A prendere di mira il mondo della televisione non è certo Alex infascelli il primo (specie alludendo fin dal titolo a una critica fin troppo facile alla vanità imperantevi). Però va detto che, inserito in un contesto thrilling di chiara matrice italo-argentiana, la trovata funziona e fornisce un ambiente stimolante in cui sviluppare le indagini. Chi sarà mai che rapisce gli ospiti abituali di un talk show che pare direttamente ispirato a quello che da noi è riuscito finora a fare - con la medesima perseveranza - solo Maurizio Costanzo? La chiave (nella migliore tradizione made in Italy) sta in una vecchia puntata dello show, in cui la conduttrice Sonia Norton (una...Leggi tutto qui per nulla convincente Francesca Neri) aveva riunito buona parte delle vittime dei rapimenti. Un’idea intrigante, sviluppata da infascelli con una discreta perizia ma anche con poca attenzione ai risvolti enigmatici e misteriosi. Volendo concedere troppo spazio al ritratto psicologico banale dell'ispettrice (Margherita Buy), reduce dalla solita crisi di nervi susseguente a un arresto tragico che vediamo nell'immancabilmente antefatto, il regista regionalizza definitivamente la storia con la figura dell'assistente un po' imbranato (Valerio Mastandrea) dimenticando di dare all'indagine il giusto spessore. Si riscatta nell'indovinato finale ma crolla in un epilogo tirato per i capelli che non sta né in cielo né in terra. Brutte musiche, qualche compiacimento gratuito nelle riprese per nulla funzionale. Peccato, perché a tratti si intuiscono le buone potenzialità della storia e la regia sa comunque coinvolgere.
Discendente. Dopo titoli videodromici, si dipana per un’ora con vicende di interesse, ma non supportate da immagini e facce giuste. Momenti televisivi poco felici, in cui il grottesco è così calcato da non essere più un vero attacco al mezzo. Dopo un’ora, anche per la piattezza emotiva, troppe cose di quelle che reggevano, decadono, fra le quali il telefonato sparo finale. La Buy è bravissima, bellissima e ben valorizzata. È affascinante quando è in mezzo agli struzzi o quando cammina lungo il laghetto dell’EUR con la faccia sporca di sangue.
MEMORABILE: La scena con gli struzzi è la trovata più divertente del film.
L'infascelliano Almost Blue è sato decisamente sopravvalutato: vuoi per la presenza di una penna (in sceneggiatura) del calibro di Lucarelli, vuoi per il coraggio di riaffrontare (senza chiamarsi Argento) uno dei generi più seguiti degli anni '70. E scarso risultato ottiene il prosieguo dell'opera portata avanti da Infascelli, che qui abbozza l'ennesimo thriller all'acqua di rose, non solo ispirato dal (demenziale) sistema televisivo, ma addirittura interno al meccanismo.
Si, i soldi saranno stati pochi ma, ci si domanda, perché fare un film de(l)genere?
Interessante anche se troppo discontinuo thriller che cerca di fustigare, a volte riuscendoci, un certo tipo di televisione. Qualche considerazione azzeccata, qualche battuta riuscita ma anche alcune ingenuità, qualche lacuna in fase di sceneggiatura e qualche ovvietà e luogo comune di troppo. Si lascia guardare e una visione la merita.
Come dissertazione sul mezzo televisivo e sui suoi interpreti funziona, anche se è un po' esilina. Come thriller ha un suo fascino, ma non fa certo gridare al miracolo. Sostanzialmente occorre dire che il cinema di genere ha bisogno di gente come Infascelli, regista che peccherà anche di scarsa originalità perché troppo vincolato ai suoi modelli, ma che tra un po' di tempo potrà trovare una propria solida identità perché sa cos'è il cinema.
Come già accaduto con Almost blue, Infascelli si cimenta ancora in un thriller mediocre, privo di tensione e dagli esiti ovvi e banali; funziona meglio la parte riguardante la satira televisiva, che prende di mira ben noti talk-shows italiani, sensazionalistici e guardoni. Bravura e versatilità della Buy sono pienamente confermate.
Ci si attendeva il botto da Infascelli, in perfetto stile orientale fa hara-kiri dimostrando se non altro un gran coraggio a fare un film sulla televisione, pardon, voglio dire sui talk show. Carica un film mediocre di aspettative, quando con un po' di buona volonta avrebbe potuto fare un discreto cortometraggio. E tutta la colpa è sempre sua. Almost blue mi aveva bene impressionato.
Dopo l'interessante prova di Almost blue, il regista Infascelli torna con un film realizzato da un soggetto di Ammaniti e un cast ricco di nomi importanti tra le nuove leve del cinema italiano. Quello che vorrebbe essere un thriller e insieme una satira sul mondo della televisione, si rivela un deludente compitino svolto con professionalità ma senza grande tensione narrativa che non sfrutta a dovere le potenzialità della sceneggiatura. Di rilievo le musiche di Morgan.
