Ottimo il cast a partire dalla Dionisio (che si mostra anche senza veli) senza scordare la Mazzamauro, Antonelli, Bologna, Boldi, la Calandra e la Mancini. Da vedere per conoscere un Villaggio diverso.
Bene o male Villaggio fa sempre Fantozzi. Che sia il Fantozzi "serio" o quello cartoonesco, non cambia quasi nulla. Essendo però questo film uno dei primi, conserva ancora una certa freschezza. Da segnalare la presenza di Massimo Boldi, in ottima forma, con il personaggio del nipote tossicomane.
Satira poco riuscita sull'Italia dell'epoca, firmata da un Salce che ha perso lo smalto dei tempi migliori e che, infatti, non riesce a graffiare più di tanto. Qualche unghiata va a segno ma poco o nulla più. A tratti mi è sembrato un po' troppo fantozziano e ciò non giova al risultato finale della pellicola.
Tipico prodotto del cinema di quegli anni, il film (è del mitico '77 nientemeno) propone un confronto facilone tra le pigre tradizioni degli Anni Sessanta idealizzate da uno spaesato Villaggio, che rientra in Italia dopo anni passati all'estero e la situazione di bailamme paraterroristico, con le violenze di piazza e il crimine diffuso. Se c'erano ambizioni di satira sociale, sono andate a vuoto. Ovviamente non c'è analisi, ma allora sarebbe stato meglio buttarla in farsa. Parlare di ambiguità morale vorrebbe dire sopravvalutare il film. Sbagliato.
Troppa carne al fuoco (terrorismo, varia criminalità, movimenti studenteschi, femministe, droga, figli dei fiori...). E quando, al fuoco filmico, la carne è troppa, si rischia di rovinarla. Qui Villaggio, una sorta di Fracchiozzi (Fracchia-Fantozzi), si barcamena tra un’esagerazione e l’altra, facendo quel che può, negli evidenti limiti del suo personaggio. Inoltre, la pellicola è penalizzata da un’eccessiva lunghezza, che finisce per appesantirla. Boldi così così. Pur non sollevandosi quasi mai da una generale mediocrità, si può anche vedere, ma perderlo non costituisce reato.
MEMORABILE: Villaggio e un tizio si incrociano in una via, di notte. Hanno talmente paura che, dopo essersi fissati, buttano a terra i portafogli e fuggono.
Dopo i due "Fantozzi" il connubio Salce-Villaggio si propone con questo film sognante che denuncia il triste periodo degli anni di piombo in Italia. L'attore genovese si riprone fantozzianamente in maniera più lieve, non cerca di esasperare la satira, anzi cerca la denuncia sociale. Il risultato è discreto ed allo stesso tempo carente. L'analisi risulta di maniera e non basta il poetico finale. Bravo un giovane Boldi e visivamente bella la Dionisio che mostra le sue splendide e naturali nudità.
Strano film che pone la commedia fantozziana classica nel dramma degli anni di piombo: pur con certi limiti narrativi, si può collocare nel sottogenere "commedia nera all'italiana". Il film ha di suo la presenza di un piacevole Paolo Villaggio, ma la regia di Salce e specialmente il montaggio non funzionano. Continui cali di ritmo ed una vicenda in fin dei conti poco avvincente (infarcita di siparietti grotteschi che qui non funzionano più di quel tanto) appesantiscono il tutto. Bella la colonna sonora.
Pessimo film di Salce, che scade fin da subito in un tremendo qualunquismo e non strappa mai una risata che sia una. Passi per il soggetto, anche se mi è sembrato più un film da Pingitore che non da Salce, ma la sceneggiatura è più un collage di episodi accumulati che altro, con personaggi che entrano ed escono in modo piuttosto casuale (Pino Caruso, ad esempio). Un film invecchiato decisamente male, purtroppo.
Su soggetto di Castellano e Pipolo l'accoppiata Salce/Villaggio prende per il naso gli anni di piombo all'insegna di una parola chiave: l'iperbole. È tutto così esagerato che in certi momenti non si può non ridere di gusto ed in altri invece si nota come i due calchino troppo la mano. Il Paolino nazionale fantozzeggia alla grande concedendo una delle sue migliori prove e la tirata finale ci può stare, perché priva di velleità seriose ed in linea col tono farsesco della pellicola. Ispirati anche Reder e Boldi. Divertente la comparsata di Ugo Bologna.
MEMORABILE: L'esilarante gag del pane, poi ripresa in Fantozzi contro tutti con le polpette.
