Un po' troppo videoclipparo, questo curioso noir dei Manetti Bros (non per niente autori di numerosi clip per le rockstar di casa nostra), però sorretto da un soggetto strutturato piuttosto bene, che prende le distanze da certi film senz'arte né parte che spesso si vedono circolare nei circuiti underground. Qui, per l'appunto, una storia c'è ed evolve per passi successivi alternando l'azione del presente a brevi flashback chiarificatori; che spezzano un po' la tensione, a dire il vero, e forse si dilungano oltre il dovuto allungando inutilmente un film che sintetizzato poteva guadagnarci in efficacia. Anche cosí, comunque, e grazie a una colonna sonora...Leggi tutto molto ritmata (drum'n'bass, principalmente), PIANO 17 procede abbastanza sostenuto. Va comunque precisato che il decollo non è dei più facili, ed è solo dopo la prima ora che si riesce ad entrare bene nel clima che i Manetti costruiscono attraverso una fotografia d'effetto (nonostante il film sia girato in HDV) e risicati scambi di battute. Fin lì non si era capito molto: giusto che un criminale (Giampaolo Morelli) travestito da inserviente si è introdotto in un alto palazzo di periferia con i due complici (Enrico Silvestrin e il grosse Antonino lvorio) che l'aspettano in macchina. Quando per un guasto l'ascensore si ferma, il criminale vi si ritrova chiuso dentro con due impiegati della ditta (Elisabetta Rocchetti e Giuseppe Soleri) e cominceranno le sorprese. Dialoghi molto "da borgatari", crisi di nervi ma una recitazione complessivamente discreta. C'è anche una comparsata del regista Enzo G. Castellari (fa la guardia giurata).
Una produzione low budget per quest'ultima fatica dei Manetti Bros. Chiaramente di ispirazione orientale, questo noir si fa apprezzare per la sua semplicità. L'idea delle persone intrappolate nell'ascensore con la bomba aumenta la suspence. Il montaggio è degno di nota, anche se ricorda indirettamente Tarantino e conseguentemente i noir di Hong Kong. Nel complesso il prodotto è buono. Una nota dolente la canzone di Max Pezzali.
Interessante prodotto di genere, in cui i Manetti rivelano il loro grande amore per il cinema con continue citazioni: il poliziottesco, il noir d'Italia, USA e Hong Kong, Tarantino, Abel Ferrara, Louis Malle. La recitazione è quella che è, ma migliora nella resa dei conti finale; riuscito il personaggio di Iuorio, napoletano verace che odia i napoletani; sempre arrapante la Rocchetti. Epilogo catartico, in cui i tre protagonisti riscattano le loro colpe e debolezze.
I Manetti Bros. s'ispirano a dialoghi e contesti prelevati, di forza, dal cinema pulp -o meglio: un genere non italiano, quello noto come "crime"- mettendo in essere un piccolo gioiellino, con struttura narrativa a flash-back (sparpagliati per approfondire le psicologie dei protagonisti). L'ombra di Tarantino pervade il climax del film, che ha del miracoloso considerato che si tratta di un no budget (70.000 €). Bellissima la sceneggiatura, che svela moventi e cause solo in chiusura, sorretta da buone interpretazioni. Cameo di Enzo Castellari.
Il richiamo più forte è a Out of order, senza il minimo dubbio. Contaminazioni con 1997, un che di tarantiniano, citazione (a pochi minuti dalla fine) da Milano calibro 9 (ma a dire "Spara!" stavolta è un uomo) nella scena migliore di questo film, più curioso che bello, più interessante che riuscito. A momenti gustosi si alternano giri a vuoto, a causa anche di una recitazione talora così così.
Con questo film i Manetti Bros hanno surclassato chiunque si apprestasse a raccogliere il testimone per incassare l'eredità del cinema di genere italiano. Gli ingredienti ci sono tutti e il risultato è quello di allora, senza pretese se non quella di divertire, di creare una storia partendo dal basso (e quindi anche da molto lontano), senza andare alla ricerca di picchi letterari, ma stando rigorosamente attenti a far quadrare i conti, soprattutto quelli del budget, alla cui esiguità va imputata la claustrofobica ambientazione.
Il film è stato realizzato con la partecipazione di tecnici e cast artistico alla produzione, sì da consentire di contenere i costi fino a 70.000 euro. E questa è la vera notizia perché, poi, l'opera non è che brilli per lo stile innovativo né per un plot geniale. La stessa trovata del bloccare i tre protagonisti in ascensore (già vista in Quelle strane occasioni o nel tedesco Out of Order) perde di forza nel momento in cui i registi non hanno il coraggio di lasciare tutto il resto fuori campo. Silvestrin/Iago e Ghini/Lear, comunque, eccellono.