Delirio cinematografico sul delirio televisivo: un film che punta il dito contro la tv degli ultimi 10 anni, un thriller che trova i suoi punti chiave in vecchie tecniche "gialle", tutto il resto è moderno e moscietto. Non fa paura e le incongruenze morali (non quelle di sceneggiatura) la fanno da padrone. Un'occasione sprecata.
Pretestuoso e poco convincente atto di accusa verso la televisione spazzatura. I vari partecipanti ad un programma televisivo vengono imprigionati e subiranno una lenta tortura. Poco avvincente e privo di pathos, con una Neri mai così odiosa, più convincente la Buy, neutro Mastandrea.
Thriller di buona fattura, supportato da una buona storia e validi interpreti, penalizzato solo da figure un po' troppo sopra le righe (la Neri conduttrice tv). Il J'accuse sulla televisione è abbastanza ovvio e facile, grottesco ma non appesantito, col risultato di apparire evidentemente velleitario per molti, ma per conto mio apprezzabile. Il regista mostra di conoscere bene la solida tradizione del thriller italiano, ma senza saccheggiarla e innestandovi un compiaciuto gusto moderno (vedi le sequenze disturbate).
MEMORABILE: La canzoncina "Quando la banda passò" che il maniaco ascolta ossessivamente.
Non è un thriller, per l'inconsistenza della storia (mago impazzito rapisce gli ospiti di una trasmissione) e della sua realizzazione (nessuna suspense, colpevole svelato al minuto 57!), ma una satira della tv e della voluttà d'apparire: le reinvenzioni buffe di tanta tv trash nostrana nascondono facilmente persone vere dietro i personaggi del film: Costanzo, Crepet, Platinette ecc. Però anche come satira è molto banda, limitandosi alla presa in giro macchiettistica anziché cercare di andare davvero più a fondo. Sbiadito.
La seconda chance data a Infascelli conferma che su certi aspetti il nostro amico proprio non ce la fa (vedi la direzione degli attori con la Buy e Mastrandrea sprecati) mentre alcune idee visive come la galleria dei reclusi sono interessanti. In generale il film non prende tanto e l'equilibrio tra thriller e grottesco si risolve troppo a favore del secondo. Comunque si lascia vedere, non fosse altro per la cattivissima Neri, il cui personaggio si può vedere oggi avvicinato da certi presentatori che campano sul voyeurismo del dolore.
Un thriller, come definito dallo stesso regista, nella televisione e non sulla televisione. La critica ai talk show funziona, ma è penalizzata da alcuni interpreti troppo sopra le righe (Francesca Neri fuori parte e Mastandrea che collabora con il mezzo televisivo). La suspense rimane comunque su medio-alti livelli e soprattutto la parte finale convince. Bravissima Margherita Buy.
MEMORABILE: Lucia dove va? Anche lei si merita questo palcoscenico.
Un film dal potenziale inespresso o espresso piuttosto male: peccato! La storia è interessante e la colonna sonora molto efficace di Morgan riesce a dare più brivido della sceneggiatura in sé che, purtroppo, finisce per essere più grottesca che altro (l'assassino, poi, è ridotto a una macchietta). In parte la Buy (nevrotica come in buona parte delle sue interpretazioni), la Bulova e Mastandrea. Qualcosa di "argentiano" (molto velatamente) si percepisce. Ma non basta.
Già dal suo esordio con Almost blue Alex Infascelli lasciava intendere quale strada avrebbe percorso (cinematograficamente). Qui ci troviamo di fronte a una storia in cui il regista accentua i virtuosismi alla Dario Argento in una sceneggiatura che non può non ricordare Il silenzio degli innocenti. Allo stesso tempo ne vien fuori l'ennesima critica ai mass media che speculano sulle disgrazie pur di fare spettacolo. Un'operazione soprattutto citazionista, anche se la fattura è buona.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneRaremirko • 28/09/21 20:52 Call center Davinotti - 3862 interventi
D'accordissimo con il buon Legnani; Infascelli ha senza dubbio talento ma a volte non riesce a contenersi, esagerando o, a tratti, risultando involontariamente comico/grottesco (quando non dovrebbe/vorrebbe).
Tolte le ingenuità, l'impalcatura del film c'è eccome, comunque; si pesca da Demme e Fincher, con ambienti lugubri e tensione, curando abbastanza l'aspetto tecnico e, nel contempo, criticando anche la tv sciacalla.
Buon cast, in ruoli un pò diversi dal solito (la neri Bionda, la Buy poliziotta, Mastandrea rasato, ecc.).