Un souvenir dagli anni di piombo. Salce immerge il povero Berardinelli (Villaggio) di ritorno dal Golfo Persico nella cruda realtà (caricaturale, ovviamente) della Milano devastata dalle rivolte giovanili e dalla criminalità dilagante. Se non fosse per qualche eccesso nemmeno troppo divertente (figlio probabilmente della penna di Castellano e Pipolo) sarebbe anche un film riuscito, perché il Villaggio dell'epoca era ancora la faccia giusta, per questo tipo di film. Folto stuolo di caratteristi a supportare il protagonista, location azzeccate.
MEMORABILE: L'agendina Spadozza lasciata come omaggio alla stipula post-incendio...
Una buona buona commedia a sfondo sociale, che propone il classico personaggio "fantozziano" di Villaggio in una veste leggermente diversa, seppur l'iperbole tipica della sua comicità rimanga in definitiva la solita; si riconoscono infatti alcune gag già viste nei primi Fantozzi e altre che si vedranno in quelli successivi. L'Italia degli anni di piombo viene fotografata in modo volutamente eccessivo, in una satira che in fondo è ancora molto attuale, vista la situazione in cui versa il nostro "Belpaese" attualmente. Bello il finale poetico.
MEMORABILE: Il "quiz d'ingresso"; la rapina; il finale.
Salce e Villaggio alle prese con la sfida di allargare la satira sociale della serie di Fantozzi all'analisi della situazione italiana complessiva, anno 1977. La sfida non si può dire vinta, perché ne viene fuori una fantozzata piuttosto qualunquista, girata in modo relativamente anonimo; ma il registro grottesco è tutto sommato corretto e Villaggio attore aveva ancora qualcosa da dire, coadiuvato da un cast dignitoso. Il giovane Boldi mostra di avere una grande faccia, la Dionisio rifà la contestatrice con risultati apprezzabili.
È questo il film che Adriano Celentano deve aver per forza visto ed assimilato per bene prima di concepire Joan Lui. Certo che inserire Villaggio in un film di gioiosa critica sociale come questo fa un po' strano. Gli ingredienti del film sono infatti tanti e non proprio ben miscelati fra loro. A salvare la baracca sono però proprio Villaggio e Boldi, che si trovano in momento d'oro a livello artistico e in alcuni momenti sono assolutamente irresistibili. Finale moraleggiante più alla Mario Amendola che alla Salce, ma ci può anche stare.
Salce, motivato dalla riuscita dei primi Fantozzi, cavalca la medesima onda sfruttando pressappoco lo stesso cast e insistendo ancora sul sociologico. Ne consegue, purtroppo, un film cui mancano i tempi comici e il senso della misura di Fantozzi: la Mazzamauro è già inquadrabile nella sola Silvani, Boldi è caricatura di scarso valore, Reder esegue senza enfasi alcuna. Il personaggio della Dionisio, invece, ha qualcosa di verdoniano ante-litteram. Detto questo, gli ultimi 5 minuti di girato sono un capolavoro di intensità e potenza comunicativa.
Ci sono registi che portano avanti il loro discorso e non pensano minimamente a cambiare il cast (si potrebbero fare grandi nomi). Luciano Salce è tra questi e nel Belpaese costruisce un grottesco ritratto dell'Italia anni '70: la sua sferzante ironia colpisce soprattutto i movimenti giovanili (gli indiani metropolitani, le femmniste, l'autonomia operaia) deboli e considerati come "moda". Villaggio immenso, anche se legato al suo Fantozzi (e a mio parere non è un difetto).
Amara e dolente satira di denuncia sociale tutto sommato riuscita. Salce riesce, seppur con qualche esagerazione a mo' di farsa, a trarre un quadro preciso dell'Italia del 1977. Tutto ruota attorno a un bravo Villaggio, molto più amaro che fantozziano, dunque più vicino al Villaggio di Sistemo l'America e torno che non al ragioniere più famoso d'Italia. Altrettanto bene anche Massimo Boldi, giovane ma che sapeva già il fatto suo; splendida e bellissima Silvia Dionisio, che ci mostra il suo naturale e incantevole corpo nudo. Un bel film ancora attuale.
Ottima l'idea di partenza visti gli anni e vista la violenza che si respirava nell'aria. Una satira che doveva pungere a fondo fatta da uno che di satira se ne intende. Ma la presenza di Villaggio, qui tra l'altro molto in forma, è una tentazione irresistibile e così Salce finisce col sovrapporre Fantozzi, con gag simili e cast relativo al seguito, al personaggio di questo film svilendo alla lunga il senso del film stesso. Peccato perché i personaggi erano interessanti e anche riusciti. Come quello di un giovanissimo ed eroinomane Boldi.