Film prodotto con un budget ridottissimo, eppure pullula di ottime idee ed intuizioni. Il gruppo di attori lavora con evidente piacere ed affiatamento con i registi (in molti casi si tratta di sodalizi duraturi, come per Morelli, Silvestrin ed il bravissimo Antonino Iuorio). Con le dovute cautele, questo film, molto tarantiniano, è una sorta di Le Iene all'italiana. Molte le citazioni dal cinema di genere Anni Settanta nostrano. L'intreccio è decisamente convincente, evidente il salto di qualità rispetto alla storia di Zora la Vampira.
I Manetti confezionano un bel filmetto di genere, confermando la loro capacità di coniugare tematiche serie e umorismo. Qui tutto ruota intorno ad una bomba e un edificio, gli attori sono in gamba (c'è anche il futuro ispettore Coliandro) anche se forse Silvestrin appare un po' troppo sopra le righe. La Rocchetti fa la parte dell'amante di un pezzo grosso ed ha la faccia adatta alla bisogna come poche altre. 20 minuti in meno e avremmo disquisito di un chef d'oeuvre...
I Manetti sono debitori di un certo cinema di genere italiano ma il film stenta a decollare per la scarsezza di dialoghi e per una musica disturbante che serve solo a coprire il vuoto lasciato da quest’ultimi. Regia troppo videoclippara. Finale intenso che riscatta il film. Le idee non mancano però la noia che ti assale nei primi minuti è una grossa pecca. Un delinquente (Morelli) deve mettere una bomba al diciassettesimo piano di un palazzo di uffici. Rimarrà chiuso all'interno dell'ascensore con due impiegati e una bomba.
I fratelli registi hanno sempre amato il pulp e il noir, di conseguenza cercano di ricreare certe atmosfere claustrofobiche ed inquiete in questa pellicola ambientata in un palazzo adibito ad uffico ove alcuni criminali debbono compiere un'azione. Il ritmo è discretamente serrato anche se la prova degli attori non è eccelsa, tuttavia a parer mio rimane una pellicola godibile.
Una piacevole sorpresa questo noir italiano dei Manetti bros; buon esempio di cinema a basso budget ma assolutamente non povero perchè la limitatezza dei mezzi è compensata dalla fecondità di idee e ispirazione. Tenendo ben saldo il cinema di Tarantino come modello di riferimento, gli autori confezionano un film dal ritmo "tirato" diretto e recitato con grande maestria e capace di intrattenere il pubblico piacevolmente fino alla fine.
Delizioso ibrido: su una base prettamente noir si innestano decise striature ironiche, umoristiche e da commedia, il tutto frullato con un montaggio disinvolto, una fotografia laccatissima e una musica incalzante. Il risultato sono 100 minuti di divertimento, dove la suspense frizza senza mettere ansia e il sorriso si affaccia ma senza eccessi. Il terzetto dei chiusi nell'ascensore con la bomba che sta per scoppiare è ben assortito, e funzionano bene anche il contorno esterno e i flashback in una buona struttura narrativa. Godibile.
Dopo il disastroso (e presuntuoso) tentativo di Zora, i Manetti tornano al lungometraggio con discrezione e quasi in punta di piedi (fatta la tara al loro stile comunque iperbolico), come dimostra anche il fatto che abbian girato in digitale. Storia arguta e ben sceneggiata, attori in palla che gigioneggiano per noi e non per se stessi (Morelli e Soleri li ritroveremo in Coliandro, Silvestrin e Iuorio son una coppia tarantiniana quasi da manuale). L'ascensore, escamotage claustrofobico abusato, è reso al meglio grazie all'alternanza coi flashback.
Non siamo di fronte all'eccellenza. Già di per sé l'aver scelto l'influenza tarantiniana, col suo cumulo di derivazioni, smorza il racconto: perché ispirarsi a un autore che spesso ammicca al cinema italiano di serie B e non scegliere direttamente il poliziottesco puro? Gli attori, di conseguenza, sono controfigure di personaggi di altri film, senza contare i buchi di sceneggiatura allucinanti; ma per i Manetti un'ora e mezza quanto dura?
Davvero una bella sorpresa questo film dei Manetti bros.: con un budget ridottissimo i due son riusciti a confezionare un'opera degna di menzione. Intrigo, azione e humour sono ben dosati in un film che ammicca al cinema di genere con risultati più che soddisfacenti. Le sbavature dal punto di vista spazio-temporale ci sono e si notano abbastanza facilmente, ma la cosa è più che sopportabile. I Manetti bros. danno nuova linfa al cinema di genere italiano.
Bellesempio di cinema italiano che mostra come, pur non disponendo di un budget elevato, con idee valide e un gruppo di attori affiatati (in parte già operanti nella serie dell'ispettore Coliandro), si possa offrire un prodotto avvincente, con suspense inframmezzate a battute di spirito, il tutto accompagnato da una colonna sonora assai ritmata e ricercata. I misteri sono tanti e si dipanano con vari flashback che spostano l'azione, altrimenti limitata nell'interno di un ascensore, fino all'ultimissima scena che scioglie tutti i nodi.
