Il morso del coniglio - Film (2023)

Tra lo psicodramma e il thriller soprannaturale, un lavoro australiano caratterizzato da una fotografia volutamente scura e deprimente, che cerca di creare un clima di mistero e angoscia; la storia fa intuire elementi di trauma familiare nel passato della madre protagonista, suggerisce indizi e ipotesi su cosa stia succedendo alla figlioletta, mette un coniglio come psicopompo... Tra silenzi, scene d'atmosfera, momenti di grida tra madre e prole, allucinazioni e presenze spettrali, si arriva al finale avendo già perso la voglia di scoprire l'arcano, dato il ritmo soporifero.

Alle prese con il lutto per la morte del padre e con i capricci della figlioletta, una divorziata depressa si deprime ancora di più per il riaffiorare di un trauma del passato... Anche se qui al posto di un uomo nero c'è un coniglio bianco, siamo dalle parti del seminale Babadook ma con minore efficacia: troppo facile mangiare la foglia intuendo in cosa consista il peso che schiaccia la protagonista interpretata in maniera monocorde, ripetitiva la trama per le troppe sequenze oniriche che afflosciano il ritmo. Film mesto che il fascino dell'entroterra australiano non basta a salvare.

Nella vecchia casa di famiglia con sua figlia inizia ad avere delle crisi legate al passato torbido irrisolto. Crisi psicologiche o fantasmi? La bambina sembra posseduta dallo spirito della zia, oppure è sua madre che la vede in questo modo? Il legame con l'Aldilà è un coniglio, e dopo il morso tutto sembra assumere un carattere tra il visionario e l'esoterico, davvero troppo fumoso, indefinito e poco dinamico, per non parlare dell'insofferenza che suscitano la protagonista e sua figlia. Il fattaccio emerge, ma il finale lascia comunque insoddisfazione e incertezza. Trascurabile.