Beh, non manca certo di essere attuale. Il crimine ideologico è stato sostituito da quello spicciolo, ma i risultati sono in progressivo, drammatico avvicinamento. Constatazioni sociali a parte, il film mi è piaciuto abbastanza, anche se si dilata eccessivamente, visti i suoi contenuti. Ci sono spezzoni che fanno anche ridere, ma ciò che ci sta sotto risulta inesorabilmente spiacevole. Villaggio è perfetto per il ruolo e gli altri pure, ma non sfugge l'inesorabile collegamento con il più tragico (e senza dubbio migliore) Fantozzi. Il finale è ridicolo e patetico.
La Milano da bere è un amaro calice, una cicuta socratica che l’italiano medio ingolla senza capire perché, sineddoche di un’Italia agonizzante sotto i colpi del brigatismo, del terrorismo, del melting-pot, della droga dilagante, di una micro e macro criminalità più organizzata dell’apparato statale e di una controcultura modaiola e velleitaria più reazionaria del proprio nemico. Acre e raschiante more solito, mai così sfiduciato e pessimista, profeta in patria di una crisi multistrato che da effigie iperbolica è divenuta la norma, Salce mette in scacco tutto il più acido poliziottesco.
MEMORABILE: La bambina che gioca a campana sulla sagoma gessata del cadavere; Il black-out; Il leoniano momento coi portafogli a sostituire le colt.
Splendido film dell'accoppiata vincente Salce-Villaggio. Il cast è ottimo a tutti i livelli: dal sempre ottimo Villaggio qui lontano (relativamente) dal solito Fantozzi alla bella Silvia Dionisio passando per un validissimo Boldi; bene anche la Mancini che questa volta fa più di una comparsata, grandioso Caruso nella parte di un infimo personaggio. Il film cerca di intrecciare vicende serie con una buona dose di comicità: obbiettivo raggiunto. Unica pecca: il finale non mi ha convinto troppo.
MEMORABILE: I cambi di campo della Dionisio; Le assicurazioni Spadozza; La giuria contro il criminale.
Strana ma interessante pellicola dell'accoppiata Villaggio/Salce. In un contesto settantiano da anni di piombo (con ambientazioni quasi da film post atomico) si narrano le sventure di questo Villaggio venditore di orologi in preda a degrado giovanile, mutazione dei costumi dell'Italia post boom, inquinamento e criminalità. Buone anche le comparse (Boldi, Reder...). Pellicola da riscoprire.
MEMORABILE: Silvia Dionisio che si concede a un timido Villaggio a scopo riproduttivo.
L'esasperata ironia di Salce trova qui il perfetto interprete in un Villaggio in gran forma che, seppur legato a qualche immancabile gag fantozziana, rappresenta in maniera convincente le paure e le incertezze legate al triste periodo degli anni di piombo. Tanto è brava la Mazzamauro, tanto è bella la Dionisio.
Paolo Villaggio prosegue nel suo ruolo di impiegato sfortunato, anche se questa volta prende in gestione un negozio di orologi dopo un lungo periodo di lavoro nel Golfo Persico. Film di Salce che inquadra la situazione politica dell'epoca, si lascia vedere anche per l'apporto dei vari Gigi Reder, Giuliana Calandra, Ugo Bologna e di un giovane Massimo Boldi, oltre alla sempre bella Silvia Dionisio. Da segnalare un divertente cameo dello stesso Salce (è l'uomo che dà indicazioni).
MEMORABILE: Il veloce spogliarello della Dionisio, con Belardinelli ingessato e steso sul letto.
Il problema di questo film è quello di mettere troppa carne a cuocere. Le intenzioni sono lodevoli (una satira amara degli anni di piombo) e diverse scene sono dure da sostenere (il gioco della campana sulla figura del cadavere), ma altre risultano troppo esasperate. Splendido e commovente il finale sulle note di "Si fa sera" dei Romans. Ottimi Villaggio (diverso dal solito), Reder e la Dionisio.
Satira acuta e divertente di Salce, che ci regala un'ottima interpretazione di Villaggio, molto poco fantozziano e anzi piuttosto ribelle e reattivo. La trama è semplice ma dà luogo a gag indovinate (tra tutte la rapina in banca, in parte riproposta nel primo Fracchia) e a qualche piccola riflessione. Accanto al protagonista hanno modo di farsi notare un Reder molto misurato, la splendida Dioniso, la Mazzamauro, Caruso e un Boldi giovane ma dalla caratterizzazione indovinata. Finale quasi soprendente per poeticità.
