Dal racconto dello scrittore ceco Vladislav Vancura, la storia di una ragazza rapita e dello scontro tra due clan è il pretesto per narrare un'epica epopea intrisa di sentimenti, dramma e incontro/scontro tra cristianesimo e paganesimo. Avvolto in atmosfere a metà tra Dreyer e Bergman, girato in uno splendido bianco e nero, l'affresco di Vlàcil è un mare magnum di emozioni e trovate visive da lasciare sbalorditi. La ieraticità delle immagini miste alla poesia del racconto incidono nello spettatore un solco incancellabile. Capolavoro e forse qualcosa di più.
MEMORABILE: La processione delle donne su per la collina; La straordinari intensità di Magda Vásáryová; La fuga prospettica all'interno della cattedrale.
Bastano pochi minuti per rendersi conto di essere dinanzi ad un film di qualità superiore che presenta splendidi echi tarkovskiani e bergmaniani ma anche bressoniani. Vlacil descrive con grande maestria un mondo in cui violenza,
brutalità, istintualità e sopraffazione sono i valori dominanti ed anche la religione non è che un paravento per giustificare le azioni più turpi. Tante le inquadrature che mozzano il fiato, coadiuvate da una fotografia stupefacente.
Può essere considerato la prima parte di un dittico che si completerà l'anno dopo.
MEMORABILE: La prima apparizione di Marketa. La processione delle donne su per la collina. Tutta l'ultima parte (almeno trenta-quaranta minuti).
Impossibile riassumere in poche parole la trama di quest'opera polisinfonica ambientata in un medioevo cupo e brutale in cui convivono aneliti religiosi e riti pagani: capitolo dopo capitolo si viene avvolti in un vortice di visioni di rara potenza, esaltate da cori dagli echi orffettiani. Mentre scorrono le immagini, certo scattano molti link mentali alle opere di altri maestri del cinema, da Dreyer a Tarkovskij passando da Bergman, ma il film del cecoslovacco Vlacil costituisce un unicum irripetibile, un capolavoro che non teme la prova del tempo.
MEMORABILE: La collina con le monache; Il viaggio di Marketa dopo il rapimento; Il matrimonio in punto di morte; il campo disseminato di corna di cervo
Meravigliosa cronaca medioevale che, con talento miracoloso, riesce a mantenere un tono altissimo lungo le quasi tre ore. Lo straordinario bianco e nero definisce cupi e stupendi paesaggi invernali, le musiche assecondano lo splendore barbarico delle immagini. Un mondo a mezzo fra paganesimo e nuovo ordine cristiano, screziato da due storie d'amore, si offre davanti ai nostri occhi, enigmatico e duro, ma dai contorni purissimi e incontaminati. Perfetti gli attori. Questa è arte.
Medioevo boemo di miseria, fame, sangue e morte. Una terra fatta di paesaggi raggelati nella neve e poveri accampamenti in disfacimento, solcata da bande criminali. Uno spietato far west estremo dalla narrazione magmatica e complessa (al centro la vergine votata al convento e rapita dal figlio di un boss), a tratti epica, poetica o onirica, che fa il paio col coevo Andrei Rublëv. Straordinaria ispirazione visiva, musica potente, composizione da grande affresco allegorico e popolare. Un ambizioso poema sulla violenza come condizione dell’uomo.
Colossale mattonata cavalleresca di quasi tre ore, scritta in modo faticoso e confusionario, in grado di salvarsi in corner grazie all'atmosfera allucinata, alimentata da una regia che alterna schizofrenicamente primi piani alla Dreyer a traballamenti, angolazioni distorte e scelte inspiegabili (i freeze-frame del cervo, tra le tante) oltre a deliranti e onnipresenti musiche tra lo sperimentale e il canto gregoriano e spiazzanti flash di nudo e violenza. Tedio tanto al chilo, ma singolare e febbricitante, con qualche momento visivamente folgorante che spezza la monotonia.
MEMORABILE: Il pube scoperto della maciara di turno che, franchianamente, si avvicina verso l'obiettivo.
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Kanon ebbe a dire: "Marketa Lazarová" lo saltai a piè pari vista la sua durata.
questo è un aspetto che non mi spaventa (non dopo moloch della portata di satan-tango, hitler, hard to be a god e on the silver globe, almeno): come diceva quel tale, "nessun film è troppo lungo, se è bello. nessuno è troppo corto, se è brutto".
Schramm ebbe a dire: Kanon ebbe a dire: "Marketa Lazarová" lo saltai a piè pari vista la sua durata.
questo è un aspetto che non mi spaventa (non dopo moloch della portata di satan-tango, hitler, hard to be a god e on the silver globe, almeno): come diceva quel tale, "nessun film è troppo lungo, se è bello. nessuno è troppo corto, se è brutto".
Sono d'accordo. La mia fu una scelta prettamente funzionale alle mie esigenze. Devo dire che, a memoria, non sono però un consumatore abituale di film da 120' e oltre. Più per casualità che per (qualche rara) scelta.
Kanon se puoi e soprattutto quando vuoi, dai un occhio a questo film che ne vale la pena. Sempre che ti sia piaciuto il precedente La valle delle api che sotto molti aspetti anticipa questo. Si tratta di una sorta di dittico. Chiaramente se quello non ti è
piaciuto, puoi saltare questo.
Cotola ebbe a dire: Kanon se puoi e soprattutto quando vuoi, dai un occhio a questo film che ne vale la pena. Sempre che ti sia piaciuto il precedente La valle delle api che sotto molti aspetti anticipa questo. Si tratta di una sorta di dittico. Chiaramente se quello non ti è
piaciuto, puoi saltare questo.
"La valle delle api", nel caso decidessi di vedere anche "Marketa Lazarová", dovrei rivederlo perché non lo ricordo tutto molto bene pur se l'impressione fu piuttosto positiva. Doveva essere una visione propedeutica ad un mio poi abortito cinef-est dedicato all'Est europeo. Al momento ho una cartella con una 20ina di film che giace in attesa del risveglio.
cotytytyyyyt, messo in saccoccia. considerata l'impegnativa proporzione corposità-tempo, mi sembra però uno di quei film da vedere quando si avvertono i morsi della fame cinematografica, quando si è fatto molto spazio dentro di sé, per cui spero non me ne vorrai se mi riservo la visione in un futuro momento di particolare predisposizione.
CuriositàRufus68 • 6/02/18 21:25 Contatti col mondo - 220 interventi
Il romanzo di Vladislav Van
ura da cui è tratto il film è stato tradotto in italiano col titolo "Il cavalier bandito e la sposa del cielo" (1997; traduzione di Elisabetta Dell'Anna Ciancia e Alessandra Mura).