Tentativo un po' maldestro di noir all'italiana che nonostante alcune pecche dovute forse al basso budget riesce a tenere lo spettatore col fiato sospeso, specie nella seconda parte. Il cast è in forma e un plauso va sicuramente al bravo Enrico Silvestrin, decisamente in parte.
Certo, gli anni '70, purtroppo, sono solo un ricordo e restituire al pubblico (inglobato da fiction perbeniste) quelle atmosfere è un'impresa difficile. Ma i Manetti Bros. sono, attualmente, gli unici in grado di portare avanti quel tipo di cinema e questo film ne è la dimostrazione. Personalmente non amo il loro stile da videoclip e il film è pieno di citazioni, ma resta comunque un valido esempio di cinema di genere.
Noir ben scritto (con abile struttura a ellissi e flashback) e ricco di strizzate d'occhio (il cameo di Castellari, il furgoncino della ditta "Di Leo" assistenza ascensori). I Manetti lavorano con un clan fisso (il cast tecnico e artistico è lo stesso di Coliandro) non sempre convincente ma ben affiatato. Peccato per l'uso insistito (i due hanno girato più videoclip che altro) di musiche peraltro pure poco consone e per un post-finale sbagliato, che esplicita una sorpresa sgamata da tempo e ci impone pure un brano integrale di Max Pezzali.
MEMORABILE: "Sicuro che sei appostato bene? Non è che poi ti spunta la pancia?".
Pregevole ma migliorabile tentativo di spaghetti-pulp, un genere che i Manetti sanno manovrare a dovere riciclando in parte il cast di Coliandro. Peccato però che non insistano di più sulla convivenza forzata dei tre rinchiusi nell’ascensore, a vantaggio dei continui flashback che smorzano la tensione iniziale. L'uso del digitale ricorda almeno nel finale notturno nella sede della banca Collateral senza però la profondità metaforica di Mann. Buona la coppia di criminali alla Tarantino. Discutibile invece la scelta musicale conclusiva degli 883.
MEMORABILE: Il cameo di Mastrandrea; Il panzone di Borgia che sbuca da dietro il muro rilevandone la presenza; La sexy-scalata nell'ascensore della Rocchetti.
Aderentemente a quanto indicato da Jameson e Schenkel, ascensori e criminali non vanno granché d'accordo: furfanti o bombaroli che siano, questi tipi van più a perderci che a guadagnarci mettendo piede in uno di essi (e col 17 di mezzo, la certezza è matematica). Il digital pulp in economy dei Manetti si avventura in un thriller noirizzato spaghetti-style, "flashbackando" fra tiri mancini, tradimenti, ricatti e vendette, con Morelli e Silvestrin a farvi il bello e il cattivissimo tempo. Una confezione più appropriata e meno al risparmio avrebbe reso maggior giustizia al pacchetto base offerto.
MEMORABILE: Il cameo di Enzo G. Castellari nei panni di guardia più "giudiziosa" che giurata; Le inquadrature dal basso del tanga della Rocchetti...
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* E' stato girato in digitale, con una camera HDV (in alta definizione) in grado di rendere miglior qualità per il riversamento su pellicola (il film è stato proiettato nelle sale).
** I Manetti Bros. ottengono il supporto di attori e addetti tecnici (ottime le musiche dei fratelli De Scalzi) in grado di partecipare al film senza alcun compenso.
Paradossalmente lo spirito di "gruppo" è mosso da vera passione per il cinema, tanto che tutte le interpretazioni appaiono decisamente convincenti.
*** Il costo complessivo del film si attesta su 70.000 € (praticamente si tratta di un no budget).
**** In un flash-back iniziale, mentre Meroni (Giuseppe Soleri) si trova a pranzo in mensa aziendale, nei tavoli circostanti sono seduti Luca Rea (curatore del bel libro sul giallo italiano, I Colori del Buio) e Gabriele Albanesi (in arte Kaplan, regista che debutta con un lungometraggio dal titolo Il Bosco Fuori, sostenuto dagli stessi Manetti Bros. e da Sergio Stivaletti).
***** Una delle guardie addette alla sicurezza della banca rapinata è -in realtà- il celebre regista Enzo G. Castellari.
All'età di 96 anni l'attrice Evelina Gori, che scomparirà proprio quell'anno, prese parte alla lavorazione di questo film in un ruolo insolito: per la prima e unica volta in carriera non reciterà ma vi lavorerà come costumista
HomevideoRocchiola • 30/12/18 18:13 Call center Davinotti - 1265 interventi
Il bluray Moviemax-Mondo appare ottimo. Essendo il film girato in digitale, l’immagine è ovviamente ben definita, pulita e priva di grano (caratteristica tipica della pellicola). L’audio in DTS-HD 5.1 è discreto. Prodotto ormai fuori catalogo ma ancora reperibile a prezzi davvero bassi, io lo trovato a 4,99 € da Vecosell.