Ottima satira del maestro Luciano Salce sugli anni di piombo ambientata in una Milano dove la nebbia era quella dei lacrimogeni sparati contro gli autonomi. Villaggio interpreta un personaggio diverso dalle solite prove fantozziane, ben sostenuto da Reder, Boldi (in un ruolo che in origine era stato offerto a Nanni Moretti) e dalla stupenda Dionisio. Tra numerose scene e gag divertenti si arriva al finale soddisfatti.
MEMORABILE: L'arrivo di Villaggio a Milano in un susseguirsi di continue rapine stile poliziottesco; Lo sciopero della fame degli indiani metropolitani.
Un'idea potenzialmente vincente viene dilapidata da Salce che decide di puntare sulla caricatura ma toglie vigore alla satira sociale che fa blandamente capolino in alcune scene e alla fine risulta poco credibile. Villaggio rifà per l'ennesima volta Fantozzi ma senza una sceneggiatura adeguata risulta più patetico del solito. Sufficiente il resto del cast, dove emergono Caruso e Reder. La confezione è di buon livello, ma il problema vero del film è lo script noioso e ripetitivo. Evitabilissimo, se non si è fan del genere.
Satira diretta da Luciano Salce che vorrebbe graffiare ma che invece è piuttosto annacquata nonostante una buona interpretazione di Paolo Villaggio (con vaghi richiami al ragionier Fantozzi). Si inseriscono nella storia anche Reder e la Mazzamauro ma non sono al loro meglio. Stesso dicasi per Boldi e la Dionisio. La sceneggiatura a volte risulta essere ripetitiva e il finale è un po' troppo moralista. Occasione mancata.
Con intelligenza e grazie al supporto di un cast comprendente molti dei suoi attori abituali, Luciano Salce affronta con il sorriso il disorientamento sociale portato dal dilagare della violenza in Italia negli anni '70. Il sempre bravo Paolo Villaggio si trova così ignaro (come il futuro Johnny Stecchino) all'interno di una guerra che non vede, anche se gli sta davanti. Tra gag e incomprensioni si sorride e si pensa. Finale messianico.
Se il cinema "impegnato" sugli anni di piombo è stato reticente, non si poteva chieder certo alla commedia di restituirne la soffocante complessità. Fatto sta che paradossalmente questa sorta di Fantozzi (un po' meno corruttibile) contro tutti (gli "ismi") non è da buttar via perché lo script "qualunque" di Castellano e Pipolo (alleggerito dal tocco di Salce) trova comunque terreno fertile, pur se ammorbantemente ripetitivo nel suo procedere per "stripes", nelle fumisterie dei '70. Deliziosa la Dionisio proteiforme suffragetta e bravo il giovane Boldi.
MEMORABILE: La Dionisio "cavalca" Villaggio; La "ditta" Spadozza.
Luciano Salce è maestro nella satira, ma qui fa un buco nell'acqua. Il film si fa valere solo nel finale e nella scena iniziale, con la simbolica nebbia di Milano sostituita dai gas della polizia. Il resto è un ripetersi estenuante di rapine, assalti e sit-in dilatate all'eccesso con le smorfie e i balbettii di un Paolo Villaggio che ripete praticamente il personaggio di Fantozzi. Di interesse la parte di Carla Mancini, finalmente non relegata a comparsa, e Massimo Boldi ancora non intrappolato nel suo personaggio. Qualcosa si salva, ma resta un film mediocre.
Operaio di piattaforma torna in Italia ma trova un paese allo sbando. Gli anni di piombo vengono rivisitati puntando su una eccessiva chiave grottesca. Eppure la storia di credere ancora in un futuro migliore non è banale e Villaggio ha atteggiamenti da sognatore che fan quasi tenerezza. Il difetto sono gli inserimenti fantozziani che non fanno manco sorridere, visti poi dopo le vere immagini degli scontri in Piazza Duomo a Milano. Conclusione discreta che sottolinea come si potesse curare di più la sceneggiatura. Il ruolo della Dionisio riassume i cambiamenti giovanili.
MEMORABILE: L'allarme in casa; Boldi che si fa la pera; L'esproprio popolare; Di nuovo in strada la sera.
Film satirico decisamente malriuscito nonostante il cast di fantozziana estrazione. Non si ride o sorride quasi mai, la satira sociale è talmente terra-terra da infastidire; spiace vedere un cast sprecato in questo modo. L'iperbole è qui esagerata (per quanto possibile...) e, semplicemente, non funziona niente. Dopo pochi minuti tutto è prevedibile e le piccole variazioni risultano più noiose del resto. Completamente fuori bersaglio.
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Motorship ebbe a dire: Oddio Markus, non sai quanto sono contento che tu abbia messo la foto della divina, stupefacente, bellissima Silvia Dionisio. Devo dire che mi hai preso per la punta più sensibile del cuore....
Bella foto, bell' articolo, ma la donna della foto è lo zenith di tutto.
Certo non pensavo che la Dionisio vista la sua avversione per le ospitate e le interviste (almeno così sapevo...) avesse mai partecipato ad una trasmissione così importante.
Certo sarebbe bello se si potesse avere il filmato per intero...
Figurati, è un'attrice che adoro anch'io... dalla bellezza quasi imbarazzante! ;)
Purtroppo la foto è stata estrapolata da un video di un archivio, quindi al momento non posso farti avere il video, ma sarò capace di filmare lo schermo alla prima occasione possibile. Terrò presente la tua richiesta. Il fatto è che 'sti benedetti programmi (in questo caso SECONDO VOI) dovrebbero trasmetterli nelle varie Rai Storia, ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire…
Dovrebbero trasmetterli, ma li fanno solo i vari documentari storici sui Papi o sul Fascismo e non vecchie trasmissioni RAI. Comunque se riesci a filmarlo il fotogramma te ne sarei grato, fammi sapere. Grazie.
@ Dusso: Non sapevo che la Dionisio avesse condotto un programma. So invece che ha inciso un LP con Totò Cutugno e il suo gruppo Albatros e se non erro si chiamava "Volo AZ 747". Della canzone sua ne ho sentito parlare, ma non ricordo il nome (eppure l'ho anche letto il titolo). Su youtube c'era anche un intervista della Dionisio, ma il video è stato rimosso dall'utente (come al solito).
Comunque, la Dionisio, a dispetto del lavoro di attrice, mi è apparsa sempre una gran timida e anche nell'intervista sopracitata dal vulcanico Baudo si vedeva che era tesa. Molto spesso la bellezza non è sinonimo di sicurezza.
Si infatti lo si diceva in giro, così come anche nelle pellicole da lei girate si vedeva una certa timidezza, una certa ansia in lei anche, ma meglio timida che non iperpresenzialista come le incapaci di oggi, che poi non hanno neanche il minimo della straordinaria bellezza della Dionisio. Anzi io sono convinto che di norma più sono belle e più sono timide, anche se qualcuno dice di no.
DiscussioneDusso • 1/05/13 21:44 Archivista in seconda - 1838 interventi
Motorship ebbe a dire: Dovrebbero trasmetterli, ma li fanno solo i vari documentari storici sui Papi o sul Fascismo e non vecchie trasmissioni RAI. Comunque se riesci a filmarlo il fotogramma te ne sarei grato, fammi sapere. Grazie.
@ Dusso: Non sapevo che la Dionisio avesse condotto un programma. So invece che ha inciso un LP con Totò Cutugno e il suo gruppo Albatros e se non erro si chiamava "Volo AZ 747". Della canzone sua ne ho sentito parlare, ma non ricordo il nome (eppure l'ho anche letto il titolo). Su youtube c'era anche un intervista della Dionisio, ma il video è stato rimosso dall'utente (come al solito).
il programma condotto da lei si chiamava "In due sulla scena" che dovrebbe essere del 1977. Proprio nella puntata che dice Markus di "Secondo voi" condotto da Baudo lei canta la canzone "non dire amore"
DiscussioneDusso • 2/05/13 09:07 Archivista in seconda - 1838 interventi
Motorship ebbe a dire: Allora anche tu l'hai vista la puntata di "Secondo voi" con la Dionisio? Comunque mi ricordavo che la canzone aveva un titolo simile... si ma molto velocemente... alle teche avevo visto un po tutto il materiale sulla Dionisio poi alcune cose le ho nella mia collezione personale
MusicheClaudius • 23/06/17 10:34 Servizio caffè - 212 interventi
Motorship ebbe a dire: La scena in cui c'è il signore che rimane bloccato nella sua "inespugnabile e blindata" Fiat 132 blu ministeriale,è accompagnata da questa canzone,ossia "Born to lose" del gruppo punk The Heartbreakers. Eccola qui sotto:
A proposito di Aldo Baglio, ho letto in un commento su youtube che Baglio avrebbe smentito la sua partecipazione a questo film
La cosa è già assodata da tempo (il post in VERIF andrebbe corretto). Thrilling forum ha identificato questo generico, ancora senza nome, in vari film: Amici miei Signore e signori, buonanotte Il... Belpaese Le braghe del Padrone